“Effects of the Recent Earthquake, at Puzzuoli, near Naples”
Un giornale inglese del
1856 riporta le conseguenze di un terremoto presso la Cava Regia di Pozzuoli
E’ notte.
Una profonda notte quella tra sabato 12 e domenica 13 ottobre 1856; tutti
dormono a Pozzuoli e nel Regno delle Due Sicilie.
Si riposa assaporando
l’aria fresca di un tiepido autunno appena iniziato; si pregusta la giornata
festiva che sta per iniziare.
Improvvisamente, alle ore 02.00 precise,
ognuno è sconquassato dal suo sonno da una prima scossa ondulatoria; questa, procedendo
da nord a sud, è fortissima ed ha una durata di quindici secondi.
Da Napoli così scrive al suo giornale un
corrispondente inglese, testimone dell’evento:
«La nostra prima
impressione al risveglio, è che la nostra vista fosse imperfetta o si fosse
interrotta. Sentiamo la porta sbattere, le finestre muoversi in armonia con
essa, il candelabro cadere dalla nostra "colonnetta", e il nostro
letto in ferro vibrare come se un forte uomo lo scuotesse.
E’ così che abbiamo
riconosciuto che in quel momento stavamo vivendo l’esperienza della nostra
prima scossa di terremoto. Guardando il golfo, diventato argentato con i raggi
di una luna quasi piena, notiamo che l'atmosfera è divenuta chiara, tranne
verso la base del Vesuvio dove una nuvola di nebbia si aggrappa intorno ad
esso, cercando di insinuarsi alla sommità.»
Il giornale
inglese “Illustrated
London News”, del 1° novembre 1856, così riporta il comunicato: “Effects of the
Recent Earthquake, at Puzzuoli, near Naples”; notizia inserita in un più ampio resoconto relativo
al Regno delle Due Sicilie.
Lo “Illustrated London
News” è un settimanale illustrato, fondato da Herbert Ingram il 14 Maggio 1842,
ed è il più bell'esempio di giornale pittorico detenendo lo storico primato di
riportare eventi sociali britannici e mondiali dalla fondazione fino ai giorni
nostri. Da questo settimanale prenderanno spunto altri “magazine” come
l’italiano “Domenica del Corriere”.
Pochi minuti e alle 02.04 tutti percepiscono
una nuova scossa, sempre ondulatoria che questa volta procede da est a ovest, ma
meno potente e con una durata di non più di dieci secondi. Tremito questo che
probabilmente non tutti avrebbero percepito durante il sonno.
«In effetti, continua il
corrispondente, le case non sono crollate come ci è
stato detto, né metà di Nisida è stata sommersa; ma una parte considerevole
della scogliera sulla strada per Pozzuoli è caduta giù; ed è questo punto che
abbiamo scelto di rappresentare nel nostro schizzo.»
Ormai anche i puteolani, durante questo
secondo evento, sono fuori dalle abitazioni, specialmente quelli che risiedono
nelle scarse e sparpagliate dimore lungo la litoranea che conduce a Napoli,
conosciuta come “via Regia” o “via Rivera”.
Istantaneamente l’attenzione dei coltivatori
delle “parule” che occupano gran parte dell’attuale via Napoli, degli
ergastolani e dei loro guardiani della “Regia Cava”, dei lavoratori e degli
ospiti della vecchie terme “Subveni Homini”,
è attratta dal rimbombante rumore proveniente dalle pendici di Monte
Olibano ove s’ode un fragoroso fracasso provocato, si saprà poi, dalla caduta
di una grande frana.
Il crollo ha quale protagonista un enorme
masso di trachite, di già in posizione poco stabile, che nel rovinoso rotolamento
alza una polverosa nuvola di terriccio e trascina con se, oltre ad altri
piccoli massi, la scarsa vegetazione che incontra sul suo cammino. La sua
corsa, rallentata dalla piccola piana costituita dalla strada regia, termina poco
prima di precipitare nel sottostante mare.
Il Monte Olibano, il rilievo di circa metri
150, è quasi privo di vegetazione e il nome "olibano", di derivazione
greca, indica la sterilità del luogo. Esso è costituito da lava dura di
composizione trachitica e costituisce un raro esempio di attività effusiva nei
Campi Flegrei. In questo caso si è avuta una lenta risalita di magma viscoso,
povero in gas, che non avendo la capacità di fluire si è
"accresciuto" su se stesso.
Alzando lo sguardo in alto si vede la roccia
lapidea con frequenti superfici di distacco di grossi blocchi di lava. La roccia
trachitica dell’Olibano è da sempre utilizzata come materiale da costruzione.
In età romana l'impiego prevalente era per pavimentazioni stradali e una cava
di sommità è ricordata da Svetonio.
Nei secoli lo sfruttamento è continuato ed
una delle cave, quella sul fianco del colle verso Pozzuoli, è chiamata
"Petriera"; la pietra qui estratta è detta "la pietra di
Pozzuoli" (fig. 2).
Ad onor del vero c’è da aggiungere che la notizia di questa frana, lungo la costa di Pozzuoli, è riportata solo da questo giornale e nessun altro accenno è stato trovato nelle cronologie ufficiali dei citati movimenti tellurici. Segno questo che per movimentare questa massa, di già instabile trovandosi in posizione precaria in una cava di pietre, potrebbe essere stato sufficiente anche un sisma locale di bassa energia.
Praticamente lo stesso sfaldamento
verificatesi nella dolorosa frana del febbraio 1971, pochi metri più avanti.
Quest’ultima avvenne all’altezza della vecchia fabbrica adibita a “quartieri
degli ergastolani” fino a metà ottocento (fig. 3).
Anche in questo caso dalle pendici di Monte
Olibano si distacca un macigno di trachite che crolla sulla sottostante identica
strada, circa cinquanta più avanti, causando la morte di due giovani puteolani.
Uno di loro sta tornando in auto a Pozzuoli,
dopo aver assistito ad una partita del Napoli Calcio, e in località Dazio
concede un passaggio ad un giovane conoscente; questo, di cognome Coppola,
ignaro del tragico destino, è intento a richiedere un autostop.
Passata la tragedia la strada sarà riaperta
solo dopo imponenti lavori di contenimento (fig.4).
Il giornale “Illustrated London
News” accompagna la notizia con una splendida stampa originalmente incisa su
legno.
La grafica è molto realistica; l’enorme
scoglio, visto provenendo da La Pietra, s’è fermato in bilico tra l’antica via
Regia ed il mare, poco prima della curva in cui sorge il vecchio “Fortino della
Petriera”; oggi noto come terzo palazzo a mare e sede di un famoso ristorante
(fig.5).
Il corrispondente inglese così conclude il
suo resoconto:
«Migliaia di tonnellate
devono essersi staccate dalla montagna, e i giganteschi blocchi sulla destra
danno una vaga idea della spaventosa potenza che in un attimo è bastata a
squarciare queste rocce. Quando abbiamo visitato il luogo, l'ufficiale di
guardia si è fatto avanti con molta cortesia e ha spiegato che durante la
mattina di sabato era stato svegliato da un forte vento impetuoso; poi c'è
stata una violenta scossa della terra, e in seguito l'intera montagna, a quanto
pare, ha ceduto ed è caduta con un fragore tremendo. Proprio accanto c'erano
due stalle, che fortunatamente erano vuote. Fortunatamente anche cento o
duecento galeotti, che di solito lavoravano nei pressi del luogo, dormivano; se
fosse stato di giorno, era probabile che si sarebbero verificate molte morti.
In lontananza vediamo Pozzuoli, l'antica Puteoli, così celebre in epoca
classica e apostolica; vediamo la strada che corre tra le montagne collegando
questa città con Napoli, e l'acqua che ne bagna la base formando un’ansa della
baia di Baia. Il tempo era stato per qualche tempo così particolare e così
diverso da quello che di solito è in questo periodo dell'anno, che eravamo
quasi preparati ad aspettarci qualche fenomeno straordinario. Fitte nebbie, che
ci ricordavano Londra a novembre, avevano avvolto la città per diversi giorni;
mentre il caldo era stato insopportabile come a metà estate.»
Si vede l’enorme masso circondato da una
moltitudine di nostri concittadini che, seppur terrorizzati, son giunti qui ad
osservalo, spinti dalla curiosità. Sulla destra si nota il Monte Olibano,
ancora non deturpato orrendamente su questo versante, e sul fondo si distingue
il promontorio tufaceo su cui si eleva il Rione Terra (fig.6).
Proprio in questo punto sono state incontrate
le maggiori difficoltà durante la costruzione della via Regia nel corso dell’anno
1571, e la vanità del vicerè Pedro Afan de Ribera, secondo alcuni suoi
denigratori, non contenta della prima iscrizione apposta all’inizio della
strada a Fuorigrotta, determina apporvi una seconda, storica ed enfatica
iscrizione posta su di una edicola appositamente eretta (fig.7).
Su questa Iscrizione si legge che prima di
costruirvi la via il luogo è tutto orrore e solitario, impraticabile all’uomo e
si vedono solo uccelli marini, e per ogni dove ci sono balzi, sassi e rovine
naturali.
Nel primo promontorio, verso La Pietra, non
potendo smussare l’intero alto costone si fondano mura nel Mare rubando ad esso
gli spazi occorrenti.
In altri luoghi, accessibile alle sole capre,
si debbono togliere ammassi di pietre quasi incredibili e riempire voragini
altrimenti invalicabili.
In altri ancora, come in prossimità del Monte
Olibano, è necessario sballare le alture delle antichissime lave bituminose, da
secoli raffreddate, e poiché la strada si eleva dal livello del mare, è
possibile superare quest’altro promontorio, e ridiscendere verso la chiana e le
fabbriche delle antiche terme Subveni Homini, solo mediante una serie di
arcate, dette ponti (fig.8).
L’edicola eretta per sorreggere la lapide, a
memoria dell’opera e del vicerè, costituirà in seguito anche il confine tra la
città di Napoli e quella di Pozzuoli.
Per questo motivo su molte mappe è indicata
come “terminus”, ovvero fine del territorio napoletano ed inizio di quello puteolano.
Più non ci sono tracce di questa edicola, e
della sua iscrizione scolpita su marmo, riportata su cartine e disegni fin
quasi tutto il settecento.
Pertanto si crede possa essere andata
distrutta proprio nel corso di questo evento rovinoso, o di qualche altro
similare, e mai più ricostruita (fig.9).
L’enorme masso che, con la sua mole ed i suoi
detriti, ha occupato e resa impraticabile l’importante via Regia, sarà ben
presto sbriciolato onde permettere sia la viabilità della pubblica strada che
il ripristino dei collegamenti cava-imbarcadero (fig.10).
P.S.
Questo
articolo, pubblicato la prima volta il 3 marzo del 2015, è stato da noi rivisto
e corretto dopo le giuste osservazioni avanzate dalla dottoressa Mariù Caputi.
GIUSEPPE
PELUSO – SETTEMBRE 2025
Buonasera questa e storia di certo e che Pozzuoli è Storia analizzando il suo passato vedi l'importanza e la posizione che occupava il Rione Terra "che allora veniva chiamato con un'altro nome che al momento non ricordo" dicevo era anche noto con i traffici con i greci i romani e cosi via.....Un grazie a chi ha avuto questa brillante idea
RispondiEliminaCaro Domenico. Grazie della testimonianza.
RispondiEliminaMa non conosco il tuo cognome ed i tuoi indirizzi per poterti rispondere.
Puoi inviarmeli al: giupel@inwind.it
Ciao
Ciao Giuseppe, è stato davvero emozionante leggere la storia che si nasconde dietro questo scoglio! Faccio parte di uno degli arrampicatori che recentemente ha provveduto alla chiodatura del masso, ed è un pò diventato casa nostra (provvediamo anche alla pulizia per quello che possiamo). Ti ringrazio per averci illuminati sul suo passato, ora lo arrampicheremo con ancora più piacere!!
RispondiEliminaA presto
Grazie. Comunicami il tuo nome.
EliminaAndavamo a polpi e saraghi sotto allo scoglio, ma chi le sapeva tutte queste cose.
RispondiEliminaGrazie Peppe
Bellissima storia
RispondiEliminaGrazie. Comunicami il tuo nome.
EliminaBuongiorno, quante informazioni sconosciute ho ricevuto leggendo questo articolo! Io sono nato dietro i Cappuccini nel 1961, ricordo da piccolo che questo enorme macigno era chiamato "lo scoglio della morte", adesso penso di conoscerne il perché... Grazie
RispondiEliminaGrazie.
EliminaIl suo è un bellissimo blog .Grazie per le notizie che fornisce con dovizia di particolari a noi puteolani.
RispondiEliminaRuggiero Renzi
Complimenti,le immagini sono davvero fantastiche e soprattutto la storia dell' Area è molto interessante ed istruttiva.@marcello sergiusti.
RispondiEliminaGrazie. Comunicami il tuo nome.
EliminaGrazie Peppe è veramente molto affascinante questo articolo.Grazie di nuovo e tanti complimenti.
RispondiEliminaGrazie. Comunicami il tuo nome.
EliminaGRAZIE PER AVERMI FATTO CONOSCERE QUESTA STORIA DELLO SCOGLIONE DOVE IO E I MIEI AMICI CI SIAMO TUFFATI ERANO GLI ANNI 70 QUANDO C'ERA ANCORA IL MARE SOTTO E NON SI VEDEVSNO GLI SCOGLI ORA CONOSCO ANCHE IL PERCHE'DI QUEL PONTE CHE DA SUL MARE .GRAZIE
RispondiEliminaGrazie. Comunicami il tuo nome.
RispondiEliminaIo lo guardo prendendo il caffè e a parte la sua storia é metà di gabbiani, di gatti e uccellini di passaggio
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