lunedì 29 marzo 2021

Gianni Cipriano


In ricordo di un amico

GIANNI CIPRIANO

Nel gennaio del 1955 sono in classe; sto frequentando la seconda elementare presso il San Marco di Pozzuoli e all’improvviso, spalancando la porta, entra in aula una suora.

La scuola è l’Istituto Parificato San Marco di Pozzuoli e la suora appena entrata è la Madre Superiore; Rosa Graziani, sorella del tristemente famoso Maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani,

La Maestra Maria Di Matteo, sorella di Giuseppe Di Matteo sindaco di Pozzuoli, interrompe le lezioni e rivolge lo sguardo verso la nuova venuta che con la mano accompagna un bambino a noi sconosciuto.

Madre Rosa spiega che il bimbo, Giovanni Cipriano, è appena giunto a Pozzuoli dove il Padre, un militare della Guardia di Finanza, è stato trasferito.

Pertanto invita tutti noi ad accogliere fraternamente questo nuovo compagno che, ancor piccolo, è stato catapultato in una nuova casa, una nuova scuola e una nuova città.

E’ gara tra maschietti, le femminucce siedono separate, per averlo quale compagno di banco; ma è naturale cha vada a sistemarsi vicino a chi è già solo nel nero scanno di legno.

Una stretta amicizia extra scolastica inizia qualche giorno dopo; proseguirà fino agli anni settanta, tranne una breve parentesi ad inizio anni sessanta, e virtualmente riprenderà negli ultimi momenti della sua esistenza.

Gianni, questo il diminutivo col quale lo appelleremo per sempre, abita vicinissimo alla mia casa; per il ritorno da scuola è aggregato a me, a mia sorella ed a mia cugina e percorreremo tutti assieme il tragitto tra la San Marco e Villa Maria. Gianni è lasciato poco prima, nel nuovo edificio della proprietà Iappelli.

Fin dal primo giorno di scuola Gianni mostra le sue notevoli capacità nel discorrere, nello studio e nella volontà di apprendere cose nuove; col fine d’elevare le sue conoscenze personali e non di primeggiare coi compagni.

Da subito tra i migliori della classe e costante portatore della “fascia di merito” che ormai sembra incollata al suo grembiule, come appare nella foto del suo primo anno a Pozzuoli [2].


In questa fase, seconda metà degli anni cinquanta, le comuni amicizie con i fratelli Ennio e Fulvio La Rana, Loreto e Salvatore Fortuna, nonché Paolo e Vittorio Lopez, ci portano a giocare negli stessi luoghi ed a frequentare le stesse casalinghe festicciole.

Ma proprio in questo periodo Gianni subisce la dolorosa perdita del Padre che, oltre l’ancor giovane moglie, lascia piccolissimi orfani lui e la sorella Anna.

Io e Gianni saremo insieme, stessa scuola e stessa classe, in terza elementare, anno 1955-56, con l’insegnante Maria Sardo [3];


in quarta elementare, anno 1956-57, con l’insegnante Lisetta Ciampa [4];



in quinta elementare, anno 1957-58, con l’insegnante Perrucci [5].

 Poi, per qualche anno, le nostre strade si separano; io vado a frequentare la Scuola Media di Pozzuoli e lui è inviato a Villa Sora; un prestigioso collegio salesiano di Frascati, nei Castelli Romani.

Ho sempre creduto che sia stato proprio questo collegio ad incidere ulteriormente sulla sua formazione classica e storica ed una conferma mi è stata data da un suo vecchio compagno di convitto, il prof. Renato Tamburrini; noto scrittore, dirigente universitario ed esperto di sistemi bibliotecari.

Renato, residente in provincia di Pisa ma originario di Valcomino in provincia di Frosinone, s’è imbattuto nel mio blog dove ha appreso la ferale notizia.

Ha comunque voluto scrivermi, quanto di seguito riporto, inviandomi ricordi e testimonianze che arricchiscono l’irripetibile periodo vissuto insieme al nostro comune amico.

 

“Sono stato compagno di Gianni in quinta ginnasio, sezione “B”, nel collegio salesiano di Villa Sora a Frascati, anno scolastico 1964-65 [6].

Ho sempre desiderato incontrarlo, ma ne avevo perso le tracce; purtroppo ho trovato questo articolo, in ogni caso molto bello, che restituisce la sua figura e la sua personalità.

Era “filosofico” anche allora; anche se troppo tardi ho potuto comunque reincontrarlo.

Fu un anno un po’ turbolento, suggestioni e curiosità “intellettuali” si affacciarono con forza nella nostra vita.

Come capita sempre nei film, e qualche volta anche nella vita reale, avevamo un insegnante di lettere (Don Fulvio De Rossi, che anche dopo la scelta dello stato laicale, sopravvenuta qualche anno dopo, ha continuato per molto tempo ad insegnare egregiamente in un liceo romano) coltissimo e di mentalità aperta (cosa che non gli impediva di essere più che severo quanto alla coniugazione dei verbi greci e altre simili atrocità) che ci sollecitava e ci apriva scenari inusuali nel grigio tran tran dell’istituzione collegiale.

Prendevamo tutto molto sul serio; ci passavamo con entusiasmo “I nuovi aristocratici” di Michel de Saint-Pierre, un romanzo ambientato in una classe di ginnasiali molto “in crisi”; questo era il contesto, soprattutto per alcuni di noi.

Ricordo che in quel periodo iniziò la pubblicazione della collana Oscar Mondadori (350 lire a uscita): noi andavamo religiosamente ad accaparrarcela in una libreria sotto la galleria di Frascati, e nella nostra mente sedimentavano prospettive nuove, portate dagli autori francesi, americani, spagnoli che andavamo incontrando.

Gianni era appassionatissimo di cinema, campo in cui si muoveva con passione e competenza.

Ne ho rintracciato le prove anche in qualche pezzo da lui scritto quell’anno per il giornalino ciclostilato - La Lanterna di Diogene – che, benché autorizzato e sorvegliato dall’istituzione, noi curavamo manco fosse un “samizdat” della primavera di Praga.

In allegato trovi la foto di tre suoi interventi (firmati Ci.Gi o Ci.Gia), oltre la copertina del giornale [7a, 7b, 7c, 7d].  






Ma Gianni era anche appassionato di musica, durante la ricreazione amava appartarsi ad ascoltare i suoi adorati cantautori; ne ho trovato una traccia in un ritratto ironico e scherzoso (in allegato trovi anche la foto di questa pagina) ma sicuramente affettuoso e solidale

 [8a, 8b (ndr - nella immagine 8a è riportato il titolo di un quarto suo articolo)].

 


IL DISCOMANE

Pozzolano di nascita, frascatano per scuola, è capace di tener testa a chiunque, su ogni svariato argomento, dal cinema, ai dischi, dalla letteratura al teatro, alla filosofia.

Con andatura stanca, flemmatica, dondolante, abbandonata e sognante, con il ciuffo ‘tirabaci’ e con il sorriso e l’espressione del ‘latin-lover’, a tappe successive, di muro in muro, s’avanza verso la saletta per estraniarsi dal ‘vulgo sciocco’, ed evadere nella dolce musica oltre i duri confini!

Se prima era solo a ballare l’ully–gulli, adesso…!

Occhio-stringi-stringi, ha raggiunto finalmente il suo regno.

Coloro che vogliono giocare in pace una partita a scacchi o a dama, son deliziati ( Grrr…) dalle varie ‘Sinfonie per un massacro’ e ‘Quelli hanno un cuore’. Di tanto in tanto ci sono delle marce su…

Il nostro eroe resiste ad ogni attacco, imperturbato nella quiete suprema del suo altissimo cielo dove la musica lo culla!

Alla fine un vilissimo fischio distrugge il suo mondo incantevole e tristezza cala sui suoi bei occhi.

Rinserra la testa tra le spalle e riprende la malinconica strada del ritorno.

Lo consola solo il pensiero che dopo cena riprenderà nuovamente la sua estasi estetica, lontana, molto lontana, su una nuvola qualunque.”

Questo pezzo [ndr – squisita ricostruzione del personaggio e dell’atmosfera collegiale] glielo dedicammo, con pseudonimi, Sistilio Montorfano ed io, Renato Tamburrini. Coppia giornalistica, ambedue a lui molto legati, che durò purtroppo molto poco; alla ripresa del primo liceo Gianni non c’era; credo che rientrò a Pozzuoli.”

 

Si! Gianni ritorna a Pozzuoli con un raddoppiato bagaglio culturale e di conoscenze che lascia sbalorditi amici vecchi e nuovi.

Naturalmente riprende la frequentazione della scuola, si iscrive al primo anno del Liceo Classico, e la frequentazione dei vecchi compagni, in particolare della allegra brigata di cui faccio parte; quella che, pur allargandosi verso nuove conoscenze, ancora oggi è quella in cui ci identifichiamo.

Indimenticabili restano le serate trascorse nella villetta del Serapeo a scherzare e sognare, i campeggi fatti con economia in piccole canadesi, le pizze del “montese” piegate a “portafoglio” e mangiate per strada o i primi convivi in comitiva alle “quattro stagioni”, le gite a Roccaraso “senza neve” [9].


Siamo interessati a tutto ciò che percepiamo muoversi all’orizzonte; musica, cinema, letteratura.

Siamo decisamente, anche se ingenuamente, fuori della cultura del canone scolastico; c’è già quasi un’aria da pre-sessantotto, che si riverberava anche nel rapporto con gli insegnanti, animati da un sentimento spesso “border line” e comunque abbastanza ostile.

Gianni, col suo soprabito col bavero rigorosamente all’insù, è una delle punte degli “intellettuali” puteolani; problematici e critici [10]. 



Le calde giornate estive sono trascorse, intrufolati abusivamente, nei Lidi di Lucrino e se il temuto bagnino ci sorprende è Gianni che ci leva d’impaccio.

Lo rimprovera in perfetto italiano e, con voce alta e decisa come Gasmann, pronuncia citazioni storiche e filosofiche; il pnovero bagnio finisce per sentirsi in colpa per eccesso di zelo.

Memorabile un cenone del 21 dicembre 1968 organizzato tra tutti noi nella Masseria del compianto Franco Di Bonito, anche lui professore trasferito al Nord, preside e prematuramente deceduto appena dopo la pensione.

Gianni cura la parte scenica di questo “incontro” e con un breve tratto di penna descrive il segno distintivo di ognuno dei partecipanti e di sé stesso; in questo mostra di conoscere il vissuto, lo stato d’animo e le speranze degli amici che lo circondano [11a, 11b, 11c].



                                     

Straordinario un breve viaggio che Gianni, io, Mimmo Scognamiglio e il compianto Peppe Elia effettuiamo alla fine degli anni sessanta a Firenze ed in altri luoghi notevoli della Toscana.

Oltre che piacevole compagno di viaggio Gianni sfodera tutte le sue conoscenze classiche e artistiche; Il campanile e il Duomo di Firenze non sono solo un campanile e una chiesa; sono opere d’arte uniche e vanno viste con gli occhi di chi cerca amore e passione.

Gli Uffizi, la Primavera e la Venere, non sono oggetti da osservare ma da “assaporare”; opere con cui parlare, confrontarsi contrapporsi.

In seguito, pur essendo andato molte volta a Firenze, mai più ho visitato gli Uffizi; sempre ho patito la mancanza di una tale guida.

Anche per il poco tempo trascorso a Firenze mai mi sarei sognato di visitare Santa Croce, ma Gianni già nel viaggio di andata ripete: “come non rendere omaggio alle tombe di Foscolo, Michelangelo, Alfieri, Galileo, Rossini …. “ [12]. 


Nell’ultima telefonata che ci siamo scambiati Gianni mi rammenta le bandierine, tipo quelle degli sbandieratori, acquistate a Siena e, come me, conservate per moltissimi anni; nonché del ritorno attraverso la Maremma per raggiungere un posticino che mai avrei pensato di visitare, l’Oratorio di San Guido.

Lui c’era già stato con gli educatori del suo collegio di Frascati; giunti sul luogo Gianni si ferma davanti San Guido e inizia a recitare i versi del Carducci: 

“I cipressi che a Bólgheri alti e schietti

Van da San Guido in duplice filar,

Quasi in corsa giganti giovinetti,

Mi balzarono incontro e mi guardar.” 

La crisi bradisismica del 1970, la leva militare per molti di noi, il matrimonio, ci impongono la forzata lontananza; tutti siamo impegnati con problemi economici ed affettivi.

Gianni, che dopo il liceo si laurea in Storia e Filosofia all’Università di Napoli, si trasferisce al nord con la compagna, e inizia il suo duplice percorso, pedagogico e familiare.

Confesso di conoscere ben poco della sua nuova Famiglia; solo in tarda età ho appreso che con la moglie ha dato vita a due bimbe, Ivana ed Irma oggi graziose signore, che nella foto conduce affettuosamente con mano sicura [13]. 


Non conosco l’inizio della sua carriera di docente ma ho appreso che negli anni novanta arriva all’Istituto Francesco Gonzaga di Castiglione delle Stiviere dove insegna Storia e Filosofia.

Marco Prina, sue ex alunno in questo Istituto mi scrive: 

“E' stato il mio professore per eccellenza, mi ha insegnato molto sul campo, mi ha fatto innamorare della storia e della filosofia e mi ha insegnato molto sulla morale e sugli ideali più intimi dell'uomo.

In classe rideva poco ma ci faceva ridere assai; incuteva molto timore e quando ti interrogava ti si stringevano le budella dalla tensione. Allora lui si alzava dalla cattedra, ti metteva il braccio intorno alla spalla e ti faceva ragionare passeggiando per l'aula, dandoti poi un bonario pugno nello stomaco...che ti spezzava in due, vista l'ansia.

Ti sapeva motivare ed apprezzava più l'impegno che non i risultati.

Trascorreva i pomeriggi a preparare le lezioni di storia o filosofia per il giorno successivo; passava dal cinema, alla pittura, passando alle donne ed ai filosofi classici contemporaneamente. Potrei scrivere per ore…”

Di qualche alunno dell’Istituto Gonzaga deve essere la sua caricatura che, quasi con sfida verso i nuovi mezzi di comunicazione cui è allergico, ancora mostra sul profilo Facebook [14].


Nel 2005, essendogli stata diagnosticata una malattia degenerativa ai reni, e per essere più vicino alla moglie ed alla sua residenza, passa all’antico e prestigioso Liceo Girolomo Bagatta di Desenzano del Garda.

Gianni resta in questo Istituto fino alla anticipata pensione; quando lui avrebbe continuato volentieri.

Di nuovo ascoltiamo l’ex alunno Marco Prina:

“Dopo la maturità mi son trasferito a Milano e dopo la Laurea a Perugia e poi Sydney; nel 2004 son rientrato a vivere sul Lago di Garda.

Un giorno entro in una libreria e lo vedo lamentarsi del fatto che per problemi di salute ha dovuto smettere di lavorare

Mi sono fato riconoscere e sono andato a trovarlo ad intervalli regolari ed ho avuto la fortuna di conoscere la moglie e Ivana, la figlia maggiore.

Gianni parlava poco dei suoi problemi ma era contento quando gli ex-studenti andavano a trovarlo; chiedeva molto di me e delle mie esperienze, era sempre ironico ma mai offensivo. Ebbi il coraggio di dirgli che la formazione con lui mi servì e mi serve ancora nella vita; il suo insegnamento sul rispetto, sul concetto di onestà e di libertà furono fondamentali. “

Gli manca l’insegnamento ma è sempre acuto e con la battura pronta, come testimoniano tutti i suoi ex discepoli andati a rendergli visita [15].

 

Gli ultimi anni li trascorre nella splendida Sirmione e la morte lo sorprende l’undici marzo del 2018; essendo nato il diciassette marzo del 1948 dopo pochi giorni di anni ne avrebbe compiuto settanta.

Anche dopo tantissimi anni in terra lombarda resta napoletano di formazione e impianto crociano di pensiero; Benedetto Croce resta il suo ideale filosofico.

La sua scomparsa commuove molti ex studenti che numerosi sono presenti ai funerali di martedì tredici marzo alle 16, nella chiesa di Colombare di Sirmione. Gianni ha saputo farsi amare dai suoi studenti e molti hanno scelto la via dell’insegnamento anche grazie alle sue lezioni.

A noi puteolani resta il ricordo di un amico straordinario che, seppure lontano, era e sarà per sempre nei nostri cuori [16].


GIUSEPPE PELUSO – MARZO 2021 

(modificato GIUGNO  e LUGLIO 2021)


 

P.S. – Di seguito il Link al blog di Renato Tumburrini "punto e...."

Renato ci parla della sua breve ma intensa amicizia con Gianni.

https://renatambu.blogspot.com/2021/06/gianni-cipriano-intellettuale-precoce.html


- Grazie anche a Marco Prina, suo ex allievo

domenica 28 marzo 2021

Panorama di Pozzuoli dalla Domiziana

 



Pozzuoli (Napoli) Panorama

Spesso una vecchia cartolina offre inediti spunti di riflessione su quanto essa riprende.

E’ il caso dell’allegata (Foto 1) scattata dalla panoramica villetta, che si spera possa essere dedicata al compianto professor Angelo D’Ambrosio, situata sulla Domiziana di fronte al Villaggio del Fanciullo.

Lo scatto risale a metà anni cinquanta del novecento quando ancora è sentita la bella abitudine di inviare saluti, auguri e piccole notizie a mezzo di queste simpatiche missive.

Confrontandola con altre quasi identiche, l’ho sempre tenuta in poco conto per quei pini che, anziché fungere da cornice marginale, sono al centro della focale deturpando e occultando la spaziosità del panorama.

Ma oggi, volendo descrivere il panorama che l’immagine mostra, noto che quegli alberi vanno a dividere la cartolina in tre parti, proprio come l’avrei suddivisa per raccontare tutto ciò che di bello è scomparso nel nostro Paese.

 

La prima porzione di panorama (foto 2) riprende, in basso a sinistra, una fetta del territorio posto ai piedi della Starza che, più avanti, vediamo elevarsi per accogliere gli alti e storici edifici che fanno da sfondo.

In basso al centro la cupola lignea del Mulino meccanico dei Mirabella, ancora in piena attività negli anni cinquanta, erede del seicentesco mulino ad acqua. Sulla destra ancora non esistono gli alti e orribili capannoni della Nautica Maglietta e questo permette di scorgere l’edificio, ex Cassa Mutua INAM ed ex Dopolavoro Ansaldo, con i caratteristici finestroni ad oblò ora occultati.

In questo immobile stile “littorio” sta insediandosi la SUNBEAM, fabbrica di rasoi elettrici e piccoli elettrodomestici; oggi è parte integrante dell’ITIS di Pozzuoli.

Villa Maria è appena visibile e sullo stesso lato sinistro si notano i fabbricati Iappelli (senza il corpo aggiunto lateralmente), Delli Paoli (senza il corpo aggiunto sul fronte) e Picariello nella loro configurazione iniziale.

Alzando lo sguardo vediamo al centro il caratteristico palazzo striato sede della storica attività commerciale di Nicola Bianchi e, tra questo e la Torre Toledo, il grande edificio che ospita, dalla seconda metà dell’ottocento, l’Ospedale Civile Santa Maria delle Grazie. L’Ospedale sarà sgombrato a seguito della crisi bradisismica del 1970 e il fabbricato, che sarà completamente abbattuto, è stato ricostruito in forma più raccolta salvaguardando i reperti archeologici che nascondeva.

L’insalubre ma caratteristico Passaggio Toledo è ancora abitato e percorribile: esso è sovrastato dal giardino di Villa Avellino, ancora coltivato da coloni, che qui si affaccia a belvedere sulla naturale Terrazza della Starza.

 

La seconda porzione di panorama (foto 3) riprende una parte della Ripa Puteolana e parte del Borgo Vicereale.

In basso al centro la torre serbatoio della Ferroleghe; una piccola industria siderurgica che, fondendo negli altoforni i rottami ferrosi provenienti dai campi di battaglia del Nord Africa, ha riempito di fumo mezza Pozzuoli.

Sulla sinistra la piccola grotta da cui fuoriescono le acque pluviali (e non solo) provenienti dall’altopiano campano racchiuso tra il Gauro, il Senca e Cigliano; subito dopo si scorge il tetto dell’Officina Fortuna, nella calcara, e l’angolo posteriore del Ristorante La Sirena.

Quindi il largo marciapiede di via Roma, conosciuto dai puteolani come “a caracciola”; gli edifici che ricadono su questo lungomare sono ancora quelli del vecchio borgo dei pescatori e più oltre, la mancanza della moderna Piazza a Mare, spinge la costa fin dentro il Largo Malva rendendo questo tratto ancor simile a come appare nei pervenuti disegni settecenteschi.

In primo piano al centro si ammira una imponente struttura in legno che ben pochi di noi ricordano. Un vero e proprio campo di gara per nuoto e pallanuoto creato in mare all’aperto, delimitato da palafitte su tutti i lati e fornito di spalti per gli spettatori che numerosi accorrano specialmente per inneggiare alla squadra cittadina.

Qui corre l’obbligo di riportare quanto scrive lo storico ed amico Gennaro Gaudino nel suo volume “Lo Sport a Pozzuoli – Storia e Leggenda”:

“Nella metà degli anni cinquanta rinasce la Rari Nantes Puteoli per merito del dott. Giovanni De Silva, Commissario Prefettizio di Pozzuoli. Egli fece costruire anche una piscina all’aperto che sorse sul Lungomare di via Roma; inaugurata con una riunione che vide i migliori del nuoto italiano tra i quali Ceccarini, Buonocore, Pedersoli, i fratelli Dennerlein, Mangano e Peretti [ndr - Pedersoli da attore sarà conosciuto come Bud Spencer, Fritz Dennerlein sarà il mio maestro di nuoto nel 1961].

La Rari Nantes vara anche una squadra di pallanuoto che nel campionato di serie “C” del 1955/56 si classificò al quarto posto su oltre centocinquanta società.”

Alzando lo sguardo ammiriamo il Palazzo Maglione e parte del Palazzo Municipale abbattuto, prematuramente, a seguito della crisi bradisismica del 1983. Questi due edifici, come altri nelle loro vicinanze, sorgono sul “Terrazzo della Starza” che in questi luoghi è contenuto e sostenuto da grossi archi che solo in parte sono ancora visibili dietro “ ‘i piscinelle ”.

In alto al centro la cupola delle Chiesa del Purgatorio che, idealmente, congiunge questi imponenti edifici con l’altrettanto grazioso, posto all’inizio del Rione Terra, già sede comunale e, al tempo della foto, adibito a Pretura Circondariale. In alto a destra il tronco del pino interrompe la quinta scenica donata dagli edifici che insistono tra via Duomo e via Pesterola.

 

La terza porzione di panorama (foto 4) riprende l’essenza stessa della nostra Pozzuoli, dall’originario nucleo fondato sulla tufacea rupe alla spaziosità dell’orizzonte marino.

Sul punto più alto del Rione svetta, seminascosto dal tronco del pino in primo piano, il vecchio campanile del Duomo; abbattuto nel 1968, qualche anno dopo l’incendio della Cattedrale. Al centro la cupola di San Celso che sembra innalzarsi sul vasto convento delle Clarisse, ora scomparso. In alto a destra il Rione termina, con il Castello Vicereale, a strapiombo sul sottostante omonimo largo e sul mare.

La sottostante banchina si presenta nella sua stretta originalità fino all’imponente fabbricato della Capitaneria di Porto; oggi ridotto al solo piano terraneo. A sinistra, accosta alla banchina, la motonave in legno “Libera” della Società Scotto di Navigazione è in attesa di partire per le isole; verso la capitaneria si distinguono i tendoni che accolgono, nei mesi caldi, gli avventori del ristorante Grottino a Mare.

Proprio all’inizio del Molo Caligoliano è attraccata una motonave da carico che nelle forme ancora ricorda i vecchi motovelieri; alla sua poppa si intravede il ponte che collega il molo con Piazza San Paolo. Sotto questo ponticello passano i gozzi per immettersi nella darsena e, a differenza della situazione odierna, s’intravede la poca luce disponibile causa il lento ma continuo abbassamento del suolo tra fine ottocento e metà novecento; oggigiorno assistiamo al fenomeno inverso.

Al centro di quest’ultimo squarcio di panorama il vasto campo di cozze, che ha sempre caratterizzato il nostro mare; in questo allevamento s’aggira qualche barchetta dedita alla cura dei mitili che vi si coltivanoi.

 Oggi, affacciandoci dallo stesso belvedere, più non possiamo vedere il Dopolavoro Ansaldo, Villa Maria, l’Ospedale Civile, la Sirena, la Banchina della Malva, Palazzo Marconi, la Pretura, la scenografia di via Duomo, il seicentesco Campanile, il Convento delle Clarisse, l’alta Capitaneria.

Sono scomparse anche le nostre cozze che non hanno mai fatto del male, a nessuno; sono ben altre le cose che ci hanno “intossicato”.

 

GIUSEPPE PELUSO – MARZO 2021


domenica 21 marzo 2021

Villa Maria alla Starza

 VILLA MARIA ALLA STAEZA

... da masseria a stazione ...

Una piccola cronologia fotografica dell'ultra centenaria storia di questo Territorio, delle sue fabbriche e di chi l'ha vissuto.