lunedì 9 aprile 2018

La Via Regia


Al mondo non vedrai cosa più bella
La Via Regia, il miglio d’oro Puteolano

Nel percorrere la nostra litoranea che dai Cappuccini, attraverso Gerolomini e La Pietra, mena a Bagnoli, vivo una rara sensazione di tranquillità e incanto, e credo questo capiti anche a tutti voi.
Una ininterrotta emozione tra terra, cielo e mare che il territorio trasmette con uno spettacolo unico per paesaggi e bellezza.

E’ questo l’ultimo tratto di quel che fu la “Via Regia”; il lungomare che tra ottocento e novecento diventa la “promenade” dei forestieri che numerosi son venuti a fare i bagni nelle “acque” delle nostre Terme e dei nostri Lidi [1].

Per gran parte del sedicesimo secolo, in pieno vicereame spagnolo, questa strada ancora non esiste e per raggiungere Napoli da Pozzuoli si percorre la “VIA PVTEOLIS – NEAPOLIM”, per “colles”, con la quale, attraverso le colline, si raggiunge la capitale. Ma questa antica strada romana è ridotta talmente disagiata e insicura che è giudicato improponibile valicarla senza esporsi a incredibili ruberie.
In molti casi i viandanti sono assassinati e trucidati dagli scherani che occupano ogni dintorno boscoso, tra i dirupi del Monte Olibano e delle rigogliose vicine colline
Inoltre la strada, non ricevendo alcuna manutenzione, mostra tutti i segni dovuti a secoli e secoli di piogge e smottamenti; alcuni tratti, come l’antico ponte romano detto “Cerciello”, sono completamente scomparsi rendendo impossibile il passaggio di carri [2].

Ridotta in questo stato è poco utilizzata da coloro che sarebbero interessati a trafficarla per commerci e comunicazioni; essa è percorsa solo dagli agricoltori del seno de’ Bagnoli dediti alle loro faccende con ben poco da temere dai locali briganti.

Nel 1568 regnando Filippo II, Re di Spagna e di Napoli, il viceré Pedro Afán Enríquez de Ribera y Portocarrero, Duca d'Alcalà (detto don Perafan) [3], pensa di mettere fine a tanti disordini col costruire una nuova via da Fuorigrotta fino al lido de’ Bagnoli per poi prolungarla fino a Pozzuoli.

Questi sono gli apparenti e plausibili motivi che spingono il de Ribera a fondare la nuova via, ma i suoi denigratori storici argomentano diversamente. Dicono che il Viceré in luogo di ordinare il rifacimento della via romana più breve, e farvi rispettare la Giustizia, l’ha abbandonata alla rovina ed agli assassini per farvi continuare i delitti e così dar luogo all'amor proprio di eternare il suo nome con la costruzione di una nuova via e porla in confronto con l’antica romana.

Del progetto e della direzione dei lavori della nuova via Regia si interessano gli ingegneri Ambrogio Attendolo, Mario Galeota e suo figlio Gian Berardino; in tutto sono spesi circa 35.000 ducati.
La realizzazione del primo tratto, da Fuorigrotta a Bagnoli, non presenta grandi difficoltà tecniche essendo la zona perfettamente pianeggiante; tutt'al più si rendono necessarie opere di bonifica di limitate aree paludose [4].

Dove questa strada inizia il Vicerè fa collocare su marmo la seguente iscrizione:

PHILIPPO II REGNANTE
PARAFANVS RIBERA ALCALAE DVX
PROREGE
QVI VIAS FECIT AB NEAPOLI AD BRVTIOS
AMPLISSIMAS
HANC QVOQVE VIAM CLIVIS ANTEA DIFFICILEM
ARCTAM INTERRVPTAM CVM ITER EIVS AD MARE
DIREXISSET
VASTAQVE SCOPVLORVM IMMANITATE CONSTRATA
NOVAM APERVlSSET PVTEOLOS MVLTO BREVIOREM
PERPETVAM ILLVSTREM ATQVE LATAM
PERDVXIT
MDLXVIII.

Tre anni dopo l’inizio dei lavori del predetto primo tratto, nel 1571, si principia al continuamento di essa da' Bagnuoli fino a Pozzuoli e questo secondo percorso, poiché lo si vuole costruire colmeggiando il mare intorno a due promontori inaccessibili, incontra enormi difficoltà nella natura delle cose.
Per questo motivo in soccorso dell'impresa è chiamata l'arte e l’industria umana e, solo con forti spese, si rende la strada tollerabile all’uso dei viandanti.
Molti sono i luoghi difficili come il Monte Dolce sulle mappe riportato come “Promontorium Puteolum”, termine non più in uso e sconosciuto ai più [5]. 

Non potendo smussare l’intero alto costone, si fondano mura nel Mare rubando ad esso gli spazi occorrenti [6].

In altri luoghi, accessibile alle sole capre, si debbono togliere ammassi di pietre quasi incredibili e riempire voragini altrimenti invalicabili [7].

In altri ancora, come il Monte Olibano, è necessario sballare le alture delle antichissime lave bituminose, da secoli raffreddate, e sebbene la strada si eleva dal livello del mare, è possibile superare quest’altro promontorio ridiscendendo mediante una serie di arcate, dette ponti, verso la chiana e le fabbriche delle antiche terme Subveni Homini [8].

Qui la strada percorre un lungo rettilineo parallelo alla spiaggia (Chiaja) e giunge alle porte di Pozzuoli ai piedi del Rione Terra [9].

L’opera, pur mostrando manchevolezze nelle leggi architettoniche e idrauliche che la renderanno poco durevole nel tempo (già verso la metà del settecento la strada inizia a denunziare segni di fatiscenza, provocati sia dal mare che dal bradisismo discendente), è infine terminata e lastricata con la stessa trachite di cui è costituito il monte Olibano.
Proprio nel punto dove sono state incontrate le maggiori difficoltà, quasi alla fine della via ed esattamente sul lato mare del descritto ponte, nella curva immediatamente prima delle attuali "Terme Puteolane", la vanità del de Ribera, sempre secondo alcuni suoi denigratori, non contenta della prima iscrizione determina apporvi la seconda, storica ed enfatica iscrizione posta su di una edicola appositamente eretta [10].

Da siffatta Iscrizione, ora scomparsa, si legge che prima di costruirvi la via il luogo era tutto orrore e solitario, impraticabile all’uomo e si vedevano solo uccelli marini, e per ogni dove c’erano balzi, sassi e rovine naturali [11]:

Appena terminata l’intera arteria è nominata in vari modi;
-      la “via Nuova” in rapporto con l’antica e ancora valicata strada romana;
-      la “via Rivera” come è volgarizzato e conosciuto il cognome del vicerè;
-      la “via Regia” come riportato sulle mappe che iniziano a diffondersi.

La vecchia via romana inizia dalla “Crypta Neapolitana” (o Grotta di Pozzuoli) e continua fin quasi al lago di Agnano e i luoghi bassi degli Astroni da dove, ascendendo il salto del Monte Olibano, si dirige a Pozzuoli. Da questa città va a Baia e al Garigliano dove, innestandosi sulla via Appia, arriva a Roma [12].

La via nuova è dal de Ribera incominciata in prossimità della predetta grotta sulla sinistra della Via romana e, attraverso l'acquitrinosa piana di Fuorigrotta arriva, dopo un lungo e perfetto rettilineo alberato che a mezzo del costruito “Ponte Lungo” supera anche un largo alveo proveniente dalla retrostanti colline, alla spiaggia de' Bagnoli [13].

Nel luogo dell'afforcamento delle due vie l’accorto Viceré vi ha fatto porre due lapidi indicative dell'uso di esse, a seconda del verso; onde si avverte che per la via vecchia si va a Roma e che per la via nuova si va a Pozzuoli [14-15]:


Questa nuova strada, oltre a migliorare i collegamenti evitando il più lungo ed acclive percorso collinare, permette un agevole accesso alle sorgenti termali che, per l’attività dei fuochi sotterranei, si trovano ai piedi di questi monti.
Di tutte queste fonti, anche per gli eventi vulcanici che portano all’eruzione di Montenuovo, se ne sono perse le tracce ma la via Regia crea le premesse per poterle riportare in auge dopo essere state per lungo tempo abbandonate.

Il viceré don Pedro Antonio d'Aragona, in carica tra il 1666 e il 1671, nel 1668 affida al medico Sebastiano Bartolo l'incombenza di rintracciare e restaurare le antiche sorgenti che si incontrano nei Campi Flegrei e che si rivelano molto utili a sconfiggere i morbi del corpo umano.
Bartolo divide la sua ricerca in tre settori geografici ciascuno corrispondente a un tratto della strada che va da Fuorigrotta a Miseno; quindi fa apporre tre diverse lapidi (epitaffi) nei punti di maggior passaggio.
Ciascuna lapide indica il nome delle sorgenti termali, e le qualità terapeutiche delle loro acque, che si incontrano fino alla successiva lapide.
Il primo epitaffio è posto a Piedigrotta all’ingresso della “Grotta di Pozzuoli” e su di esso sono elencate dodici sorgenti ritrovate nella zona compresa tra Fuorigrotta, gli Astroni, Bagnoli e Pozzuoli [16].

Il secondo epitaffio è sistemato sulla Piazza della Malva a Pozzuoli, ora risistemato sotto l’arco di Porta Napoli, e su di esso sono elencate diciannove fonti termali che si incontrano dal centro di Pozzuoli all’inizio di Baia.
Il terzo epitaffio è sistemato sulla via Aragonese tra Lucrino e Baia, località che per questa presenza è da allora chiamato Punta Epitaffio; su di esso sono elencate le otto sorgenti presenti da Baia a Miseno.
Ogni epitaffio è diviso in due parti con quella sovrastante che consiglia il viaggiatore di leggere con attenzione l’epigrafe inferiore in cui sono decantati i Campi Flegrei e le tante e pregevoli sorgenti termali esistenti.

Sulla prima epigrafe, tralasciando le prime quattro fonti che non si trovano direttamente sulla nuova via litoranea, è interessante notare le numerose sorgenti che per un miglio si susseguono dall’attuale piazza di Bagnoli al moderno lungomare di Pozzuoli:

QUINTUM BALNEUM EST IUCARAE, QUOD INVENIES, DUM REGIA VIA, QUA ITUR PUTEOLOS, AD MARIS LITTUS PERTINGIS

Il quinto bagno lo trovi quando, prendendo la “via Regia” per la quale si va a Pozzuoli, giungi sulla sponda del mare; è il bagno della “Giuncara” così chiamato dai giunchi che copiosi si ritrovano attorno. E’ una fonte d’acqua che rende lieta la mente, favorisce Ia gioia, toglie gli affanni, provoca piacere e ti predispone ad esso, fa bene ai reni e a quelli malati, giova allo stomaco, ripara le forze del fegato, fa ingrassare, distrugge Ie febbri saltuarie e fa in modo che la pelle non sia tesa.
Siamo, praticamente, nella Piazza Bagnoli e questa fonte termale sarà nel tempo sfruttata dagli Stabilimenti: "Terme Tricarico", “Terme La Sirena”, “Terme Bocco”, "Terme Cotroneo" (ex Masullo), "Stabilimento Termale del Balneolo" e "Antiche Terme Manganella" [17].

Quattrocento passi dopo la “Giuncara”, sulla destra della stessa via Regia, troviamo il sesto bagno detto “Bagno di Piaga” o “Bagno del Balneolo”, così nominato per la sua piccola forma. La sua acqua ricrea il capo, lo stomaco, i reni e Ie altre membra, elimina l’annebbiamento della vista, rimette in forza i consunti e i deboli, distrugge la causa della febbre quartana, continua e quotidiana, libera dai dolori derivanti da qualsiasi malattia o da febbre. I NapoIetani trovavano quest’acqua così salubre che pensavano lì ci fosse un dio; le sue acque saranno nel tempo utilizzate dagli Stabilimenti: "Terme Rocco", “Terme Patamia” [18].

Sulla stessa strada Regia, dopo pochi passi, trovi il settimo bagno; il “Bagno della Petra” così chiamato perché le sue acque rompono la pietra che si trova nelle vesciche. Il bagno con quest’acqua toglie la scabbia, frantuma i calcoli, fa urinare, purifica i reni, fa eliminare la renella, libera il capo dai dolori, toglie Ie macchie dagli occhi, ridà l’udito alle orecchie e le libera dai ronzii, fa bene al cuore ed al torace. Un sorso caldo di quest’acqua purifica il ventre ed evita l’insorgere della renella.
Le sue acque saranno nel tempo utilizzate dagli Stabilimenti: "Terme Dott. Alberto Pepere", "Terme Minerali Di Leo" e “Terme La Pietra” [19].

Oltre il Bagno di La Pietra, dopo 20 passi a destra, troviamo l’ottavo bagno, il “Bagno di Calatura”, così chiamato dall’antico nome di Monte Dolce. L’acqua dl questo deterge il viso ed elimina le brutte macchie, rallegra il cuore, rafforza la mente, corrobora lo stomaco, fa digerire le precedenti crapule, stuzzica l’appetito, elimina la tosse, dà sollievo al polmone, fa che dalla tosse non scaturisca la tisi.
Le sue acque saranno nel tempo utilizzate dagli Stabilimenti: “Terme Vitolo” e "Terme Charlotte - Calatura" [20].

Il nono bagno che si trova oltre la strada Regia, passando sotto il ponte costruito alle falde della rupe Olibano, è il “Bagno Subveni Homini”, così chiamato in epoca romana col significato “Soccorrere gli Uomini”. Già nel cinquecento i napoletani ne trasformano il nome in “Zuppa d’uomini” giocando sul fatto che l’acqua sgorga in un'unica grande vasca dove tutti si bagnano insieme dando l’idea di una enorme pentola.
Per lungo periodo è l’unica sorgente puteolana che continua a offrire le sue acque dopo l’eruzione del Monte Nuovo ed ancora oggi è l’unica in funzione nel miglio preso in considerazione. La sua acqua porta via la tristezza dell’animo ed il mal di stomaco, stimola l’appetito, allevia il dolore dei polmoni, del fegato, della milza e del ventre gonfio, rende chiara la voce, dà sollievo alla podagra invecchiata e toglie ogni specie di dolore; il potere suo più eccezionale è il ristabilimento dei deboli.
Le sue acque saranno nel tempo utilizzate dagli Stabilimenti: "Antiche Terme Subveni Homini dei Padri Girolamini", “Stabilimento Termo Minerale Gerolomini”, “Terme Sociali” e “Terme D’Alicandro”, ex “Terme Le Migliori Acque" poi "Terme Puteolane" [21].

Decimo, distante dal precedente 50 passi, è chiamato sia “Bagno dell’Arena” perché l’acqua sorge sulla spiaggia vicino al mare, sia “Bagno di Sant'Anastasia” perché vicino alla chiesa dedicata a questa Santa.
Esso dà sollievo ai bruciori del corpo e ne rinnova Ie forze, toglie i sintomi della stanchezza o la debolezza se si sopporta il calore dell’acqua sorgente.
Le sue acque saranno nel tempo utilizzate dagli Stabilimenti: "Terme Terracciano" e "Terme La Salute concessionario Dott. Michele Rocco", ex “Terme Barone” [22].

Lungo tutta la litoranea sorgono innumerevoli stabilimenti balneari, alberghi, pensioni, ristoranti, cinematografi, circoli nautici e ville private [23].

Nel contempo la strada diventa l’asse portante di una nuova mobilità e sarà percorsa dai primi “omnibus a cavalli” sostituiti inizialmente dai “tram a vapore” e poi dai “tram elettrici”; ben presto si affianca la linea della “Ferrovia Cumana” [24].

Questo miglio dell’antica via Regia sarà frequentato da numerosa e scelta clientela che saprà usufruire della economicità dei prezzi senza rinunciare alla eleganza offerta dagli Stabilimenti e dai luoghi [25].

Già nel 1865 l’idrologo A. Dardel, medico dello stabilimento termale d’Aix in Savoia, esalta la molteplicità degli effetti terapeutici delle acque, la bellezza del paesaggio, la salubrità e la dolcezza del clima.
La strada regale, gli stabilimenti termali e i villini che costeggiano questo litorale sono immuni dalla umidità e avendo a ridosso, come solida barriera, il Monte Dolce il Monte Olibano e il Terrazzo della Starza sono anche preservati dai freddi venti del Nord.
Un assiduo e affezionato cliente della “Bella Epoque”, discorrendo della nostra strada sulla quale amava passeggiare, scrisse:

“Possis nihil urbe visere maius”
“Tu non vedrai nessuna cosa al mondo maggiore”

Oggi questa strada è ancora più bella, cerchiamo di preservarla [26].


PELUSO GIUSEPPE

P.S.
Interessante un'altra Lapide del 1717 conservata a Fuorigrotta.
In essa si legge:
IN QUESTO UNICO POSTO STANNO UNITI I SOLDATI TUTTI
DI QUALSIVOGLIA ARRENDAMENTO, ED ATTENDE CIASCUNO
A FAR LE DILIGENZE CHE GLI APPARTENGONO,
SE ALTROVE NELLA STRADA REGALE  ALCUN DI LORO
ARDIRA' DI MOLESTARE I VIANDANTI SARA' PUNITO
COME UN PRIVATO CHE COMMETTA  VIOLENZA IN STRADA
PUBBLICA SECONDO LO STABILITO DALLA R. PRAMMATICA
DEL .............