Nella foto “Pignuolo” indossa un completo blu
scuro tipico dei “portantini” che si alternano nel portare a spalla il busto di
San Procolo durante le processioni [foto 2].
Sappiamo che i cristiani puteolani del sesto
secolo, rifugiatisi sull'antica acropoli per sfuggire alle orde barbare,
adattano il Tempio pagano in onore di Augusto a Cattedrale dedicandolo al patrono
Procolo, martire e concittadino.
Pian piano le modifiche portano alla chiusura
del pronao (porticato anteriore) e all’abbattimento del muro fra questi e la
cella (camera interna posteriore) con conseguente ampliamento della chiesa.
In seguito, probabilmente tra il tredicesimo e
quattordicesimo secolo, iniziano ad essere aggiunte cappelle laterali,
addossate alle mura esterna del Tempio, e sono realizzate la sacrestia ed il
campanile.
Sebbene l’uso delle campane, per richiamare i fedeli, sia attestato fin dal 581 i primi campanili sorgono con la nascita dei liberi comuni, o delle Regie Civitas come la Pozzuoli Angioina.
Alle attività legate alle funzioni religiose (Messe,
Angelus, feste, solennità, etc) si aggiungono le attività civili (segnare il
passare delle ore con i rintocchi delle campane, avvisare scoppi di incendi,
pericoli per imminenti incursioni, etc).
Per tutte queste necessità, e per rimarcare
l’importanza della città o del signore che la domina, i campanili, come le contemporanee
torri, diventano sempre più alti e opere d’arte da ostentare.
Il primo campanile di Pozzuoli risponde a questi requisiti ed è realizzato sul fianco sinistro della chiesa; imponente deve essere la sua struttura, come confermato dalla presenza delle sue robuste fondamenta rinvenute nei recenti lavori di sistemazione.
Vicino al campanile, sullo stesso lato e
addossata alle mura del Tempio, è costruita la sacrestia posta al suo stesso
livello e in collegamento diretto sia con la navata che con il campanile
stesso.
Questo campanile possiamo ammirarlo in una
miniatura del XIV secolo dedicata al “Bagno del Cantarello”; sul fortificato
Rione Terra, protetto da mura merlate e torri, spicca quest’alta torre
campanaria serrata tra numerose strutture edilizie.
Essa è visibile da molto lontano infondendo fiducia
ai cittadini, sicurezza ai naviganti e ammirazione ai forestieri [foto 3].
Carmine A.M. Esposito, amministratore della
bella pagina “Maria Puteolana” traccia qualche Ipotesi sul vecchio campanile
della cattedrale di Pozzuoli:
“Sparse per tutta la Campania sono visibili
torri campanarie risalenti al periodo bassomedievale e tutte sono realizzate
secondo un preciso schema. Questo prevede un corpo centrale a pianta
rettangolare, talvolta poggiante su di un basamento a scarpa, diviso in più
piani e sormontato da un elemento a pianta ottagonale su cui trova posto
un'alta guglia piramidale, sempre a pianta ottagonale.”
Pertanto l’amico Carmine ha disegnato il
probabile aspetto del campanile nell’epoca angioina, al tempo di Maria
Puteolana e della visita di Francesco Petrarca.
La torre raffigurata in tale immagine,
sembrerebbe quindi rispecchiare una tipologia di campanile che ha avuto un
largo seguito nella Campania medievale [foto 4].
Nella raffigurazione, con il duomo ripreso
dall’ingresso secondario, è presente la nostra Maria Puteolana. Possiamo notare
la chiusura del pronao, l’esterno delle cappelle realizzate addossate al
colonnato e la torre sporgente dal tetto.
Questo campanile più non appare nelle stampe
del XVI secolo essendo crollato per l’eruzione di Montenuovo del 1538 se non prima
con i forti movimenti tellurici come quello del 1488 [foto 5].
Dopo l’eruzione, terminata la dominazione
aragonese ed iniziata quella spagnola, un piccolo campanile è ricostruito in
fretta, senza pretese architettoniche.
Solo nel 1634 il nuovo Vescovo di Pozzuoli, Mons.
Fr. Martino de Leon y Cardenas, nel ricostruire l’intera cattedrale provvede ad
erigere un nuovo campanile che possa ben svolgere il suo compito.
Fr. Martino rifonda il suo Duomo dalle fondamenta,
seppure incorporando il preesistente Tempio pagano; amplia le cappelle
laterali, aggiunge il coro, l'abside, altari di marmo prezioso e pregevoli dipinti.
Con tutta probabilità il nuovo campanile
seicentesco, che non raggiunge la notevole altezza del precedente, ne ricalca
la stessa forma e posizione.
Nel mentre la nuova sacrestia è realizzata sul
lato opposto della facciata, rispetto alla sacrestia precedente; su ciò che
resta della vecchia è realizzata l’abitazione del sacrista.
Questo attraverso la base del campanile può
raggiungere la navata oppure, tramite un portoncino, uscire all’esterno in vico
Campanile, “aret ‘o campanaro” in
dialetto, che poi diventerà vico Sant’Artema [foto 6].
Questo campanile seicentesco è a base quadra di
circa sei per sei metri; dall’interno della chiesa è possibile raggiungerlo attraverso
un accesso, posto giusto di fronte all’ingresso laterale del tempio, ricavato
tra le cappelle dedicate a Sant’Agostino ed a quella dedicata a San Martino.
Qui c’è un piccolo vano dove arrivano le funi
delle due campane piccole; in questo ambiente, disagevole e al buio, ci sono
sempre state ammassate le sedie impagliate rotte.
Da questo locale si arriva, attraverso uno
stretto e breve corridoio, alla base del campanile dove c’è il descritto
ingresso di vico Sant’Artema, le funi delle due campane più grandi e le scale
per salire in alto.
Iniziando a salire, una scala a tromba, si giunge ad un primo piano [o piano ammezzato - all’interno del campanile, parlerei più di livelli e non di piani] dove c’è qualche saletta adibita a luogo di ritrovo per i giovani dell’Associazione Cattolica.
Questi ambienti, come altri più sopra, in parte
sono incorporati nel campanile stesso e in parte sovrastanti i ruderi della
vecchia canonica.
Luigi Iacuaniello, ricordando queste sale,
racconta [foto 7]:
“Tra le varie possibilità di ricreazione c’era
un bel tavolo di ping-pong che trovavo sempre impegnato perché occupato da chi
arrivava prima di me e dei miei piccoli amici. Su quel tavolo nel 1948 fu
dipinto un grande scudo crociato portato poi nella piazza principale di
Pozzuoli per i comizi della Democrazia Cristiana. Erano gli anni delle grandi
competizioni elettorali come quelle tra i cattolici di Don Camillo e i
comunisti di Peppone.
Questa sala andò comunque ben presto in disuso,
per carenze strutturali, e per i giovani del rione rimase attiva solo la sede
dei Boy Scout in via Ripa.”
Dall’apertura presente sul versante sud è possibile
immettersi in altri due ambienti che unitamente ad altrettanti, posti ad un
livello superiore e comunque prima del secondo piano, costituiscono il quartino
del sacrestano del Duomo.
Il sacrista si chiama “Bastianiello”; al secolo
Sebastiano Neri, e vi abita con la moglie Maria Ferrante, detta “Chiapparella”,
e con i figli.
I sacristi, come quelli seicenteschi
predecessori di “Bastianiello”, hanno numerosi e impegnativi compiti da
svolgere e, abitando in questo quartino, possono sia guadagnare rapidamente l’uscita
in strada sia raggiungere facilmente chiesa, canonica e campane.
La vita in questo luogo, tra i rimbombi delle
campane, è assimilabile a quella del Quasimodo che Victor Hugo fa vivere nel
campanile della cattedrale parigina; con il rispetto dovuto alla favolosa Notre
Dame.
Riprese le scale si giunge subito al terzo
livello, posto tra primo e secondo piano, e di fronte troviamo altre due camere
del quartino.
Tutti gli ambienti che ospitano la Famiglia del
sacrista sono realizzati al di sopra delle descritte sale del primo livello
che, come già riferito, a loro volta sono realizzate sopra l’antica Sacrestia,
e addossate alla parete occidentale del Tempio.
Su questo piano la torre campanaria è fornita
di tre strette ma alte finestre monofore, ad arco tondo, che permettono
l’espandersi del suono all’esterno.
Manca la finestra sul lato orientale, quello
addossato al Tempio; essa è sostituita da un piccolo uscio che permette
d’inoltrarsi nel Tempio e percorrere la stretta parte interna, ma anche quella esterna,
della trabeazione; ovvero l’architrave orizzontale che sovrasta e unisce la
parte superiore delle colonne del Tempio [foto 10].
Carmine A.M. Esposito scrive:
“Su questa trabeazione fu fatto costruire, da mons.
De Leon, un muro che permise l’innalzamento di alcuni metri della navata
coperta poi da un tetto a spiovente. La struttura innalzata sugli architravi
non è altro che il cleristorio della navata, ossia la parte superiore ospitante
le finestre.”
Proprio per la manutenzione di questi
finestroni, realizzati per meglio illuminare l’interno, e di altri arredi è
stato creato questo piccolo ingresso dal campanile [foto 11].
Su questo quarto livello, ultimo con pavimento di
fabbrica, troviamo una scala in legno che, con leggera inclinazione, conduce al
quinto livello, il terzo piano, dove sono sistemate tre campane che possono
essere manovrate sia dal piano terra, a mezzo corde, sia percosse direttamente
da vicino.
La campana media, detta “mezzana”, si trova al
centro e le due più piccole, che son poi le più utilizzate, sono sistemate nell’arco
della finestra occidentale [foto 12].
Il calpestio di questo piano è costituito da
tavole di legno distanziate di tre centimetri tra di loro; il distanziamento è voluto
in modo da poter vedere e comunicare con coloro che manovrano il “campanone”
del piano inferiore.
A questo livello il campanile è fornito di finestre
su tutti e quattro i lati; esse sono più ampie di quelle del piano inferiore,
tanto da sembrare bifore.
Poiché in altezza si è superato il tetto del contiguo
Duomo, c’è pure la quarta finestra rivolta verso questo lato. Apparentemente è
larga quando le altre tre ma il suo interno è semi murato e, salendo qualche
scalino, è possibile attraversarla per immettersi, aprendo un cancelletto in
ferro, sul vicino cornicione [foto 13].
Su questo cornicione poggia il tetto a
spiovente, composto da tegole, della chiesa. Il sottotetto funge da deposito,
per oggetti e arredi in disuso, e per entrarci bisogna percorrere l’estremità
del cornicione stesso che costituisce uno strettissimo passaggio, non protetto
da adeguate inferriate o muretti [foto 14],
Luigi Iacuaniello ricorda che qualche volta,
non calcolando il rischio che correva, lo ha percorso di corsa; così come
ricordano d’averlo percorso alcuni scout come i compianti Gilberto Peluso e Roberto
Grippo.
Salendo ancora, con altra scala in legno, si raggiunge il tetto del campanile su cui poggia una cupola; in essa è presente una sola apertura, ad oriente sul lato che guarda la chiesa [foto 15].
Questa apertura non la si nota da tutti gli
altri tre lati e così, da lontano, non si guasta la vista della sua tonda e perfetta
armonia; la cupola è pregevolmente rivestita di scaglie maiolicate come la
vicina del SS Sacramento.
L’apertura è stata praticata per favorire la manutenzione
del tetto del campanile, del rivestimento maiolicato della cupola e della piccola
cuspide (tetto a punta) che si innalza in alto e su cui spicca un crocefisso in
ferro.
E’ questo il campanile che per oltre tre secoli, fino all’incendio del maggio 1964, emerge dal Rione Terra con forte richiamo simbolico verso la città e verso il mare.
E’ questo il campanile della cattedrale barocca
in cui s’affaccenda “Pignuolo” e rintocca per i fedeli di Pozzuoli [foto 16].
Per le due campane più piccole basta il sacrestano
che le mette in funzione sia dal basso, a mezzo fune, sia dall’alto, battendole
manualmente; in questo modo produce rintocchi diversi permettendo l’emissione
di varie tonalità di suono.
Per la campana “mezzana” basta il sacrestano,
se battuta dall’alto, oppure un leggero aiuto se manovrata dal basso con le
funi.
Ma per il “campanone” ci vuole la forza di più
braccia ed è necessario che un capo squadra detta i tempi dei movimenti.
E’ questo il lavoro che, nelle grandi solennità
ma non solo, egregiamente e volontariamente svolge il nostro “Pignuolo” a cui è
riconosciuto il titolo di “capo cordata”.
Dalle memorie di Luigi Iacuaniello risulta che
spesso, tra i volontari della squadra, ci sono i devoti “portantini” di San
Procolo e i ragazzi che frequentano la parrocchia; io ricordo che a volte è
stato chiesto l’aiuto di noi scout, quelli più grandi naturalmente, che a
questo scopo subito accorrevano da via Ripa.
Poi nel 1968, per permettere più approfondite ricerche archeologiche, il campanile è abbattuto e mai più ricostruito; almeno nella sua forma e nello stesso luogo [foto 17].
I progettisti del nuovo e moderno campanile
riportano che, causa i rilevanti ritrovamenti archeologici, non è stato
possibile edificare una nuova struttura campanaria nello stesso posto e nella
stessa forma.
Infatti la nuova collocazione della torre
campanaria, in cui sono state sistemate tre delle antiche campane in bronzo
superstiti del vecchio campanile del 1633, è ubicata nella zona absidale vicino
alla Sala Capitolare [foto 18].
Nel sito wearch.eu gli autori scrivono:
“Questo conferisce al Campanile la necessaria
visibilità ed ascolto dalla città bassa. L’esile e trasparente struttura
metallica della cella campanaria è coperta da un trasparente baldacchino a
calotta traforata che ricorda l’esatta posizione astronomica del cielo stellato
il giorno dell’epocale sbarco a Pozzuoli di Paolo di Tarso.”
Il sito della Terreal-Italia, fornitrice del materiale laterizio occorso per la costruzione del nuovo campanile, afferma [foto 19]:
“Quella Torre ricorda il Mare. Richiama le onde
del Mare”
Si tace sul fatto che il moderno campanile non
è visibile dal mare; quel mare verso cui era esposto il vecchio campanile
barocco.
Quel mare che dal seicento al novecento ha
visto i pescatori puteolani avventurarsi su onde e terre lontane e poi, nel
fare ritorno alla natia Pozzuoli, è proprio quel campanile la prima cosa che riuscivano
a scorgere della Terra di casa.
Era esso un faro d’approdo ed un faro di
speranza, il nuovo non ci appartiene; adesso, per chi suona questo campanile?
Andrea Tigli, noto architetto toscano, nell’analizzare la forma delle antiche torri campanarie, scrive:
“Esse sono inevitabilmente a parallelepipedo o
cilindrica.
Solo in tempi a noi molto più vicini, avendo
ormai completamente tralasciata la cultura della sacra geometria, ogni parroco
“yé-yé” ha potuto sbizzarrirsi assecondando geniali architetti nella
realizzazione di qualunque oscenità.”
P.S.
Direttamente all’interno dello scritto sono inseritii
crediti verso siti ed autori di cui si riportano foto e informazioni.
Altre immagini e notizie sono state riprese dal
volume “Il Duomo di Pozzuoli” di A. D’Ambrosio e R. Giamminelli.
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