sabato 25 maggio 2013

Le due ville "Maria"









Le due ville “Maria”
dalla signorina de Sanna a Lady Craven

Negli ultimi tre secoli sono state diverse le famiglie proprietarie di Villa Maria alla Starza; tra esse una donna, che oggi potremmo definire “single”, vanta il più breve periodo di possesso.
Parliamo della signorina Maria de Sanna figlia di Roberto, cavaliere e poi commendatore del Regno d’Italia per meriti di lavoro; un industriale del carbone che importa, in grandissima quantità specialmente dall’Inghilterra, facendolo giungere nel porto partenopeo a mezzo di navi carboniere.
Il commendatore Roberto è titolare della “holding” finanziaria “Roberto de Sanna fu Federico” con sede in Napoli alla via Medina 24; questa è la principale azionista della “Società Romana Carboni” di Roma, della “Anglo Italian Coal Company” di Genova, e di tante altre aziende. Roberto è figlio di Maria e di Federico de Sanna, abita al numero 7 di Piazza Vittoria e frequenta nomi illustri del mondo artistico e letterario della Napoli inizi novecento. Per un certo tempo è anche impresario del teatro San Carlo, tra le sue amicizie annovera Salvatore di Giacomo ed Eduardo Scarfoglio, di cui è anche ispiratore.
Le sue frequentazioni di salotti e circoli culturali di Napoli lo portano a conoscere, nel 1910, l’ancor giovane pittore puteolano Ezechiele Guardascione di cui diventa mecenate. Quest’ultimo racconta che quando Roberto de Sanna vede alcune sue macchie gli domanda se per caso conosce il lato del porto dove attraccano i grandi vapori del carbone. “Andate mi disse, telefonerò al capo guardiano che si mette a vostra disposizione. Così ebbi una vecchia zattera sulla quale era stata costruita una specie di baracca che venne imbiancata al mio arrivo”.
Roberto de Sanna termina la sua esistenza nel 1913 lasciando l’immensa fortuna all’unica figlia la signorina Maria de Sanna.
Intanto inizia la Grande Guerra e nell’anno 1917 l’offensiva degli imperi centrali porta l’esercito austriaco ad occupare gran parte del Friuli e del Veneto provocando l’esodo delle locali popolazioni che cercano rifugio al di qua del Piave.
Tutta Italia si attiva per alleviare le loro sofferenze ed anche nella Napoli “bene” il commendatore Augusto Laganà, altro fervido e fattivo impresario del San Carlo, ha l’idea di un grande concerto “Pro Fratelli Veneti e Friulani”, da organizzare al celebre teatro.
Dirama quindi un largo invito ai rappresentanti dell’alto commercio e dell’alta finanza e nel primo convegno, dovendosi provvedere alla presidenza del Comitato, per acclamazione viene scelta la signorina Maria de Sanna, la degna figliuola del Commendatore Roberto, la cui figura e la cui opera non può essere dimenticata dai napoletani.
La giovanissima presidente, figura muliebre di gentilezza squisita, di larga cultura e di moderni intendimenti, si occupa con fervore della compilazione del programma, desiderosa che questo sia degno del grande pubblico napoletano. Il concerto si tiene il giorno 9 dicembre 1917 e vede la partecipazione di famosi artisti come Roberto Bracco, Carlo Alberto Salustri (Trilussa), Ernesto Murolo (padre di Roberto), Arrigo Serato (famoso violinista), Graziella Pareto (famosa soprano) e tanti, tanti altri. Al termine della serata speciali congratulazioni vanno agli artisti ed alla organizzatrice Maria de Sanna che con il grande avvenimento ha permesso di raccogliere la considerevole cifra di Lire trentamila.
Il seguente 17 agosto 1918 Maria de Sanna acquista, per la somma di lire novantamila, dalle sorelle Ferraro Maria e Immacolata (l’indimenticabile zia Babà), il villino Ferraro (o casino di delizie come allora è definito) che queste possiedono in località Starza a Pozzuoli. La de Sanna affida immediatamente, ad un giovane architetto, il progetto che ne prevede l’ampliamento della base, l’elevazione di un piano (il primo a Pozzuoli in cemento armato) e la metamorfosi nel dominante stile Liberty.
Nel contempo provvede anche ad apporre, al cancello d’ingresso, due marmi che riportano la nuova denominazione della struttura: Villa Maria.
Su questa iniziativa riceve benevoli appunti dai conoscenti che le fanno osservare come lo stesso nome sia stato assegnato dal defunto Padre all’altra villa appena ereditata, quella a Posillipo. Maria è ferma, il nome non è un atto di ossequio a se stessa ma un rinnovato pensiero alla memoria della nonna cui il commendatore era tanto legato. Pertanto restano identici i nomi con i quali, ancora oggi dopo un secolo, sono riconosciute le due ville.
Sarà ora la bella Lady Craven ad introdurci in questa seconda villa.
Elizabeth Craven, nata “Lady Elizabeth Berkeley”, principessa di Berkeley, poi Margravina di Brandeburgo-Ansbach e precedentemente "Lady Craven of Hamstead Marshall”, nasce a Londra il 17 dicembre 1750.
Figlia del “IV conte di Berkley” e di Elizabeth Drax a sedici anni è data in sposa a William Craven, “VI barone Craven”, da cui in quattordici anni ha ben sette figli (qualche maligno afferma che non tutti sono del barone).
In seguito, nel 1780, il barone chiede il divorzio e l’allontana dal paese per via di un ennesimo scandalo rosa che coinvolge l'ambasciatore di Francia.
Portando con sé il suo ultimo figlio, vaga per parecchio tempo in tutta Europa. In un suo viaggio conosce Cristiano Federico Carlo Alessandro, ricchissimo Margravio di Brandeburgo, di Ansbach e di Bayreuth, Duca di Prussia e Conte di Sayn; nipote di Federico II di Prussia.
Elizabeth Craven ne diventa l’amante e nel contempo inizia la sua attività letteraria come scrittrice e commediografa di innumerevoli farse e favole, molte delle quali sono rappresentate con scarso successo di pubblico.
L’opera più interessante resta il racconto dei suoi viaggi  “Letters from the Right Honorable Lady Craven during her travels through France, Germany, and Russia in 1785 and 1786”.
Nel 1789, insieme al Margravio di Brandeburgo, si trova a Napoli, capitale del regno borbonico, in occasione di una festa di corte organizzata dal re Ferdinando IV e dalla regina Maria Carolina. Qui entra a far parte della cerchia di aristocratici inglesi, tra cui gli Hamilton, che risiedono nella capitale. Non perde tempo a farsi “apprezzare” da Ferdinando che ella, da perfetta amazzone, accompagna nelle cacce di Licola e degli Astroni.
Nel 1791 il Margravio resta vedovo e può così sposare Elizabeth con la quale nel 1792, venduto proprietà e titolo al re di Prussia, si trasferisce a Londra dove acquista sia una casa nel quartiere di Hammersmith, chiamata “Brandenburg House”, sia la tenuta “Benham Park” nel Berkshire.
Alla morte del Margravio (di polmonite nel 1806), e per il diffondersi di nuove ciarle, Lady Craven decide di trasferirsi a Napoli. Qui regna Gioacchino Murat e la Lady acquista un palazzo al numero 6 di via Chiatamone. Con la caduta del regime napoleonico Ferdinando ritorna nella capitale come “Re delle Due Sicilie”, e vi ritorna da vedovo in quanto nel 1814 è morta la moglie Maria Carolina. Questo fa nascere ferventi ambizioni nella nostra Elizabeth che inizia a covare il desiderio di diventare regina di Napoli, confidando in un suo ritorno sulla scena come ai tempi dei suoi trionfi sociali del 1789. Nelle sue memorie racconta che il re non è immemore della sua antica amicizia; gli accorda un caloroso benvenuto ed a tutti tesse le doti di questa vedova che ha deciso di voltare le spalle a un paese ingrato e fare di Napoli la sua casa. Lady Craven non riesce a coronare le sue speranze ma, nel 1819, il re la mette in condizioni di acquistare un vasto territorio sulla collina di Posillipo (terreno che sarebbe divenuto bene demaniale per la costruzione della nuova strada di Posillipo) ove può erigere una villa. Tuttavia nelle sue memorie Elizabeth racconta:
“Il re di Napoli, mi ha fatto un regalo di due ettari di terreno, nel punto più bello della terra, dove è possibile ammirare il golfo al completo. Qui ho costruito una casa, in forma simile al mio padiglione nella casa di Brandenburgh, una grande stanza circolare al centro, con appartamenti più piccoli che lo circondano. La duchessa di Devonshire, e molti della nobiltà inglese che risiede a Napoli, mi tengono in grande considerazione ed il modo con cui sono trattata a corte rende la mia vita molto gradevole.”
In seguito Lady Craven acquista altro terreno a nome del figlio Richard Keppel Craven e così diventa proprietaria di tutto il suolo che oggi comprende sia Villa Craven che Villa Gallotti. Il fabbricato, la cui somiglianza con la Casa di Brandeburgo è evidente, è un ottimo esempio di architettura residenziale neoclassica. E’ completato solo nel 1823, poco prima della visita di Lady Blessington; altra scrittrice ed avventuriera irlandese.
Diventa un simbolo dei fasti mondani della Napoli degli anni successivi alla restaurazione e la villa, con le sue colonne doriche modellate su quelle dei templi di Paestum, è molto frequentata dall'aristocrazia dell'epoca, soprattutto grazie alle sue terrazze che mostrano pregevoli vedute del golfo e i suoi giardini, dolcemente declinanti verso le spiagge del litorale di Posillipo. E’ presente anche una grotta, utilizzata come stabilimento balneare. Un sentiero che si insinua fra gli alberi porta alla tomba del cane preferito della Margravina; sulla lapide sono inscritti alcuni versi della padrona in memoria della sua fedeltà. L'alloggio del portiere ha le sembianze di un piccolo tempio. Il biografo di Lady Blessington, Richard Robert Madden, nel 1855 la descrive con entusiasmo: "Villa splendidamente situata, che regala incantevoli vedute della baia e di Nisida". Scrive inoltre: “I terreni sono mantenuti con grande cura, sotto la direzione diretta della Margravina. L'ho vista io in persona, solo pochi anni prima della sua morte, lavorare nel suo giardino".
Elizabeth nel 1826 stende le sue memorie, intitolate “The Beautiful Lady Craven”, ma non riesce a godere a lungo della sua abitazione perché muore il 13 gennaio 1828. E’ sepolta nel cimitero degli inglesi della capitale borbonica. La sua villa, ereditata dal figlio, cambia varie volte denominazione, seguendo i passaggi di proprietà. Richard Keppel Craven  inizia a vendere porzioni di suolo a Domenico Gallotti tra il 1832 ed il 1834 poi alla sua morte, nel 1855, la villa, per volontà testamentaria, passa ad Adelaide e Clotilde Capece Minutolo, dell'antichissima famiglia aristocratica napoletana.
Nel 1876 è venduta all'avvocato Traversi, ed è conosciuta come “Villa Traversi” nel periodo in cui egli vi abita. Il successivo proprietario è il diplomatico Antonio Tittoni. Nel 1907 la villa è acquistata dal Commendatore Roberto de Sanna, che la chiama “Villa Maria”; nome, come accennato, ancora presente all'ingresso di via Posillipo 52.
Sia Roberto de Sanna, quale proprietario di “Villa Maria”, che Salvatore di Giacomo sono espressamente segnalati e ringraziati nelle note iniziali scritte dall’editore in occasione della nuova edizione del libro “Beautiful Lady Craven - The Original Memoirs of Elizabeth Baroness Craven afterwards Margravine of Anspach and Bayreuth and Princess Berkeley of the Holy Roman Empire (1750-1828)”, ristampata nell’anno 1913.
Nel 1916 questa signorile abitazione cade in eredità della figlia Maria de Sanna che così trovasi a possedere due ville con lo stesso nome.
Quella alla Starza il 10 agosto 1922, dopo solo quattro anni intensamente innovativi per la struttura puteolana, è rivenduta al signor Raffaele Mautone, noto commerciante napoletano, che in seguito la vende alla Famiglia Peluso. Due anni dopo, nel 1924, Maria de Sanna vende anche la villa di Posillipo; questa al signor Charles James Rae, noto proprietario dei negozi Gutteridge, la cui Famiglia è tutt'ora proprietaria della struttura.
E’ questo l’ultimo conosciuto atto della signorina Maria de Sanna; altro non si conosce. Raffaele Mautone raccontava di un convento…



BIBLIOGRAFIA
Elizabeth Craven – Beautiful Lady Craven - 1913
Alessandro Longo – L’arte pianistica – Dicembre 1915
AA.VV – Villa Craven e Lady Craven - Wikipedia



Peluso Giuseppe - Pozzuoli Magazine del 23 febbraio 2013

lunedì 6 maggio 2013

Le “Corbellini” puteolane







Le “Corbellini” puteolane
Carrozze per la ricostruzione

Dall’archivio fotografico dell’amico Gennaro Chiocca, relativo agli “Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli” (S.M.P.), notiamo alcune istantanee del 1949 relative all’inaugurazione dell’Ufficio Ferrovie dello Stato distaccato presso il complesso industriale puteolano.
La creazione di detto ufficio è indice dell’importanza assunta da questo stabilimento agli occhi delle ferrovie e della classe dirigenziale italiana. Notiamo un foltissimo gruppo di burocrati del Ministero dei Trasporti, dirigenti delle ferrovie, manager dell’IRI che, tramite l’appena costituita finanziaria di settore “Finmeccanica”, controlla la fabbrica, oltre ovviamente a personale degli stessi S.M.P. La maggior parte di questi funzionari, proveniente da Roma, è giunta alla Stazione Centrale di Napoli dove ad attenderli ha trovato due pullman, con la classica scritta “RISERVATA”, che hanno provveduto a condurli direttamente a Pozzuoli. Tra di loro notiamo il Direttore Generale delle Ferrovie, il direttore dello stabilimento ingegnere Boggio, ed il ministro dei trasporti Corbellini.
Guido Corbellini, nato ad Ancona il giorno 28 giugno 1890 e deceduto il 16 marzo 1976, è  stato un grande ingegnere, un docente ed un grande politico che ha portato importanti novità nel settore della rete di trasporti Italiana.
Dopo essersi laureato in Ingegneria Civile a Roma nel 1913, diventa assistente di geodesia teoretica e topografica presso la Facoltà di Ingegneria. Nel 1917 entra col ruolo di allievo ingegnere ispettore presso il “Servizio Materiale e Trazione” delle “Ferrovie dello Stato” dove compie un significativo percorso di carriera, diventando Ispettore principale nel 1921, anno in cui comincia a dirigere l’ufficio studi ed esperimenti per le locomotive. Questo passaggio che occuperà la fase centrale della sua carriera dal 1921 al 1938 segna un’ apporto decisivo nella formazione di Corbellini, il quale comincia a tradurne le acquisizioni nel settore dell’insegnamento universitario. Infatti, nel 1936 ottiene la libera docenza in “Costruzioni stradali e ferrovie” e l’incarico all’insegnamento di “Tecnica ed economia dei trasporti” presso la facoltà di ingegneria dell’università di Bologna.
Dal 1938, quale direttore dell'ufficio studi locomotive, dirige le prove nella galleria del vento e nella vasca idrodinamica di Guidonia tese alla determinazione delle forme ottimali per la penetrazione aerodinamica delle locomotive e dei veicoli.
Nel 1941 è nominato dirigente dell'ufficio di coordinamento delle comunicazioni dell'ambasciata italiana di Atene e in tal veste è incaricato della ricostruzione delle ferrovie greche (notevole la ricostruzione del viadotto del Bralos, del ripristino del canale di Corinto e del ponte sullo stesso canale e di altre opere idrauliche e impianti industriali). Nel 1943 è scelto dal Governo Badoglio quale direttore del Compartimento di Napoli delle Ferrovie dello Stato, con l'incarico di coordinare il ripristino dei trasporti ferroviari in tutta l'Italia meridionale e, dal 1944 al 1947, è componente del “Military Railway Board of Italy”, inquadrato nell’esercito alleato.
Proprio in questo periodo, per circostanze fortuite, Corbellini viene attratto dal mondo della politica ed essendo, in tema di trasporti soprattutto ferroviari, una autorità indiscussa a livello internazionale, è chiamato da Alcide De Gasperi ad occuparsi del riassetto della rete ferroviaria e dei rotabili dopo i disastri della guerra. Dal primo giugno 1947 al 31 gennaio 1950, copre il ruolo di Ministro Segretario di Stato per i Trasporti, del quarto e quinto Gabinetto De Gasperi.
Ma, ritornando alla foto iniziale, perché è qui a Pozzuoli e con tanti alti funzionari?
Alla fine del conflitto risulta distrutto o danneggiato il 60% delle infrastrutture ferroviarie e circa l’80% del materiale rotabile; pertanto si provvede in primis a ripristinare la rete ed a riparare locomotive e vagoni che si trovano nelle condizioni di essere recuperati. A tale scopo gli S.M.P. già dal 1947 partecipano alla ricostruzione di materiale rotabile come locomotive a vapore e carri ferroviari. Ora, nel 1949, si rende necessario dotare le Ferrovie dello Stato di nuove motrici e di nuove carrozze in parte per rimpiazzare quelle andate completamente distrutte ed in parte per rispondere alla crescente domanda di mobilità collettiva. I mezzi di trasporto privati sono una rarità e l’auto per tutti verrà solo con il boom degli anni ’60.
Il ministro Corbellini ed i dirigenti delle ferrovie sono presso gli Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli e si accingono a conferire commesse per la costruzione di un nuovo modello di automotrice elettrica e di un nuovo tipo di carrozza. Le “Automotrici Leggere Elettriche” (ALe.840) saranno oggetto di altra discussione, ora accenneremo alle nuove carrozze che il ministro ha progettato appositamente quando era capo del capo del “Servizio Materiale e Trazione”. Probabilmente il ministro non immagina che il suo nome sarà ricordato negli anni a venire proprio per questa realizzazione.
Di fatto queste carrozze prendono il suo nome e sono tuttora conosciute, tra i cosmopoliti appassionati di ferrovie, come le “Corbellini”. Una carrozza esclusivamente di terza classe (la più utilizzata a causa della diffusa povertà, soprattutto in meridione) che tuttavia garantisce un minimo di conforto sulle medie distanze cui è destinata.
Ai treni a lunga percorrenza vengono infatti riservate le ancor numerose carrozze “Tipo 1921”, mentre per quelli a breve percorrenza le “Centoporte” servono al momento egregiamente.
In ambito ferroviario sono carrozze innovative perché le prime appositamente progettate per le tratte interregionali ad alta affluenza di pendolari. Esse introducono il modulo a vestibolo centrale, presente anche nelle ferrovie francesi e tedesche, e solo successivamente ripreso in altre costruzioni italiane. Dalla piattaforma del vestibolo centrale, caratterizzato da una doppia porta d’accesso atta a velocizzare la salita o la discesa dei viaggiatori nelle frequenti fermate, si accede sia alla ritirata che ai due scompartimenti contrapposti.
Ogni scompartimento è costituito da un ampio locale con 34 posti a sedere, in totale quindi 68, suddivisi in 17 panche di legno contrapposte; sul lato sinistro ve ne è una in più al posto della rientranza della ritirata che si trova sul lato destro. I sedili sono in legno come sulle "centoporte"; solo successivamente, per migliorare il livello di comfort, sono ricoperti da una imbottitura in finta pelle sia sul poggiatesta che sul piano di seduta. Il riscaldamento è a vapore nelle prime serie; elettrico, con la scaldiglia posta sotto i sedili, nelle ultime costruzioni. L’illuminazione è fornita da una coppia di lampade a incandescenza poste lungo il corridoio con interruttori autonomi.
Inizialmente concepite come vetture di terza classe le “Corbellini” sono riclassificate come vetture di seconda, o miste prima/seconda, a seguito dell'abolizione della terza classe in tutta Europa avvenuta nel 1956. Le vetture ricevono, in epoche diverse, le tre classiche colorazioni; inizialmente sono castano – isabella, successivamente dal 1961 si passa al solo castano e infine dal 1964 al definitivo grigio ardesia.
Le carrozze sono costruite tra il 1948 e il 1963, naturalmente non solo dagli S.M.P. ma da tutte le principali industrie ferroviarie italiane, e possono essere suddivise in tre serie principali (Tipo 1947, Tipo 1951R e Tipo 1957R).
Gli esemplari della prima serie, costruite in  497 esemplari e marcate a partire da “Ci.35300”, sono a due assi con sedili di legno e nella livrea castano isabella in vigore fin dagli anni ’30.
Ben presto queste carrozze vengono sostituite, nella produzione, da quelle della configurazione definitiva a carrelli e di cui, tra il 1951 e il 1954, ne vengono realizzati altri 516 esemplari, tutte riconvertite in seconda classe dopo l’abolizione della terza. Sono vetture lunghe m. 17,234, del peso di 35/36 tonnellate e abilitate alla velocità massima di 100 km/ora.
Queste carrozze danno prova di notevole versatilità, infatti tra il 1953 e il 1955 alcune vengono convertite in carrozze “semipilota”  e con l’utilizzo di tali carrozze speciali si aumenta il numero di posti a sedere offerti dalle automotrici E623 e E624 in servizio sulle linee varesine e sulla metropolitana di Napoli. Uno degli scompartimenti viene abolito e trasformato in cabina di guida con apparati per teleguidare l'automotrice posta sul lato opposto del convoglio; in questo modo si riducono le manovre necessarie nelle stazioni di fine corsa come quelle di Napoli Gianturco e di Pozzuoli.
Nel 1954 un treno composto di 6 carrozze Corbellini, riverniciate con il tricolore e con i finestrini oscurati, corre in lungo e in largo per il paese trasportando una mostra che celebra la ripresa postbellica. E’ il “treno della rinascita”, trainato da un E.626 con il cassone anteriore tutto imbandierato.
A partire dagli anni ’80 l’impiego di queste carrozze va via riducendosi per terminare nei primi anni ’90, quando ormai vengono utilizzate solo per i treni speciali per le trasferte dei tifosi di calcio. Attualmente sopravvivono pochi esemplari che perfettamente restaurati sono a disposizione di festosi convogli storici.
L’apertura, presso gli Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli, degli uffici delle ferrovie è premonitrice di innumerevoli altre commesse che pian piano portano questo complesso ad abbandonare la produzione bellica per dedicarsi completamente alla fabbricazione di materiale ferroviario. Dal 1948 al 2003, nel corso do 55 anni, l’industria puteolana prima come S.M.P poi come AERFER ed infine come SOFER costruisce, per la rete statale, per le amministrazioni estere e per le ferrovie concesse, circa 1.000 locomotive elettriche, diesel e da manovra; centinaia di automotrici elettriche, diesel e loro rimorchiate; circa 2.000 carrozze passeggeri; oltre 6.000 carri merci, carri serbatoio, carri speciali; circa 5.000 carrelli motori e portanti; circa 3.000 vetture tranviarie, autobus e filobus.
Una grande industria scomparsa per sempre dalla nostra realtà; recuperiamone la storia per custodirla nella nostra memoria.

Bibliografia
Gabriele Montella - Le Corbellini – Edizioni Rivarossi
G. Sircana & E. Stagni  – Guido Corbellini – Dizionario Biografico Treccani
Gennaro Chiocca – Sezione S.M.P. – Collezione personale

Pozzuoli Magazine del 9 febbraio 2013