venerdì 10 marzo 2023

Villa Cordiglia

Masseria della Santissima Annunziata

dai Consoli Cordiglia ai Principi Caracciolo

 

La storia di Villa Cordiglia [1 – veduta aerea] inizia a Laigueglia, un piccolo borgo di mare della Riviera Ligure di Ponente, a fine settecento quando è ancora in vita la Repubblica Marinara di Genova.

Laigueglia è la patria di numerosi mercanti che, per la loro attività, si trasferiscono a Marsiglia (spesso con i nomi francesizzati: Maglione in Mayon, Pagliano in Payan, etc), a Taranto ed a Napoli. In questa ultima città si sono insediati, tra tanti altri, Stefano Musso, Gio.Andrea Pagliano, Francesco Maglione, Domenico Cordiglia.

Alcuni di loro, pur continuando a praticare l’arte mercantile in modo ambiguo e contraddittorio, riescono a farsi nominare “consoli” dalla Repubblica di Genova; tra questi Domenico Cordiglia e in seguito suo figlio Ambrogio.

 

Quando Napoleone occupa Genova, e mette fine alla secolare esistenza della “Superba”, molti Laiguegliesi diventano cittadini napoletani ma altri continuano a penetrare nella capitale meridionale come “stranieri”, iscritti nelle liste del consolato di Francia a Napoli.

Ambrogio Cordiglia dichiara al console generale francese in Napoli, di voler conservare i suoi diritti civili in Francia e di godere delle franchigie e privilegi accordati alla Nazione francese nel napoleonico Regno di Napoli.

Dichiara inoltre di sottomettersi alle Costituzioni dell’Impero e di essere fedele a S. M. l’Imperatore dei Francesi e Re d’Italia.

I Cordiglia hanno allargato progressivamente il loro raggio d’azione con sedi commerciali a Laigueglia, a Napoli in società con i Maglione, a Genova in società con i Musso, a Taranto, a Marsiglia.

In questo periodo si stringono non solo legami commerciali, ma anche familiari; Ambrogio Cordiglia sposa Emmanuela Maglione figlia di Stefano, suo socio in affari. Emmanuela è vedova di Bernado Musso, altro Laiguegliese da cui ha avuto un figlio [2 - Famiglia Cordiglia].

 

Con la sconfitta di Napoleone, e con il passaggio della Liguria ai Savoia, Ambrogio Cordiglia (1783-1861), figlio di Domenico e di Maria Maddalena Cavassa, diventa Console Generale a Napoli di Sua Maestà Sarda.

Suo Padre ha in precedenza ricevuto in fitto dal Seminario Vescovile di Pozzuoli, probabilmente con contratto di enfiteusi contro il pagamento annuale di un estaglio di sette ducati, la masseria denominata “Santissima Annunziata”; un Territorio vitato-seminativo di circa 15 moggi, che si trova vicino all’omonima Chiesa, al di sopra del terrazzo marino detto Starza.

I ruderi che si vedono in questo Territorio appartengono probabilmente a strutture termali annesse alla casa ed agli Orti di Marco Cluvio e di Pileo, ove Cicerone soleva spesso recarsi, ed i quali poi ereditò.

Nel maggio del 1818 Ambrogio Cordiglia chiede al Sindaco del Comune di Pozzuoli di poter acquistare una “costa incolta e petrosa” che “termina sopra la strada di San Francesco”. L’intento è di aggregarla al suo Territorio in modo che raggiunga il naturale confine orientale costituito dal Vallone Mandra; all’opposto lato il Canalone, oggi detto Vallone Cordiglia, ne costituisce il naturale confine occidentale; la strada Luciano, ex Domitiana, ne delimita il confine settentrionale; il ciglio del Terrazzo Marino della Starza ne determina il naturale confine meridionale.

Nella mappa di Andrea De Jorio, che mostra la zona occidentale di Pozzuoli nella prima metà dell’ottocento, è ben visibile il Territorio di Cordiglia sovrastante i Mulini ad acqua, poi dei Mirabella, e la Masseria alla Starza, futura Villa Maria [3 – mappa de Jorio].

 

Nel 1826 lo storico Lorenzo Palatino, nel libro “Storia di Pozzuoli e Contorni” così descrive il Casino del Signor Cordiglia:

«Al fianco del sopraddetto tempio della Santissima Annunziata vi sta la fruttifera masseria del Signor Cordiglia. Quivi trovasi un comodo ed elegante casino, situato in una posizione, che l’occhio ne resta incantato.

In questa masseria, ed in quella di altro proprietario con essa confinante vi sono ruderi di antiche fabbriche, le quali indicano essere state un gran bagno, stufe, e palestra.

Nel 1812 nello scavare il Cordiglia le fondamenta per fabbricare una muraglia, e chiudere la sua masseria verso il nord; essendo giunto lo scavo a quattro palmi di profondità, si scoprì un lungo spezzone dell’anzidetta via Domiziana, che si univa con la via Campana avanti la porta Erculea.

Tra questa masseria, e l’altra del signor Loffredo si apre una valle nel di cui mezzo evvi un'antica via selciata con grandipietre, ramo della via Domiziana, che passando per accanto dell'Accademia di Cicerone, dalla sommità del colle usciva giù alla marina. Resta però coperta da terra e piantagioni».

 

Alla fine degli anni venti dell’ottocento, nella veste di Console Generale di Sua Maestà Sarda, e a mezzo di una Istanza, Ambrogio Cordiglia contesta, enunciandone i motivi, la decisione del Decurionato di Pozzuoli (una sorte di consiglio comunale che tra l’altro elegge il sindaco) di trasformare in civico cimitero le fondamenta della vicina chiesa della “SS Annunziata”.

Con il napoleonico editto di Sint-Cloud, che vieta le sepolture sotto le chiese dei centri urbani, nel 1814 il Decurionato di Pozzuoli adibisce a camposanto il giardino dell’ex convento di San Francesco (attuale carcere femminile).

Ma poco dopo questo camposanto all’aperto è devastato da un folto gruppo di puteolani che lo considera un’offesa verso i morti.

Per evitare ulteriori incidenti il Decurionato decide di adibire a luogo di sepoltura qualche chiesa fuori dall’abitato; inizialmente si prevede di realizzarlo presso la chiesa della SS. Annunziata, poi per l’opposizione del Cordiglia si opta per la vicina Santa Marta e per San Gennaro alla Solfatara.

In seguito, per far fronte all’elevato numero di vittime provocate dal colera del 1837 e per prevenire future epidemie, si decide di realizzare il nuovo cimitero di Pozzuoli in un vicino campo di proprietà di Michele Pica, sempre in via Luciano, che sarà inaugurato nel 1843.

 

Nel 1833 il Seminario di Pozzuoli, proprietario della masseria, a mezzo del suo Rettore don Raffaele Manganella notifica al Cordiglia una istanza di sfratto per mancato pagamento del canone annuo.

Nel 1837 muore Emmanuela Maglione, più anziana di Ambrogio, che lascia una complessa eredità, con testamento stipulato dal notaio Zigarelli, suddivisa tra suo marito, i figli avuti da lui ed il figlio avuto dal primo marito.

Emmanuela non vedrà sua figlia Marianna (detta Anna) andare in sposa nel 1848 a Filippo Caracciolo di Melissano, capitano dell’esercito borbonico e discendente di una nobile famiglia napoletana.

Suo Padre Francesco Antonio Caracciolo ha rivestito molte cariche pubbliche tra cui quella di segretario di legazione in Austria e in Francia, dove conosce e sposa Adelaide Trimoulet; dal loro matrimonio nascono Luisa nel 1812, Filippo nel 1814, Anna Francesca nel 1816, Giovanni, nato e morto nel 1819, e Francesca nel 1826.

Nel 1813, sotto Gioacchino Murat, Francesco Antonio Caracciolo è creato conte nello stesso anno nominato ministro plenipotenziario, prima in Spagna presso il re Giuseppe, poi a Monaco di Baviera, dove nasce suo figlio Filippo che abbiamo visto sposo di Anna Cordiglia.

Francesco Antonio Caracciolo è poi nominato Sovraintendente del Distretto di Pozzuoli (una sorta di Presidente/Prefetto di Provincia) e sua sorella donna Anna sposa il nobile puteolano Nicola di Fraia-Frangipane; Francesco Antonio muore a Pozzuoli il 22 maggio 1846.

 

Dal matrimonio tra Anna Cordiglia e Filippo Caracciolo nascono Maria Adelaide nel 1849, Francesco nel 1850, Ambrogio nel 1851 (da lui discenderanno gli attuali proprietari di Villa Cordiglia a Pozzuoli), Maria Concetta nel 1853 e Maria Luisa nel 1857 [4 – Famiglia Caracciolo]. 


Nel 1845 il Tribunale di Commercio di Napoli emette sentenza di condanna nei confronti di Ambrogio Cordiglia, con l’arresto personale, per un debito non liquidato in favore di Ferdinando Rodriguez.

Nel 1847 Ambrogio Cordiglia, che nel frattempo ha ingrandito l’originario casino estivo costruito al di sopra dell’antica masseria, chiede al Municipio di Pozzuoli un forte indennizzo per l’esproprio di parte del Territorio di sua proprietà denominato SS. Annunziata. Si tratta del ciglione sassoso su cui è stata aperta la “Via Nova”, attuale ultimo tratto di via G.B. Pergolesi [5 – mappa Pozzuoli].

 

Nel 1861, appena completata l’unità italiana, muore Ambrogio Codiglia e, seppure non abbia lasciato testamento, per accordi tra eredi il fondo enfiteutico di Pozzuoli resta intestato a sua figlia Anna ed al marito Filippo Caracciolo.

Nel 1864 abbiamo la ricevuta di duecento ducati per uno degli ultimi canoni pagati al Seminario di Pozzuoli; qualche anno dopo, giusta la legislazione del nuovo Regno d'Italia, Filippo Caracciolo provvede all'affrancazione completa della masseria.

Nel 1868, dovendo rinnovare l’affitto agricolo della “Santissima Annunziata” ai coloni Raffaele Mucciardo e Biase Bonito, Filippo Caracciolo fa eseguire la numerazione degli alberi e piante dall’esperto di campagna Procolo Manganella.

Dal 1871 le famiglie dei coloni Angelo Palumbo e Giovanni Orso subentrano nell’affitto della masseria agricola.

Nel 1880 muore Filippo Caracciolo e tocca ai suoi eredi contrattare con la Ferrovia Cumana che attorno al 1890 sta realizzando la Linea Napoli – Pozzuoli – Torregaveta.

La Ferrovia espropria qualche striscia di terreno nel primo lembo del Vallone Mandra, in prossimità del canale Alveo Campano; in cambio i Caracciolo ricevono parte del costone della Starza, espropriato al Duca Luigi Ferraro, rimasto staccato dal resto della proprietà dell’attuale Villa Maria alla Starza.

In uno schema di convenzione si decide pure la realizzazione di un muro che divida la proprietà dalla sede ferroviaria [6 – mappa la Starza per esproprio Ferrovia Cumana].

 



Il Territorio del Vallone Mandra (fondovalle, pendici San Francesco e pendici Starza), con annessa casa colonica ed altri rustici, costituisce una separata masseria attraversata dall’Alveo Campano che nei vecchi documenti è definito Alveo San Francesco. Stesso nome del costone e delle pendici sottostanti alla chiesa di San Francesco, meglio conosciuta come Sant’Antonio.

Su questo Territorio dei Caracciolo, proprio per la presenza dell’Alveo e dei resti dell’antica strada che risaliva il vallone, ci son sempre state controversie di confine con il Municipio di Pozzuoli ed in passato con la vicina Masseria alla Starza.

In particolare, nei primi anni del novecento, Ambrogio Caracciolo contesta al Municipio di Pozzuoli la violazione dei diritti di possesso del suolo su cui è stato costruito il nuovo casotto daziario sul ciglio estremo interno del Vallone Mandra che considera di sua proprietà.

Questo separato Territorio del Vallone Mandra risulta dato in fitto alla famiglia del colono Gaetano Differente che lo terrà in locazione fino al 1930; in seguito passerà alla Famiglia Gemelli.

 

Negli stessi anni è venduto alla Armstrong un lembo del Vallone Canalone (oggi detto Cordiglia), non espropriato dal Comune di Pozzuoli, per permettere la realizzazione di un enorme serbatoio a servizio del costruendo cantiere. L’acqua fornita al Cantiere proviene dall’acquedotto Campano le cui condutture passano nel sottosuolo del fondo “Santissima Annunziata”.

 

Grandi lavori, commissionati da Anna Cordiglia, debbono essere stati eseguiti a fine ottocento nella casina, trasformandola in grande Villa Nobiliare, come si evince da documenti conservati negli archivi della Famiglia Caracciolo.

Da parte del falegname Carlo Ciocia nel 1896-1897; da parte dell’appaltatore Antonio Pica negli stessi anni; da parte del decoratore Domenico Leggiero nel 1897-1898; del muratore Antonio Pollio che nel 1898 si dichiara debitore di Ambrogio Caracciolo e si impegna a costruire un forno; dell’affidamento dei lavori da parte dell’ingegner Salvatore Bellini e della valutazione dei lavori in corso da parte dell’ingegner Sparano negli anni 1897-1899 [7 – Alinari fine ottocento].

 

Nel 1899 muore Anna, l’ultima dei Cordiglia, e il Territorio di Pozzuoli passa in eredità al figlio Ambrogio Caracciolo che, alla fine degli anni venti del novecento, vede il suo Territorio subire un nuovo esproprio per la costruzione della nuova “Domiziana”.  

Questa, all’epoca definita autostrada, in pratica attraversa il fondo dividendolo in due parti e la zona rimasta distaccata, oltre la nuova carrozzabile, inizia ad attirare gli interessi di chi ha intenzioni speculative; aiutato in questo dalle potenzialità dei panoramici terreni.

 

Intanto nel 1929 muore Ambrogio Caracciolo e poiché i suoi due figli, i gemelli Filippo e Francesco, hanno appena dodici anni il Territorio è amministrato dalla vedova principessa Lucia Biarbellini Amidei in Caracciolo di Melissano.

La nuova cinta muraria, che divide la proprietà dalla pubblica strada è rivestita con l’elegante pietra lavica di Monte Olibano e nel 1932 il Municipio di Pozzuoli concede a Lucia Caracciolo di procedere alle opere in muratura dei pilastri del nuovo cancello d’ingresso [8 – muratura esterna].

 

Intanto scoppia la Seconda Guerra Mondiale e la villa di Pozzuoli diventa sicuro rifugio per molti dei familiari, sparsi tra Napoli, Firenze ed altre località. Il giovane principe Francesco [9 – Francesco Caracciolo]

figlio di Ambrogio e ufficiale del Regio Esercito, è preoccupato del gemello Filippo anch’egli sotto le armi a Modena.

Testimonianza dei tragici momenti è una lettera che Francesco invia alla mamma dalla zona di guerra; la lettera di Pe Via Aerea, con timbri di Posta Militare, è indirizzata a:

Principessa Lucia Caracciolo di Melissano – Villa Caracciolo – Pozzuoli [10 lettera].

 

Nel 1943, con l’incremento dei bombardamenti alleati, sulle pendici della Starza, proprio dietro “Villa Maria” ma sempre in proprietà Caracciolo, è costruito un rifugio antiaereo da servire per ricovero sia degli allievi della “Scuola Meccanici del Cantiere Ansaldo”, sia dei marinai di guardia alle condutture nafta che attraversano questi territori.

La Famiglia, per questioni finanziarie e di sicurezza, pensa di spostarsi nella tenuta di Taviano, vicino Melissano in provincia di Lecce, ma teme la requisizione della villa di Pozzuoli in caso di trasferimento.

 

Nel secondo dopoguerra continua il ridimensionamento del vecchio Territorio con la vendita lottizzata della porzione rimasta sul Terrazzo della Starza, di tutta l’aera che andrà a costituire il nuovo Parco Cordiglia, con i nuovi espropri effettuati dalla Ferrovia Cumana per il raddoppio dei binari e per la costruzione della nuova stazione al Vallone Mandra.

Poi, in seguito alle fasi bradisismiche del 1970 e del 1983, Villa Cordiglia risulta gravemente danneggiata ed inagibile [11 – villa inagibile].

 

L’archivio storico gentilizio, oltre duemila documenti, è recuperato dalle macerie della Villa di Famiglia a Pozzuoli e a fine 1983 consegnato dal principe Landolfo Ambrogio Caracciolo di Melissano alla Soprintendenza Archivistica per la Campania [12 – veduta attuale].

 

 

REFERENZE

A. Carrino – Fra Nazioni e Piccole Patrie – Mercanti liguri

S. D’Acquino e R. De Simone – Archivio Gentilizio Caracciolo di Melissano

 

Giuseppe Peluso – marzo 2023 

lunedì 6 marzo 2023

Palazzetto della Residenza

 


Il Palazzetto della Residenza

Dai Vigili Urbani alla Festa della Donna

 

Recentemente mi sono recato presso la vecchia “residenza” di Pozzuoli, in corso Vittorio Emanuele, per il ritiro di una elettronica Carta di Identità.

Fin da prima del 1970 non entravo in questo pubblico edificio, ben conosciuto dai puteolani “veraci”, e non ho potuto far a meno di esaminarlo, con occhi nostalgici, ricordando ciò che esso ha rappresentato.

 

Le prime notizie su questo palazzetto le otteniamo dal diario di un viaggiatore di fine ottocento che così scrive:

"Nella via che anche oggi porta il nome di Pendio di mare, quando, passato il ponte, si vuole scendere in piazza, sorge a dritta un palazzetto nuovo, costruito dal comune sul suolo rimasto sgombero dalle demolizioni nello aprirsi il braccio di strada, or detta Garibaldi.

Lo si riconosce subito, perché vi è appeso all'angolo un grosso stemma della città, tutto a colore giallo oro, tanto la corona turrita, quanto lo scudo, sul quale fanno bel risalto le teste di aquile in nero” [1].

Nel 1878, periodo dei grandi interventi urbanistici eseguiti per sventrare il ventre molle del borgo, è aperto il tronco di strada chiamata Gabriella Portese. Serve a dare aria ad un fondaco malsano ed a congiungere l’attuale via Giuseppe Mazzini (allora via Garibaldi perché con i Savoia regnanti non è giusto dar risalto ad un repubblicano rivoluzionario) per collegarla alla primaria arteria di Pendio di Mare, ora chiamata corso Vittorio Emanuele.

Sempre su progetto dell’ingegnere Gennaro Sommella sono eseguite varie demolizioni e sull’ultima area di risulta, proprio ad angolo col predetto pendio, nel 1882 il Comune di Pozzuoli fa costruire il bel palazzetto da adibire a sede di vari uffici pubblici.

Il suo progetto lo di deve all’architetto Ernesto Villari che, ricordiamo, ha provveduto alla risistemazione frontale sia della vecchia Casa Comunale al Rione Terra (ex Pretura) sia della nuova in via Marconi (ex Municipio).

Ma Villari è molto attivo anche in altri progetti come la sistemazione della zona Malva (attuale villa comunale), del molo Caligoliano, del vecchio Macello in via Miliscola, e di tanti altri (alcuni non attuati).

La costruzione del palazzetto è affidata alla ditta di Gaetano Volpe che, avvalendosi di maestranze puteolane, se l’aggiudica per la somma di lire dodicimila e seicento.

L’edificio è formato da muratura omogenea, costituita da blocchi regolari di tufo, con forma rettangolare e con pianta di testa angolare. E’ tutto intonacato ed ha, oltre a fasce marcapiano, tratti di conci radiali e tratti di motivi geometrici a bugnato, il tutto realizzato con stucco.

Il palazzetto è costituito da tre livelli ed i due piani alti sono raggiungibili da una scala interna a balzo che ha due rampe per piano [2].



Sul corso Vittorio Emanuele, facciata più corta, c’è un solo ingresso al civico 16, ed un balconcino ad ognuno dei due piani superiori. Su via Mazzini, facciata più lunga, al piano terra esiste il portone delle scale, due finestre ed ulteriore apertura.  Ai due piani superiori esistono quattro finestre per ciascun livello.

Sulla graziosa fronte angolare non ci sono aperture ma è qui che viene sistemato il bellissimo e grande stemma della città di Pozzuoli.

Questo stemma in ceramica è modellato nel 1885 nella scuola di plastica del Museo Artistico Industriale di Napoli dall'alunno Rocco sotto la scorta del professore Salvatore Cepparulo, e poi dipinto dall'alunno Orefice sotto la guida dell'illustre maestro Filippo Palizzi.

Tecnicamente è una bravura, che mai si è eseguita in maiolica a smalto stagnifero e a gran fuoco; dalla fornace non è mai uscita una lastra di quella dimensione, tutta di un pezzo, così dritta e squadrata.

Si tratta di uno scudo, tutto in colore giallo oro, contenente sette teste recise di aquila, rivolte a destra, disposte in successione araldica sfalsata; le teste di aquila sono in nero.

Lo scudo è sormontato da separata corona radiale turrita sempre di colore giallo dorato.

Al piano terra si insedia l’Ufficio Annonario del Comune e sopra l’Ufficio Postale con il Regio Telegrafo; nel 1886 vi è sistemata anche la sede della Banca Cooperativa Puteolana.

Ma questo palazzetto resta noto per essere stato, per decenni, la sede dei Vigili Urbani; pertanto ai più è noto come la “residenza”, a “resernza” per i puteolani. Nell’uso diplomatico la “residenza” è l’edificio in cui risiede ufficialmente il capo di una missione estera permanente protetto da inviolabilità, immunità, extraterritorialità e altre garanzie. In effetti la “residenza” indica il complesso di uffici dell’organo con cui lo stato protettore esercita i suoi poteri presso lo stato protetto; pertanto; per trasposizione indica la sede ed il personale a mezzo del quale il Municipio esercita i suoi poteri presso la comunità locale.

Questo il motivo della presenza del grande stemma comunale, monito ai cittadini; inoltre esso è ben visibile dai forestieri che entrano in città dalla porta principale, posta all’inizio della Regia Via, dove confluiscono gli omnibus, carrozze pubbliche ed i primi tram a vapore.

Il 28 novembre 1948 la sezione puteolana della “Unione Donne Italiane”, una associazione femminile trasversale di ex partigiane, capeggiata dalla socialista Mafalda Ciarlegio, ancora scosse per le enormi perdite causate dall’appena terminato conflitto mondiale, si rende promotrice dell’apposizione di una lapide a perenne memoria delle future generazioni.

Questa, di forma rettangolare ed in marmo, alla presenza del sindaco Raimondo Annecchino è applicata sulla testa angolare del palazzetto, sotto lo stemma di città, e riporta la scritta [3a e 3b]:




Tutti, per un motivo o per un altro, siamo stati presso il Comando Vigili per una multa, un accertamento, una richiesta, e non possiamo non ricordare quegli ambienti alquanto tetri e scuri con molti agenti che salgono o scendono quelle scale, alcuni seduti dietro scrivanie e altri chini sulle macchine da scrivere.

Quì si decidono i turni di servizio, le straordinarie chiusure di strade ed i pattugliamenti degli incroci nevralgici; quì si recano gli agenti all’inizio ed alla fine del proprio turno, anche se distaccati presso altri Enti [4a e 4b].

 



Particolarmente movimentata questa sede la sera dell’Epifania quando vi si accumulano i regali che gli automobilisti hanno voluto donare al Corpo; è qui che li si divide in tanti lotti, pari al numero dei Vigili in organico, in modo che possano essere tra loro sorteggiati con imparzialità.

In data 14 marzo 1982 i competenti funzionari comunali sono avvisati della scomparsa del grande stemma cittadino, furto avvenuto soltanto qualche giorno prima; resta in sito solo la corona turrita che lo sovrastava.

Intanto forti sono i danni che questa struttura subisce sia per le crisi bradisismiche che per l’evento sismico dell’Irpinia. L’edificio è soggetto a radicale intervento di consolidamento delle murature con iniezioni di cemento armato e numerose travi in ferro, ben visibili sulle mura perimetrali esterne [5a, 5b].




Purtroppo nell’ottobre del 1984, nel corso di lavori di puntellamento, scompare anche la corona residua dello stemma già precedentemente rubato.

 

Dopo il ripristino il palazzetto è utilizzato dal Comune di Pozzuoli come sede della prima Circoscrizione e poi vi sono dislocati vari uffici aperti al pubblico, tra cui quello demografico; inoltre via ha sede l’assessorato alle politiche sociali.

Da rilevare che fin dal 1993 il maestro Antonio Isabettini, noto artista e storico puteolano, ogni otto marzo, in occasione della “Festa della Donna”, con la collaborazione di Associazioni o Libere Cittadine, si rende promotore della posa di un drappo rosso e di un mazzo di mimose [6a, 6b].

 



La lapide è in alto, senza comodi punti di appoggio, e Isabettini, spesso alla presenza del Gonfalone cittadino, utilizzando una lunga scala si erge ardito a Paladino delle Donne e della Pace.


 

REFERENZE

R. Giamminelli – Guida di Pozzuoli

www. beniculturali.it – Pozzuoli Ufficio Vigili Urbani

P. D’Alterio – Ricordi di Famiglia

  

Giuseppe Peluso - marzo 2023