La Villa di Livia
e
“o figlio ‘ra gallina janca”
Pozzuoli vanta, tra gli
immensi reperti archeologici, i ruderi di una villa imperiale che si vuole
essere stata residenza estiva di Livia Drusilla, moglie di Ottaviano Augusto
primo imperatore romano [1].
Augusto nell’anno 41a.C. ripudia Clodia, la
prima moglie e sposa Scribonia; due anni dopo si innamora della bellissima
Livia, appartenente ad una delle più illustri famiglie patrizie romane.
Livia è la moglie di un certo Tiberio Claudio Nerone dal quale ha avuto il
primogenito di nome Tiberio (che sarà imperatore alla morte di Augusto suo
padre adottivo) ed è in attesa del secondogenito Druso (che sarà un importante
politico e militare).
Ottaviano la porta nelle sue nuove case,
quella romana e quella puteolana, unitamente al di lei figlio Tiberio ed a sua
figlia Giulia avuta dalla seconda moglie Scribonia.
Svetonio racconta che Ottaviano non ha nessun
figlio da Livia, benché lo desideri moltissimo; Livia ha una gravidanza, ma il
bambino nasce prematuramente e non sopravvive.
Della villa puteolana di età imperiale ma
posteriore all’epopea di Livia [2],
oggi rinomata “location for events”, sappiamo che in una sala absidata vi fu rinvenuta una statua marmorea in cui l’imperatrice è immortalata come “Livia Fortuna”. Ovvero nelle vesti di Dea della Fortuna, e questa scultura, unitamente al gruppo di Dioniso e Pan, è conservata al “Copenaghen Ny Carlsberg Glypthotek”. Altri reperti ritrovati in questa villa sono invece conservati al “Museo Archeologico dei Campi Flegrei” di Baia.
oggi rinomata “location for events”, sappiamo che in una sala absidata vi fu rinvenuta una statua marmorea in cui l’imperatrice è immortalata come “Livia Fortuna”. Ovvero nelle vesti di Dea della Fortuna, e questa scultura, unitamente al gruppo di Dioniso e Pan, è conservata al “Copenaghen Ny Carlsberg Glypthotek”. Altri reperti ritrovati in questa villa sono invece conservati al “Museo Archeologico dei Campi Flegrei” di Baia.
Della villa romana sappiamo che è stata
ritrovata nel 1863 in un area ove per vari indizi già si presumeva si trovasse
la villa suburbana di Livia [3].
Essa è menzionata da vari scrittori antichi,
nella zona di Prima Porta, dai quali apprendiamo che era detta “ad gallinas
albas” (alle galline bianche) a causa di un prodigio che qui s’era verificato.
Nell’imminenza dello sposalizio della coppia
imperiale un aquila che ha rapito una gallina bianca, che nel becco stringe un
ramoscello di alloro, la lascia cadere in grembo a Livia.
Plinio, nella “Naturalis historia”,
e Svetonio, nel “De vita duodecim Caesarum”, narrano che su
indicazione degli aruspici Livia fa allevare la gallina che ha una numerosa
progenie; l’imperatrice vieta di uccidere questa discendenza, per trarne gli
auspici, e ben presto la villa diventa famosa con il nome “Alle Galline Bianche”
[4].
Nel contempo Livia pianta nella villa quel
ramo di lauro, fornite di bacche; ne nasce un boschetto di alloro, il
“laurentum”, da cui gli imperatori colgono le fronde utilizzate per celebrare i
trionfi [5].
Diventa
tradizione, per chi festeggia le vittorie, piantare subito un altro alloro
nello stesso posto di quello utilizzato e ben presto si nota che quando un
imperatore muore inaridisce anche l’albero che ha piantato.
Poi
nell’estremo anno di vita di Nerone, ultimo della dinastia “Giulio-Claudi”, non
solo si secca tutto il laureto fino alle radici, ma muoiono anche tutte le
galline.
Da
allora i Latini definiscono “bianchi” gli avvenimenti felici e collocati sotto
buoni auspici e “neri” gli avvenimenti opposti. Ancora noi, loro discendenti,
utilizziamo il bianco per i momenti felici (battesimi, nozze, etc) e il nero
per i momento non felici (funerali, lutto, etc).
Giovenale
nelle sue “Satire” scrive:
“Quia
tu gallinae filius albae, nos viles pulli, nati infelicibus ovis”
(Poichè tu sei figlio della gallina bianca, noi siamo poveri pulcini nati da
uova disgraziate).
Il Poeta allude alla diversa sorte degli
uomini: alcuni nascono sotto una buona stella, altri sotto un’infausta
cometa.
L’imperatrice Livia, che in seguito sarà divinizzata,
incarna tutti coloro che godono di una fortuna rara e provvidenziale; e questo
è il motivo per cui la Livia puteolana è rappresentata sotto le vesti dell’abbondanza
e della Dea Fortuna [6].
Alzi la mano chi tra noi, rivolto verso
qualche parente, amico o semplice conoscente che si ritenga una persona
particolare con diritto a tutti i privilegi, non abbia mai pronunciato la
frase:
“Chi credi di essere? Sei forse figlio della
gallina bianca?”
Ovvero in dialetto: “sì u’ figlio ‘ra gallina janca?”
Giuseppe Peluso
Giuseppe Peluso
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