mercoledì 15 giugno 2011

La Cugina Flegrea della Ducati








La I.M.N. di Baia

Dopo l’occupazione alleata i capannoni del “Silurificio Italiano” di Baia ritornano in mano italiana nel settembre del 1945. Subito si pone il problema della riconversione per avviare una nuova lavorazione industriale e continuare ad impegnare sia le maestranze rimaste sia riassorbire quelle presenti prima del settembre del 1943. Gli stabilimenti, rinominati “Industria Meccanica Napoletana”, vengono rilevati da Finmeccanica costituita dall'IRI, il 18 marzo del 1948, per gestire le industrie meccaniche e cantieristiche acquisite. Le decisioni nazionali di politica industriale lasciano all'IRI, e quindi alla Finmeccanica, quelle attività che per motivi vari presentano prospettive più incerte o negative e non sono ora in grado di riconvertirsi rapidamente dopo aver prodotto su commesse belliche. Tra le 14 nuove aziende apportate alla Finmeccanica nel 1948 una, l’Alfa Romeo, ha la sede a Milano ma una succursale a Pomigliano d’Arco ed altre cinque sono completamente napoletane, la “Fa.Ma. Fabbrica Macchine” di Napoli; la “Metalmeccanica Meridionale” di Napoli; la “Navalmeccanica” di Napoli; gli “Stabilimenti Meccanici” di Pozzuoli e la nostra protagonista la IMN di Baia.

La storia di questa fabbrica è un misto di improvvisazione e di straordinario. Sin dalla fine del 1944 si è pensato a delle lavorazioni di tipo meccanico o navale come la costruzione di motori diesel, di motopompe e di compressori oppure di motopescherecci, di motobarche e di motoscafi.
L’allora ministro del lavoro Ivan Matteo Lombardo, in una sua relazione del 1948 dice “Faremo delle macchine per l’industria molitoria”. A Baia fino al 1950 vengono costruite delle macchine per l’industria molitoria che però non incontrano il favore del mercato; quindi si cambia tutto e si decide, unico esempio nel Mezzogiorno d’Italia, di costruirvi dei motocicli. Saranno costruiti motocicli per otto anni; periodo breve ma intenso e mitico.
A dirigere la nuova fabbrica viene designato l’ingegnere Masi, classica figura di burocrate statale, che proviene dall’Alfa Romeo Avio di Pomigliano d’Arco.
Nel suo staff, quale capo ufficio direzionale, si trova Peluso Antonio che, unitamente al fratello Carmine Padre dello scrivente, risiede in Villa Maria a Pozzuoli. Antonio segue l’ingegnere Masi presso lo stabilimento di Baia e questo “favorisce” l’assunzione di Carmine che in precedenza era anche lui impiegato a Pomigliano ma poi licenziato perché coinvolto nello smantellamento e ridimensionamento postbellico di questa fabbrica.
L’Industria Meccanica Napoletana, inizia nel 1950 a costruire su licenza il motore ausiliario con trasmissione a rullo “Mosquito” di 38 cc. della Garelli. Successivamente realizza un proprio telaio monotrave aperto in lamiera stampata e vende il veicolo completo come “BMG” (Bici Mosquito Garelli).
Nel 1952 nasce il ciclomotore ”Paperino”, che usa ancora il motore Mosquito. Nel 1954 si affiancano il “Superpaperino” ed il “Superpaperino Sport” con motore 2 tempi, 3 marce, sempre realizzati in proprio.
In questo contesto storico si colloca l’avventura del primo progettista di motocicli Ducati. Quando l’azienda, sull’onda del discreto successo del ”Paperino”, decide di entrare nel settore moto si rivolge all’ingegnere Gian Luigi Capellino, (Genova 1909 ÷1992) noto per aver realizzato, nel 1949, la parte ciclistica del “Cucciolo”, la prima vera moto interamente Ducati.
Dopo questa realizzazione l’ingegnoso genovese si separa dalla Ducati e continua in proprio nella progettazione di motocicli, questa volta progettando anche il motore. E' proprio questo personaggio che costituisce il trait d’union, tanto sottile quanto fondamentale, tra la Ducati, anch’essa rilevata da Finmeccanica, e la “Industria Meccanica Napoletana” di Baia.
Nasce così, nel 1953, con motore e telaio a brevetto Capellino, la motoleggera “Baio”, di 100 cc, con motore a quattro tempi ad aste e bilancieri, telaio a travatura centrale e motore applicato a sbalzo. La sospensione posteriore è “cantilever”; la forcella telescopica a perno avanzato. Sarà l’unico motoveicolo prodotto nella località Flegrea che concede, nel nome, un riconoscimento ad un mito locale.
L’originalità del prodotto risiede però nel motore che ha caratteristiche veramente uniche; per ridurre al minimo le parti rotanti il primario del cambio è allocato sul prolungamento a sinistra dell’albero motore mentre le camme sono posizionate sul prolungamento a destra del secondario; il rapporto alesaggio/corsa (52x47) è superquadro e la camera di scoppio è piatta.
A garanzia della qualità del prodotto nel 1954 viene realizzato un raid pubblicitario che porta 3 Baio e 15 Paperino da Baia fino a Trieste e ritorno.
L’azienda raggiunge il culmine della produzione ed i benefici vengono percepiti anche dai dipendenti che usufruiscono di straordinari, cabine al Lido Fusaro, ben fornito ed economico spaccio aziendale, convenzioni, ed altro ancora.
Nel 1955 la IMN realizza il “Baio Sport” e il “Superpaperino Lusso” che riprende le caratteristiche del Paperino normale. Nel 1956, è la volta del “Paperino Sport Super Lusso” di 49 cc a due tempi, cambio separato a tre rapporti, trasmissione a catena e velocità di 70 km/h. Nel 1956, sono prodotti anche un motore di 65 cc a due tempi con cambio a tre velocità, una motoleggera di 65 cc, uno scooter completamente carrozzato con lo stesso motore e una nuova motoleggera di 100 cc con cambio a quattro velocità. Alla fine del 1956, è presentata la moto più interessante, la “Rocket 200”, con motore a due cilindri orizzontali contrapposti di 200 cc, distribuzione ad aste e bilancieri, potenza di 11 CV a 6000 giri/min, cambio in blocco a quattro velocità con comando a pedale e trasmissione finale ad albero con coppie coniche a denti elicoidali. Il telaio è in tubi a traliccio con motore a sbalzo, forcella telescopica anteriore e ammortizzatori posteriori semi-idraulici. Nel 1957, esce il “Paperino Sprint” di 65 cc., di cui verrà venduto anche il solo motore sciolto e viene approntata la “Punch 100”, che adotta la ciclistica della Rocket e la trasmissione a catena.
Tutti questi modelli più recenti però non hanno di fatto un seguito produttivo e già dal 1957 la fabbrica si trova in grosse difficoltà con un elevato numero di dipendenti ma scarse vendite e scarsa penetrazione sul mercato. La IMN ha avuto una breve vita tranquilla fino a quando ha fatto il motore “Mosquito” per conto della Garelli, ed ha poi bissato questo successo con il motociclo “Paperino”. Poi ha pensato di fare la costruzione in proprio della “Baio”, che doveva essere una moto di grande diffusione, ma, se non fosse per un piccolo quantitativo ordinato dal corpo dei Vigili Urbani di Napoli, questa sarebbe quasi sconosciuta al mercato nazionale.
La IMN non ha saputo creare una valida rete di vendita e di assistenza e poi su tale produzione non può poggiare grandi speranze perché ormai le possibilità di mercato dei ciclomotori vanno riducendosi, dopo il boom iniziale. Va anche osservato che in quegli anni vi è una scarsa possibilità di espansione sui mercati stranieri perché l’uso cui in Italia servono le motoleggere sui mercati stranieri viene di già riservato alla macchina utilitaria.
Proprio negli ultimi anni si tenta, con una decina di prototipi e con ulteriore dispersione di risorse, di creare nuovi prodotti nell’inutile tentativo di raggiungere una diversa Clientela.

L’Onorevole Sansone il 13 novembre 1957, in una interrogazione alla Camera dei Deputati, rivolgendosi al Ministro delle Partecipazioni Statali, Giorgio Bo, riferisce:
...Potrei dirle, per esempio, come è congegnato l’ex silurificio di Baia. Vuol sapere quanti uffici vi sono? Un ufficio produzione, un ufficio officina, un ufficio organizzazione, un ufficio vendita, un ufficio acquisti, un ufficio contabilità industriale, un ufficio contabilità commerciale, un ufficio clienti, un ufficio tecnico, un ufficio economato, un ufficio personale.
E con tanta attrezzatura non si è riusciti a vendere il “Paperino” e nemmeno il “Baio”. Perché il “Paperino” non si è venduto? Perché non si è venduto il “Baio”? Perché non si riesce a vendere questi prodotti industriali?
Perché esiste la concorrenza dell’industria privata ed i dirigenti dell‘IRI, legati come sono ai grandi complessi industriali, non si impegnano a fondo affinché le vendite avvengano. Si rende perciò necessario che ella, onorevole ministro, esamini a fondo quali sono le effettive posizioni dei dirigenti della Finmeccanica e quali sono i rapporti tra questi e le industrie private…
Poi l’Onorevole Caprara, sempre rivolgendosi al ministro Bo, riferisce:
…. Le voglio indicare, onorevole ministro, il caso dell’Industria Meccanica Napoletana di Baia. Quale crede che sia la preoccupazione fondamentale dei dirigenti? La preoccupazione fondamentale è quella di ridurre l’attività della commissione interna e fare in modo che certe condizioni favorevoli raggiunte vengano cancellate. Questo è l’obiettivo fondamentale dell’ingegnere Masi, che è andato a dirigere il silurificio di Baia; questa sembra essere la preoccupazione fondamentale di questi dirigenti dell’IRI, non la ricerca di commesse, non l’organizzazione ordinata del lavoro, non la sollecitazione di quel contributo di esperienza che gli operai sono in grado di dare, ma la lotta contro le commissioni interne, contro gli organismi rappresentativi, contro gli operai. Ma che diavolo significa questa politica? Al silurificio di Baia il direttore si è rifiutato di permettere la commemorazione dell’onorevole Di Vittorio, per cui siamo giunti all’assurdo che la Camera italiana unanimemente lo commemora e in una fabbrica dello Stato si rifiuta invece di consentire l’interruzione per qualche minuto del lavoro per questa commemorazione. L’ingegnere Masi ritiene di porsi al di sopra del Parlamento e la commemorazione unanime della figura di Di Vittorio fatta dal Parlamento non lo riguarda, perché egli è solo preoccupato di controllare la commissione interna, di ridurne le possibilità di azione, di stabilire un regime di rigore. Giorni fa l’ingegnere Masi ha licenziato un vecchio operaio specialista, un saldatore, tale Sarnataro, perché il 21 ottobre in quella fabbrica si è verificato uno sciopero di 4 ore attuato dagli operai, che sollecitavano lavoro. L’ingegnere Masi ha giustificato tale licenziamento col fatto che l’operaio Sarnataro sarebbe responsabile dell’inconveniente verificatosi! Qual è tale inconveniente? Lo sciopero stesso! Cioè, il Sarnataro è stato licenziato dal silurificio di Baia perché corresponsabile dello sciopero, che per l’ingegnere Masi è un inconveniente la cui responsabilità, risale al Sarnataro. Onorevole ministro, noi siamo convinti che, se al silurificio di Baia vi è un inconveniente, questo è rappresentato dalla presenza e dalla politica dell’ingegnere Masi. Ecco l’inconveniente, per l’IRI, che bisogna rimuovere!...
L’ultimo intervento è dell’Onorevole Giorgio Napolitano che tra l’altro riferisce:
…I lavoratori si sono sempre battuti perché le aziende napoletane dell’lRI fossero redditizie ed efficienti; siete stati voi, i vostri governi, i responsabili dell’IRI, a lasciare per dieci anni queste aziende alla deriva; a sprecare centinaia di milioni e miliardi. Gli operai napoletani non vogliono avere la carità di continuare a lavorare ad orario ridotto, a cassa integrazione, con la spada di Damocle della smobilitazione dello stabilimento che continui ad incombere sul loro capo. Gli operai napoletani vogliono lavorare in aziende risanate, potenziate, dal punto di vista tecnico e produttivo. Essi si sono sempre battuti e si battono, e noi ci battiamo allo loro testa, per la riorganizzazione e per lo sviluppo dell’industria napoletana……
Questa è la situazione ed il clima che si respira nell’Azienda. Nel 1958 la produzione di motoveicoli viene definitivamente interrotta e la fabbrica chiusa. Una piccola parte del personale passa al Fusaro, presso la nascente “Microlambda” che darà poi vita alla “Selenia”, un’altra parte viene dirottata presso altri stabilimenti dell’IRI, un’altra parte ancora viene forzatamente licenziata.




Giuseppe Peluso
(Collaborazione tecnica di Fabio Avossa)