In ricordo di un amico
GIANNI CIPRIANO
Nel gennaio del 1955 sono in classe; sto
frequentando la seconda elementare presso il San Marco di Pozzuoli e
all’improvviso, spalancando la porta, entra in aula una suora.
La scuola è l’Istituto Parificato San Marco di
Pozzuoli e la suora appena entrata è la Madre Superiore; Rosa Graziani, sorella
del tristemente famoso Maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani,
La Maestra Maria Di Matteo, sorella di Giuseppe
Di Matteo sindaco di Pozzuoli, interrompe le lezioni e rivolge lo sguardo verso
la nuova venuta che con la mano accompagna un bambino a noi sconosciuto.
Madre Rosa spiega che il bimbo, Giovanni
Cipriano, è appena giunto a Pozzuoli dove il Padre, un militare della Guardia
di Finanza, è stato trasferito.
Pertanto invita tutti noi ad accogliere
fraternamente questo nuovo compagno che, ancor piccolo, è stato catapultato in
una nuova casa, una nuova scuola e una nuova città.
E’ gara tra maschietti, le femminucce siedono
separate, per averlo quale compagno di banco; ma è naturale cha vada a
sistemarsi vicino a chi è già solo nel nero scanno di legno.
Una stretta amicizia extra scolastica inizia qualche giorno dopo; proseguirà fino agli anni settanta, tranne una breve parentesi ad inizio anni sessanta, e virtualmente riprenderà negli ultimi momenti della sua esistenza.
Gianni, questo il diminutivo col quale lo
appelleremo per sempre, abita vicinissimo alla mia casa; per il ritorno da
scuola è aggregato a me, a mia sorella ed a mia cugina e percorreremo tutti
assieme il tragitto tra la San Marco e Villa Maria. Gianni è lasciato poco
prima, nel nuovo edificio della proprietà Iappelli.
Fin dal primo giorno di scuola Gianni mostra le
sue notevoli capacità nel discorrere, nello studio e nella volontà di
apprendere cose nuove; col fine d’elevare le sue conoscenze personali e non di
primeggiare coi compagni.
Da subito tra i migliori della classe e
costante portatore della “fascia di merito” che ormai sembra incollata al suo
grembiule, come appare nella foto del suo primo anno a Pozzuoli [2].
In questa fase, seconda metà degli anni
cinquanta, le comuni amicizie con i fratelli Ennio e Fulvio La Rana, Loreto e
Salvatore Fortuna, nonché Paolo e Vittorio Lopez, ci portano a giocare negli
stessi luoghi ed a frequentare le stesse casalinghe festicciole.
Ma proprio in questo periodo Gianni subisce la
dolorosa perdita del Padre che, oltre l’ancor giovane moglie, lascia
piccolissimi orfani lui e la sorella Anna.
Io e Gianni saremo insieme, stessa scuola e stessa
classe, in terza elementare, anno 1955-56, con l’insegnante Maria Sardo [3];
in quarta elementare, anno 1956-57, con l’insegnante Lisetta Ciampa [4];
Poi, per qualche anno, le nostre strade si separano; io vado a frequentare la Scuola Media di Pozzuoli e lui è inviato a Villa Sora; un prestigioso collegio salesiano di Frascati, nei Castelli Romani.
Ho sempre creduto che sia stato proprio questo
collegio ad incidere ulteriormente sulla sua formazione classica e storica ed
una conferma mi è stata data da un suo vecchio compagno di convitto, il prof.
Renato Tamburrini; noto scrittore, dirigente universitario ed esperto di
sistemi bibliotecari.
Renato, residente in provincia di Pisa ma
originario di Valcomino in provincia di Frosinone, s’è imbattuto nel mio blog
dove ha appreso la ferale notizia.
Ha comunque voluto scrivermi, quanto di seguito
riporto, inviandomi ricordi e testimonianze che arricchiscono l’irripetibile
periodo vissuto insieme al nostro comune amico.
“Sono stato compagno di Gianni in quinta
ginnasio, sezione “B”, nel collegio salesiano di Villa Sora a
Frascati, anno scolastico 1964-65 [6].
Ho sempre desiderato incontrarlo, ma ne avevo perso le tracce; purtroppo ho trovato questo articolo, in ogni caso molto bello, che restituisce la sua figura e la sua personalità.
Era “filosofico” anche allora; anche se troppo
tardi ho potuto comunque reincontrarlo.
Fu un anno un po’ turbolento, suggestioni e
curiosità “intellettuali” si affacciarono con forza nella nostra vita.
Come capita sempre nei film, e qualche volta
anche nella vita reale, avevamo un insegnante di lettere
(Don Fulvio De Rossi, che anche dopo la scelta dello stato laicale,
sopravvenuta qualche anno dopo, ha continuato per molto tempo ad
insegnare egregiamente in un liceo romano) coltissimo e di mentalità
aperta (cosa che non gli impediva di essere più che
severo quanto alla coniugazione dei verbi greci e altre simili
atrocità) che ci sollecitava e ci apriva scenari inusuali nel grigio tran
tran dell’istituzione collegiale.
Prendevamo tutto molto sul serio; ci
passavamo con entusiasmo “I nuovi aristocratici” di Michel de
Saint-Pierre, un romanzo ambientato in una classe di ginnasiali molto “in crisi”;
questo era il contesto, soprattutto per alcuni di noi.
Ricordo che in quel periodo iniziò la
pubblicazione della collana Oscar Mondadori (350 lire a uscita): noi
andavamo religiosamente ad accaparrarcela in una libreria sotto la galleria di
Frascati, e nella nostra mente sedimentavano prospettive nuove,
portate dagli autori francesi, americani, spagnoli che andavamo
incontrando.
Gianni era appassionatissimo di cinema,
campo in cui si muoveva con passione e competenza.
Ne ho rintracciato le prove anche in qualche
pezzo da lui scritto quell’anno per il giornalino ciclostilato - La
Lanterna di Diogene – che, benché autorizzato e sorvegliato
dall’istituzione, noi curavamo manco fosse un “samizdat” della primavera di
Praga.
In allegato trovi la foto di tre suoi interventi (firmati Ci.Gi o Ci.Gia), oltre la copertina del giornale [7a, 7b, 7c, 7d].
Ma Gianni era anche appassionato di musica, durante la ricreazione amava appartarsi ad ascoltare i suoi adorati cantautori; ne ho trovato una traccia in un ritratto ironico e scherzoso (in allegato trovi anche la foto di questa pagina) ma sicuramente affettuoso e solidale
[8a, 8b (ndr - nella immagine 8a è riportato il titolo di un quarto suo articolo)].
IL DISCOMANE
Pozzolano di nascita, frascatano per scuola, è
capace di tener testa a chiunque, su ogni svariato argomento, dal cinema, ai
dischi, dalla letteratura al teatro, alla filosofia.
Con andatura stanca, flemmatica, dondolante,
abbandonata e sognante, con il ciuffo ‘tirabaci’ e con il sorriso e
l’espressione del ‘latin-lover’, a tappe successive, di muro in muro, s’avanza
verso la saletta per estraniarsi dal ‘vulgo sciocco’, ed evadere nella dolce
musica oltre i duri confini!
Se prima era solo a ballare l’ully–gulli,
adesso…!
Occhio-stringi-stringi, ha raggiunto finalmente
il suo regno.
Coloro che vogliono giocare in pace una partita
a scacchi o a dama, son deliziati ( Grrr…) dalle varie ‘Sinfonie per un
massacro’ e ‘Quelli hanno un cuore’. Di tanto in tanto ci sono delle marce su…
Il nostro eroe resiste ad ogni attacco, imperturbato
nella quiete suprema del suo altissimo cielo dove la musica lo culla!
Alla fine un vilissimo fischio distrugge il suo
mondo incantevole e tristezza cala sui suoi bei occhi.
Rinserra la testa tra le spalle e riprende la malinconica
strada del ritorno.
Lo consola solo il pensiero che dopo cena
riprenderà nuovamente la sua estasi estetica, lontana, molto lontana, su una
nuvola qualunque.”
Questo pezzo [ndr – squisita ricostruzione del personaggio e dell’atmosfera collegiale] glielo dedicammo, con pseudonimi, Sistilio Montorfano ed io, Renato Tamburrini. Coppia giornalistica, ambedue a lui molto legati, che durò purtroppo molto poco; alla ripresa del primo liceo Gianni non c’era; credo che rientrò a Pozzuoli.”
Si! Gianni ritorna a Pozzuoli con un
raddoppiato bagaglio culturale e di conoscenze che lascia sbalorditi amici
vecchi e nuovi.
Naturalmente riprende la frequentazione della scuola,
si iscrive al primo anno del Liceo Classico, e la frequentazione dei vecchi
compagni, in particolare della allegra brigata di cui faccio parte; quella che,
pur allargandosi verso nuove conoscenze, ancora oggi è quella in cui ci identifichiamo.
Indimenticabili restano le serate trascorse
nella villetta del Serapeo a scherzare e sognare, i campeggi fatti con economia
in piccole canadesi, le pizze del “montese” piegate a “portafoglio” e mangiate
per strada o i primi convivi in comitiva alle “quattro stagioni”, le gite a
Roccaraso “senza neve” [9].
Siamo interessati a tutto ciò che percepiamo
muoversi all’orizzonte; musica, cinema, letteratura.
Siamo decisamente, anche
se ingenuamente, fuori della cultura del canone scolastico; c’è già
quasi un’aria da pre-sessantotto,
che si riverberava anche nel rapporto con gli insegnanti, animati da un
sentimento spesso “border line” e comunque abbastanza
ostile.
Gianni, col suo soprabito col bavero rigorosamente all’insù, è una delle punte degli “intellettuali” puteolani; problematici e critici [10].
Le calde giornate estive sono trascorse, intrufolati abusivamente, nei Lidi di Lucrino e se il temuto bagnino ci sorprende è Gianni che ci leva d’impaccio.
Lo rimprovera in perfetto italiano e, con voce alta e decisa come Gasmann, pronuncia citazioni storiche e filosofiche; il pnovero bagnio finisce per sentirsi in colpa per eccesso di zelo.
Memorabile un cenone del 21 dicembre 1968
organizzato tra tutti noi nella Masseria del compianto Franco Di Bonito, anche
lui professore trasferito al Nord, preside e prematuramente deceduto appena
dopo la pensione.
Gianni cura la parte scenica di questo
“incontro” e con un breve tratto di penna descrive il segno distintivo di
ognuno dei partecipanti e di sé stesso; in questo mostra di conoscere il
vissuto, lo stato d’animo e le speranze degli amici che lo circondano [11a, 11b,
11c].
Straordinario un breve viaggio che Gianni, io,
Mimmo Scognamiglio e il compianto Peppe Elia effettuiamo alla fine degli anni
sessanta a Firenze ed in altri luoghi notevoli della Toscana.
Oltre che piacevole compagno di viaggio Gianni
sfodera tutte le sue conoscenze classiche e artistiche; Il campanile e il Duomo
di Firenze non sono solo un campanile e una chiesa; sono opere d’arte uniche e
vanno viste con gli occhi di chi cerca amore e passione.
Gli Uffizi, la Primavera e la Venere, non sono
oggetti da osservare ma da “assaporare”; opere con cui parlare, confrontarsi
contrapporsi.
In seguito, pur essendo andato molte volta a
Firenze, mai più ho visitato gli Uffizi; sempre ho patito la mancanza di una tale
guida.
Anche per il poco tempo trascorso a Firenze mai mi sarei sognato di visitare Santa Croce, ma Gianni già nel viaggio di andata ripete: “come non rendere omaggio alle tombe di Foscolo, Michelangelo, Alfieri, Galileo, Rossini …. “ [12].
Nell’ultima telefonata che ci siamo scambiati
Gianni mi rammenta le bandierine, tipo quelle degli sbandieratori, acquistate a
Siena e, come me, conservate per moltissimi anni; nonché del ritorno attraverso
la Maremma per raggiungere un posticino che mai avrei pensato di visitare,
l’Oratorio di San Guido.
Lui c’era già stato con gli educatori del suo collegio di Frascati; giunti sul luogo Gianni si ferma davanti San Guido e inizia a recitare i versi del Carducci:
“I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti,
Mi balzarono incontro e mi guardar.”
La crisi bradisismica del 1970, la leva
militare per molti di noi, il matrimonio, ci impongono la forzata lontananza;
tutti siamo impegnati con problemi economici ed affettivi.
Gianni, che dopo il liceo si laurea in Storia e
Filosofia all’Università di Napoli, si trasferisce al nord con la compagna, e
inizia il suo duplice percorso, pedagogico e familiare.
Confesso di conoscere ben poco della sua nuova Famiglia; solo in tarda età ho appreso che con la moglie ha dato vita a due bimbe, Ivana ed Irma oggi graziose signore, che nella foto conduce affettuosamente con mano sicura [13].
Non conosco l’inizio della sua carriera di
docente ma ho appreso che negli anni novanta arriva all’Istituto Francesco
Gonzaga di Castiglione delle Stiviere dove insegna Storia e Filosofia.
Marco Prina, sue ex alunno in questo Istituto
mi scrive:
“E' stato il mio professore per eccellenza, mi
ha insegnato molto sul campo, mi ha fatto innamorare della storia e della
filosofia e mi ha insegnato molto sulla morale e sugli ideali più intimi
dell'uomo.
In classe rideva poco ma ci faceva ridere
assai; incuteva molto timore e quando ti interrogava ti si stringevano le
budella dalla tensione. Allora lui si alzava dalla cattedra, ti metteva il
braccio intorno alla spalla e ti faceva ragionare passeggiando per l'aula,
dandoti poi un bonario pugno nello stomaco...che ti spezzava in due, vista
l'ansia.
Ti sapeva motivare ed apprezzava più l'impegno
che non i risultati.
Trascorreva i pomeriggi a preparare le lezioni di storia o filosofia per il giorno successivo; passava dal cinema, alla pittura, passando alle donne ed ai filosofi classici contemporaneamente. Potrei scrivere per ore…”
Di qualche alunno dell’Istituto Gonzaga deve
essere la sua caricatura che, quasi con sfida verso i nuovi mezzi di
comunicazione cui è allergico, ancora mostra sul profilo Facebook [14].
Nel 2005, essendogli stata diagnosticata una malattia
degenerativa ai reni, e per essere più vicino alla moglie ed alla sua
residenza, passa all’antico e prestigioso Liceo Girolomo Bagatta di Desenzano
del Garda.
Gianni resta in questo Istituto fino alla anticipata
pensione; quando lui avrebbe continuato volentieri.
Di nuovo ascoltiamo l’ex alunno Marco Prina:
“Dopo la maturità mi son trasferito a Milano e
dopo la Laurea a Perugia e poi Sydney; nel 2004 son rientrato a vivere sul Lago
di Garda.
Un giorno entro in una libreria e lo vedo lamentarsi
del fatto che per problemi di salute ha dovuto smettere di lavorare
Mi sono fato riconoscere e sono andato a
trovarlo ad intervalli regolari ed ho avuto la fortuna di conoscere la moglie e
Ivana, la figlia maggiore.
Gianni parlava poco dei suoi problemi ma era contento quando gli ex-studenti andavano a trovarlo; chiedeva molto di me e delle mie esperienze, era sempre ironico ma mai offensivo. Ebbi il coraggio di dirgli che la formazione con lui mi servì e mi serve ancora nella vita; il suo insegnamento sul rispetto, sul concetto di onestà e di libertà furono fondamentali. “
Gli manca l’insegnamento ma è sempre acuto e
con la battura pronta, come testimoniano tutti i suoi ex discepoli andati a
rendergli visita [15].
Gli ultimi anni li trascorre nella splendida
Sirmione e la morte lo sorprende l’undici marzo del 2018; essendo nato il
diciassette marzo del 1948 dopo pochi giorni di anni ne avrebbe compiuto
settanta.
Anche dopo tantissimi anni in terra lombarda
resta napoletano di formazione e impianto crociano di pensiero; Benedetto Croce
resta il suo ideale filosofico.
La sua scomparsa commuove molti ex studenti che
numerosi sono presenti ai funerali di martedì tredici marzo alle 16, nella
chiesa di Colombare di Sirmione. Gianni ha saputo farsi amare dai suoi studenti
e molti hanno scelto la via dell’insegnamento anche grazie alle sue lezioni.
A noi puteolani resta il ricordo di un amico
straordinario che, seppure lontano, era e sarà per sempre nei nostri cuori [16].
GIUSEPPE PELUSO – MARZO 2021
(modificato GIUGNO e LUGLIO 2021)
P.S. – Di seguito il Link al blog di Renato Tumburrini "punto e...."
Renato ci parla della sua breve ma intensa amicizia con Gianni.
https://renatambu.blogspot.com/2021/06/gianni-cipriano-intellettuale-precoce.html
- Grazie anche a Marco Prina, suo ex allievo
Caro amico Barone, hai descritto così bene e con tanto amore il tuo vecchio amico Gianni Cipriano che ho come la sensazione di averlo conosciuto come ho conosciuto te e tanti cari amici che hanno partecipato all'abbuffata nella fattoria dell'amico Franco di Bonito che ricordo con imperitura simpatia
RispondiEliminaSono stato compagno di Gianni al ginnasio di Frascati. Ho sempre desiderato incontrarlo, ma ne avevo perso le tracce. Purtroppo stasera ho trovato questo articolo, che in ogni caso è molto bello, e restituisce la sua figura e la sua personalità. Era “filosofico” anche allora. Sul giornale ciclostilato del collegio scriveva di cinema, campo in cui si muoveva con passione e competenza.
RispondiEliminaRenato Tamburrini, Pisa
Con commozione anche io ho avuto l'onore Di averlo come docente
RispondiEliminaGrazie. Fatti riconoscere
RispondiEliminaDocente di altissimo profilo. Nel liceo di Castiglione di metà anni ‘90 componeva una triade di professori di Storia e Filosofia, assieme alla compianta Lucilla Peroni e a Manlio Paganella, senza eguali, almeno per un liceo di provincia quale era il nostro. Ho avuto la fortuna di assistere ad alcune sue lezioni tenute a tutti gli studenti del liceo (forse erano le assemblee studentesche? La memoria mi fa difetto); un timbro profondo, forgiato dall’abitudine al sigaro, la cadenza campana (esotica, per noi del profondo nord!), ed un pensiero solido, esposto con rara chiarezza. Un piacere per l’uditorio.
RispondiEliminaRacconto biografico ben articolato e ricco di umanità per un personaggio che ha dato un senso profondo alla sua vita e fattosi apprezzare da chi lo ha conosciuto.
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