martedì 3 marzo 2015

La frana della Cava Regia




Effects of the Recent Earthquake,    at Puzzuoli, near Naples”

Un giornale inglese del 1856 riporta le conseguenze di un terremoto presso la Cava Regia di Pozzuoli

 

E’ notte. Una profonda notte quella tra sabato 12 e domenica 13 ottobre 1856; tutti dormono a Pozzuoli e nel Regno delle Due Sicilie.

Si riposa assaporando l’aria fresca di un tiepido autunno appena iniziato; si pregusta la giornata festiva che sta per iniziare.

 

Improvvisamente, alle ore 02.00 precise, ognuno è sconquassato dal suo sonno da una prima scossa ondulatoria; questa, procedendo da nord a sud, è fortissima ed ha una durata di quindici secondi.

Da Napoli così scrive al suo giornale un corrispondente inglese, testimone dell’evento:

«La nostra prima impressione al risveglio, è che la nostra vista fosse imperfetta o si fosse interrotta. Sentiamo la porta sbattere, le finestre muoversi in armonia con essa, il candelabro cadere dalla nostra "colonnetta", e il nostro letto in ferro vibrare come se un forte uomo lo scuotesse.

E’ così che abbiamo riconosciuto che in quel momento stavamo vivendo l’esperienza della nostra prima scossa di terremoto. Guardando il golfo, diventato argentato con i raggi di una luna quasi piena, notiamo che l'atmosfera è divenuta chiara, tranne verso la base del Vesuvio dove una nuvola di nebbia si aggrappa intorno ad esso, cercando di insinuarsi alla sommità.»

Il giornale inglese “Illustrated London News”, del 1° novembre 1856, così riporta il comunicato: “Effects of the Recent Earthquake, at Puzzuoli, near Naples”; notizia  inserita in un più ampio resoconto relativo al Regno delle Due Sicilie.

Lo Illustrated London News” è un settimanale illustrato, fondato da Herbert Ingram il 14 Maggio 1842, ed è il più bell'esempio di giornale pittorico detenendo lo storico primato di riportare eventi sociali britannici e mondiali dalla fondazione fino ai giorni nostri. Da questo settimanale prenderanno spunto altri “magazine” come l’italiano “Domenica del Corriere”.

 

Pochi minuti e alle 02.04 tutti percepiscono una nuova scossa, sempre ondulatoria che questa volta procede da est a ovest, ma meno potente e con una durata di non più di dieci secondi. Tremito questo che probabilmente non tutti avrebbero percepito durante il sonno.

«In effetti, continua il corrispondente, le case non sono crollate come ci è stato detto, né metà di Nisida è stata sommersa; ma una parte considerevole della scogliera sulla strada per Pozzuoli è caduta giù; ed è questo punto che abbiamo scelto di rappresentare nel nostro schizzo.»

 

Ormai anche i puteolani, durante questo secondo evento, sono fuori dalle abitazioni, specialmente quelli che risiedono nelle scarse e sparpagliate dimore lungo la litoranea che conduce a Napoli, conosciuta come “via Regia” o “via Rivera”.

Istantaneamente l’attenzione dei coltivatori delle “parule” che occupano gran parte dell’attuale via Napoli, degli ergastolani e dei loro guardiani della “Regia Cava”, dei lavoratori e degli ospiti della vecchie terme “Subveni Homini”,  è attratta dal rimbombante rumore proveniente dalle pendici di Monte Olibano ove s’ode un fragoroso fracasso provocato, si saprà poi, dalla caduta di una grande frana.

Il crollo ha quale protagonista un enorme masso di trachite, di già in posizione poco stabile, che nel rovinoso rotolamento alza una polverosa nuvola di terriccio e trascina con se, oltre ad altri piccoli massi, la scarsa vegetazione che incontra sul suo cammino. La sua corsa, rallentata dalla piccola piana costituita dalla strada regia, termina poco prima di precipitare nel sottostante mare.

Il Monte Olibano, il rilievo di circa metri 150, è quasi privo di vegetazione e il nome "olibano", di derivazione greca, indica la sterilità del luogo. Esso è costituito da lava dura di composizione trachitica e costituisce un raro esempio di attività effusiva nei Campi Flegrei. In questo caso si è avuta una lenta risalita di magma viscoso, povero in gas, che non avendo la capacità di fluire si è "accresciuto" su se stesso.

 

Alzando lo sguardo in alto si vede la roccia lapidea con frequenti superfici di distacco di grossi blocchi di lava. La roccia trachitica dell’Olibano è da sempre utilizzata come materiale da costruzione. In età romana l'impiego prevalente era per pavimentazioni stradali e una cava di sommità è ricordata da Svetonio.

Nei secoli lo sfruttamento è continuato ed una delle cave, quella sul fianco del colle verso Pozzuoli, è chiamata "Petriera"; la pietra qui estratta è detta "la pietra di Pozzuoli" (fig. 2).



Ad onor del vero c’è da aggiungere che la notizia di questa frana, lungo la costa di Pozzuoli, è riportata solo da questo giornale e nessun altro accenno è stato trovato nelle cronologie ufficiali dei citati movimenti tellurici. Segno questo che per movimentare questa massa, di già instabile trovandosi in posizione precaria in una cava di pietre, potrebbe essere stato sufficiente anche un sisma locale di bassa energia.

Praticamente lo stesso sfaldamento verificatesi nella dolorosa frana del febbraio 1971, pochi metri più avanti. Quest’ultima avvenne all’altezza della vecchia fabbrica adibita a “quartieri degli ergastolani” fino a metà ottocento (fig. 3).



Anche in questo caso dalle pendici di Monte Olibano si distacca un macigno di trachite che crolla sulla sottostante identica strada, circa cinquanta più avanti, causando la morte di due giovani puteolani.

Uno di loro sta tornando in auto a Pozzuoli, dopo aver assistito ad una partita del Napoli Calcio, e in località Dazio concede un passaggio ad un giovane conoscente; questo, di cognome Coppola, ignaro del tragico destino, è intento a richiedere un autostop.

Passata la tragedia la strada sarà riaperta solo dopo imponenti lavori di contenimento (fig.4).

 


Il giornale Illustrated London News” accompagna la notizia con una splendida stampa originalmente incisa su legno.

La grafica è molto realistica; l’enorme scoglio, visto provenendo da La Pietra, s’è fermato in bilico tra l’antica via Regia ed il mare, poco prima della curva in cui sorge il vecchio “Fortino della Petriera”; oggi noto come terzo palazzo a mare e sede di un famoso ristorante (fig.5).



Il corrispondente inglese così conclude il suo resoconto:

«Migliaia di tonnellate devono essersi staccate dalla montagna, e i giganteschi blocchi sulla destra danno una vaga idea della spaventosa potenza che in un attimo è bastata a squarciare queste rocce. Quando abbiamo visitato il luogo, l'ufficiale di guardia si è fatto avanti con molta cortesia e ha spiegato che durante la mattina di sabato era stato svegliato da un forte vento impetuoso; poi c'è stata una violenta scossa della terra, e in seguito l'intera montagna, a quanto pare, ha ceduto ed è caduta con un fragore tremendo. Proprio accanto c'erano due stalle, che fortunatamente erano vuote. Fortunatamente anche cento o duecento galeotti, che di solito lavoravano nei pressi del luogo, dormivano; se fosse stato di giorno, era probabile che si sarebbero verificate molte morti. In lontananza vediamo Pozzuoli, l'antica Puteoli, così celebre in epoca classica e apostolica; vediamo la strada che corre tra le montagne collegando questa città con Napoli, e l'acqua che ne bagna la base formando un’ansa della baia di Baia. Il tempo era stato per qualche tempo così particolare e così diverso da quello che di solito è in questo periodo dell'anno, che eravamo quasi preparati ad aspettarci qualche fenomeno straordinario. Fitte nebbie, che ci ricordavano Londra a novembre, avevano avvolto la città per diversi giorni; mentre il caldo era stato insopportabile come a metà estate.»

 

Si vede l’enorme masso circondato da una moltitudine di nostri concittadini che, seppur terrorizzati, son giunti qui ad osservalo, spinti dalla curiosità. Sulla destra si nota il Monte Olibano, ancora non deturpato orrendamente su questo versante, e sul fondo si distingue il promontorio tufaceo su cui si eleva il Rione Terra (fig.6).

 


Proprio in questo punto sono state incontrate le maggiori difficoltà durante la costruzione della via Regia nel corso dell’anno 1571, e la vanità del vicerè Pedro Afan de Ribera, secondo alcuni suoi denigratori, non contenta della prima iscrizione apposta all’inizio della strada a Fuorigrotta, determina apporvi una seconda, storica ed enfatica iscrizione posta su di una edicola appositamente eretta (fig.7).



Su questa Iscrizione si legge che prima di costruirvi la via il luogo è tutto orrore e solitario, impraticabile all’uomo e si vedono solo uccelli marini, e per ogni dove ci sono balzi, sassi e rovine naturali.

Nel primo promontorio, verso La Pietra, non potendo smussare l’intero alto costone si fondano mura nel Mare rubando ad esso gli spazi occorrenti.

In altri luoghi, accessibile alle sole capre, si debbono togliere ammassi di pietre quasi incredibili e riempire voragini altrimenti invalicabili.

In altri ancora, come in prossimità del Monte Olibano, è necessario sballare le alture delle antichissime lave bituminose, da secoli raffreddate, e poiché la strada si eleva dal livello del mare, è possibile superare quest’altro promontorio, e ridiscendere verso la chiana e le fabbriche delle antiche terme Subveni Homini, solo mediante una serie di arcate, dette ponti (fig.8).

 


L’edicola eretta per sorreggere la lapide, a memoria dell’opera e del vicerè, costituirà in seguito anche il confine tra la città di Napoli e quella di Pozzuoli.

Per questo motivo su molte mappe è indicata come “terminus”, ovvero fine del territorio napoletano ed inizio di quello puteolano.

Più non ci sono tracce di questa edicola, e della sua iscrizione scolpita su marmo, riportata su cartine e disegni fin quasi tutto il settecento.

Pertanto si crede possa essere andata distrutta proprio nel corso di questo evento rovinoso, o di qualche altro similare, e mai più ricostruita (fig.9).

 


L’enorme masso che, con la sua mole ed i suoi detriti, ha occupato e resa impraticabile l’importante via Regia, sarà ben presto sbriciolato onde permettere sia la viabilità della pubblica strada che il ripristino dei collegamenti cava-imbarcadero (fig.10).

 


 

 

P.S.

Questo articolo, pubblicato la prima volta il 3 marzo del 2015, è stato da noi rivisto e corretto dopo le giuste osservazioni avanzate dalla dottoressa Mariù Caputi.

 

 

GIUSEPPE PELUSO – SETTEMBRE 2025

 


17 commenti:

  1. Buonasera questa e storia di certo e che Pozzuoli è Storia analizzando il suo passato vedi l'importanza e la posizione che occupava il Rione Terra "che allora veniva chiamato con un'altro nome che al momento non ricordo" dicevo era anche noto con i traffici con i greci i romani e cosi via.....Un grazie a chi ha avuto questa brillante idea

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  2. Caro Domenico. Grazie della testimonianza.
    Ma non conosco il tuo cognome ed i tuoi indirizzi per poterti rispondere.
    Puoi inviarmeli al: giupel@inwind.it
    Ciao

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  3. Ciao Giuseppe, è stato davvero emozionante leggere la storia che si nasconde dietro questo scoglio! Faccio parte di uno degli arrampicatori che recentemente ha provveduto alla chiodatura del masso, ed è un pò diventato casa nostra (provvediamo anche alla pulizia per quello che possiamo). Ti ringrazio per averci illuminati sul suo passato, ora lo arrampicheremo con ancora più piacere!!
    A presto

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  4. Andavamo a polpi e saraghi sotto allo scoglio, ma chi le sapeva tutte queste cose.
    Grazie Peppe

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  5. Buongiorno, quante informazioni sconosciute ho ricevuto leggendo questo articolo! Io sono nato dietro i Cappuccini nel 1961, ricordo da piccolo che questo enorme macigno era chiamato "lo scoglio della morte", adesso penso di conoscerne il perché... Grazie

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  6. Il suo è un bellissimo blog .Grazie per le notizie che fornisce con dovizia di particolari a noi puteolani.
    Ruggiero Renzi

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  7. Complimenti,le immagini sono davvero fantastiche e soprattutto la storia dell' Area è molto interessante ed istruttiva.@marcello sergiusti.

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  8. Grazie Peppe è veramente molto affascinante questo articolo.Grazie di nuovo e tanti complimenti.

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  9. GRAZIE PER AVERMI FATTO CONOSCERE QUESTA STORIA DELLO SCOGLIONE DOVE IO E I MIEI AMICI CI SIAMO TUFFATI ERANO GLI ANNI 70 QUANDO C'ERA ANCORA IL MARE SOTTO E NON SI VEDEVSNO GLI SCOGLI ORA CONOSCO ANCHE IL PERCHE'DI QUEL PONTE CHE DA SUL MARE .GRAZIE

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  10. Io lo guardo prendendo il caffè e a parte la sua storia é metà di gabbiani, di gatti e uccellini di passaggio

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