Il sarcofago di Prometeo
Miti e misteri di un capolavoro puteolano
Di particolare bellezza ed eleganza è il
quarto rinvenuto sarcofago che misura 10 palmi di lunghezza, largo 3 e mezzo,
alto 7. E’ scolpito ad altorilievo, probabilmente in un laboratorio romano, risale
al quarto secolo dopo Cristo e con la sua presenza a Pozzuoli in età tarda testimonia
della ancora vivace vita culturale nella nostra città.
Gli storici tutti affermano che il sarcofago
rappresenta il mito di Prometeo; per alcuni è la “creazione dell’uomo”; per
altri, in contrasto con la precedente ipotesi, è “la divinizzazione dell’uomo” dopo la morte.
A seconda di una dottrina o dell’altra il corpo
disteso rappresenterebbe un giovane all’atto della nascita o all’atto della sua
morte. Di conseguenza il barbuto Dio centrale, su cui il simulacro poggia la
testa, rappresenterebbe il Sonno oppure Prometeo.
Più o meno invariato resterebbe invece il
riconoscimento di tutti gli altri personaggi, che son veramente tanti e di
pregevole fattura.
Non sono un esperto ma, particolarmente colpito
nell’ammirare questo capolavoro presso il Museo Nazionale di Napoli; gradirei
far partecipe gli amici di questa mia esultanza.
Per assolvere questo compito racconterò l’appassionata
descrizione che ne fa Lorenzo Palatino nella sua “Storia di Pozzuoli e
Contorni” scritta nel 1826 poco dopo il ritrovamento; ovvio però qualche altro accenno
là dove sussistono discordanze.
1 - L’eroe
giacente
Altre ipotesi riferiscono
trattarsi del fantoccio di creta, rigidamente disteso, del primo uomo cui
Prometeo si accinge a dar la vita immettendo il soffio vitale. Da questo nasce
il suo mito.
2 - Il
Sonno
Il barbuto dio del Sonno ha
sulle sue ginocchia la testa dell’eroe giacente. Egli sta seduto a terra fisso
ed immobile, con il busto lievemente inclinato in avanti, intento ad esaminare il
giovane morto. Con la destra preme la sommità della sua barba
e poggia la palma della mano sinistra sulla tempia del cadavere.
Secondo altre ipotesi
rappresenta Prometeo intento ad osservare la sua creatura, l’uomo in terracotta
disteso ai suoi piedi, cui darà il soffio della vita.
3 - Fama
Una divinità allegorica che
personifica la voce pubblica. E’ raffigurata con le ali, come l’immaginava la
mitologia romana, ed è in alto, al centro della scena. Suona la tromba per
annunciare la morte dell’illustre personaggio.
4 – Giove
Il sommo fra i numi, invita
e riunisce gli altri dei per l’apoteosi dell’eroe morto. Ha il volto maestoso e
compiacente e la testa coronata di quercia. Con la sinistra tiene uno scettro e
con la destra una tazza, ovvero una patera usata per versare liquidi durante i
sacrifici rituali. Da questa versa l’ambrosio sul nudo corpo dell’eroe
giacente.
5 - Giunone
La moglie di Giove si trova
alla sua destra in aspetto dignitoso. Con la mano sinistra sostiene lo scettro
e con la destra porge a Mercurio una borsa piena di denaro con
cui riscattare da Ade la vita dell'uomo.
6 - Cibele
Dietro Giove e Giunone c’è Cibele, la grande madre degli dei,
con torre in testa ed in aspetto pietoso e compassionevole. Probabile, per
altri, che sia Afrodite la Dea della Sessualità. Ma la corona turrita non
lascia dubbi che sia Cibele come riferisce il Palatino.
7 - Parca
Dietro la testa del morto si
trova l’inflessibile Parca dea tutelare della nascita. Essa, dondola
leggermente la testa e, eseguendo i decreti del destino, con la conocchia e con
il fuso nelle mani torce il corso della vita su di esso.
8 - Mercurio
Mercurio con sulla testa il
Pegaseo, l’alato cavallo di Pegaso. Ha il Caduceo, bastone con due serpenti
attorcigliati, nella sinistra e con la destra riceve la borsa che gli porge
Giunone. La borsa passa al di sopra della testa della Parca, onde placarla; ma
costei si dimostra in atto di non volere ascoltare né parole né doni. Diversa
interpretazione afferma che sia lui a porgere a Giunone la borsa col denaro.
9 - Venere
Al di là dell’estinto, ed
innanzi a Giove, si vede Venere nuda ed in atteggiamento molle e voluttuoso
palesando così di essere la Genitrice dell’Amore. Dimostra il dispiacere che
sente e sembra non voler guardare l’azione della Parca. Questo afferma il
Palatino ma per altri sarebbe questa fanciulla di straordinaria bellezza che
spinge l'anima ad entrare nel corpo
e a dare la vita al primo essere
umano.
10 -
Fanciullo
Sulle gambe dell’eroe morto
poggia un fanciullo, Eros ovvero un Amorino, in piedi. Egli, abbracciato con
Venere, sembra volerle dire che calmi il suo dolore poiché lui lo preme con i
piedi, onde destarlo dal sonno della morte.
11 -
Amorino
Alla destra di Venere è pure
abbracciato altro Amorino che pare spingerla a rivolgersi ad osservarlo. Egli
pure preme con un piede la costola sinistra dell’estinto, e per destarlo più
sollecitamente getta la sua ardente fiaccola sulla mano sinistra del Sonno, che
a sua volta l’ha poggiata sulla tempia del morto, affinché penetrato dal bruciore della fiamma
ne ritiri l’arto. Ma il Sonno resta fermo nella sua posizione e per rabbia si
preme il mento, per soffrire l’ardore, e non sollevare la mano.
12 -
Vulcano
Alla sinistra del cadavere c’è la fucina di Vulcano il quale, pure per assecondare il genio di Venere, volge le spalle a tutti gli Dei. Egli è intento al suo lavoro e col pesante martello batte la sonora incudine affinché col fragore dei colpi riscuota l’eroe morto dal suo letargo.
13 -
Cerere
Alla sinistra di Vulcano, e
nell’angolo inferiore destro, c’è una dea seduta a terra. Essa con la sinistra
abbraccia un albero di quercia che ha le sue ghiande e con la destra tiene un
papavero. Questa è Cerere la quale, stando abbracciata alla radice, indica
essere la Terra da cui l’albero ne riceve il nutrimento.
14 -
Vesta
Fra Cerere e Vulcano, più
indietro, si vede una dea con la testa coperta da un velo svolazzante per
l’aria. Lo scultore l’ha giustamente situata presso la fucina di Vulcano onde
indicare essere Vesta. Ad essa era sacro il fuoco ed era adorata presso ciascun
focolaio.
15 -
Minerva
Al di sopra di Vulcano e
Cerere, ed alla sinistra di Giove, c’è un'altra dea, con il seno scoperto, che
pure ha la testa coperta da un velo svolazzante. Essa è Minerva e presenta un
volto ed una bellezza maschia e dolce, qual si conviene alla più saggia ed alla
più casta delle dee.
16 -
Nettuno
Sul lato destro di Giunone e
di Mercurio c’è Nettuno con aria di fierezza, la barba crespa, i capelli irsuti
sulla fronte. Con la mano destra tiene il tridente e con la sinistra sostiene
un delfino sulla coda del quale cavalca un fanciullo rotondetto.
17 -
Bacco
Questo fanciullo è Bacco che
nella infanzia fu rapito dai corsari Tirreni i quali furono da lui trasformati
in delfini meno il pilota Meneide risparmiato per pietà. Bacco, come altri dei,
ha la testa coperta da un velo che sventola.
18 -
Plutone
Proseguendo sulla destra di
Nettuno c’è il barbuto Plutone, dio dell’inferno. Egli tiene lo scettro con la mano
sinistra e con la mano destra tenta di avvinghiarsi a Nettuno.
19 -
Prosperina
Sulla destra di Plutone c’è
Prosperina, anch’essa con velo svolazzante in testa. Sembra che sia uscita dal
triste regno delle ombre alla chiara luce del giorno.
20 -
Ercole
Nell’estremità dell’angolo
sinistro basso si trova Ercole seduto su di un sasso situato avanti la porta
dell’inferno. Alla base del sasso si vedono scolpite due teste per metà
scarnate e queste possono rappresentare le anime non ancora ammesse e che
stupiscono della coraggiosa impresa di Ercole. Egli con la sinistra tiene
legato fortemente Cerbero e con l’altra gli tiene ben chiusa la bocca di una
delle sue teste. Con forza ha spinte e
fermate le altre due teste una sulle ginocchia di Prosperina e l’altra su
quelle di un giovanetto. Sembra che lo scultore abbia voluto dimostrare che
all’eroe non venisse impedita l’uscita dagli inferi.
21- Nestore
Il giovanetto è Nestore che,
seduto in una posizione molto capricciosa, pare che pianga. Egli nella sua
giovinezza fu salvato da Ercole e fece molte prodezze.
22 -
Anfitride
Fra il giovinetto piangente
ed il Sonno c’è una dea seduta a terra. Questa è Anfitride che rappresenta il
mare e per questo è ai piedi di Nettuno. Ella poggia il braccio destro sopra di
una cicogna, simbolo della pietà; con la mano destra sostiene un timone e con
la sinistra un cavallo marino. Sulla fronte ha due corna ricurve che
rappresentano le onde.
23 -
Carro di Diana
Nell’angolo superiore della
parte sinistra si vede il notturno carro di Selene condotto da Diana e tirato
da due giovenche. Il carro è preceduto da un fanciullo con in mano una torcia accesa
per illuminare il percorso avvolto dalle tenebre.
24 –
Carro di Apollo
Nell’angolo superiore della
parte destra risplende il diurno carro del sole condotto dal leggiadro Apollo
con raggiante corona in testa. Esso è tirato da quattro nitidi corsieri.
25 - Endimione
Al gruppo del carro notturno
appartiene il fanciullo inclinato con il capo all’ingiù, come la torcia che
tiene in mano. Egli, nel suo giro, resta frapposto fra il carro ed Endimione
che a sua volta è situato tra Minerva e Vesta. Endimione contempla l’eclissi
lunare e resta sbigottito a tale novità.
26 -
Moglie dell’Eroe
Al fianco destro del sarcofago, dove sono gli
dei marini ed infernali, vi è scolpita una donna in piedi vestita, che pare
appena abbozzata. Probabile che indichi l’ombra della moglie dell’eroe la
quale, in segno di gratitudine per essere stato suo marito ammesso tra gli dei,
offre a Giove un cardamomo, pianta tropicale da cui i romani ricavano profumi,
e con la mano pone su di un altare un follicolo che racchiude gli odorosi
granelli chiamati grani del Paradiso. Sull’altare invece di un vaso è situata
la dura buccia di tal frutto adattata a bruciarvi dentro i suoi semi.
27 -
Giovane nudo
Al fianco sinistro del
sarcofago, dove sono gli dei celesti e terrestri, si vede un giovane in piedi
tutto nudo, meno che sul collo dove gira un panneggio che si getta dietro le
spalle. Nel braccio sinistro ha una lunga asta quadrangolare senza punta,
simbolo di pace, e con la destra conduce un cavallo. L’essere egli quasi nudo
sembra che indichi trovarsi a mezza via, prima di essere annoverato fra gli dei.
28 –
Leoni sul retro
Sul retro del Sarcofago sono
scolpite due ombre malefiche, grossi animali che sembrano leoni. Sono magri con
occhi biechi ed in mezzo ad essi un vaso d’acqua sull’orlo del quale poggiano
le loro zampe anteriori. Questa scena dovrebbe rappresentare l’invidia indicata
dallo scultore con l’ansietà delle bestie di bere quantunque la rabbia li
trattenga ed abbiano di già le lingue fuori per lambirla.
Non mi resta che chiudere
questo piccolo saggio con un invito a tutti gli amici: una visita al Museo Archeologico
di Napoli per gustare dal vivo la vista di questa meraviglia. Un capolavoro che
esalta il mito prometeico e l’avvento della civiltà fra gli uomini attraverso
l’amore e la bellezza.
Giuseppe Peluso
Giuseppe Peluso