giovedì 22 giugno 2023

Incidente Ferrovia Cumana

 


Ferrovia Cumana

L’incidente del 7 giugno 1920 e la critica situazione di tutte le Gallerie della collina di Posillipo

 

Alle 5.30 del 7 giugno 1920 dalla Stazione di Monte Santo della Ferrovia Cumana parte il primo treno, il n. 102 diretto a Pozzuoli.

Il convoglio composto da cinque carrozze, due moderne di costruzione Reggiane e tre del vecchio tipo di costruzione belga, è trainato da una Locotender Henschel a tre assi accoppiati; probabile sia la n. 32, già appartenuta alle Ferrovie dello Stato [1].

Il treno è carico di operai che, svegliatesi di buon’ora, sono pronti ad iniziare il primo turno di lavoro; chi presso l’ILVA di Bagnoli, chi presso la più lontana Armstrong di Pozzuoli.

Dopo aver attraversato il lungo tunnel Sant’Elmo, il treno giunge alla stazione di Corso Vittorio Emanuele [2].


Questa è munita di doppio binario, e qui dovrebbe incrociare l’altro treno proveniente in senso inverso da Fuorigrotta.

Nonostante il macchinista metta in azione tutti i freni il convoglio non si ferma e prosegue la sua corsa imboccando il tunnel che, perforando la collina di Posillipo, con un percorso dotato di unico binario in discesa conduce a Fuorigrotta [3].


Il convoglio non raggiunge questa stazione perché in senso inverso sopraggiunge il treno atteso alla fermata del Corso per la prevista coincidenza. I due macchinisti avvedutasi dell’imminente inevitabile disastro cercano entrambi di dare il controvapore; riescono appena a far rallentare la corsa dei due treni ma non ad evitare l’urto.

Questo avviene nell’oscurità dello stretto tunnel fra lo spavento dei viaggiatori, numerosi su entrambi i treni, e tra i pianti e i clamori delle donne.

L’urto è violento e le due vaporiere, di recente acquistate dalle Ferrovie dello Stato, si accavallano l’una su l’altra fracassandosi.

Uguale sorte accade per otto vetture che si rovesciano sul binario; molte donne svengono mentre si sentano grida e gemiti di persone evidentemente rimaste ferite.

Immediatamente i più animosi rimasti incolumi organizzano i primi soccorsi e contemporaneamente, dalle stazioni di Fuorigrotta e del Corso, si procede all’invio di torce e di barelle per il trasporto di feriti; questi sono venticinque di cui quattro in gravi condizioni.

Essi sono quasi tutti estratti dal di sotto dei rottami delle macchine e delle vetture e poi caricati sopra un camion per essere trasportati all’Ospedale della Regia Marina a Mergellina.

Lungo il percorso l’autista che guida il camion, per la fretta di giungere all’Ospedale, investe una povera bambina che sta attraversando la strada; è anch’essa trasportata all’Ospedale dove purtroppo versa in imminente pericolo di vita.

Il sinistro, con il susseguente blocco del traffico ferroviario per la rimozione dei rotabili incidentati, aggiunge disagio ai collegamenti, in quel momento già precari, tra Napoli, Fuorigrotta e i Campi Flegrei tutti.             

Il persistente disagio è dovuto al fatto che il precedente 11 novembre 1919 il Comune di Napoli è stato costretto a chiudere al traffico, in seguito a un franamento interno, il tunnel stradale esistente tra Piedigrotta e Fuorigrotta [4].


Tale tunnel, che al suo interno ospita anche la preziosa linea tramviaria diretta a Pozzuoli, e l’unico varco esistente tra Napoli e la zona Flegrea; ancora non esiste la galleria Laziale e la vecchia Crypta Romana si trova nelle stesse condizioni odierne, ovvero pericolante e abbandonata.

La nuova galleria, costruita nel 1884 proprio per sostituire l’antica rimasta in funzione per circa duemila anni, già da tempo presenta fenomeni di crolli e di dissesto; pertanto, dopo un’ultima frana verificatosi nel novembre del 1919, si decide di chiuderla e vietarvi qualsiasi passaggio, sia pedonale, sia di carri, sia di tram.

In attesa del suo ripristino, che si preannuncia lungo, il Comune di Napoli e l’Azienda Tranviaria decidono la rapida costruzione di un piccolo tunnel, parallelo a quello franato, con all’interno un solo binario che permetta il passaggio dei tram a senso unico alternato [5].

 


Già il 5 febbraio l’onorevole Arturo Labriola (Napoli 1873 – 1959) presenta alla Camera dei Deputati una interrogazione con la quale chiede:

«Ai Ministri dei Lavori Pubblici e dei Trasporti Marittimi e Ferroviari quali provvedimenti intendano prendere allo scopo di ristabilire le comunicazioni tra la città di Napoli, la frazione di Fuori Grotta e tutta la plaga Flegrea oggi interrotte a causa delle condizioni in cui trovasi il tunnel di Fuorigrotta.»

 

La risposta all’interrogazione arriva dall’onorevole Anselmo Ciappi (Camporotondo di Macerata 1868 – Roma 1936), sottosegretario di Stato per i Lavori Pubblici:

«La città di Napoli è allacciata al villaggio di Fuorigrotta mediante la ferrovia Cumana ed una linea delle tramvie urbane di Napoli, che passava per il tunnel franato. In seguito alla sospensione dell'esercizio su detta linea tramviaria, il Circolo di Napoli ha interessato la Società esercente la ferrovia Cumana ad intensificare il movimento dei treni fra Fuorigrotta e Napoli per supplire alla mancanza della comunicazione tramviaria, e sono stati attuati numerosi treni facoltativi in mezzo ai tanti ordinari, in modo che da Fuorigrotta parte un treno ogni 20 minuti per Napoli.

Inoltre è stata istituita una linea automobilistica provvisoria attraverso il tunnel della direttissima Roma-Napoli, transito ordinario, finché non saranno riparati i danni del tunnel franato, per cui una Commissione di tecnici è stata nominata dal prefetto.

Fo poi presente che il Circolo di Napoli fin dal 1918 fece rilevare alla Società esercente le tramvie napoletane prima, ed all'azienda autonoma poi, le cattive condizioni statiche del tunnel di Fuorigrotta, e con provvedimento del 3 agosto 1919, pregò la Egregia Prefettura di Napoli d'ingiungere la esecuzione d'urgenza dei lavori necessari tanto al comune di Napoli che alla decaduta Società delle tramvie. E risulta che la Prefettura invitò il Municipio a preoccuparsi di tale grave questione, ma a tutto il mese di ottobre nessun provvedimento fu preso.»

 

Altra risposta arriva dal senatore Edmondo Sanjust di Teulada (Cagliari 1858 – Roma 1936), Sottosegretario di Stato per i Trasporti Marittimi e Ferroviari [6]:


«A complemento della risposta data direttamente dal sottosegretario di Stato per i Lavori Pubblici per la parte di sua competenza, fo noto che in seguito al franamento avvenuto il giorno 11 novembre 1919 nella galleria Grotta Nuova, per cui sono impedite le comunicazioni tra la città di Napoli e Fuorigrotta, tanto l’Egregio Commissario straordinario presso il municipio di Napoli, quanto le altre autorità locali, interessarono il Ministro dei Trasporti Marittimi e Ferroviari per la concessione del pubblico transito nella galleria ferroviaria di Posillipo.

Alle prefate autorità fu detto che dovessero prendere all'uopo degli accordi diretti col signor ingegnere cavaliere Enrico Bazzaro, capo divisione dirigente l'ufficio costruzioni di Napoli per la linea direttissima Roma-Napoli al quale erano state già date istruzioni in proposito. Nel senso che dovesse concedersi per la viabilità ordinaria, la maggiore larghezza della galleria suddetta, compatibile con l'impianto, affatto libero ed indipendente, di un binario di servizio a scartamento ridotto di m. 0.60, indispensabile per la continuazione dei lavori della galleria sotto Napoli della direttissima [7]. 


Lavori, che, secondo le intenzioni del ministro dei trasporti debbono essere intensificati quanto più è possibile, nel doppio intento di dar lavoro al massimo numero di operai e di affrettare l'ultimazione di quella galleria per poter incominciare ad aprire all'esercizio, senza ulteriore indugio, almeno qualche tratto della linea in parola».

 

Ma perché tante frane nei tunnel di Posillipo?

Questi dissesti nelle gallerie scavate nel tufo non trovano sempre una concorde spiegazione.

Il geologo Michele Guadagno, che per vari anni ebbe ad interessarsi del sottosuolo cittadino, nel 1928 disse che ben otto manufatti attraversanti la collina di Posillipo in questo tratto avevano dato segni di notevole dissesto.

Questi manufatti erano:

-      la antica galleria romana;

-      le due vecchie e contigue gallerie dei trams dette rispettivamente la Grande e la Piccola che poi furono trasformate in un'unica grande galleria;

-      la galleria della Direttissima;

-      la galleria Laziale;

-      i collettori cosiddetti di Cuma e di Coroglio;

-      il grosso fognone di Posillipo.

Secondo lui la sovrapposizione di due unità di tufo giallo, con l'interposizione di materiali piroclastici poco lapidificati, era all'origine dei dissesti di diverse opere che attraversavano in sotterraneo questa zona della collina.

Ricordava, ad esempio:

-      la Vecchia Galleria Romana con le innumerevoli frane che l’hanno interessata nel corso di quasi due millenni.

-      la Nuova Grande Galleria (già galleria municipale dei tramways) aperta nel 1884, chiusa per dissesti nel 1890; riparata e poi di nuovo chiusa per la citata frana del 1919.

-      la Galleria della Direttissima Napoli-Roma, collaudata nel 1917, che denunzia danni nel 1922; poi in riparazione fino al 1925 e nuova presenza di dissesti nel 1931.

-      la Galleria della Laziale, ultimata nel 1926, dopo che si sono manifestati numerosi dissesti durante la costruzione, e presenza di nuovi danni nel 1932.

 

In tutte queste gallerie si era osservata la rottura longitudinale delle calotte e lo schiacciamento dei piedritti.

Analoghi dissesti saranno poi riscontrati nella più recente Galleria della Circumflegrea, che pure attraversa la collina del Vomero, terminata di scavare nel 1954 e soggetta a riparazioni tampone alla fine degli anni ’60 ed a sistemazione definitiva solo con la costruzione del secondo tunnel, per raddoppio dei binari, tra Monte Santo e Soccavo.

 

GIUSEPPE PELUSO – GIUGNO 2023


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