mercoledì 28 settembre 2011

La "Meta"











Una piccola motonave con un grande passato

Una vecchia cartolina degli anni 50 (foto 1) riprende la Motonave “Meta”, della società di navigazione “SPAN”, attraccata alla banchina del porto di Pozzuoli. Io la ricordo come fosse oggi e ricordo che mio Padre, indicandola, mi disse: 
Vedi quel vaporetto? Come tanti altri della “SPAN”, ha servito da nave ospedale durante la guerra.
Questa affermazione già allora attirò la mia curiosità e mi spinse ad informami del suo passato.
La “S.P.A.N. – Società Partenopea Anonima di Navigazione” è costituita a Napoli il 10 dicembre 1925 dai fratelli Piscitelli, in società con i fratelli Laudiero e altri. Subito sottoscrive una ventennale convenzione per l’esercizio delle linee di navigazione e dei servizi marittimi sovvenzionati con le Isole Partenopee e Pontine. La “SPAN”, all’atto della sua nascita acquisisce nove vecchi piroscafi della cessata “Società Napoletana di Navigazione a vapore”. Subito ne vende alcuni per demolizione, tra i più usurati, e ne acquista qualche altro di seconda mano ma con meno anni di navigazione. Nello stesso tempo viene varato un nuovo piano ed è ordinata la costruzione di un piroscafo da 360ton battezzato “Capri” e di quattro nuove motonavi gemelle da 243ton. Queste sono ”Meta”, “Epomeo”, “Equa” e “Sorrento”, tutte varate a Taranto ed entrate in servizio a febbraio e marzo del 1930. Segue la costruzione di altre nuove unità e la cessione di altre più vecchie; alla vigilia del conflitto mondiale la flotta sociale si presenta numerosa e moderna.
Le navi della “SPAN” svolgono per anni la loro funzione originaria finché, sorte comune a tante altre navi mercantili, vengono requisite per l’inizio della seconda guerra mondiale e quindi trasformate, armate e riadattate a svolgere compiti militari. Alcune unità prestano servizio come Posamine Ausiliari, altre come Dragamine Foranei, altre come Caccia Anti Sommergibile ed altre ancora come navi Ausiliari Sanitarie. Queste ultime sono impiegate in missioni di soccorso e ricerca sia di naufraghi che di pilota abbattuti.
In particolare, limitandoci alle quattro unità di questa classe, la “Meta” in data 24 maggio 1940 è requisita a Napoli dalla Regia Marina e trasformata in dragamine foraneo e denominata “F.55”. Il 2 ottobre 1940 è restituita alla navigazione civile per poi essere nuovamente requisita l’11 marzo 1941 ed essere inserita nel naviglio ausiliario. Questa volta con una nuova destinazione; riclassificata “S.4”, diviene una nave soccorso (foto 2). Gli inglesi non considerano le navi soccorso come navi ospedale, e dunque le attaccano spesso. Durante la battaglia di “Mezzo Giugno”, il 15 giugno 1942, la “Meta” è attaccata da aerei dopo che ha recuperato 205 marinai del cacciatorpediniere britannico “Bedouin” affondato da navi e aerei italiani nello scontro di Pantelleria. Un secondo attacco, con il mitragliamento della nave che causa un morto e sei feriti, si verifica il 22 gennaio 1943, durante le operazioni di evacuazione della Tripolitania. Il peggioramento dell’andamento bellico vede questa motonave sempre più impegnata nel suo compito di recupero e salvataggio. Il 9 settembre 1943 l’armistizio sorprende la “Meta” a Viareggio. Qui riceve l’ordine di raggiungere La Spezia dove, non potendo salpare, l'equipaggio è costretto a sabotarla prima di doverla forzatamente abbandonare. In data 1 luglio 1944 viene affondata da un attacco aereo alleato.
La gemella “Epomeo” il 13 maggio 1940 è requisita a Napoli dalla Regia Marina, ed il 1° giugno entra in servizio direttamente come nave soccorso venendo classificata con la sigla “S.2”. All'armistizio si trova ai lavori a Livorno, e lì è catturata dai tedeschi, che il 10 settembre 1943 la affondano per ostruirne l'ingresso del porto.
La “Sorrento” è pure essa requisita dalla Regia Marina ed entra direttamente in servizio come nave soccorso. Viene classificata con la sigla “S.7”. E’ l’unica unità di questa classe che non viene affondata e sarà tra le prime unità ad essere derequisita.
La quarta unità della classe, la “Equa”, il 13 maggio 1940 viene requisita a Napoli dalla Regia Marina ed entra a far parte del naviglio ausiliario per la vigilanza foranea con sigla “F.43”. Il 2 ottobre 1940 è restituita alla navigazione civile per poi essere nuovamente requisita l’11 marzo 1941 ed essere inserita nel naviglio ausiliario; questa volta con una nuova destinazione. E’ infatti trasformata in caccia antisommergibili e viene classificata con la sigla “AS.105” (foto 3). Le sue caratteristiche tecniche, lunghezza di 39,48mt, larghezza di 6,83mt, altezza di 3,05mt e pescaggio di 2,56mt, ma soprattutto grazie ai due motori diesel da 680 cavalli per asse che le garantiscono una velocità di 12 nodi, la rendono un’unità di tale maneggevolezza da essere estremamente efficace e pericolosa nella caccia ai sommergibili avversari. A queste caratteristiche contribuiscono anche l’aggiunta di un cannone da 100mm a prua, due mitragliatrici da 20mm e l’apparato antisom a poppa con la nutrita dotazione di bombe di profondità. Dopo l’8 settembre 1943 viene catturata dalla “Kriegsmarine” e poco dopo i tedeschi la cedono alla rinata “Scuola Antisommergibili” degli incursori della Marina della Repubblica Sociale Italiana. Nella notte tra il 18 ed il 19 aprile 1944, una nottata scura con scarsissima visibilità, viene speronata, davanti al porto di La Spezia, dall’unità “UJ.2220”, un caccia sommergibile tedesco, che si accorge della sua presenza solo quando è troppo tardi per qualsiasi manovra. La “Equa”, dopo lo speronamento, continua a navigare e si inabissa davanti a Rio Maggiore; a 1,8 miglia da Punta Montenegro. Non ci sono vittime poiché tutti gli uomini a bordo dell’Equa sono tratti in salvo da una “Marinefahrprahme”, un mezzo da sbarco tedesco, che incrocia nella zona.
Verso la fine della guerra, nel dicembre 1944, la “SPAN”, dispone solo di 5 unità tutte logore per il servizio prestato in condizioni estreme. Nel maggio 1945 è derequisita la “Sorrento” che dopo alcune riparazioni a Taranto rientra in servizio a giugno 1946. Nel gennaio 1946 vengono derequisiti il Piroscafo “Regina Elena” e la Motonave “Principessa di Piemonte” che, dopo i necessari lavori, rientrano in linea ad aprile e luglio. Dal ottobre 1946 la Società può contare anche sul piroscafo “Partenope” derequisito a fine agosto 1946. Contemporaneamente, per mancanza di naviglio, iniziano i lavori di recupero di alcune navi affondate. Il piroscafo “Capri” che giace affondato a Baia viene rimesso a nuovo e riprende servizio nel luglio 1947. Nell’ottobre dello stesso anno viene recuperata alla Spezia, dai bassi fondali su cui giace da vari anni, la motonave “Meta”. Dopo sette mesi di lavori viene rimessa in servizio nel maggio 1948 e con la “Sorrento”, unica altra superstite della classe, ritorna a svolgere il suo compito civile. Ora sono tutte dipinte di bianco, contrariamente all’anteguerra quando avevano scafo in nero e sovrastrutture in bianco.
La “Meta” è, per lunghi anni, titolare della linea Pozzuoli – Procida - Ischia e solo in caso di necessità viene sostituita dalla gemella. Su questa linea la motonave, come le precedenti e poi le successive sostitute, viene chiamata la “Cumana”, a ricordo dell’originario tragitto Torregaveta - Ischia che la “SPAN” effettuava quale naturale continuazione della “Ferrovia Cumana” Napoli - Torregaveta. Io ricordo la Motonave “Meta” attraccata all’allora stretta banchina, alle spalle della Chiesa di Santa Maria, ed ammiravo il suo equipaggio, ufficiali e marinai, che indossava una elegante uniforme; sembravano militari ed i comandi venivano dati dal nostromo con un fischietto che emetteva un suono modulato. In tutto questo si differenziava dalle altre poche motobarche in legno, che facevano servizio da Pozzuoli verso le isole flegree, i cui equipaggi erano vocianti e trasandati. Le motobarche trasportavano isolani e merce, specialmente bovini, ceste e botti; invece le bianche motonavi della “SPAN”, dette anche “Postali” trasportavano i primi eleganti e benestanti turisti. Spesso si notava la presenza di qualche personaggio che oggi potremo definire “VIP”. Ricordo che nella stagione calda, poco prima della partenza, con i passeggeri di già a bordo, c’era sempre una banda di scugnizzi che dalla banchina, oppure aggrappati a qualche altra motobarca, incitavano i viaggiatori a gettare qualche soldo in acqua. Appena la moneta si inabissava un gruppo di ragazzi si tuffava rapidamente e poi il più svelto riaffiorava con in bocca l’ambito metallo. In quelle lontane estate a cavallo del 1960 il motto della mia e di molte altre famiglie era “Vacanze in Città”; pertanto uscivo da “Villa Maria” e mi dirigevo alla “marina”. Questa motonave mi incuriosiva anche per il suo silenzioso trascorso da relitto sotto’acqua. Il mio sommo piacere era poi ritrovare affiancate, in banchina, la “Meta” e l’elegante panfilo “Sereno” di proprietà del “cummenda” Angelo Rizzoli; ma questo sarà l’oggetto di un prossimo articolo. Non ho immagini delle due unità riprese a Pozzuoli, ma la foto n. 4 mostra il “Sereno” e la “Meta” attraccate in banchina nel porto di Ischia.
Agli inizi degli anni 60 piccoli armatori privati iniziano la grande avventura del trasporto auto a mezzo di traghetti man mano sempre più attrezzati. Alla fine di quegli stessi anni, per fronteggiare la richiesta di trasporto di autoveicoli, tutte le unità più moderne della “SPAN”, vengono provviste di una rampa poppiera per l’imbarco di veicoli. La “Meta”, che nel 1972 ha quarantadue anni e la poppa non adatta a subire questo genere di trasformazioni, viene ceduta alla Società di Navigazione “Lignano Marittima”. Solo per qualche anno ancora continuerà a navigare nella laguna di Venezia.

Giuseppe Peluso

lunedì 12 settembre 2011

Accademia Aeronautica
















Scugnizzi gentiluomo a Pozzuoli




La Regia Aeronautica viene istituita il 28 Marzo 1923 conglobando in un'unica Forza Armata Autonoma le strutture ed i velivoli dell'Esercito e della Marina Militare. Subito dopo, il 5 Novembre 1923, viene decisa la istituzione dell’Accademia Aeronautica con il compito di formare i giovani Ufficiali. Viene stabilito che il corso regolare sarebbe durato tre anni e che la nomina a Sottotenente sarebbe avvenuta dopo aver superato gli esami finali ed aver conseguito il brevetto di Pilota Militare.

Inizialmente l’Accademia Aeronautica è, per il tempo necessario alla sua emancipazione, ospite dell’Accademia Navale di Livorno; e questo anche in previsione che nei primi anni il numero degli Allievi non sarebbe stato alto. Nel contempo è avviata la ricerca di una sede idonea. Prevale l’idea di ricorrere ad una costruzione nuova da creare sull’aeroporto di Napoli Capodichino e la cui prima pietra viene posta il 28 giugno del 1925. In occasione del primo anno accademico nel 1923, viene ideata una cerimonia di battesimo per il primo corso, durante la quale alla classe viene consegnato un gagliardetto e attribuito un nome. Iniziando con l'ordine alfabetico il corso viene contraddistinto con il nome “Aquila”. Da quel momento, ogni anno, al corso arruolato si continua ad assegnare un nome in ordine alfabetico e un motto, nonché un colore. L'anno successivo inizia il corso “Borea”, poi il corso “Centauro”; procedendo fino alla "Z" con il corso “Zodiaco”, saltando però la lettera “H” e la lettera “Q”. Nel 1943 dopo il corso “Zodiaco”, viene deciso di ricominciare dall'inizio nominando i nuovi corsi con lo stesso nome, ma aggiungendo un numero per simboleggiare la generazione successiva. Il corso di quell'anno viene quindi chiamato “Aquila II”.
Dopo tre anni di fattiva ospitalità presso l’Accademia Navale di Livorno, a causa dell’impossibilità di ulteriore coabitazione per l’incremento di allievi previsto per ambedue le Accademie, è giocoforza trasferire l’Accademia Aeronautica in un’altra sede prima che fosse pronto l’anzidetto edificio di Capodichino. Così viene adattata un’ala del palazzo della borbonica reggia di Caserta ove ufficialmente l’insediamento avviene il 15 ottobre del 1926 con il trasferimento della Bandiera dell’Istituto. L’inaugurazione della sede di Caserta ha luogo il 10 dicembre 1926, in concomitanza del giuramento dei Corsi “Centauro” e “Drago”, alla presenza del Sottosegretario di Stato per l’Aeronautica, Italo Balbo. Relativamente alla istruzione al volo, il poter disporre del vicino aeroporto di Capua e quindi di una propria scuola di pilotaggio permette, contrariamente che a Livorno, di licenziare gli allievi già in possesso del brevetto di pilota militare. Iniziano gli anni nei quali, per la politica colonialista e guerriera del regime fascista e gli impegni militari che da questa scaturiscono, vi è un notevole aumento delle immissioni di allievi in Accademia. Praticamente in breve tempo Caserta è costretta a far fronte alle cresciute esigenze organiche della Regia Aeronautica. A tale scopo si ottiene l’assegnazione dell’intero palazzo reale vanvitelliano, ove la cifra annua degli allievi è quadruplicata. In effetti questa sistemazione, che doveva essere transitoria in quanto funzionalmente non del tutto adeguata, si protrae fino al 1943 poiché il complesso, appositamente progettato, di Capodichino è ritenuto, in corso d’opera, inadeguato per dimensioni e spazi facendo così decadere il progetto di trasferirvi l’Accademia. Esso non garantisce gli spazi necessari mentre la reggia di Caserta si. La Reggia fa anche da scenario al film propagandista “I tre aquilotti” del 1942 che ha nel cast il giovane Alberto Sordi alle prese con le prime esperienze cinematografiche.
Nell'agosto del 1943, urgenze di carattere bellico a seguito della conquista della Sicilia da parte degli Alleati ed ai bombardamenti su Napoli e Caserta, costringono l'Istituto a trasferirsi presso il Collegio Aeronautico di Forlì dove l'Accademia resta fino al 10 settembre, data in cui ogni attività viene temporaneamente sospesa a seguito della confusione scaturita dopo la firma dell’armistizio che spacca letteralmente l’Italia in due. Gli allievi sono invitati a lasciare l’Istituto e a raggiungere le famiglie. In quel frangente alcuni allievi originari del sud Italia, al termine della licenza, confluiscono al centro di raccolta di Brindisi ove il 7 novembre 1943 l'Istituto riprende a funzionare presso il locale Collegio Navale, con notevoli difficoltà e privo degli allievi rimasti al nord. In questo stesso Collegio si è nel frattempo ricostituita anche l'Accademia Navale che ha dovuto lasciare la sede di Livorno.
A guerra finita, nel novembre 1945, l'Accademia Navale torna alla sua sede di Livorno e quella Aeronautica si stabilisce a Nisida, in quanto da ottobre 1943 nella reggia di Caserta si è installato il Quartier Generale Alleato. Dalla sistemazione improvvisata di Brindisi si passa quindi a quella precaria di Nisida ove la superficie a disposizione è ridottissima, mancano edifici e spazi per le attrezzature didattiche e sportive e per le attività di supporto logistico; di campo di volo neanche parlarne. Tutto è ridotto ai minimi termini e sacrificato; per svolgere l’attività di volo si utilizza il lontano aeroporto di Pomigliano d’Arco.
L’Accademia dovrebbe spostarsi a Firenze presso gli edifici della Scuola di Applicazione, nonostante la scomparsa del Quartier Generale Alleato, ma le forti pressioni delle autorità napoletane ne vanificano il trasferimento per ottenerne la sua sistemazione definitiva nell’area partenopea. La soluzione della reggia di Caserta è infatti abbandonata perché ritenuta più idonea per soddisfare le esigenze della Scuola Specialisti dell’Aeronautica Militare Italiana che, avendo un numero di frequentatori decisamente superiore a quello previsto per la ricostituita Accademia, necessita di spazi maggiori.
Nell’impossibilità di poter tornare a Caserta, si parla di utilizzare la Reggia di Capodimonte oppure la villa vesuviana della Favorita ad Ercolano; ma alla fine continua a rimanere a Nisida in quanto si decide di attendere i fondi per la realizzazione di una nuova sede. A Nisida l’Istituto rimane, contro ogni logica e fra mille difficoltà, fino al dicembre del 1961.
La scelta, dovendo rimanere nelle vicinanze di Napoli, cade su un terreno quasi a picco sul mare ubicato sul Monte Olibano vicino alla Solfatara, facente parte del Comune di Pozzuoli e per due terzi di proprietà demaniale. Esattamente in Località Cariati, dalla villa della nobile Famiglia napoletana Spinelli di Cariati che sorge sulla cima. La cartolina n. 1, dei primi anni 50, mostra il Monte Olibano ed in cima si nota l’esistente “Villa Cariati”. Sul terreno di questa villa, nel corso della “Seconda Guerra Mondiale” si installa la 186° Batteria, con pezzi pesanti da 76/40, del LXXIV Gruppo inserito nella 19° Legione della Milizia Artiglieria Contraerei. Nel periodo bellico sull’esterno di “Villa Cariati” si può leggere il motto “CREDERE OBBEDIRE COMBATTERE”; identico a quello che a “Villa Maria” è però trascritto all’interno della seconda scala; quella al servizio della locale “Scuola Marittima”.
La posa della prima pietra avviene il 10 dicembre 1957 e la cartolina n. 2, degli inizi anni 60, mostra l’Accademia in costruzione con varie gru in azione. Il trasferimento degli allievi in quella che sarà la sede definitiva avviene giusto cinquant’anni fa tra la fine del 1961 ed il gennaio 1962. Nella primavera del 1962 c’è il Giuramento del Corso “Zodiaco II”. Poi il 15 maggio 1963 il Presidente della Repubblica Antonio Segni vi tiene a battesimo il corso “Aquila III”; il primo che inizia il completo ciclo a Pozzuoli. L’odissea dell’Istituto è finalmente finita. La struttura è sicuramente posizionata in un invidiabile sito dal punto di vista paesaggistico in quanto domina la baia di Pozzuoli e la distesa di mare comprendente le isole di Nisida, Capri, Ischia e Procida. La cartolina n. 3 mostra l’Accademia completata con le caratteristiche soluzioni architettoniche ed ingegneristiche di avanguardia che la contraddistinguono per la quantità e razionalità degli edifici e degli spazi, costruiti per soddisfare appieno le esigenze didattiche degli allievi. Altrettanto, però, non si può dire sulla sua funzionalità se si considera che non dispone nelle vicinanze di un proprio aeroporto per poter svolgere l’attività principe del massimo istituto aeronautico; l’attività di volo. Gli allievi, per frequentare la scuola di pilotaggio, debbono sempre affrontare trasferimenti più o meno lunghi e dal dopoguerra la sede della scuola di volo subisce continui cambiamenti; Pomigliano d’Arco, Lecce, Grazzanise, Alghero, Latina, ecc. Il peregrinare da un aeroporto ad un altro alla ricerca di una sede idonea per il conseguimento dei brevetti di volo comporta continui aggiornamenti del piano degli studi.
Comunque l’Accademia è stata e resta una istituzione completamente estranea alla vita cittadina puteolana. Certamente è una notevole passerella con valenza internazione per i nostri amministratori politici ed apostolici nei rari momenti in cui sono chiamati a presenziare a qualche cerimonia ufficiale. La presenza di questa struttura non ha apportato visibili e concreti benefici alla collettività locale. Solo verso la metà degli anni 90 ci sono state varie forme di collaborazioni, di livello culturale, che poi comunque non sono state seguitate. Rigide restano le limitazioni imposte a cadetti e personale militare, alla loro libertà ed a quella di poter liberamente usufruire della città di Pozzuoli. Si dice che l’Accademia sia per tutti, ma non tutti sono per l’Accademia. Non rari i casi di abbandono, specialmente iniziali. Resta valido ciò che disse un ex cadetto; si entra scugnizzo e si esce gentiluomo. Al termine del corso il cadetto è pronto per il romantico ballo con le debuttanti ma anche per il mortale ballo nei cieli della Libia e dell’Afganistan.
Quando nel 1962 l’Accademia inizia la sua attività, in questa nuova sede, nell’Aeronautica Militare Italiana ci sono ancora ufficiali che, come allievi, hanno frequentato i corsi a Nisida, oppure a Brindisi, oppure a Caserta ed alcuni a Livorno nei tre anni iniziali. Oggi nell’Aeronautica Militare non ci sono più ufficiali, tra quelli in servizio, che siano stati cadetti in altre Accademie; tutti hanno frequentato solo Pozzuoli.





Giuseppe Peluso





Spunti e dati storici da “ L'Accademia Aeronautica e la formazione militare e culturale in A.M. tra storia ed attualità” del Generale di B.A. Euro Rossi