Il perché di un nome
Mio Padre, don Aldo Moretti e Francesco De
Gregori
Fra qualche giorno a Bacoli si esibisce il
noto cantautore Francesco De Gregori; scavando tra i ricordi di mio Padre, e
della sua amicizia con don Aldo Moretti, riscopriamo il perché Francesco ebbe
questo nome.
Aldo Moretti nasce a Tarcento (Diocesi di
Udine) il 20 novembre dell’anno 1909; ed è il più giovane di ben 12 fratelli di
una grande Famiglia patriarcale “i Mios”.
Nel 1931 si laurea in filosofia e nel 1932
prende l'ordinazione sacerdotale e la laurea in teologia presso l'Università
Gregoriana di Roma. Per lunghi anni è docente di ebraico e di sacre scritture
al Seminario arcivescovile di Udine [1].
La Seconda guerra mondiale lo vede cappellano
militare in Africa, con il grado di Tenente, presso il 40° Reggimento della 25°
Divisione Fanteria “Bologna”.
Bella è la sua amicizia con mio Padre,
Caporal Maggiore Carmine Peluso; entrambi appartengono alla Compagnia Comando
del quarantesimo fanteria. Don Aldo appare di già in una foto scattata a
Tarhuna nel Novembre del 1939, pochi mesi dopo l’arrivo della “Bologna” in
Libia. Lo si vede officiare una Messa alla presenza di tutto il reggimento
schierato ed ancora più dietro si notano le tende dell’accampamento [2].
Lo rivediamo in una foto di gruppo scattata
nel Luglio 1940, ad el Azizia (lui è sulla scala in basso e mio Padre sulla
scala in alto) [3],
e poi in altra del 20 settembre 1940, sempre insieme, al comando di compagnia [4].
Comunque, essendo don Aldo l’assistente spirituale del reggimento, è naturale vederlo in numerose foto scattate in occasione di Celebrazioni Religiose officiate alla presenza di tutta la truppa schierata nei cortili e nelle varie Piazze d’Armi frequentate [5].
e poi in altra del 20 settembre 1940, sempre insieme, al comando di compagnia [4].
Comunque, essendo don Aldo l’assistente spirituale del reggimento, è naturale vederlo in numerose foto scattate in occasione di Celebrazioni Religiose officiate alla presenza di tutta la truppa schierata nei cortili e nelle varie Piazze d’Armi frequentate [5].
In un’altra foto, sempre scattata da mio
Padre, lo vediamo ad Homs nel febbraio del 1941, dopo la disfatta di Graziani
[6-7].
Con l’arrivo di Rommel segue il reggimento nella sua avanzata verso la Cirenaica, e partecipare al massiccio assedio di Tobruch.
Con l’arrivo di Rommel segue il reggimento nella sua avanzata verso la Cirenaica, e partecipare al massiccio assedio di Tobruch.
Nel corso dell’accerchiamento della città
occupata dai britannici, la Divisione “Bologna” è spezzettata in tanti piccoli
capisaldi sparpagliati sul duro e desertico terreno Marmarico.
Don Aldo non può officiare con il reggimento
schierato al gran completo, tra l’altro ora risiede presso il comando
divisionale, pertanto ogni domenica, con una moto che da solo guida sulle
impervie e pericolose piste desertiche, si dirige nei vari capisaldi dove i
fanti sono rintanati nelle innumerevoli buche che hanno scavato.
Mio Padre così lo ricorda in una pagina del
suo Diario:
“…Domenica 5/10 – 941 – XIX
E’ l’alba. Di rado il caposaldo 19,
come stamane, è in movimento; alcuni portano una cassa, altri coperte, pezzi di
tavole, ecc.
I fanti domandano come va tanto
movimento ed uno chiede a quelli che trasportano le casse il perché. Il
compagno appaga la curiosità dicendo che si sta erigendo l’Altare per la Santa
Messa, che sarà celebrata fra poco.
La nuova si sparge in un baleno per il
caposaldo e tutti ormai cercano di accudire alla pulizia personale al più
presto per essere presenti al rito.
Man mano che si avvicina l’ora
convenuta si vedono giungere dai capisaldi vicini gruppetti di fanti che
accorrono al richiamo.
L’Altare è ormai ultimato quando si
sente da lontano il rumore di una motocicletta. E’ il Cappellano del nostro
Reggimento che arriva.
Giunto al caposaldo il Comandante gli
va incontro per riceverlo, ed entrambi si stringono la mano.
Il Cappellano, mentre si accinge ad
indossare i paramenti, rivolge ai soldati, che gli fanno cerchio, affettuose
parole.
Incomincia il Sacro Rito ed ogni
tramestio cessa come per incanto.
Tutti sono allineati lungo il
camminamento.
Si giunge alla consacrazione
dell’Ostia Santa. Ognuno a fior di labbra, sommessamente, chiede al nostro
Salvatore Celeste, una grazia:
“far giungere il proprio pensiero ai
cari lontani, pensando che anch’essi, nella chiesa del paese, in quella stessa
ora rivolgono con fervore la preghiera, affinché il Signore faccia ritornare
sano e vittorioso il caro lontano, al servizio della nobile causa per la
grandezza della Patria.”
Il rito è finito, il Cappellano
incomincia la preghiera per il Re Imperatore e tutti scattano come molle
sull’attenti.
Al termine si formano alcuni gruppetti
di amici che, per l’occasione, si ritrovano e si scambiano i saluti.
Ora il sole sfolgora come in un quadro
magistralmente pennellato.
Il Cappellano, tolti i paramenti
sacri, saluta il Comandante, rimonta sulla moto e si allontana.
Tutti guardano come se si fosse
allontanato qualche cosa di loro…”
Il 18 novembre 1941, quando l'8^ Armata
britannica inizia l'Operazione Crusader, don Aldo si trova con il I°
Battaglione del 39° Reggimento in località Belhamed. All'alba del 20 questa
unità, insieme alla 73° Compagnia Bersaglieri contro carri è schierata presso
l'aeroporto di Sidi Rezegh.
Nella notte sul 21 i bersaglieri, mentre gli
inglesi escono da Tobruch nel tentativo di sfondare l'accerchiamento e
ricongiungersi con le forze della 7^ Brigata provenienti dall’Egitto, aiutano
il Cappellano a recuperare i numerosi feriti della “Bologna”.
Il 21 novembre, un più massiccio assalto dei
Topi del Deserto, distrugge il caposaldo italiano e, insieme a 18 bersaglieri e
molti fanti, viene catturato anche don Aldo; ferito ed ormai privo di sensi.
Nel dopoguerra, per quest’azione e per altre
susseguenti, è insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente
motivazione:
Cappellano militare presso un
reggimento di Fanteria impegnato in aspri combattimenti, si prodigava al di là
di ogni umana possibilità, a capo di squadre portaferiti, per raccogliere ed
assistere numerosi feriti sotto violento Fuoco avversario. Mentre assolveva la
sua pietosa missione riportava gravissime ferite ad una mano e ad una gamba.
Pur stremato di forze rifiutava ogni soccorso fino a quando non si era
assicurato che non vi fossero accanto a lui altri feriti da raccogliere.
Catturato quasi privo di sensi e trasportato in ospedaletto da campo, appena in
grado di farlo riprendeva la sua missione a conforto dei compagni connazionali.
Rimpatriato come mutilato, appena
iniziata la lotta di liberazione contro i germanici in Friuli si prodigava con
grave pericolo nell'organizzare, guidare ed assistere le formazioni partigiane
del gruppo divisioni d'assalto Osoppo - Friuli. Magnifico esempio di ardente
patriottismo e di sublime carità cristiana". Africa Settentrionale,
novembre 1941; Fronte della resistenza, 1943-1945.
Don Aldo Moretti resta sei mesi prigioniero
degli inglesi in Egitto, vicino al canale di Suez. Poiché mutilato a maggio del
1942 è scambiato con altri prigionieri a Smirne, nel corso dell’unica
trattativa di questo genere tra italiani ed inglesi. Così egli racconta:
“Ritornai
in Italia, sbarcai a Napoli e poi giunsi a casa. Accettai un invito a Siena,
dove pregai perché i nostri soldati potessero vincere. E lì accadde qualcosa.
Al termine del discorso mi avvicinò un ometto. Disse poche parole:
"Cambierà tutto, sa... cambierà". Era Giorgio La Pira».
Dopo l’armistizio del 1943 è in Friuli dove
entra nelle file della Resistenza con il nome di battaglia “Lino”.
E’ tra i fondatori della Brigata Osoppo
composta da partigiani cattolici, ai confini orientali del Friuli. Le
formazioni Osoppo, i “fazzoletti verdi”, nascono ufficialmente il 24 dicembre
1943 presso la sede del Seminario Arcivescovile di Udine per iniziativa di
volontari (repubblicani e monarchici) di ispirazione laica, liberale,
socialista e cattolica [8].
Questi sono già operativi in alcune zone per contribuire alla fine del conflitto con dignità e salvare ciò che dell'Italia può ancora essere salvato.
Questi sono già operativi in alcune zone per contribuire alla fine del conflitto con dignità e salvare ciò che dell'Italia può ancora essere salvato.
Le brigate Osoppo sono ricordate in modo
particolare per la tragedia della malga di Porzûs, del 7 febbraio 1945, dove un
reparto dei GAP uccide i comandanti, depreda carteggio e riserve e porta
altrove i gregari, che vengono in parte fucilati successivamente; con l'accusa
di intesa con il nemico.
Alle malghe di Porzus [9] ha sede il comando
del Gruppo delle Brigate Est della Divisione Osoppo.
Loro comandante è il capitano degli alpini Francesco De Gregori, nome di battaglia "Bolla", zio del famoso cantautore che, primo nato in Famiglia dopo l’eccidio, riceve questo nome a suo ricordo [10].
Loro comandante è il capitano degli alpini Francesco De Gregori, nome di battaglia "Bolla", zio del famoso cantautore che, primo nato in Famiglia dopo l’eccidio, riceve questo nome a suo ricordo [10].
I trucidatori sono “partigiani rossi filo
sloveni”; che li accusano d’essere riluttanti all’idea di mettersi sotto il
comando delle formazioni titine. Alcune testimonianze di monsignor Moretti
forniscono un po' di luce su questo tragico fatto ed in un'intervista
rilasciata nel 1997, a proposito dell’Eccidio, Don Aldo dichiara:
"... La Grande Slovenia, volevano
i partigiani comunisti. Noi volevamo solo combattere per la libertà, non per il
comunismo, ed eravamo favorevoli a lasciare ad un referendum dopo la
liberazione la scelta sui confini...
Bolla, il comandante, alzava la bandiera,
bandiera italiana, bandiera con lo stemma sabaudo. Io lo mettevo in guardia:
attento, gli dicevo, la vedono i comunisti e i partigiani sloveni, quello
stemma a loro ricorda il fascismo, toglila.
E lui no, cocciuto, perché credeva
sopra ogni cosa all'Italia, senza compromessi, senza tante prudenze
politiche...
Avevamo sempre operato insieme, anche
se noi cattolici ci preoccupavamo, oltre che della onestà dei fini, anche della
onestà dei mezzi. Ci furono discussioni assai accese con i comandanti comunisti
sulla necessità di azioni che comportavano sacrifici di vite umane".
E’ stato lui, Francesco De Gregrori, il 5
ottobre 1944, a dare la risposta negativa ai capi delle brigate garibaldine che
volevano anche i partigiani cattolici sotto comando comunista alle dipendenze
del IX Corpus jugoslavo. L’incontro è avvenuto al cimitero di Oborza di
Prepotto. L’idea di Tito è quella di annettersi il Friuli orientale. Tito
strappa a Togliatti il consenso e stabilisce che tutte le formazioni partigiane
friulane passino sotto il suo comando.
«Noi
non avevamo mai avuto dubbi nel rifiutare», ricorda don Moretti.
Al Comandante Francesco De Gregori è
concessa la Medaglia d’Oro al valor Militare con la seguente motivazione:
«Soldato fedele e deciso, animato da
vivo amor di Patria, dopo lo armistizio prodigava ogni sua attività alla lotta
di liberazione organizzando, animando e guidando da posti di responsabilità e
di comando il movimento partigiano nella Carnia e nella zona montana ad est del
Tagliamento. Comandante capace e soldato valoroso, dopo essersi ripetutamente
affermato in numerosi combattimenti, si distingueva particolarmente durante la
dura offensiva condotta da preponderanti forze tedesche alla fine di settembre
1944 nella zona montana del Torre Natisone. In condizioni particolarmente
difficili di tempo e di ambiente, fermo, deciso e coraggioso riaffermava
l’italianità della regione e la intangibilità dei confini della Patria. Cadeva
vittima della tragica situazione creata dal fascismo ed alimentata dall’oppressore
tedesco in quel martoriato lembo d’Italia dove il comune spirito patriottico
non sempre riusciva a fondere in un sol blocco le forze della Resistenza.»
Friuli, settembre 1943 - 7 febbraio
1945.
Altro trucidato da parte di
partigiani “Rossi” filo sloveni, nel cosiddetto “Eccidio di Malghe Porzus”, è
Guido Pasolini, fratello minore dello scrittore e regista Pier Paolo [11].
Guido fa parte, con il nome di battaglia
“Ermes”, delle Brigate Osoppo dell'Est nelle quali entra alla fine del 1944,
subito dopo aver raggiunto la maturità scientifica a Pordenone.
La sua fine è alquanto drammatica.
La mattina del 12 febbraio dopo un sommario
processo, unitamente ad altri tre partigiani osovani catturati e fatti
prigionieri nelle malghe di Porzus, è condotto sotto scorta sul luogo destinato
all'esecuzione.
Qui sono costretti a scavarsi la fossa ed in
questo frangente Guido, in circostanze poco chiare, riesce a fuggire. Nella
fuga è ferito dai suoi aguzzini alla spalla e al braccio destro e, a fatica, raggiunge
la vicina frazione di Sant'Andrat dello Judrio in comune di Corno di Rosazzo
(UD). Si fa medicare presso la locale farmacia di Quattroventi e da qui
prosegue a piedi verso il vicino paese di Dolegnano ove ottiene ospitalità da
una famiglia locale.
In questa abitazione si presentano due
partigiani del luogo, probabilmente allertati dalla farmacista, che lo
conducono in un'altra casa dove fa irruzione il partigiano Mario Tulissi che,
dopo aver preso ordini, preleva il ferito con la scusa di condurlo al vicino
ospedale di Cormons per garantirgli le cure del caso.
Pare che alla vista di Mario Tulissi,
Guidalberto Pasolini abbia detto: "adesso sono perduto". Infatti è
consegnato a due gappisti, dai quali era riuscito a sfuggire la mattina. Questi
riconducono il poveretto quasi esanime sul luogo già destinato alla sua
esecuzione, lo distendono nella fossa e lo finiscono con un colpo di piccone.
I suoi resti vengono riesumati a guerra
finita tra il 10 e il 20 giugno 1945 assieme a quelli degli altri caduti
nell'eccidio. Dopo il solenne funerale celebrato a Cividale del Friuli il 21
giugno 1945, i resti di Guidalberto Pasolini sono traslati a Casarsa della
Delizia, ove tuttora riposa in una tomba vicino l'ingresso del cimitero che
l'amministrazione locale ha riservato ai suoi Caduti per la Libertà.
Nel dopoguerra Don Aldo Moretti è delegato
arcivescovile dell’Azione cattolica e delle Opere cattoliche (1946-1954). In
seguito è direttore della Scuola cattolica di cultura (1954 - 1962) e socio
fondatore del ISR di Udine.
Tra l'altro è autore di un saggio su La
grafia della lingua friulana pubblicato nel 1985 ed è coadiutore presso la
parrocchia San Pio X di Udine.
Don Moretti, insieme al Prof. Ciro Nigris, è
anche cofondatore dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di
Liberazione.
Don Aldo Moretti è, negli ultimi anni di
vita, assistente delle suore del Carmelo di Montegnacco; un Monastero, quello
di Montegnacco, voluto e pianificato da un comitato presieduto proprio da
Monsignor Moretti.
Inaugurato il 7 novembre 1965 la sua Comunità
vive con semplicità nello spirito della Casa di Nazareth; sempre aperto ai
fratelli che si recano numerosi al Carmelo per unirsi alla preghiera delle
monache.
“Pre Aldo di Mio” per i vecchi tarcentini,
“Lino” per i compagni del movimento di liberazione, “Don Aldo” per mio Padre e
per quelli che gli erano più vicino, .. torna alla Casa del Signore il giorno 26
luglio 2002 a Udine.