lunedì 10 febbraio 2020

La Spada nella... Paranza

LA SPADA NELLA “PARANZA”
Lotta furibonda tra pescatori e pescespada
Antiche leggende britanniche narrano di una spada chiamata Excalibur; parola molto controversa che si può far risalire a due ceppi linguistici ben differenti, quello latino e quello sassone.
Oltre l’ablativo “ex” (da) c’è la parola Caliburn, arcaico nome della leggendaria spada che, riconducendoci allo stesso etimo latino, significava "acciaio lucente" o "acciaio indistruttibile", seppure storpiato da una cadenza sassone.

Più recenti leggende puteolane ci narrano di una spada chiamata Exheloppa; parola meno controversa che si può far risalire a due ceppi linguistici tra loro non tanto differenti, quello latino e quello puteolano.
Oltre il solito ablativo “ex” (da) c’è la parola Helops, che nella vecchia lingua di Puteoli significava pescespada.

Ma cosa accomuna le due parole? Presto lo rileggeremo dal “La Domenica del Corriere” del 27 ottobre del 1957 la quale riporta notizia, in prima pagina e illustrata con un bellissimo disegno del famoso Walter Molino, di un incidente avvenuto qualche giorno prima nel Golfo di Napoli.
C’è stata una lotta furibonda tra i pescatori, costituenti l’equipaggio di un peschereccio, e un inferocito pesce spada.
Un enorme pescespada, di oltre tre quintali, si è scagliato violentemente contro la paranza “Santissima Vergine” iscritta al Circondariale Marittimo di Pozzuoli.
Il grosso Perciforme ha eseguito vari “assalti” durante i quali ha rovesciato il battello su di un fianco.
I nove marinai puteolani, ovvero l’intero equipaggio, hanno ingaggiato una accanita lotta a colpi di remi ma il pescespada, incurante e non spaventato dai colpi, ha infilzato la sua lunga arma nel bordo della paranza; solo per poco non ha colpito un pescatore, presente in coperta oltre la murata.
Il grosso pesce ha poi tentato, con colpi furibondi, di disarcionare ciò che aveva speronato ma, per i continui colpi di remi che i coraggiosi marinai continuavano ad infliggergli, non è riuscito nell’intento.
Pertanto ha finito per perdere il rostro che è rimasto infisso nel fianco della paranza e, così disarmato, si è inabissato.


L’equipaggio, rimesso in sesto il natante, abbandona la campagna di pesca e fa rapido ritorno al porto di Pozzuoli, per eseguire gli addobbi necessari.
Giunti in rada l’equipaggio scende presso la banchina della Malva e racconta ad amici e conoscenti la capitata avventura che, solo per la benevolenza accordata dalla Santissima Vergine cui la paranza è dedicata, non si è tramutata in tragedia.
La spada lasciata nella murata va tolta e l’equipaggio desidera recuperarla integra per poterla offrire, come ex voto, alla Madonna.
Uno alla volta ci provano tutti, i nove dell’equipaggio, compreso l’ancor giovane comandante, però non è cosa facile; sarà la stanchezza, l’adrenalina, l’agitazione per il pericolo corso, ma la spada non esce dalla murata in cui è conficcata.
Dal folto gruppo di curiosi, accorsi sulla banchina appena venuti a conoscenza dell’insolito episodio, qualcuno consiglia si segare la spada in più parti per facilitarne l’estrazione. Ma i pescatori non sono d’’accordo, vogliono estrarla intatta per ricordo e per devozione.
Si prova ancora con l’aiuto di volontari, ma niente da fare; la spada resiste nella murata e proprio non vuol saperne di lasciare questo insolito fodero.

Dalla folla, sempre più rumorosa, echeggiano ora proposte impossibili; si consiglia di far ricorso alla energumena amazzone Maria Puteolana, che con la spada sapeva farci; oppure portare la paranza in Inghilterra per avvalersi dell’opera di un loro Re che già seppe estrarre una spada da rocce altrettanto tenaci.
Si ride, si scherza, e nel mentre dall’adiacente Borgo del Rosso s’avvicina un giovinetto, non più ragazzo ma non ancora uomo.
Nel momentaneo silenzio chiede al comandante di provare ad estrarre la spada; la folla schiamazza nuovamente e, sghignata, indica l’esile corporatura del nuovo venuto.
Questo avuto l’assenso del capitano, che lo concede con semplice movimento del capo, afferra l’estremità della spada e, dopo un attimo di suspense, la tira verso di se facendola fuoriuscire da quel legno in cui si ritrovava conficcata.

Svaniscono gli stramazzi, le risate, le battute, e parte un lungo applauso che accompagna il breve tragitto che il giovanetto subitaneamente intraprende per fa ritorno verso il suo borgo.
Non si volta indietro nel mentre il comandante della paranza vorrebbe chiedergli il nome; nessuno è certo di conoscerlo, una voce accenna che il suo nome è Arturo.

GIUSEPPE PELUSO - FEBBRAIO 2020

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