Secondo Centro Carri Armati
Il Duce vuole costruirlo a
Pozzuoli
In merito alla produzione di corazzati resta
ancora oscura ed incomprensibile la vicenda legata all’approntamento del secondo,
e tardivo, centro costruzione carri armati allestito presso lo stabilimento
Ansaldo di Pozzuoli.
Analizzando la costruzione dei mezzi
corazzati italiani, nel periodo 1939-1943, si nota che essa è contrassegnata da
gravi errori di indirizzo tecnico e strategico da parte dei vertici
dell’Esercito. C’è una iniziale scarsa fiducia nei carri armati da cui deriva
una ridotta consistenza delle ordinazioni che, nell’imminenza del conflitto,
ammontano a soli 100 esemplari per il modello “M11” ed a 500 esemplari per il modello “M13”.
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Ci
sono numerosi e frequenti cambiamenti di programmi e di allestimenti imputabili
alla scarsa competenza dei generali che debbono decidere l’evoluzione tecnica
dei materiali.
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C’è
l’opposizione, nel prosieguo del conflitto, alla riproduzione su licenza in
Italia di carri medi e pesanti tedeschi.
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C’è
la contrarietà, ribadita varie volte negli anni 1940 e 1941, alla costruzione,
da parte dell’Ansaldo, di un secondo centro produttivo di mezzi corazzati a
Pozzuoli.
Il complesso industriale “Gio.Ansaldo & C”
è fondato a Genova il 17 agosto del 1852 dal direttore di banca Carlo Bombrini,
dall’armatore Raffaele Rubattino, dal finanziere Giacomo Penco e da Giovanni
Ansaldo; che ci mette il nome.
Il giovane e brillante ingegnere Ansaldo,
professore di geometria alla università torinese, è imposto dall’allora ministro
Cavour che promette alla neonata società consistenti commesse statali. Scopo
dell’attività è la costruzione di motori e locomotive; attività che poi, nel
tempo, si allarga alle costruzioni navali, al minerario, all’elettrotecnico,
agli aerei, alle automobili, agli armamenti.
Dopo che sfuma la
possibilità di un’intesa con la
Terni , per la fornitura delle corazze, nel 1903
l 'Ansaldo
si accorda con la “W. G. Armstrong Whitworth & C. Ltd”, proprietaria dello
stabilimento di Pozzuoli, dando vita alla “Società Gio. Ansaldo Armstrong &
Co”, un complesso industriale con una capacità di impiego di 16.000 operai. Ma il rapporto con la
Armstrong non è duraturo perché l’impresa britannica non è
disposta a cedere a prezzi di favore le corazze ed emergono differenti vedute
anche nelle forniture di armi. Pertanto nel 1912
l 'accordo
viene sciolto e l'Ansaldo riassume la precedente ragione sociale continuando la
sua ascesa che la porta ad occupare, nel 1918 al termine della prima guerra
mondiale, circa 80.000 dipendenti.
La crisi che segue il primo conflitto
mondiale innesca però una serie di eventi negativi per cui l’azienda ne esce
mutilata. Il salvataggio da parte dello stato la porta sotto l’egida dell’IRI
che le impone di assumere il controllo degli stabilimenti ex Armstrong di
Pozzuoli; anch’essi chiusi per la mancanza di commesse belliche.
Dopo vari tentativi condotti in proprio
l’Ansaldo entra, all’inizio degli anni trenta, nel settore dei carri armati
leggeri con una licenza della britannica Carden Loyd. In seguito, con la più
sostenuta richiesta di questo tipo di veicolo, costruisce carri progettati
assieme alla Fiat. La casa torinese fornisce l’apparato motore e gli organi di
trasmissione e l’Ansaldo realizza e collauda scafo, cingoli e armamento
All’inizio del secondo conflitto mondiale la
produzione è accentrata in un unico polo (Fiat di Torino che, tramite la sua
affiliata S.P.A. “Società Piemontese
Automobili”, costruisce carri leggeri e blindati e Ansaldo Fossati di
Genova Sestri Ponente che costruisce carri armati medi) e nonostante
l’insufficiente produzione non si vuole realizzarne in tempo utile un secondo a
Pozzuoli (adattando gli stabilimenti Ansaldo ex Armstrong) o a Bolzano (presso
la filiale Lancia specializzata nella costruzione di veicoli industriali).
Sebbene la limitata entità delle singole
ordinazioni conferite non giustifichi un ampliamento degli impianti l’Ansaldo, immedesimata
dall’importanza preminente di questa produzione, più volte propone al Ministero
della Guerra l’avvio di un secondo centro produttivo presso il suo stabilimento
artiglierie di Pozzuoli. E questo sia per aumentarne eventualmente la
produzione sia per la maggior sicurezza della cittadina flegrea, ad eventuali
offese nemiche, nei confronti degli impianti di Sestri Ponente vicini alla
frontiera francese.
Nel febbraio 1940, con l’Italia non ancora in
guerra, è presentata una proposta esplicita per la costituzione di detto centro
ma il Ministero della Guerra la respinge prevedendo che il fabbisogno di carri
armati non debba superare le ordinazioni in corso.
La proposta è nuovamente ripresentata
dall’Ansaldo con lettera del 20 agosto 1940, con l’Italia ormai scesa in
guerra, ma è nuovamente declinata dal Generale Soddu, Sottosegretario alla
Guerra, che con una sua lettera del 13 settembre dichiara:
“Le
attuali possibilità di montaggio sono largamente sufficienti al bisogno e
pertanto non sussiste oggi alcuna convenienza di realizzare un nuovo centro a
Napoli.”
In un promemoria al Duce, del 8 ottobre 1940,
il Ministero della Guerra dichiara che la proposta dell’Ansaldo è stata
declinata e lo stabilimento non si farà ne a Pozzuoli ne altrove. Chiarisce che
l’atteggiamento del ministero è giustificato dalla constatazione che la
produzione di corazze non possa essere ulteriormente incrementata non
consentendo, quindi, un aumento di produzione di carri armati.
I vertici militari lamentano la scarsità di
metallo, di carburante e di motori adatti; ma questi sono alibi che non convincono.
Vero è che l’Italia non produce la quantità di metallo della Germania ma è pur
vero che non ha la produzione di carri tedesca. Dopo tutto l’Ansaldo, nel
chiedere di ampliare le commesse di “M13”
e di creare il nuovo polo carristico di Pozzuoli, non lamenta la mancanza di
metalli di cui sa che esistono scorte e possibilità di incremento.
A questo scopo nel mese di ottobre 1940 il
Ministero delle Finanze, che controlla il gruppo I.R.I. che a sua volta
gestisce l’Ansaldo, rappresenta direttamente al Duce che le acciaierie di Terni
e quelle delle S.I.A.C. di Cornigliano possono incrementare la produzione di
corazze e rendere quindi possibile realizzare il nuovo centro di Pozzuoli. Il
Duce autorizza espressamente l’iniziativa e di conseguenza invita il generale
Soddu a mettersi in contatto con il Ministro delle Finanze Thaon di Revel.
Quindi, con lettera del 28 ottobre 1940, il
ministero della guerra scrive:
“Visto
dal Duce; desidera che il centro montaggio di Napoli sia realizzato.”
A questo punto l’Ansaldo presenta al “FabbriGuerra”
(sottosegretariato di stato per le fabbricazioni di guerra trasformato nel 1943 in Ministero della
Produzione Bellica – “MiProGuerra”) la richiesta dei materiali occorrenti per
l’impianto ma la Direzione
Generale della Motorizzazione del Ministero della Guerra
comunica di non ritenere necessaria la costruzione del centro suddetto.
Pertanto l’assegnazione dei materiali non ha corso e l’impianto, contrariamente
al desiderio del Duce, non viene iniziato.
Intanto al sottosegretario generale Soddu
succede il generale Guzzoni e l’Ansaldo non manca di sollecitargli con
insistenza l’autorizzazione a costruire il secondo polo di Pozzuoli per
aumentare la produzione di carri armati. Questa nuova richiesta è appoggiata
dall’I.R.I. e dal suo presidente Professor Giordani; ma ne ottengono ancora
solo dinieghi.
Riuscite vane tutte le insistenze, in data 15
maggio 1941, il ministro Thaon di Revel presenta un nuovo promemoria al Duce il
quale lo passa al Ministero della Guerra. Questo con lettera del 29 maggio 1941
conferma ancora che:
“Ragioni d’indole
varia consigliano di non considerare per il momento la creazione di alcun nuovo
centro di produzione carri armati.”
L’Ansaldo, sempre più convinta della
necessità di aumentarne la produzione, approfitta dei cambi negli alti vertici
militari e rinnova la sua proposta al nuovo capo di stato maggiore generale, Ugo
Cavallero.
Finalmente il 21 agosto 1941, dopo i molti
tentativi andati a vuoto, Cavallero dà l’ordine verbale al Ministero della Guerra
ad al “FabbriGuerra” di autorizzare l’impianto; autorizzazione concessa
ufficialmente dal Ministero delle Corporazioni in data 8 ottobre 1941, venti
mesi dopo la prima proposta Ansaldo.
Ormai i rovesci subiti su vari fronti di
guerra hanno indotto i vertici a incrementare la produzione dei carri armati
della cui utilità si son resi conto dopo aver assistito al loro risolutivo utilizzo
sia da parte di Rommel sia da parte britannica che con pochi corazzati ha
spazzato via le appiedate “otto milioni di baionette” italiane.
Il “FabbriGuerra” accorda i materiali ed i macchinari per il centro
montaggio carri armati di Pozzuoli la cui costruzione inizia nel corso del 1942
e prosegue nel 1943.
Da segnalare che ancora nel 1943 permane lo
scetticismo sulla necessità di questo nuovo stabilimento; il nuovo ministero “MiProGuerra”,
anche per dare un senso alla sua esistenza, riferisce:
“I
nuovi impianti per la produzione di scafi per carri armati in corso di
esecuzione a Pozzuoli costituiscono una riserva per l’eventualità di danni agli
stabilimenti di Genova-Sestri, la produzione dei quali è più che sufficiente
per far fronte alla corrispondente produzione.”
Nell’estate 1943 a Pozzuoli le linee di
montaggio sono allestite e le maestranze sono state addestrate per questa nuova
esigenza; ma è ormai troppo tardi. Ora ci si rende conto che sarebbe una pazzia
continuare la produzione sia di carri medi tipo “M”, non più all’altezza dei
similari stranieri, sia di carri pesanti tipo “P”, già sorpassati al momento di
entrare in linea.
Di fronte alle sollecitazioni dei militari di
disporre entro il 1943 di carri armati pesanti l’ingegner Agostino Rocca,
amministratore delegato dell’Ansaldo dal 1935 a fine guerra, nel dicembre 1942 ammette
sconsolato:
“In
queste condizioni, malgrado il più vivo desiderio, come Ansaldo, di fornire al
nostro Esercito tutti i mezzi corazzati ad esso necessari, come è consentito
dalla nostra potenzialità, che già ora non è pienamente utilizzata, e lo sarà
ancora sensibilmente meno dei prossimi mesi, mentre si approssima l’ultimazione
del secondo centro di Pozzuoli, che aumenterà notevolmente la nostra capacità
produttiva, devo in coscienza ammettere che l’unico modo di fronteggiare tali
necessità consisterebbe nell’ottenere subito dal nostro alleato la cessione di
un congruo numero di carri PzIV.”
Il secondo centro è pronto ad entrare in
funzione nel luglio del 1943 ma intanto gli alleati sono sbarcati in Sicilia,
Mussolini è caduto, ed i tedeschi non sono più disposti a concederci la
costruzione dei loro “Panther”. Pochi giorni ancora ed i macchinari saranno in parte
depredati ed in parte distrutti dalla Wehrmatcht in fuga.
Solo nell’immediato dopoguerra i neo
costituiti Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli riprogettano la ricostruzione del
2° centro che viene però adibito alla sola riparazione di carri armati ceduti
dalle forze alleate al nuovo Esercito Italiano.
BIBLIOGRAFIA
Filippo Cappellano – Produzione bellica
1940/1943 – Storia Militare Dossier
Giuseppe Peluso – Corazzati Italiani –
Articolo su Blog
Gennaro (Rino) Chiocca – Sezione SMP – Collezione
personale
Peluso Giuseppe – Pozzuoli Magazine
del 4 maggio 2013
Interessante come venga sempre fuori qualcosa di nuovo, e d'interessante andando a studiare l'industria nell'area napoletana. Resta la constatazione che l'industria italiana del '900 è stata quasi sempre limitata, come capacità produttiva, rispetto ai maggiori concorrenti stranieri, e la Seconda guerra mondiale ne ha dato una dimostrazione palese e dolorosa.
RispondiEliminaComplimenti per la bella ricerca.
Un saluto.
Grazie del commento. Ti scrivo a parte per alcune cose. Saluti
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