mercoledì 11 luglio 2012

Il Congresso Democratico del Mezzogiorno










Il Congresso Democratico del Mezzogiorno di Pozzuoli
Seconda tappa verso il Fronte Democratico Popolare

Nell’infuocato autunno del 1947, dopo il buon risultato delle elezioni comunali e provinciali svolte il precedente 20 aprile, va preparandosi il “Fronte Democratico Popolare”. Una federazione politica di sinistra, formata principalmente da Partito Comunista Italiano e Partito Socialista Italiano, cui aderiscono anche Alleanza Repubblicana Popolare, Movimento Rurale, Movimento Cristiano per la Pace e Movimento di Unità Socialista. Questo raggruppamento politico, conosciuto anche come "Blocco del Popolo" cerca di non essere, o almeno di non apparire, solo una semplice alleanza da contrapporre alla Democrazia Cristiana per le elezioni politiche del 1948. Esso è alla ricerca della sua legittimazione sulla base di un movimento di massa; pertanto organizza organi di democrazia diretta che dovrebbero, nella intenzione dei promotori, riprendere le gloriose tradizioni dei comitati di liberazione di base.
Tre sono i congressi preliminari in vista dell’assemblea costitutiva del fronte,  che si terrà a Roma il 28 dicembre 1947, ed anche in vista del VI Congresso Nazionale del P.C.I. che si terrà a Milano nel gennaio del 1948.
Il primo è presso la Pirelli, alla Bicocca di Milano il 23 novembre 1947, dove si svolge il “I Congresso delle Commissioni Interne e dei Con­sigli di Gestione”.  
Il secondo è a Pozzuoli dove il 19 di­cembre 1947, in un capannone delle officine ex Ansaldo, si svolge il “I Con­gresso Democratico del Mezzogiorno”.
Il terzo è a Bologna, il 21 dicembre 1947, dove si svolge la “Costituente della Terra”, organizzata sulla base dei “Comitati della Terra”.
Il Congresso Democratico del Mezzogiorno di Pozzuoli [1] è convocato da un comitato d’iniziativa nazionale che raccoglie numerose personalità politiche e culturali tra cui Mario Alicata, Corrado Alvaro, Giorgio Amendola, Francesco De Martino, Renato Guttuso [2], Carlo Muscetta, Giorgio Napolitano, Gabriele Pepe, Manlio Rossi Doria. A Pozzuoli il comitato organizzatore è composto da Domenico Conte, Ilio Daniele, Angelo Di Roberto, Enrico Vellinati, Nicola Fasano, Giovanni Marino, Ciro Musto e un giovanissimo Umberto Lucignano. Alle popolazioni meridionali è lanciato un manifesto con l’indicazione degli obiettivi da conseguire, contro ogni lusinga paternalistica, dando una concreta organizzazione alle forze popolari e prevedendo l’assegnazione delle terre mal coltivate alle cooperative di contadini e la proroga dei contratti agrari. Il Congresso di Pozzuoli vuole dimostrare all’Italia tutta un volto e una dignità nuova del popolo; non più solo miserie e lacrime, ma operai che dalle miserie, dai lutti e dalle distruzioni hanno ricostruito macchine e officine; braccianti e con­tadini che, contro le forze ostili della natura e dei padroni, hanno fecondato terre incolte; intellettuali che si sono legati al popolo e col popolo vogliono combattere la battaglia del Mezzogiorno.
Attorno al problema della terra, a quello della difesa e del potenziamento delle industrie del Mezzogiorno, attorno ai problemi della vita economica, scolastica, igienica, il con­gresso di Pozzuoli chiama tutti i democratici del Mezzogiorno ad un’azione unitaria e concreta.
Il Congresso si presenta come la più imponente rassegna di forze meridionali fin qui tenutasi; operai, tecnici, contadini, partigiani, politici e personalità della cultura. Tra i primi arrivano le delegazioni di contadine di Bologna e di Torino; un gruppo di partigiani da Modena, con fazzolettoni rossi al collo; una lunga autocolonna di solidarietà, carica di doni, partita il mercoledì da Milano. I dipendenti Breda hanno inviato aratri, zappe e vanghe; quelli della Motta panettoni per i bambini poveri; la Isotta Fraschini 1.700 chili di riso; la Moto Meccanica un martello pneumatico; la Sefar 25 apparecchi radio; la Filotecnica 100 termometri; scatolame dalla Franco Tosi; 200 quintali di concime dalla Commissione Interna delle industrie di Terni, destinati alle cooperative agricole del Mezzogiorno; due milioni di lire dalle sottoscrizioni, sempre a favore delle popolazioni meridionali.
Centinaia e centinaia di lettere e telegrammi da Enti, Partiti, Organizzazioni, Sindaci; rappresentanti del Sindacato Direttivo Universitario Nazionale; una Delegazione di ragazze romane di tutte le categorie sociali; una Delegazione giovanile iugoslava.
Tutti gli operari degli stabilimenti Ansaldo di Pozzuoli hanno lavorato per addobbare la grande sala che ospita il congresso e tutta la città si è prodigata per preparare l’alloggio ai partecipanti dopo aver tappezzato le strade di striscioni di benvenuto. Sono infatti 7.000 i delegati di tutte le regioni meridionali che partecipano a questa solenne e grandiosa rassegna dove pongono in una prospettiva nazionale la questione del riscatto del Mezzogiorno.
ll Congresso è cominciato quando il primo contadino, delegato dei contadini del suo paese, di Sicilia o di Puglia o di Basilicata o di Calabria, è salito sul predellino del treno diretto a Napoli ed è partito per la grande assemblea del popolo meridionale, o quando si è mosso a piedi dalla lontana Calabria o dalla stessa Campania senza soldi, col pane avvolto in un fazzoletto, per raggiungere i suoi compagni riuniti.
La mattina del giorno 19, quando è ancora buio, i primi delegati infreddoliti da una notte in treno o in camion hanno bussato alla porta dell'Ansaldo. Alle otto la lunga sala del congresso è piena di canti dei braccianti siciliani e pugliesi, delle tabacchine di Lecce, delle mondine di Bologna, degli operai di Taranto, di Milano e di Torino. Venuti questi ultimi dalle città del nord a portare di persona alla seduta la solidarietà ed il sostegno delle loro popolazioni.
Alle nove il grande palco della presidenza si affolla. Sono presenti i comunisti Giorgio Amendola, Girolamo Li Causi, Velio Spano, Emilio Sereni, i socialisti Luigi Cacciatore, Francesco Cerabona, Luigi Renato Sansone, ecc..
Presenti sono tutti i membri del Comitato di iniziativa del Congresso e del Comitato esecutivo; e poi il prof. Floriano del Secolo, vecchio maestro del giornalismo democratico meridionale e i rappresentanti del mondo della cultura, tra i quali Renato Guttuso, Carlo Levi [3], Alfonso Gatto, Carlo Muscetta, Francesco Jovine, Alfonso Gatto, ecc..
Poco dopo, accolti da una grande manifestazione di entusiasmo, arrivano Lelio Basso, Giuseppe di Vittorio, Rodolfo Morandi, Fausto Gullo, Giacomo Mancini. E poi Vera Lombardi [4], Franco Castaldi, Tommaso Fiore…
Il primo a prendere la parola, a nome del comitato di iniziativa, è Floriano del Secolo che pronuncia un breve discorso di saluto a tutti i congressisti; tra l’altro dice: “I contadini della Basilicata ed i braccianti delle Pugile e della Sicilia non si sono mossi per venire ad ascoltare promesse di un governo distaccato dalle masse, o impegni di ceti dominanti, ma per misurare la propria forza ed in nome di  questa operare perché si inizi una grande battaglia di rinnovamento del Mezzogiorno.”
Inizia poi il dibattito e la prima relazione al Congresso è pronunciata da Emilio Sereni il quale pronuncia: “Se politica significa, come significa, lotta di popolo per realizzare le sue aspirazioni, questo è un Congresso politico. Il primo che il popolo del Mezzogiorno ricorda e dal quale partirà un movimento politico che trasformi la faccia del Mezzogiorno.”
Lo stesso spirito è nelle parole di Luigi Cacciatore, che pronuncia la seconda relazione: Giuseppe Di Vittorio [5] porta il saluto e la solidarietà della C.G.I.L.; Girolamo Li Causi, di Termini Imerese, nel suo discorso sottolinea la portata che dovrà assumere per la Sicilia il grande “Congresso del Lavoratori della Terra” convocato a Palermo per i primi di gennaio. Un particolare significato ha l'intervento del prof. Tommaso Fiore, vecchio combattente meridionalista e affezionato amico di Guido Dorso la cui vedova ha telegrafato augurando il pieno successo della manifestazione. Con uguale affetto sono accolte le parole di Francesco lovine che porta l'adesione degli scrittori e degli intellettuali che si schierano a fianco del popolo meridionale.
Grandi manifestazioni di entusiasmo salutano Luigi Longo quando sale alla tribuna per portare il saluto caloroso e l’adesione più piena del Partito Comunista e gli abbracci particolarmente vigorosi dei combattenti della libertà. Dopo di lui Lelio Basso porta il saluto e l'adesione del Partito Socialista. Si succedono quindi alla tribuna i delegati di tutte le regioni del Mezzogiorno e del Nord, tutti animati dallo stesso spirito di unità e di lotta.
Alla conclusione il Congresso da mandato al Comitato d’Iniziativa di organizzare un “Fronte per il Mezzogiorno” al quale aderiscono non solo i partiti della sinistra, ma anche repubblicani e azionisti. Predispone liste unitarie in vista delle successive elezioni politiche del 18 aprile 1948, impone una mobilitazione generale e fa più forte il quadro delle rivendicazioni, in particolare quelle relative alla distribuzione delle terre, alle bonifiche, alla riforma dei contratti agrari, alla difesa dell’industria nell’Italia meridionale, all’assistenza creditizia delle piccole aziende.
Dopo le ore 18.00, quando l’assise è sciolta, i delegati sfilano per le strade di Pozzuoli, di Bagnoli, di Fuorigrotta, di Napoli, accompagnati dal saluto delle popolazioni scese nelle strade. Passano i rappresentanti delle Camere di Lavoro provinciali e comunali, dei Consigli di Gestione, dei Sindacati e Commissioni Interne di fabbrica, delle Leghe Contadine, delle Cooperative Agricole, delle Amministrazioni Comunali, delle Deputazioni Provinciali, delle Associazioni dei Combattenti e dei reduci, dell’Associazione dei Mutilati e Invalidi, dei Sinistrati e dei Perseguitati Politici Antifascisti, delle Vedove di Guerra, degli Ordini Professionali dei Medici degli Ingegneri e Avvocati, delle Associazioni Universitarie.
Seme di questo Congresso è il “Fronte per il Mezzogiorno” che si ritrova a Napoli, il 27 aprile 1949, dove assume una iniziativa estremamente rilevante. Quella di convocare, in ogni regione, centinaia di assemblee popolari durante le quali saranno redatti i “quaderni di rivendicazioni”, in cui si riversano le richieste e le necessità delle comunità, denunciando le condizioni di povertà e di arretratezza della vita di larghi strati della popolazione meridionale.
Certo è che il Congresso di Pozzuoli resta nella memoria collettiva di Montescaglioso, piccolo, suggestivo e storico paesino della Basilicata, uno dei tanti della cui gente Carlo Levi ne descrive le condizione e la mentalità tipica della campagna meridionale: “Per i contadini lo Stato è più lontano del cielo, e più maligno, perché sta sempre dall’altra parte. Non importa quali siano le sue formule politiche, la sua struttura, i suoi programmi.”
Alle elezioni del 1946  il comune di Montescaglioso è conquistato dal Partito Comunista Italiano, caso più unico che raro, in quanto gran parte del Mezzogiorno conservatore vede la schiacciante vincita della Democrazia Cristiana. Al Congresso di Pozzuoli, nei capannoni dell’Ansaldo, i delegati lucani sono 537, cinquanta dei quali cittadini di Montescaglioso. I contadini di questo paese ritornano da Pozzuoli pieni di speranze e decisi a dare il colpo decisivo al sistema latifondistico. Vedono che l’iniziativa politica non è serve alle sinistre unite a vincere le elezioni politiche del 1948 ma costituisce la premessa per dar vita, immediatamente dopo la sconfitta, ai "Comitati per la Terra". Le rivendicazioni dei contadini di Montescaglioso cominciano così ad assumere quella concretezza che si sarebbe palesata nel mese di dicembre del 1949 quando cambiando strategia passano dalle occupazioni simboliche ad occupazioni vere e proprie con l’obiettivo di prendere il possesso dei terreni; per questo subiscono la violenta repressione della Polizia.
Questo è ciò che ricorda Montescaglioso, ma non so cosa di questo congresso resta nella memoria collettiva di Pozzuoli; un evento che certamente segna una tappa fondamentale nella politica nazionale. Speriamo che lo si ricordi degnamente nel futuro “Waterfront”, unitamente ai capannoni che lo hanno ospitato, ai macchinari, ai manufatti, a tutti gli uomini che hanno fatto grande questo Paese.

Giuseppe Peluso – Pozzuoli Magazine del 28 maggio 2012