giovedì 6 febbraio 2014

Cappuccini amari







Cappuccini amari
Tragedia sulla “cumana”


Alle ore 16.52 di sabato 22 luglio 1972 dalla stazione terminale SEPSA di Napoli Montesanto parte il treno 164 della “Ferrovia Cumana” diretto a Torregaveta. Il convoglio, composto dall’elettrotreno ET.111a+b manovrato da Renato Normanno di 24 anni di Arco Felice, è carico di operai ed impiegati che rientrano nelle loro abitazioni dopo un’afosa giornata lavorativa. Alle 16.59 transita per Fuorigrotta, poi per Bagnoli ed infine arriva alla piccola fermata Cappuccini da dove riparte alle ore 17.14.
Intanto alle ore 16.55 da Torregaveta parte il treno 165 diretto a Napoli Montesanto. Quest’altro convoglio, composto dall’elettrotreno ET.105a+b manovrato da Vincenzo Bolognino di Agnano, è carico di festosi bagnanti che hanno trascorso la calda giornata sui lidi del Fusaro, di Lucrino e di Arco Felice. Esso arriva alla stazione del capoluogo flegreo  dove i treni, in tempi di scambi manuali e di coincidenze a vista, sono soliti incrociarsi. E’ questa una operazione da sempre effettuata nelle stazioni di Fuorigrotta, Bagnoli, Pozzuoli e Lucrino che a tale scopo sono fornite di capostazione e doppio binario.
Ma ora, in epoca di automatismi ed elettronica, non è più necessario che gli incroci avvengano obbligatoriamente alle suddette fermate, spesso il convoglio proveniente da Napoli è in ritardo e quello in attesa a Pozzuoli riceve l’autorizzazione a proseguire per poi incrociarlo alla stazione Gerolomini; anch’essa dotata di doppio binario.
Pertanto, in contemporanea ed all’insaputa l’uno dell’altro, i due treni si immettono sullo stesso unico binario che congiunge le due stazioni sul breve percorso composto da una galleria di un centinaio di metri e da un tratto scoperto, quasi in trincea, che scorre parallelo alla via Compagnone del popoloso quartiere puteolano.
Alle ore 17.12 il manovratore Bolognino parte da Pozzuoli con il suo elettrotreno, nonostante poi la commissione accerti che il semaforo emetta luce rossa quale segnale di via impedita ed il capostazione non abbia dato il fischio di partenza, e dopo aver superato il passaggio a livello “Toledo” svanisce nella galleria che per sempre lo accoglierà nelle sue oscure fauci. Nello stesso tempo ma in senso inverso il manovratore Normanno parte dalla fermata Cappuccini e dopo aver percorso 400 metri vede, all’ingresso della galleria, il segnale di rallentamento che emette luce gialla. Questo nel gergo ferroviario significa che il prossimo segnale potrebbe essere rosso pertanto, come previsto dai regolamenti, riduce la velocità a 30 km orari. Appena imbocca la galleria, che si trova in curva a destra, scorge il muso del treno che sopraggiunge dalla direzione opposta.
L’urto diventa inevitabile, perché a niente è valso l’estremo tentativo dei due manovratori di bloccare gli elettrotreni per evitare la catastrofe; le due motrici, con estrema violenza, si incastrano l’una nell’altra per la profondità di oltre un metro e mezzo.
I primi soccorritori si trovano di fronte a uno spettacolo agghiacciante; centinaia di persone, per lo più bagnanti che tornano dal mare e stipati nel treno che viene da Torregaveta, sono rimaste prigioniere fra le lamiere dei convogli. Urlano chiedendo soccorso mentre quelli feriti meno gravemente si traggono in salvo e cercano di prestare aiuto ai familiari, agli amici, agli altri viaggiatori meno fortunati.
Non appena è stato dato l'allarme sono accorsi sul luogo della sciagura centinaia di mezzi del vigili del fuoco, ambulanze della Croce Rossa e dei vari ospedali, polizia carabinieri e volontari. Man mano che si riesce ad estrarre dai treni i feriti, questi vengono avviati agli ospedali più vicini. I più sono portati al “Santa Maria delle Grazie” di Pozzuoli altri, almeno 50, a quello del “Loreto” in via Crispi, dove uno dei feriti muore poco dopo il ricovero; si tratta del trentenne macchinista Vincenzo Bolognino. Un altro passeggero muore all'ospedale di Pozzuoli. Lungo le strade che portano al luogo della sciagura si creano giganteschi ingorghi che rallentano la corsa delle ambulanze e delle macchine private che portano i feriti agli ospedali. Poliziotti e carabinieri ricercano il capostazione di Pozzuoli, Antimo Marrone residente a Bacoli, che ha fatto perdere le sue tracce.
La ristrettezza dei luoghi, la mancanza di strade idonee e parte dei rotabili bloccati in galleria, non facilitano il lavoro delle squadre di soccorso. Per estrarre dalle lamiere contorte i corpi dei morti e dei feriti i vigili del fuoco lavorano fino a notte tarda. Un valido aiuto è dato da civili volontari e da operai dell’Italsider di Bagnoli che forniscono fiamme ossidriche e bombole di ossigeno.
Il bilancio è di cinque morti; il manovratore Vincenzo Bolognino di 30 anni ed il capotreno Silvio Tricarico di 54 anni dell’elettrotreno proveniente da Torregaveta; il capotreno Giovanni Illiano, ultimo corpo ad essere estratto dalle lamiere, ed i due viaggiatori l’avvocato Nicola Licciardi di 67 anni e Maria Antonelli di 51 anni dell’elettrotreno proveniente da Montesanto.
Per un macabro errore inizialmente si è parlato di sei vittime poiché si sono scorti resti maciullati di un viaggiatore sotto alcune lamiere e poi braccia e gambe lanciate a diversi metri di distanza per cui si è ritenuto che fossero due i corpi ancora imprigionati.
I feriti abbastanza gravi rimasti negli ospedali sono 68 ed altri 163 hanno potuto far ritorno alle proprie abitazioni perché giudicati guaribili in pochi giorni. Ma il giorno dopo si presentano ai pronto soccorso ospedalieri altri viaggiatori inizialmente fuggiti dai vagoni sventrati in preda al panico ed incuranti delle loro piccole contusioni.
Tra i feriti gravi nella sala di rianimazione dell’ospedale “Pellegrini” di Napoli c’è l’altro macchinista Renato Normanno. L’unico sopravvissuto, seppure a caro prezzo, dei quattro presenti nelle due cabine pilota; tutti noi frequentatori della “cumana” ben conosciamo, perché sbirciati con malcelata invidia, la consuetudine dei capotreno di sedere in cabina accanto al manovratore.
Scene strazianti si vedono sia sul tratto di ferrovia sia presso gli ospedali dove sono accorsi i familiari delle vittime; inoltre molti genitori, che sono stati al mare insieme ai loro figlioletti, con il sinistro hanno perso le loro tracce ed ora li cercano negli ospedali dove sono stati ricoverati ben 34 bambini.
Una ragazza di tredici anni, Immacolata Spaduzzi di Fuorigrotta, sta tornado da Torregaveta dove è andata al mare insieme ai fratellini. Si ritrova in una autoambulanza che veloce la porta al “Nuovo Loreto Mare” dove riceve le cure del caso. Poi va all’affannosa ricerca dei fratellini che rimasti  quasi illesi sono stati accompagnati a casa.
Per tutta Pozzuoli si sparge subito la notizia del tragico scontro e migliaia di persone si riversano nella zona che poi resta piantonata da una quarantina tra carabinieri e poliziotti che hanno il compito di tenere lontano i curiosi.
Sia il ministro dei trasporti Bozzi che il presidente della repubblica Giovanni Leone, ospite di Villa Roserbery a Posillipo per una breve vacanza, si recano a visitare i feriti ricoverati nei vari ospedali.
Naturalmente per accertare le responsabilità dell’accaduto vengono disposte due inchieste; una da parte della magistratura condotta dal procuratore capo della repubblica dott. Alfonso Vigorita, un'altra da parte dell’ispettorato della motorizzazione civile e dei dirigenti della “cumana”.
Questi ultimi accertano che non vi è nessun guasto sia agli impianti che ai quadri elettrici di comando i quali procedono perfettamente fin da quando sono entrati in funzione nel 1963.
L’incidente è oggetto sia di una interpellanza al Parlamento da parte dell’onorevole Alfano sia di una interpellanza al Senato da parte dei senatori Papa, Fermariello, Abenante e Valenza. Tutti chiedono spiegazioni della disgrazia, delle responsabilità e delle misure che la SEPSA intenda adottare affinché non abbiano più a verificarsi simili eventi luttuosi e per quali ragioni il Ministero ed i dirigenti della SEPSA si siano opposti all'installazione di uno strumento di controllo e di sicurezza, un ripetitore di segnali in macchina, per il quale era prevista la spesa di soli 20 milioni di lire.
Il ministro Bozzi riferisce che la causa del disastro è da attribuirsi unicamente a negligenza del macchinista del convoglio diretto a Napoli il quale non ha osservato il categorico segnale rosso di via impedita ed è partito senza attendere l’ordine di partenza del capo stazione ed inoltre non avrebbe avvertito la forzatura, da parte della sua motrice, dello scambio predisposto per l’ingresso in senso inverso nella stazione di Pozzuoli del treno che avrebbe dovuto incrociarvi.
Tuttavia, aggiunge il ministro, si potrà esaminare l’opportunità di modificare gli impianti di segnalamento che comunque sono costosi per le apparecchiature che risiedono a terra, per quelle a bordo dei treni e che richiedono pure l’ampliamento dei piazzali che nel caso della “Ferrovia Cumana” sono di difficile attuazione. Ricorda che i precedenti incidenti, e cioè quello del 9 febbraio 1965 (con 25 feriti) e quello del 18 giugno 1966 (con circa 80 feriti), furono anch'essi dovuti a cause non dipendenti in alcun modo dal sistema di segnalamento e blocco in atto sulla “cumana”. Il primo di essi infatti avvenne per errata manovra del capostazione di Bagnoli ed il secondo per partenza del convoglio con segnale di via impedita. In conseguenza, pur costituendo ovviamente il raddoppio del binario un notevole miglioramento della ferrovia, specie per quanto riguarda il volume del traffico servito, esso non è indispensabile per la sicurezza.
Il senatore Papa replica che è troppo facile, e sotto alcuni aspetti può rappresentare un alibi, dire che la responsabilità è del personale viaggiante sia nell'ultimo episodio sia negli episodi precedenti. Si tratta invece di verificare se a tali eventuali errori non abbiano concorso proprio lo stato della ferrovia, la mancata sua ristrutturazione e il divario sempre crescente tra volume del traffico e livello e qualità dei servizi offerti. E’ troppo comodo dire, sia nell'uno che negli altri casi, che la responsabilità è sempre del personale viaggiante. Sono stati spesi diversi miliardi, ma il problema del secondo binario non è stato affrontato.  Aggiunge che da qualche parte è stato detto che ci sarebbero delle difficoltà tecniche, ma crede che ben altre difficoltà siano state affrontate e superate per altre ferrovie, per non parlare poi della costruzione delle autostrade.
Pertanto, conclude, lo stato della ferrovia cumana conferma ancora una volta l'urgenza di una riforma delle strutture e l'urgenza di una democratizzazione con la partecipazione delle organizzazioni dei lavoratori il cui organico di 538 unità è considerato insufficiente dallo stesso ministro. Tanto più vero per il personale viaggiante che è chiamato a prestare ore di lavoro straordinario, principalmente nel periodo estivo con una serie di turni di lavoro estenuanti, senza peraltro che ne possa derivare negativa incidenza sull'esercizio.
Certamente, allora come oggi, il principale problema della “Ferrovia Cumana” che è una delle più frequentate in Italia, è il raddoppio del binario; ed in particolare il tratto tra le stazioni Gerolomini e Pozzuoli dove la ferrovia attraversa il cuore di quartieri popolari con gravissimi rischi per tutti.
Questa difficoltà ancora oggi resta irrisolta e si ripropone in tutta la sua drammaticità come dimostrato dai recenti deragliamenti o investimenti sempre in zona Cappuccini.
E’ quindi evidente che qualche cosa non funziona ed è troppo facile scaricarne le responsabilità sui dipendenti, soprattutto sul personale morto nel compimento del proprio lavoro.


Giuseppe Peluso



REFERENZE

AA.VV – L’Unità – 23/24/25/26 luglio 1972
AA.VV – Forum Mondo Tram – Rete SEPSA
Loreto Fortuna – Archivio Fotografico
Camera dei Deputati - Resoconto della seduta del 24 ottobre 1972
Senato della Repubblica – Resoconto della seduta del 20 novembre 1972