martedì 8 aprile 2025

Santa Marta

 


Ospedale, Ospizio e Chiesa di Santa Marta

 


Risale al 1572 la costruzione di Santa Marta, con annesso ospizio e nuovo ospedale, realizzata al quadrivio dell’Annunziata in sostituzione dell’omonimo complesso distrutto a Tripergole dalla eruzione del 1538.

 

La chiesa è a pianta rettangolare ad unica navata con tre piccole cappelle laterali che sono ad archi, sorretti da pilastri, e sormontate da altrettanti finestroni su ogni lato.

La zona dell’altare maggiore, preceduta da un arco trionfale, termina in alto con un’alta cupola ornata da finestroni.

L’ingresso, rivolto verso l’attuale corso Terracciano, è abbellito da un portale in piperno, sormontato da una lunetta; nella facciata si apre un piccolo rosone e tra questo e il sottostante portale si ammirava lo stemma di Santo Spirito in Saxia a Roma, patrono di questo Oratorio come del primitivo distrutto a Tripergole.



Più che una Chiesa è infatti un Oratorio riservato agli ospiti dell’Ospedale e dell’Ospizio. Non possiede arredi sacri, solo in due cappelle laterali ci sono figure rappresentanti Santa Marta e Santa Maddalena, e le messe sono officiate dai frati del vicino convento di San Francesco.

Il sagrato della chiesa è tuttora collegato col corso Terracciano con rampe di scale ricavate in una rientranza del muro di contenimento.

L’Ospedale sorge nella zona antistante la chiesa, ma distaccato, e ad entrambi si accede mediante una stradina in salita distrutta negli anni ’70 per la costruzione di nuovi edifici.

L’ambiente principale dell’Ospedale è costituita da un'unica aula,  detta sala grande, e di un attiguo giardino con alberi da frutta; i poveri vi sono ospitati per 40 giorni solo dopo la Pasqua.

Altri locali sono addossati alla parete posteriore della basilica e questi confinano con un area sottostante alla chiesa adibita inizialmente a cripta dell’ospedale e per breve periodo (nel 1838-1843) a sepoltura pubblica.

L’Ospedale non sarà mai completamente terminato e malsana sarà la sua gestione da parte della dalla Real Santa Casa dell’Annunziata di Napoli che alla fine dello stesso secolo favorisce la realizzazione del nuovo Ospedale di Santa Maria delle Grazie presso l’omonima chiesa sorta nel borgo di Pozzuoli.

A tutto questo complesso è annesso lo xenodochio, ovvero ospizio dall’unione delle due parole greche xénos, (ospite)  e dochèion (ricettacolo),  come tanti esistenti nel medioevo con lo scopo di offrire ospitalità gratuita a pellegrini e forestieri sulle strade dei pellegrinaggi, presso le grandi cattedrali o nella stessa Pozzuoli per accedere ai bagni termali.



Questo ospizio annualmente resta aperto per brevissimo periodo e ai poveri ospiti stranieri e puteolani si offre un pasto molto frugale e solo per un massimo di tre giorni.

Lo xenodochio continua a svolgere la sua attività per tutto il XVII secolo , seppure in forma molto ridotta anche per la presenza di altre strutture simili esistenti a Pozzuoli (ospizio dei Cappuccini a via Napoli, dei Pasqualini in via Ragnisco e dello stesso vicino Convento di San Francesco).

Nel 1705 papa Clemente XI ne autorizza la sospensione decennale ed infine nel 1725 sarà papa Benedetto XIII a sospenderne definitivamente ogni attività sociale.

 

Inizia così il lungo periodo di abbandono del complesso che incide sul suo degrado fino a che con l’Unità d’Italia, con le leggi di soppressione degli ordini religiosi e incameramento dei loro beni, questi ruderi sono acquisiti al patrimonio del Comune di Pozzuoli.

Nel 1910 il conte Vincenzo Cosenza, procuratore presso la Corte di Appello di Messina, acquista l’intero complesso per la somma di Lire 400,00 dando incarico all’ing. Antonio Causa di trasformare tali ruderi in civili abitazioni.

 

Il Causa lascia intatte le preesistenti strutture portanti e dalla chiesa ricava tre piani con la semplice inclusione di solai. Il corpo più basso è lasciato ad un sol piano, come prima, e dagli ambienti che ospitavano l’Ospedale ricava la residenza personale del senatore Vincenzo Cosenza.

Successivamente sul lato della Piazza Capomazza, ai piedi dell’edificio, sono realizzata una squallida serie di negozi ed altri locali industriali sono realizzati nella parte opposta ed interna.

 


Con la crisi bradisismica del 1970 le abitazioni sono sgombrate e con l’ultimo restauro il complesso si presenta con una nuova e decorosa veste.

Gli ariosi archi a piano terra, e la completa trasformazione del corpo basso con l’inserimento di pregevoli finestre, hanno dato alla facciata un “sapore” antico donando eleganza e sobrietà allo storico quadrivio.

 


 

GIUSEPPE PELUSO

Pubblicato su Segni dei Tempi – luglio/agosto 2024


lunedì 7 aprile 2025

La Calcara di Pozzuoli

 



La Calcara di Pozzuoli

 Fino a tutti gli anni sessanta sono molti i cortili di Pozzuoli che al loro interno nascondono un variopinto mondo fatto di lavoro e d’umanità.

Tra questi quello detto “La Calcara” in cui ci si immette dallo scenografico androne al civico 9 dell’allora via Miliscola; un vivace borgo che prende nome da una fornace che produce calce, “carcara” in dialetto, a mezzo cottura delle pietre calcaree.

Le calcare hanno spesso rappresentato una parte significativa dell’economia di un luogo, caratterizzandone il paesaggio con la loro mole, e quella di Pozzuoli, seppure vaghe siano le sue origini, risale agli immediati anni post eruzione di Montenuovo; quando forte è la necessità di ricostruire e ritornare nei luoghi natii.

 

Nei Campi Flegrei sono reperibili i tre elementi essenziali per le costruzioni edilizie; il tufo giallo facilmente lavorabile, la pozzolana che ha proprietà cementizie ed il calcare per la produzione di calce.

Si! Il calcare!



Quest’ultimo elemento è anche più facile da trovare; lo si prende dai templi, dagli anfiteatri, dalle grandiose terme e dai ruderi archeologici che abbondano in questa Terra.

Colonne e statue, il cui marmo è costituito da rocce calcaree, sono raccolte e immesse nella grande bocca che con il fuoco ha, per secoli, divorato il nostro passato.

L’iniziale fornace resta in attività fino al XVIII secolo quando, per le sempre più forti richieste di calce, ne sarà costruita una più grande che resta in funzione fino al 1885.

 




La Calcara di Pozzuoli fonda la sua fortuna sull’attiguo “Alveo Campano”, da cui attinge acqua per la formazione di calce viva, e per il piccolo molo in legno sul mare che facilita l’imbarco della calce sulle “bilancelle” che imbarcano anche tufo e pozzolana nelle numerose e vicine cave.

Naturalmente statue e colonne, che iniziano a scarseggiare, non sono sufficienti a fronteggiare una sempre più forte richiesta e pertanto si decide di importare pietre calcaree dai monti in cui sono presenti.

Le cave di Maddaloni sarebbero più economiche e raggiungibili a mezzo strade pianeggianti, ma il trasporto stradale a mezzo traino animale permette la movimentazione di piccole quantità a costi elevati, anche per la necessità di richiedere massi già frantumati.

Così si opta per le cave presenti nelle penisola sorrentina che, a mezzo “bilancelle” e “feluche”, assicurano grossi quantitativi in tempi più rapidi.

Nello stesso periodo in cui arriva la Armstrong, tra l’altro nell’accordo tra Comune di Pozzuoli e Amministratori Inglesi è specificato che il limite meridionale da occupare è costituito proprio dalla esistente Calcara, crolla la volta della fornace ed i proprietari decidono di ricostruirla secondo gli ultimi aggiornamenti; questa volta il suo camino piramidale raggiunge l’altezza d’oltre 18 metri.



Nel novecento, con l’avvento del moderno trasporto stradale, ridiventa conveniente acquistare il calcare dalle cave di Maddaloni e Valle di Maddaloni.

Le grosse rocce sono scaricate dai camion a ridosso della struttura dove vengono frantumate e suddivise in pezzi più piccoli sferrando colpi con grossi martelli.

Quest’operazione è svolta da un nutrito gruppo di manovali che poi afferrano le più grandi portandole direttamente in spalla verso la parte alta della fornace mentre le più piccole sono raccolte in “caldarelle” ed egualmente scaricate alla sommità.

La parte alta della fornace la si raggiunge a mezzo rampe in muratura, parte esterne e parte interne, che girano attorno al focolare; la visione di quegli uomini che portano grandi pesi, a torso nudo e con la testa avvolta in un “maccaturo”, mi riporta ad un infernale girone dantesco dove i dannati sono costretti a girare per l’eternità sotto pesanti carichi in un ambiente infuocato.

 

La struttura è gestita dalla Famiglia di don Gennaro De Falco che come dipendenti fissi dispone solo di un esperto “fuochista” per l’accensione e il controllo della temperatura e di un esperto “carcataro” per la sistemazione e controllo delle rocce.

Tutti gli altri manovali sono avventizi; in genere ragazzi alle prime esperienze, disoccupati o pescatori che necessitano d’arrotondare.

Dopo le rocce si posa il legname nella camera bassa dove si accende un fuoco che raggiunge una temperatura di quasi 1.000 gradi costringendo l’aria, che alimenta la combustione, a filtrare attraverso la massa dei materiali da cuocere.

Il fuoco è tenuto vivo per circa 5/8 giorni quindi, per controllare lo stato di cottura, si prende uno dei sassi e lo si butta nell’acqua fredda per verificarne la tumultuosa (e rischiosa) reazione.

Raggiunta la cottura si spegne il fuoco, si raccolgono le ancora bollenti ceneri che sono depositate in una vicina zona, delimitata da una linea che i bimbi son tenuti a non attraversare, e si lascia raffreddare l’ottenuta calce.



Parte di questa è poi messa a contatto con l’acqua sprigionando calore; comincia a ribollire e, mediante un pericoloso processo, è trasformata in “calce viva”.

 

Tutto questo è durato fino alla metà degli anni sessanta quando la ditta degli Ing. Grillo acquisisce la zona, abbatte questo e vecchi adiacenti edifici, e vi costruisce un moderno fabbricato.

Sono gli anni in cui si completa “L’Autostrada del Sole”, in cui circola il “Treno del Sole”, in cui si canta “La Canzone del Sole”; pertanto sembra loro “alla moda” battezzare “Palazzo del Sole” questo nuovo edificio.

Con la calcara sparisce anche un borgo, un paesaggio, un mondo; solo nei ricordi restano i salti nella cenere bollente, l’autofficina di Fortuna, i pullman dei Fratelli Iaccarino, le suore che insegnano il ricamo e donano grattate irrorate di sciroppo, il cantiere di quel mast Filippo che ha insegnato a fare barche agli ebrei esuli a Bacoli, e la piccola spiaggia da cui ci lanciavamo in un familiare ma rosso mare, ricco di sangue e di vongole veraci.



GIUSEPPE PELUSO 

Pubblicato su Segni dei Tempi di giugno 2024

lunedì 3 marzo 2025

Stazione Funivia della SEPSA

 




LA STAZIONE FUNIVIA

Una dimenticata fermata della Ferrovia Cumana

 

Nel 1937 le Ferrovia Cumana, per adeguarsi al progetto che vedrà sorgere la Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare, è invitata a riprogettare l’intero tratto ferroviario tra l’uscita dalla collina di Posillipo e Bagnoli.

 Una prima ipotesi prevede l’abbandono del vecchio tracciato e la deviazione a monte lungo la via Miano – Agnano, con ricongiunzione alla vecchia linea poco prima di Bagnoli. Sarebbe questa la soluzione più economica in quanto permetterebbe di conservare l’esistente stazione di Fuorigrotta e sviluppare la nuova linea tutta all’aperto; ma essa allunga il tracciato, ne peggiora la planimetria e allontana la ferrovia dalla zona che maggiormente dovrebbe essere servita.

 Una seconda possibilità prevede anch’essa l’abbandono del vecchio tracciato, onde permetterne l’utilizzo da parte dell’edilizia residenziale e della nascente Mostra d’Oltremare, e un collegamento sotterraneo con la Direttissima Roma – Napoli all’altezza dell’attuale fermata Leopardi. I treni della Cumana dovrebbero percorrere un tratto della rete statale e poi ricongiungersi con la vecchia linea all’altezza della stazione di Agnano. Soluzione che sarà scartata per il suo alto costo, per la diversa tensione e per le difficoltà di esercizio e di abilitazioni richieste al personale viaggiante.

Una terza ipotesi, che sarà poi quella approvata, conserva presso a poco l’esistente tracciato abbassandolo però in sotterranea onde permettere la prevista espansione edilizia e sistemazione urbanistica. Questa soluzione, seppur costosa, presenta il vantaggio di eliminare tutti i passaggi a livello, di attraversare in pieno il nuovo Rione Flegreo, di fiancheggiare l’intera nascente Mostra continuando a servire le realtà industriali presenti in zona.

Allo scopo di raccogliere nelle migliori possibili condizioni la maggior parte del traffico viaggiatori sono costruite tre stazioni: Fuorigrotta, Mostra e Funivia. Le prime due riprogettate in sotterranea in sostituzione di altrettante già esistenti,  la terza completamente nuova.


 Subito dopo la stazione Mostra la linea continua in galleria per altri 80 metri e poi, iniziando a riprendere quota, prosegue in trincea all’aperto per ulteriori 160 metri, Dopo questo tratto, che forma ampia curva, si innesta su di un rettilineo a mezzo del quale si ricongiunge con la sede già esistente.

Su questo rettilineo è realizzata la fermata Funivia che si trova in prossimità della Stazione Inferiore dell’appena costruita Funivia Mostra – Posillipo.





Questa fermata permette agli utenti, seppure provenienti da zone lontane, d’usufruire del collegamento con Posillipo che è così raggiungibile rapidamente.

Viene così a formarsi quello che oggi definiamo uno snodo intermodale che permette l’intercambiabilità tra vari mezzi pubblici di trasporto.

In passato la Ferrovia Cumana è stata in questo veramente pioneristica; ricordiamo l’interscambio di Montesanto con la Funicolare per il Vomero, quello di Torregaveta con i vaporetti per le isole, quello di altre stazioni con tram e bus.

 


Inoltre la fermata Funivia permette ai viaggiatori d’entrare alla Mostra attraverso l’ingresso secondario posto sulla Domiziana; d’accedere al progettato vicino zoo e, a mezzo di una strada trasversale tra la nuova Autostrada Domiziana e la vecchia Via Regia, raggiungere il Rione Cavalleggeri in forte espansione.

 


Come visto la Ferrovia Cumana, dopo la stazione Mostra, prosegue in doppio binario sia nel breve tratto in galleria che nel successivo tratto in trincea, fin quasi alla Fermata Funivia. Ma questa tratta non è stata attrezzata con due binari in previsione di futuri raddoppi dell’intera linea, il binario in più permette una maggiore elasticità nella possibilità di ricovero di treni straordinari in modo da realizzare un rapido smaltimento dei passeggeri provenienti od affluenti alla Triennale d’Oltremare, ed in seguito allo Stadio di Calcio.


GIUSEPPE PELUSO - MARZO 2025


lunedì 24 febbraio 2025

Scout Thinking Day 2025

 

Scout Thinking Day

La Giornata del Pensiero 2025

 

Sabato mattina, 22 febbraio, accompagno la mia nipotina Arianna e lei, tenera Lupetta, mi dice:

Nonno, oggi pomeriggio  nella nostra sede ci sarà una grande Festa.

Cosa festeggiate?

Il Thinking Day!

E cosa sarebbe?

E’ il compleanno di Baden Powel e di sua moglie.

Bene! Posso venire anch’io?

No! Solo gli scout.

 

Meravigliosa sarà la sua emozione quando nel pomeriggio mi vedrà uscire dalla fumante auto di “Doc  Brown” che, con un avventuroso viaggio dal passato al futuro, conduce me ed altri vecchi scout nel mezzo di un “Grande Cerchio”. In questo cerchio, che occupa la piazza antistante la sede scout di Pozzuoli, ci sono le nuove generazioni qui riunite per “ricordare” i loro fondatori e “insieme” ripercorrere i passi di chi li ha preceduti nell’ultra centenaria  “storia” dallo scoutismo puteolano.

Ma andiamo con ordine. 


La settimana precedente la Comunità Capi del Gruppo Pozzuoli 1° intercetta un gruppetto di “old” e, a mezzo di una video riunione online, distribuisce compiti ed organizza una “impresa” che, nel corso della programmata “Giornata del Pensiero”, possa destare la curiosità dei giovani scout.

 I cooptati sono:

-     Lo scrivente Giuseppe Peluso e Melina Paone con il compito di ricordare la storia puteolana dell’ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani) dalla fondazione nel 1921, alla chiusura ordinata dal Regime Fascista nel 1928, alla riapertura nel 1944 ed alla nuova chiusura, per motivi bradisismici, nel 1971.

-     Giovanni Bruno e Raffaele Ricciardi con il compito di ricordare la nascita,  nel 1990 e questa volta in ambito AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani), le attività del Branco Seeonee. Entrambi  hanno lasciato una “traccia” in tutti quei lupetti alcuni dei quali, oggi ultraquarantenni, si ritrovano a guidare lo stesso Branco. Piacevole la presenza di Giovanni Bruno; pochi sanno il suo vero nome, per tutti è “Gianni Akela”.

-     Maurizio Schioppo e la stessa Maria Ricciardi con il compito di ricordare quel Reparto, insistentemente voluto nel 1990 da alcune “girls”, che ha dato vita a squadriglie che ancora oggi, con lo stesso nome, ne tramandano le tradizioni.

-     Guido Di Bonito e Clorinda Chiocca con il compito di ricordare il Clan Betel che con il suoi Rovers e Scolte fu la prima unità ad essere rifondata, dall’indimenticato Nicola Ricciardi, nell’autunno del 1989.

-     Alessandra Zinno e Silvana Paganino con il compito di ricordare la nascita e la breve, anche se attivissima, esistenza del Secondo Gruppo Scout di Pozzuoli i cui colori sono ancora oggi presenti, a mezzo di un piccolo triangolo, nei fazzolettoni  che tutti indossano. 


Alle ore 15.oo di sabato 22 febbraio ci ritroviamo tutti nei pressi della sede scout dove incontriamo il Capo Gruppo Stefano Patricolo (Doc Brown) che ha “truccato” la sua auto per farla apparire come la “DeLorean”, la Macchina del Tempo di Hollywoddiana memoria.



In verità, pur essendo una capiente familiare, non tutti riusciamo ad entrarci causa la pancetta (non quella affumicata) e l’ormai scarsa attitudine al “rannicchiamento”.




Tra fumogeni colorati, musica assordante e l’inserimento di “circuiti temporali”, facciamo il nostro ingresso nella racchiusa piazza compiendo qualche giro intorno al Grande Cerchio.


Finalmente ci fermiamo dietro la schierata Comunità Capi e usciamo dall’auto fingendo meraviglia, essendo noi venuti con la DeLorean da un'altra epoca.




Stupore, emozione e gioia sul volto dei piccoli lupetti, tra cui la mia nipotina; curiosità sui volti degli esploratori e interesse su quelli dei rovers.

Essendo noi, appena arrivati con l'auto del tempo, scout di un passato che non si vuol dimenticare ed essendo quelli schierati scout ansiosi di “conoscere”, i capi approfittano dell’occasione e mettono in moto un’impresa che ha dell’avventuroso.

Dividono i ragazzi in molteplici gruppetti ognuno dei quali formato da lupetti, esploratori e rover (con sestiglie e squadriglie mischiate) fornendoli di dettagliate piantine su cui sono segnalate le postazione (tutte nelle immediate vicinanze) dove ritroveranno noi, vecchi scout, giunti dal passato. 




Raggiungiamo in fretta le previste destinazioni e ben presto riceviamo le “visite” dei ragazzi che mostrano grande interesse per le storielle, le foto ed i cimeli che a noi “vecchietti” mai difettano.









Immancabile la foto ricordo con chi ci ha “visitato” e che speriamo possa memorizzarci così come noi ricordiamo quelli che ci hanno preceduti e che ora “Fanno Strada negli Infiniti Pascoli del Cielo”. 



Al termine tutti in cerchio nella grande piazza al centro della quale, su di una finta colonna traiana, i capi con l’aiuto dei partecipanti attaccano dei foglietti su ognuno dei quali è segnato un particolare ricordo della storia scoutistica puteolana. Sarà questa la colonna “fondamenta” su cui poggerà il "futuro" e il “pensiero” del Gruppo.





A seguire le “grida” di Sestiglia, di Branco, di Squadriglia, di Reparto, del Clan; poi il rinnovo della Promessa da parte dei Lupetti e poi quello di tutti gli altri.


Dopo il “Canto della Promessa” il pensiero di tutti va a Nicola Ricciardi, di cui ascoltiamo la voce in un racconto registrato per la rifondazione di questo Gruppo, e poi l’ammaina bandiera eseguita da tre impeccabili piccoli alfieri.



Infine raccolgo il mio rametto e mi preparo Al Bim-Bum-Crack finale che fortunatamente parte e s’allontana dalla mia sinistra; data l’estensione del cerchio non avrei resistito molto nel partecipare all’intenso urlo e alla prolungata schiena piegata.

 



Ad Impresa conclusa Gianni dice che le esperienze che abbiamo accumulato nello scoutismo hanno fatto parte e continuano a far parte della nostra vita; Silvana continua col ricordarci che il “Thinking Day” di quest'anno, oltre al tema della fratellanza, è stato un vero “ritorno al passato”.

Siamo stati invitati a “ricordare” e “portare nel cuore” la nostra storia; noi speriamo d’esserci riusciti, almeno abbiamo provato a fare del nostro meglio.


PEPPE PELUSO ED I VECCHI SCOUT DI POZZUOLI - FEBBRAIO 2025


martedì 4 febbraio 2025

Così sorse il MASCI in Campania

 


1954 – I partecipanti alla Assemblea Costituente del MASCI


Una volta scout, sempre scout

Come realmente sorse il MASCI in Campania

 

Sentiamo il dovere di rettificare quanto scritto da un fratello della Comunità Napoli 1° e riportato, in data 9 aprile 2015, sul sito www.mascicampania.wordpress.com.  che fu realizzato e diretto dal caro amico Luigi Donadio.

Questo il link all’articolo che accenna ai gioiosi ricordi risalenti a quarantacinque anni prima; ovvero al 1970:

Così Sorse il Masci in Campania – M.a.s.c.i. Campania

Ma la nostra ricostruzione storica inizia molto prima, in quel di Pozzuoli.

 

Come per lo scautismo giovanile puteolano anche per quello degli adulti non possiamo tralasciare di parlare del professore Salvatore Volpe.

Nato nel 1910 a Pozzuoli Volpe è nel 1925, appena quindicenne, tra gli animatori del movimento scout nella cittadina flegrea [1].



Si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli e partecipa a competizioni nazionali ed internazionali, ottenendo premi e riconoscimenti.

Da militare è ufficiale dei bersaglieri e nell’immediato dopoguerra è tra gli artefici della rinascita dello scautismo a Pozzuoli dove nel 1928, come in tutta Italia, era stato sciolto dal regime fascista.

Salvatore Volpe intuisce l’importanza dell’ideale e del metodo educativo dello scoutismo e lo trasferisce completamente nel movimento puteolano il quale, per opera sua, è stato sempre retto da una ispirazione pedagogica totale e democratica.

Alla fine del 1944, promotori Salvatore Volpe, Magnani, e don Vincenzo Abete (appena ordinato sacerdote e vice parroco di Santa Maria delle Grazie) anche a Pozzuoli è rifondato il Riparto Scout e le ricostituite Squadriglie ripropongono nomi tradizionali: Aquile, Volpi, Leoni e Scoiattoli.

E’ subito organizzata la branca Lupetti, questa volta con l’ambientazione della giungla pensata da B.P., e, novità assoluta per Pozzuoli, la sezione Pionieri; essa riunisce quelli scout che lasciato il Riparto sono prima chiamati Senior e poi Rover, secondo i nuovi metodi internazionali.

A Salvatore Volpe  dobbiamo il disegno dello scudetto regionale “Campania Felix” che portano sulla camicia tutti gli scout di questa regione.

I tre oggetti dello stemma, il Vesuvio, il Mare, la Bussola, conducono subito all’individuazione della Regione che intendono rappresentare. Nello stesso tempo essi sono tre forti simboli, Fuoco, Acqua, Orientamento, che riportano alla semplicità ed all’essenzialità dello scautismo [2].

 


Salvatore Volpe, oltre a seguire il gruppo scout locale, è un attento osservatore dell’evoluzione che l’associazione attraversa in campo nazionale ed internazionale.

Pertanto sin dall’immediato dopoguerra inizia a radunare intono a se vecchi esploratori ormai attempati che, pur sensibili al richiamo scout, non intendono o non possono impegnarsi con le branche giovanili. Tra questi il fratello Gennaro e gli amici Franco Gentili, l’avvocato Gentile, Giorgio Lopez, Enrico ed Enzo Aulitto; con essi, così come sta promuovendo Mario Mazza a livello nazionale, crea una delle prime “Compagnie dei Cavalieri di San Giorgio” attive in Italia. Lo slogan è: “Una volta scout, sempre scout”.

 

Tra il 18 e il 20 giugno del 1954, nella prima Assemblea Generale tenutasi a Roma presso la Domus Pacis, si giunge alla fondazione del MASCI (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani). L’Assemblea approva lo Statuto Costitutivo ed elegge Mario Mazza alla presidenza, Carlo Ceschi alla Segreteria e, in rappresentanza delle regioni, dieci consiglieri nazionali tra cui lo stesso Salvatore Volpe [3].

 


L’iniziale Compagnia Pozzuoli 1° ben presto diventa Comunità Pozzuoli 1° e questi Adulti Scout inizialmente si radunano presso la sede del Riparto ASCI e, nel periodo invernale, presso una delle loro abitazioni private; spesso, nello Studio Artistico di Salvatore Volpe dove si realizzano i primi timbri, ancora oggi conservati [4].

 


Dagli archivi del MASCI apprendiamo che Salvatore Volpe partecipa anche alla seconda Assemblea Generale che si tiene a Rapallo i giorni 8 e 9 dicembre del 1956; anche in questa occasione Volpe è eletto Consigliere Nazionale.

 

Dal quindicinale SABATO, periodico locale di Cronaca e Sport, veniamo a sapere che il giorno 8 giugno del 1958 in Piazza della Repubblica a Pozzuoli è inaugurata la sede del Dopolavoro Comunale ENAL. A questa cerimonia sono presenti, tra gli altri, il professore Salvatore Volpe presidente [sic] degli Adulti Scouts.

Dopo il taglio del nastro, da parte di Milena Rinaldi che gentilmente ha fornito questo documento, e la benedizione del parroco Michele Maddaluno, il Commissario della ENAL dichiara che questi locali ospiteranno anche la sede della grande organizzazione degli Adulti Scouts [5].

 


Il numero 41 del bimestrale (Gennaio/Febbraio 1959) Notiziario del Masci, la rivista ufficiale Strade Aperte nascerà solo a fine 1959, riporta un resoconto della terza Assemblea Generale tenuta a Modena dal 6 all’8 dicembre del 1958.

A pagina 8 di questo Notiziario sono riportati i nomi delle 38 Comunità partecipanti alla suddetta Assemblea; tra queste Pozzuoli che, unitamente a Lecce, è unica nel meridione italiano, o sicuramente a sud della capitale. Sono comunque presenti rappresentanti di quattro Compagnie in formazione, tra cui Napoli [6].



Anche in questa terza Assemblea Salvatore Volpe è eletto Consigliere Nazionale.

 

Aggiungiamo un ricordo personale di quando, giovane esploratore negli anni a cavallo del 1960, il capo Riparto ci conduce in un locale ricavato nella Cripta della chiesa di San Raffaele dove incontriamo Salvatore Volpe e qualche altro Adulto Scout. Essi raccontano, a noi giovani esploratori, le loro esperienze pioneristiche e, purtroppo, di guerra.

Probabile che questa Cripta, che in seguito ospiterà una Associazione Cattolica Giovanile, sia stata l’ultima sede della primitiva Comunità MASCI Pozzuoli 1° [7].

 


Dal 6 all’8 gennaio del 1961 Salvatore Volpe partecipa a Roma alla IV, e sua ultima, Assemblea Generale; di seguito un estratto dall’elenco dei consiglieri nazionali dal 1954 in poi e il numero dell’Assemblea in cui sono stati eletti [8].


 
Nella quarta Assemblea di Roma l’unico campano eletto in Consiglio Nazionale è Elia Clarizia, un medico di Cava dei Tirreni, che per l’ASCI è anche responsabile del Commissariato della Regione Scout Salernitana-Lucana (prima che la provincia di Salerno venga riaggregata al Commissariato Regionale della Campania e la Lucania diventi un Commissariato Regionale Autonomo).

Bisognerà attendere l'ottava Assemblea Generale di Salerno del 1968 per avere Ugo Caramanno eletto consigliere tra gli Adulti Scout per la nostra regione e poi il 1972 per vedere l’indimenticato Antonio Longo di Portici eletto nella decima Assemblea Generale di Perugia;  Tonino Longo sarà rieletto, senza soluzione di continuità, fino alla sedicesima Assemblea del 1984 a Roma [9].

 


Intanto la crisi Bradisismica del 1970 porta alla diaspora cittadina e alla cessazione delle attività scoutistiche puteolane, sia giovanili che adulte.

Non volendo abbandonare il suo stile di vita Salvatore Volpe, unitamente a qualche superstite ragazzo del 1928, si censisce nella costituita Comunità MASCI Napoli 1° che accoglie vecchi e nuovi scout del capoluogo e della provincia.

 

A noi piace ricordarlo negli ultimi anni di vita quando, ancora ASCI e ben prima della nascita dell’AGESCI, riesce ad unire attorno a se Lupetti, Esploratori, Rovers e le prime Girls Scouts che, anticipando i tempi, testardamente son volute entrare a far parte della Grande Famiglia Scout Puteolana [10].

 


Oggi il Gruppo AGESCI Pozzuoli 1°, fondato nel 1990, in memoria di Salvatore Volpe si onora di portare il suo nome.

Nel 1993 (per opera di Nicola Ricciardi, Salvatore Manfuso, del parroco Fernando Carannante e di chi scrive) rinasce anche la nuova Comunità MASCI Pozzuoli 1°.

Ma questa è tutta un'altra storia.

 


Giuseppe Peluso e gli Adulti Scout di Pozzuoli – febbraio 2025