venerdì 25 maggio 2018

Bombardamenti di Pozzuoli e dei Campi Flegrei


Claudio Mischi – Giuseppe Peluso

“L'APPARECCHIO AMERICANO VOTT’ I BOMBE E SE NE VA’, …”

Recitando questa filastrocca, e guardando il cielo con il naso all’insù, nei primi giorni del luglio 1943 una banda di scugnizzi s’avventura sul Molo Caligoliano di Pozzuoli [1].

All’estremità del lungo pontile è schierata una Batteria Anti Aerea della Milizia e il colorato gruppo di ragazzi, tra cui la giovanissima mia futura suocera, intende assistere ai tiri dell’artiglieria contro uno squadrone di bombardieri americani, diretti verso Napoli e visibili all’orizzonte.
Il Capo Batteria grida gli ordini:
Pezzoo 1, Fuocoo;
Pezzoo 2, Fuocoo;
Pezzoo 3, Fuocoo; etc.
Tutti guardano in alto ma i colpi non inquadrano nessuno dei numerosi velivoli che sorvolano il cielo del golfo puteolano.
I bimbi sono in ansia ma, per l’abitudine al pericolo, iniziano a ridere e, facendo il verso al Centurione (Capitano delle Camicie Nere), ripetono:
Pezzoo 1, Fuocoo, BOOM, BOOM;
Pezzoo 2, Fuocoo, BOOM, BOOM;
Pezzoo 3, Fuocoo, BOOM, BOOM; e giù a ridere.
Grida e risate si mescolano quasi a voler esorcizzare il tragico momento e quel doppio “BOOM”, ripetuto di continuo, intende imitare sia il rumore dello sparo che l’abbattimento di un aereo; obbiettivo questo raggiunto solo nella fantasia dei piccoli puteolani.
I militi di servizio ai pezzi li ammoniscono, ma è peggio; gli scugnizzi ancora sono lì a prenderli in giro. Gli artiglieri rinunciano ai rimbotti sia per i palesi scarsi risultati sia perché ormai quelli della Milizia non sono ben visti.
Dopo tre anni di rovinoso conflitto la popolazione li identifica con il regime, con la guerra, con la fame.

Ma chi sono questi difensori dei nostri cieli, e vero è che non abbiano mai ottenuto successi?
Chi sono gli aviatori alleati e che tipo di aerei utilizzano per violare la nostra città?
A tutto questo cercheranno di dare una risposta il ricercatore storico aeronautico mantovano Claudio Mischi e il ricercatore storico puteolano Giuseppe Peluso che, a quattro mani, hanno scritto questo saggio con il quale aggiungono cose nuove e inedite, che poco o nulla sono state trattate in precedenza, sui bombardamenti dei Campi Flegrei [2].



La Difesa Anti Aerea nei Campi Flegrei
Allo scoppio della guerra nel 1940, ed almeno fino all’estate del 1942, scarse sono le unità e le armi destinate alla difesa antiaerea dei Campi Flegrei, così come in generale per l’Italia intera.
Interessante diventa la situazione dalla fine dell’anno 1942, dopo i rovesci subiti in Africa e la minaccia di sbarchi alleati sulle nostre spiagge; da questa data agli iniziali e pochi bombardieri inglesi si sono aggiunti numerosi gruppi di bombardieri americani.
Nel 1943, nel corso dei micidiali raid, il grosso della DICAT (DIfesa Contro Aerea Territoriale) della provincia di Napoli è inquadrata nella 19° Legione della MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) da cui dipendono ben 5 Gruppi di Artiglieria ognuno dei quali composto da numerose Batterie [3].

L'arruolamento nella Milizia è effettuato tra gli ufficiali di artiglieria dell’esercito, non soggetti alla mobilitazione in caso di guerra, e la truppa è costituita da volontari esenti da obblighi militari; ovvero giovani non ancora chiamati alla leva, personale delle classi anziane, mutilati e ciechi impiegati, per il loro udito affinato, all'ascolto agli aerofoni. 
Gran parte dei Campi Flegrei è presidiata dal 74° Gruppo di Artiglieria Pesante Contro Aerea che ha il Comando a Pozzuoli nei pressi del vecchio Castello al Rione Terra.
A questo Gruppo appartengono molte batterie, ognuna formata da 4 a 6 cannoni:

-      la 263° schierata a Ischia località La Guardiola;
-      la 264° schierata a Casamiccola località Punta Scrofa;
-      la 265° schierata a Capri località Palazzo a Mare;
tutte dotate di cannoni da 90/53 mod. 39 (i famosi pezzi da 90); il miglior pezzo contraerei pesante italiano, affidabile e potente, costruito anche nello stabilimento Ansaldo di Pozzuoli [4].

-         la 184° schierata a Capo Miseno;
-         la 185° schierata sul Molo Caligoliano di Pozzuoli;
-         la 186° schierata a Villa Cariati (attuale Accademia Aeronautica);
-         la 187° schierata a Nisida;
tutte dotate di cannoni da 76/40, mod. 1916 e 1917 Armstrong [5]. 

Nel complesso si tratta di armi semplici e di sicuro affidamento anche se di prestazioni non più adeguate ai tempi soprattutto nell'impiego antiaereo dove risultano di poca utilità per la scarsa gittata, per l'insufficiente potenza dei proiettili e per le limitate possibilità di impiego nel tiro puntato.

-          la 521° schierata a Monte di Procida località Monte Grillo;
-      l  la 526° schierata a Monte di Procida località Casa Lubrano;
-         la 527° schierata ad Arco Felice località Montenuovo;
tutte dotate di cannoni da 75/46 mod. 34 Ansaldo, primo pezzo contro aereo completamente italiano, costruito anche a Pozzuoli [6].

C’è poi il 160° Gruppo Artiglieria Leggera Contro Aerei, sempre appartenente alla 19° Legione della MVSN, da cui dipendono:
-      la 275° schierata a Villa Walter a Capri;
-      la 705° schierata a Ischia Porto località San Pietro;
-      più un'altra batteria schierata a Forio d’Ischia;
tutte dotate di cannoncini Breda da 20/65 mod. 39 [7].

-      la 771° schierata Nisida;
-      la 772° schierata a Pozzuoli nella proprietà Manganella;
-      la 773° schierata a Pozzuoli località Villa De Angelis;
tutte dotate di cannoncini Breda da 20/65 mod. 39.

-      la 939° schierata nella Piana di Quarto;
-      la 940° schierata a Coroglio (NA);
tutte dotate di mitragliere pesanti Breda da 37/54 [8].

Ci sono poi tre Gruppi Anti Aerei del Regio Esercito, uno di Artiglieria Pesante e due di Artiglieria Leggera.
Dal Gruppo di Artiglieria Pesante Contro Aerea dipendono:
-      1° e 2° batteria schierate al Lido Raja di Arco Felice;
-      la 463° batteria schierata alla Sella di Baia (Mofete);
tutte dotate di cannoni da 90/53 
[nella foto n.9 Bossolo da 90 della 2° batteria].

-      la 215° batteria schierata a Pozzuoli presso la Villa De Angelis;
dotata di cannoni da 75/46.

Dal Gruppo di Artiglieria Leggera Contro Aerea, il 140° forse, dipendono:
-      la 1039° schierata all’interno dello Stabilimento Ansaldo di Pozzuoli;
-      la     72° schierata all’interno dello Stabilimento ILVA di Bagnoli;
-      la 1058° schierata a Baia in località Punta Epitaffio;
-      la 1059° schierata a Baia località Mofete (Castello Jannon);
tutte dotate di cannoncini da 20/65.

Dal Gruppo di Artiglieria Leggera Contro Aerea, il 136° forse, dipendono:
-      la 342° schierata alla Sella di Baia;
-      la 343° schierata a Bacoli in località Torre Cappella;
-      una batteria schierata sull’isolotto di San Martino;
tutte dotate di cannoni da 37/54.

Nei Campi Flegrei non può mancare la Regia Marina Italiana che è presente con proprie batterie antiaeree:
-      la 323° schierata al Castello di Baia, davanti alla chiesetta;
-      la 446° schierata ad Arco Felice;
entrambe dotate di cannoni da 76/40 (identici a quelli della Milizia).
-      la 2° schierata al Castello di Baia;
-      una similare schierata a Capo Miseno [10];

entrambe dotate di cannoni Vickers da 40/39.
-      la 180° batteria da 90/53 in procinto di schierarsi nei Campi Flegrei.

Oltre le batterie di cannoni nei Campi Flegrei sono installate varie batterie di Fotoelettriche, ovvero i potenti riflettori utili alla ricerca ed al puntamento degli aerei nel corso delle incursioni notturne.
Il Regio Esercito ha una batteria di fotoelettriche da 120mm con sezioni dislocate sul Monte Olibano, alla Casa di Costanzo tra Cigliano e gli Astroni, alla Masseria de Fraia (Rione Gavitello) zona Scalandrone-Lago d’Averno.
C’è poi una batteria di fotoelettriche da 150mm con sezioni dislocate, a Villa Russo (zona Solfatara) e a Casa Perrone (probabilmente nella zona di Capo Miseno).
Anche la Regia Marina ha una sua sezione di fotoelettriche da 150mm dislocata a Torre Caracciolo, tra Marano e Pianura.

Innumerevoli i posti di avvistamento dipendenti sia dal Comando Generale della DICAT, posto presso la Prefettura di Napoli, sia dalle varie batterie.
La 19° Legione ha un suo Posto di Avvistamento Lontano in prossimità del Lago Fusaro [11] 

ed il 74° Gruppo ha osservatori all’Acropoli di Cuma, a Pozzuoli San Gennaro, a Torre Patria, a Procida, a Marano, a Ischia e a Capo Miseno.
Altri posti secondari di avvistamento sono dislocati a Nisida, a Bacoli, e nel territorio di Giugliano come Contrada Palazzole, Terreno Micillo, Masseria Belvedere, Masseria Chianese nella zona S. Nullo, Masseria Vecchia nella zona del Magic World.
Ogni posto di Osservazione è munito di alti tralicci per le vedette, di aerofoni con operatori ciechi addetti all’ascolto, di strumenti metereologici e di centrali telefoniche per la rapida diffusione degli allarmi.
Un solo Posto di Rilevazione Radar, tra l’altro gestito dagli alleati tedeschi, sul Monte Epomeo ad Ischia collegato con le stazioni radar di Ventotene, Capri, Napoli e Massa Lubrense [12].

Sebbene le batterie siano numerose sono in parte antiquate ed in parte impossibilitate a colpire bersagli ad alta quota; dipendono da molti e diversi comandi che spesso danno ordini contrastanti. Siamo lontani dall’organizzazione che la Gran Bretagna ha messo in piedi nell’estate del 1940; comandi unificati di scoperta, anche radar, difesa antiaerea integrata e squadriglie di caccia sempre in allarme sulle probabili rotte degli incursori.


Bombardamenti, Ricognizioni e Sorvoli Alleati
“Noi dobbiamo sottoporre la Germania e l’Italia ad un incessante e sempre crescente bombardamento aereo. Queste misure possono da sole provocare un rivolgimento interno o un crollo”
Così scrive Roosevelt a Churchill e così sarà per gli italiani, per Napoli oggetto di cento e più bombardamenti e per i puteolani.
I Campi Flegrei rappresentano un importante obiettivo nella strategia aerea alleata; porti militari e mercantili (Miseno, Pozzuoli e Baia), stabilimenti di produzione bellica (Ansaldo e Silurificio), vie di comunicazione (la moderna Autostrada Domiziana), linee e scali ferroviari (Direttissima Roma-Napoli) e depositi combustibili (via Celle, via Campana, via Vigne) [13], 

depositi munizioni (Miseno, Miliscola, grotta di Cocceio, Montagna Spaccata).

Il 1° novembre del 1940, alle ore 4,20, Pozzuoli subisce il primo bombardamento ad opera dell’aviazione inglese; questo è quasi innocuo nonostante la completa impreparazione per mancanza di armi idonee, di apparati di scoperta e di appropriati ricoveri.
Per tutto l’anno 1941 si susseguono sporadici bombardamenti notturni e voli di ricognitori britannici che scherzosamente la popolazione chiama:
“u’ fotografe”, poi aggiunge:  “vene a ce fa u’ ritratt” [14].

La Royal Air Force ritorna a fare danni dopo quasi un anno, il 9 novembre 1941, e questa volta per errore sono colpiti anche obiettivi civili, Una bomba cade nell’attuale Piazza della Repubblica facendo crollare una palazzina alla destra della Farmacia Azan, dove tra l’altro ha sede la filiale del Banco di Napoli, provocando le prime tre vittime.
Un'altra bomba, che però non esplode, cade sullo scivolo della banchina di largo del Rosso e, per la prima volta, entrano in funzione in modo massiccio i pezzi antiaerei e i dispositivi fumogeni che oscurano la vista dall’alto.

Un unico bombardamento a Pozzuoli nel corso del 1942, in totale solo sei a Napoli, anno delle strepitose avanzate di Rommel; gli inglesi sono impegnati a difendere l’Egitto ed il Medio Oriente dalle mire dell’Asse.
Proprio in quest’anno è colpito e distrutto un serbatoio, fra gli otto esistenti nel complesso di via Celle. In verità non si hanno molte informazioni su quest’azione e il contenuto di questo serbatoio, se effettivamente bombardato, potrebbe essere stato salvato dal personale mediante rapidi travasi. Comunque questo serbatoio resta fuori uso, e non più riattivato neppure nel dopoguerra, e tutte le cisterne non saranno più colpite sebbene siano ben note alla ricognizione aerea alleata che ne evidenzia l’ubicazione (unitamente al Cantiere, al Porto ed alla Stazione Ferroviari) sulle foto scattate in volo.
Le poche incursioni del 1942 prepararono però quelle devastanti e numerosissime del 1943; d’ora in poi i bombardamenti più che quello di neutralizzare singoli obiettivi militari hanno lo scopo di terrorizzare
la popolazione per fiaccarne il morale, spingerla alla sollevazione e agevolare gli sbarchi in preparazione.

La prima incursione del 1943 è nella notte tra 24 e 25 febbraio quando sei quadrimotori B-24 Liberator [15], 

del 376° Bomber Group (BG) diretto quasi tutto su Napoli, sgancia una ventina di bombe sull’Ansaldo di Pozzuoli, sull’ILVA di Bagnoli e sul Silurificio di Baia.

Le batterie anti aeree della zona nel complesso sparano quasi 5.000 colpi e poi tornano in azione ancora il 1° marzo, unitamente a quelle di Baia e di Miseno, quando sono abbattuti due B-24 del 98° BG e del 376° BG, entrambi rivendicati anche dai caccia della Regia Aeronautica. Uno dei bombardieri cade al largo di Miseno.
Di nuovo battaglia a metà serata del 18 marzo quando un B-24 del 98° BG, al rientro da una missione su Napoli e colpito forse dalla batteria di Arco Felice, va a cadere in fiamme al largo di Capri.
Ancora bombardieri di questo Gruppo, all’una della notte tra il 20 e il 21 marzo, che prima sganciano una trentina di bombe su Pozzuoli, la cui difesa antiaerea spara inutilmente circa 2.500 colpi, e poi attaccano Napoli.
Nella notte tra il 24 e il 25 marzo le batterie di Baia sparano vari colpi verso tre aerei che, volando bassi sull’acqua (tra Miseno, Procida, Ischia e Capri) sono ritenuti aerosiluranti.

Ancora spari dalle postazioni del Territorio di Bacoli il giorno 4 aprile contro una formazione di 11 Liberator del 376° BG americani in arrivo dal mare per attaccare Napoli. Sembra che in questa occasione sia stato centrato, per errore, un caccia italiano che cade al largo di Miseno provocando la morte del pilota.
Ancora spari di tutte le postazioni flegree nei giorni 10 e 11 aprile; i bombardieri, sempre provenienti dal Nord Africa, utilizzano Ischia come punto di riferimento sia all’andata che nel ritorno alle loro basi. Giunti sull’isola ci girano intono coma ad una boa e si dirigono poi sui loro principali obiettivi che sono Napoli, Castellammare, Capua e Caserta.
Il Comando aereo alleato si è suddiviso i compiti, i britannici compiono attacchi di precisione diurni e gli americani attacchi di saturazione notturni; come quello diretto a Napoli nella notte tra il 15 e il 16 aprile, quando sganciano alcune bombe pure al largo di Pozzuoli, e quelli del 25 e del 28 aprile, condotti con le stesse modalità.

Il 30 maggio Napoli subisce un pesantissimo bombardamento portato questa volta dalle fortezze volanti B-17 Flying Fortress [16] 

del 97° BG e del 99° BG. In questo giorno anche a Pozzuoli cadono bombe in mare, sulla via Solfatara e nelle campagna portando danni alle colture ma non alle persone.
Il giorno dopo, 31 maggio, Pozzuoli è sorvolata da alcune formazioni che, provenienti da Ischia, sono dirette a bombardare Foggia, i suoi scali ferroviari e i suoi campi d’aviazione.

Le batterie di Miseno è Bacoli, sempre perché più vicine alla rotta dei bombardieri incursori, entrano in azione anche nelle notti tra il 1° ed il 2 giugno, insieme a quelle puteolane nella notte tra 17 e 18 e due volte il giorno 21 quando nelle vicinanze di Ischia cade un B-17 colpito dalla contraerea al ritorno di una azione sulla zona ferroviaria di Napoli.
Nelle prime ore del 27 a sparare sono solo le batterie puteolane e solo quelle di Bacoli il giorno 28 giugno.

Nella notte tra il 14 e il 15 luglio, appena dopo lo sbarco alleato in Sicilia, spezzoni incendiari cadono sul territorio di Bacoli ad opera di bombardieri Vickers Wellington del 331° Bomber Wing (Stormo) canadese e dei 231° e 236° Bomber Wing (BW) inglesi.
Sono colpite le zone delle Cento Camerelle, di via Selvatico, di via Ortenzio e di via Bellavista; pochi giorni dopo, il 17 luglio, un bombardiere B-26 Martin Marauder americano, del 17° BG, in volo verso Napoli, rivolge la sua attenzione verso le postazioni del caposaldo “Brindisi” a Baia.
Dal 26 luglio, in vista di uno sbarco nell’Italia continentale (che poi sarà effettuato a Salerno), tutta la costa è ripetutamente sottoposta a voli di ricognizione effettuati dagli Spitfire del 682° Squadron della R.A.F.

Ancora massiccio passaggio di bombardieri del 301° e del 2° BG, diretti verso Napoli, il 4 agosto. E’ questo il giorno in cui è bombardata a tappeto tutta Via Toledo, tutta l'area del Monte Echia e di Santa Lucia, rase al suolo il monastero delle Clarisse di Santa Chiara, parte delle strutture prospicienti la Via Benedetto Croce del Palazzo Filomarino della Rocca, il Palazzo Gaspare Capone, il palazzo Carafa della Spina, il palazzo Petrucci, ed infine i palazzi Sansevero e Corigliano a piazza San Domenico Maggiore. Ingenti i danni per i Palazzi Monteleone e Carafa di Maddaloni; spazzati via per sempre il cinema Corona a Via dei Mille e gravissimi danni strutturali all'Ospedale dei Pellegrini alla Pignasecca. Crollato nello stesso giorno l'edificio della Centrale dei Telefoni di Stato a via Depretis e parte del collegio dei Padri della Missione e della chiesa di Santa Maria al Borgo dei Vergini. Danneggiata oltremodo la navata destra della chiesa Basilica dei Cavalieri Spagnoli di palazzo San Giacomo a piazza Municipio e moltissime strutture di fondazione carolina all'interno del Parco della Reggia di Capodimonte. Tra le strutture quasi del tutto andate perdute, si ricorda il fabbricato della Fagianeria nell'area del Civo della Regina ed il fabbricato Palazziotti.
Altri passaggi il 6 agosto 1943 in occasione della incursione aerea più lunga di quel mese che anticipa di un sol giorno l'incursione del 7 agosto, la più breve, durata pochi minuti e che provoca un solo morto.
Altri passaggi il giorno 20 e il 21 agosto quando c’è una nuova massiccia incursione su Napoli; in questa occasione alcuni B-17 del 2° BG, che non sono riusciti a sganciare sul capoluogo causa l’attiva difesa della caccia italiana, come al solito lasciano cadere il loro carico su obiettivi casuali che in questa occasione sono rappresentati dal alcune località di Quarto, ai Stracciarelli, in via Lava e in via Crocillo.
Nelle prime ore del mattino del 24 agosto tutti i Campi Flegrei sono sottoposti a bombardamenti a tappeto; oltre Bagnoli [17] 

anche Pozzuoli, Bacoli e Monte di Procida sono duramente colpite dai bombardieri Wellington del 331° BW canadese e dai 231°, 236° e 330° BW britannici.
E’ questa la più pesante incursione subita da Pozzuoli che lamenta la perdita di 37 vite umane, oltre a 70 feriti e sette fabbricati distrutti.
Le vittime sono sparpagliate tra via Nicola Terracciano 2, Via Carlo Pisacane 8, Via Dante Alighieri 8, via Girone, via Luciano, via Campana 44 (Villa Iacuaniello) e nelle contrade San Vito e La Schiana.
Ai Gerolomini, in via Domenico Fatale, muore l’intera Famiglia Perillo e resta gravemente danneggiato lo stabilimento termale Subveni Homini dove muore il custode. Danni anche ai vicini edifici, tra cui il "secondo palazzo a mmare", per lo spostamento d'aria provocato dalle grosse bombe [18].

Cinque bombe cadono a Marina di Bacoli e Cento Camerelle; altre tre restano inesplose e di queste una cade presso il pontile della Marina.
Nel territorio montese, nella zona di Cappella, è colpita la principale conduttura dell’acqua.
Ancora una incursione nella notte tra il 26 e il 27 agosto ad opera di 52 Wellington sempre dei 231°, 236° e 330° BW britannici. Obiettivo principale lo scalo merci di Bagnoli mentre a Pozzuoli la maggior parte delle bombe cade in mare e nelle campagne; solo due cadono in via Solfatara 12-13.
Le incursioni aeree, al largo della costa flegrea, raggiungono il massimo proprio negli ultimi giorni di agosto e nei primi del settembre 1943. In questa zona gli americani perdono, anche ad opera di intercettatori italiani e tedeschi, ben 12 caccia Lightning P-38 [19] 

del 1° Fighter Group (FG); due di questi si inabissano nelle acque tra Miseno e Lucrino.
Ancora i giorni 1 e 2 settembre si assiste al passaggio di molte formazioni di bombardieri diretti verso i centri costieri della Campania e si assiste a furiosi duelli tra i caccia italo tedeschi (il giorno 2 settembre perde la vita l’asso tedesco Franz Schiesse) e i caccia di scorta americani.
L’ultimo bombardamento alleato nella zona flegrea avviene nella notte tra l’8 e il 9 settembre, dopo l’annuncio dell’armistizio, ad opera di sei Wellington inglesi, del 331° BW, che provocano 13 vittime a Forio d’Ischia.


Aerei e Reparti del Comando Bombardieri Alleato
Dalla fine del 1942, dopo lo sbarco in Marocco, gli Stati Uniti iniziano a trasferire nell’Africa del Nord sempre più reparti che, affiancando la Royal Air Force britannica, vanno a costituire quello che sarà la potente XII° Twelfth Air Force [20].

Da questa, paragonabile nella nomenclatura e non certo nella potenza ad una Squadra Aerea italiana, dipendono Wing (Stormi) di caccia intercettatori con aerei P-39 e P-40, di caccia di scorta con aerei P-38, di bombardieri leggeri con aerei B-24, di bombardieri pesanti con aerei B-17, di ricognitori con aerei A-20 e di trasporto con aerei C-47.
Ogni Wing è formato da almeno tre Group (Gruppo) ed ogni Group da circa quattro Squadron (Squadriglie).
Dai diari storici possiamo risalire al loro continuo cambio di basi, con il vittorioso avanzare del fronte, ed alle loro innumerevoli missioni di cui si riporta qualche esempio che interessa i Campi Flegrei.

La mattina del 4 Agosto 1943 nella base di Massicault (Tunisia) fervono i preparativi intorno ai B-17F Flying Fortress del 2° Bomb Group destinati alla imminente missione di bombardamento su Napoli. Gli equipaggi di volo partecipano al consueto briefing per studiare gli obiettivi da bombardare e le difese antiaeree della zona e gli addetti a terra controllano il funzionamento di apparati meccanici ed elettrici degli aerei e provvedono a rifornirli di carburante, munizioni per le mitragliatrici e bombe. In ogni aereo sono caricate, con destinazione Napoli, 12 bombe da 500 Libbre (227 Kg.)
Questa missione, la numero 52, è inizialmente programmata per colpire una seconda volta la Città Eterna, dopo il precedente micidiale bombardamento del precedente 19 luglio. Poi l’ordine d’operazione della XII° Forza Aerea Americana, già trasmesso ai reparti dipendenti, è annullato; nel mentre Roma evita una seconda catastrofe, Napoli è condannata a riceverne un’altra.
Alle 10,45 i 41 quadrimotori B-17F del 2° Bomb Group, suddivisi tra gli Squadron 96° e 429°, iniziano il rullaggio in fila indiana lungo i raccordi della nuova base tunisina (dall’aprile al 31 luglio 1943 il BG è stato di base in Algeria) per poi decollare in sequenza uno dopo l'altro.
Una volta in quota si riuniscono in sezioni di 7 aeroplani, poi all'altezza della Sicilia sono raggiunti dai caccia P-38 che dovranno proteggerli dai caccia italiani e tedeschi; durante il volo un B-17 ha dei problemi tecnici e pertanto ritorna alla base.
Tutta questa formazione è preceduta, di solo cinque minuti, da un gruppo di 37 B-17, del 301° Bomb Group, decollati dalla base di Saint Donat in Algeria; anche questi sono destinati a bombardare il Porto di Napoli, che è l'obiettivo principale.

Alle 13,30, quando le Fortezze Volanti sono quasi all’orizzonte, a Napoli suona l'allarme, la popolazione corre nei rifugi antiaerei, dagli aeroporti campani decollano 20/25 caccia intercettatori tra aerei tedeschi B-109 e Fw.190 e italiani Macchi 202 e Re.2001 e a terra gli artiglieri si preparano ad accogliere a cannonate gli incursori nemici.
Le sirene d'allarme aereo iniziano a suonare appena una decina di minuti prima dell'aggressione e questo ritardo è dovuto al fatto che le installazioni radar in Sicilia non sono più attive in quanto l’isola è già quasi completamente occupata dalle truppe anglo-americane; i B-17 sono avvistati dai radar dislocati in Campania solo quando arrivano sull'obiettivo.

Dopo poco meno di tre ore di volo la formazione statunitense avvista la costa italiana e il Golfo di Napoli, e inizia a girare intorno al previsto “Initial Point” dell’attacco: l’Initial Point è un punto facilmente identificabile al suolo, a poca distanza dall’obiettivo [21]. 

Durante gli attacchi a Napoli come punto di riferimento è presa Capri che la formazione di B-17, in avvicinamento e proveniente dal centro del Mar Tirreno, si ritrova alla sua destra.
Da quel momento inizia la cosiddetta “corsa di bombardamento”; i velivoli, con i portelli della stiva bombe aperti, devono mantenere una quota il più possibile livellata ed evitare manovre evasive per non inficiare i sistemi di puntamento di bordo.
I B-17 del 301° BG sono presi a cannonate, da parecchie batterie italo-tedesche dislocate su Capri ed altre località del golfo, ma subiscono lievi danni; quindi la formazione punta dritta su Napoli dove è accolta da un nuovo pesante e intenso fuoco di sbarramento dalle locali numerose batterie antiaeree. Nonostante questo inferno di fuoco i B-17 alle 13,37 iniziano il bombardamento poi, successivamente, sono attaccati anche da alcuni caccia italiani e tedeschi.
Superata Napoli iniziano la rotta di rientro che prevede l’aggiramento di Ischia, come attorno ad una boa, poi puntano nuovamente verso Capri ed il centro del Tirreno.
Alla fine, dei 37 B-17 del 301° BG, ben 17 risultano danneggiati in modo leggero e 2 in modo maggiore; 2 aviatori statunitensi restano leggermente feriti (danni e feriti sono tutti causati dalla contraerea di terra), comunque tutti rientrano atterrando, alle ore 17,20, nella loro base in Algeria.

Poi è la volta del 2° BG ripercorrere la strada aperta dal 301° BG ma ora gli artiglieri hanno preso le misure giuste, infatti il tiro dei cannoni antiaerei, oltre ad essere pesante ed intenso, si è fatto più accurato.
Alle 13,42 questi 40 ulteriori B-17F iniziano il bombardamento di Napoli e subito dopo lo sgancio bombe, sull’iniziata rotta di rientro, un quadrimotore del 429° Bomb Squadron, Serial Number (matricola) 42-29594 battezzato dall'equipaggio "Little Butch", riceve un colpo di contraerea tra il vano bombe e il comparto radio, danneggiando seriamente anche il motore numero due [22].

Immediatamente le fiamme si levano da questo motore e dai comparti interni dell'aereo; a bordo ci sono alcuni morti tra cui il copilota che si accascia ai comandi. Il Capitano William H. Mayer, vista la drammatica situazione ed i danni ricevuti, aziona il segnale di evacuazione immediata e si lancia dal portello di sicurezza, subito dopo il Tenente puntatore bombardiere Elmo F. McCLain, seguito dagli altri membri dell'equipaggio rimasti in vita (sergente mitragliere di coda Albert E. Nash, tenente navigatore Aldo Angiolini, sergente motorista e mitragliere della torretta superiore Joe Samora, sergente operatore radio Bill Doebele) anche se alcuni feriti in modo grave.
A bordo restano i coloro che sono già morti come il copilota Sotto Tenente Paul W. Wernich [23] 

e i sergenti Clifton O. Wade mitragliere della torretta sferica, Edward C. Lamont e Harry Lavine entrambi mitraglieri di fusoliera, tutti uccisi dalle schegge provocate dalla controaerea, e precipitano con l’aereo.
Dei sei lanciatosi col paracadute tre muoiono; il Tenente Angiolini sarà visto dal capitano Mayer in un ospedale di Napoli, probabilmente ucciso dopo aver toccato terra; il sergente Samora è trovato morto, forse ucciso mentre si paracaduta o, anche lui, dopo aver toccato terra; il sergente Doebele muore per le ferite riportate.
Dei tre sopravvissuti, oltre il capitano Mayer, il sergente Nash è catturato dai tedeschi a Napoli, inviato in un campo per prigionieri e liberato nell'aprile 1945; il puntatore McClain è catturato dagli italiani, imprigionato e poi liberato.
Il B-17, che nel momento in cui è colpito dalla contraerea si trova ad una quota di 23.000 piedi, oramai abbandonato dai membri dell'equipaggio superstiti è visto iniziare una repentina discesa con angolazione di 30°, poi a circa 15.000 piedi la velocità di discesa aumenta notevolmente e l'aereo inizia una picchiata verticale; è a questo punto che, con la struttura indebolita dal colpo di contraerea, si spezza dietro la radice dell'ala in due tronconi.
Secondo la testimonianza di J. M. Roche, mitragliere su altro B-17 dello stesso squadron, il "Little Butch" cade in acqua nella zona di Nisida, appena al largo della costa di Pozzuoli.
Ad abbatterlo, ma non è una notizia certa, sono stati i derisi militi della 185° batteria da 76, quella del Molo Caligoliano su cui ancora si notano le basi dei pezzi [24], 
che “tanto tuonò finché piovve“.
Un amico friulano riporta i racconti di suo nonno Roberto Plet che nell’estate del 1943, già anziano, era stato appena richia  mato e si trovava a fare il capo pezzo in una postazione controaerea a Pozzuoli; probabilmente la 186° batteria dislocata sul Monte Olibano.
“Durante un'incursione su Napoli la contraerea ha abbattuto una fortezza volante che è finita in mare a poche centinaia di metri dalla riva proprio davanti alla postazione di mio nonno che si trovava in alto sulla costa. Egli ha più volte raccontato il fatto perché per lui aveva significato il ritorno a casa definitivo. Era successo che non sapendo bene, ovviamente, chi avesse colpito il velivolo, il Comando della 19° Legione aveva dato una licenza premio ai serventi di tutte le postazioni dell'area e queste licenze erano state distribuite a turno. A mio nonno, come capo pezzo, era toccato l'ultimo turno e quindi, al momento dell'Armistizio, l'8 settembre 1943, era a casa e qui c’era rimasto, volente o nolente. Poi aveva dovuto fare lo stesso servizio nella Repubblica Sociale Italiana ma dato che era già anziano, 48 anni, era stato assegnato ad una postazione leggera della DICAT nelle campagne attorno al suo paese, Aiello del Friuli, dove per poco più di un anno hanno fatto diversi abbattimenti tra lepri, fagiani e bottiglie di Tocai e Merlot.


Difesa Passiva e Rifugi nei Campi Flegrei
Sui principali edifici pubblici sono installate delle sirene che con il loro lugubre ululo avvertono dell’imminente arrivo di formazioni aeree nemiche.
I Vigili del Fuoco, gli agenti dell’U.N.P.A. (Unione Nazionale Protezione Antiaerea) [27] 

e i capi-palazzo sono gli addetti al soccorso dei civili e allo spegnimento degli incendi in edifici e rifugi.
In tutti i Campi Flegrei non mancano cavità naturali e artificiali come grotte, cave di tufo, gallerie ferroviarie e tramviarie; tutte subito sono utilizzate per il ricovero della popolazione durante gli allarmi aerei.
La vita nei ricoveri è gestita dalle circolari fasciste che, sebbene prevedano protezione per donne e bambini, per i maschi sani dell'età compresa tra i 16 ed i 70 anni dispongono l’ordine di distribuirsi i compiti di guardia, stabilire orari e responsabili per l'approvvigionamento d'acqua e di derrate, le pulizie e la custodia preventiva delle cialde da aggiungere alle maschere antigas.
Giorgio Napolitano, in una sua testimonianza, ricorda l’evidente contrasto sorto tra quella parte del popolo che abita i piani alti dei palazzi costretti, dalle bombe, a riparare nei rifugi in sottosuolo assieme alla parte dei quartieri bassi: ” … nell'abisso sociale, capitava di guardarsi negli occhi tra gente ricca e gente povera come non mai accaduto in superficie". 
Le gallerie della Ferrovia Cumana [28], 

facilmente raggiungibili in tutti i centri flegrei, sono la meta preferita della popolazione della fascia costiera.
Nella parte alta di Pozzuoli è la galleria della Direttissima che accoglie centinaia e centinaia di persone e tra queste la piccola Sofia Scicolone e tutta la sua Famiglia.
In un territorio come i Campi Flegrei, ricco di reperti archeologici, non mancano cisterne, sepolcri e terme scavate direttamente nel tufo o piccoli e grandi ambienti interrati da secolari fenomeni alluvionali; tutti reperti che ben si adattano ad essere rapidamente trasformati in sicuri rifugi anti aerei [29].

Nelle ore serali vige l’oscuramento col divieto di accendere le luci di casa e di circolare con qualsiasi tipo di veicolo; comunque ben pochi dopo il tramonto s’avventurano per strade buie e sempre più pericolose per la presenza di disperati in cerca di sopravvivenza.

Per il popolo, sempre più devoto, resta il Santo Martire l’ultima speranza di salvezza e ad esso s’affida con preghiere e speciali “santini” con cui invoca “Glorioso San Gennaro, salva Pozzuoli dalle incursioni nemiche” [30].

Il Regime non interviene e nulla potrebbe in questi frangenti in cui la maggior parte degli apparecchi americani, dopo aver sorvolato il cielo delle nostre città col loro carico di morte, ritornano indenni alle loro basi orgogliosi delle missioni belliche compiute.
Ancora agli inizi degli anni ’50, quando i bambini vedono passare un aereo, recitano questa filastrocca guardando il cielo con il naso all’insù; proprio come hanno fatto i loro fratelli maggiori qualche anno prima.

L'apparecchio americano vott’ i bombe e se ne va'..
se ne va rint a cappucc, arriarra cavallucc…

BIBLIOGRAFIA
Angelo D’ambrosio – Storia della mia Terra
Giancarlo Garello – Due vittorie aere del sergente Gino PIzzati
Lucia Monda – i 100 bombardamenti di Napoli
Simon Pocock – Campania 1943