Donnarumma all’assalto
Dal
Donnarumma puteolano di Ottiero Ottieri al Donnarumma milanista di Mino Raiola.
Qualche giorno fa mi trovavo sotto il piacevole
porticato dell’ex Stabilimento Olivetti, il loggiato che fiancheggia la
Domiziana per intenderci, in attesa del mio turno per poter ritirare qualche
biglietto dal “bancomat” [1].
Qui si trova la filiale del Monte dei Paschi
di Siena, presso cui è accreditata la mia leggera pensione, e qui mi ritrovo in
fila quando, spesso, lo sportello presso l’ipermercato di Quarto è guasto o
sfornito.
Nell’attesa ho ascoltato due amici discutere
d’un caso che probabilmente sarà il tormentone estivo di tifosi e commentatori
sportivi.
Uno di loro, probabile milanista, legge il
“Corriere della Sera” e ripete quanto scritto del giornalista Gianluca Mercuri,
forse con l’intento di rincuorarsi in questo momento d’immenso dolore:
“Donnarumma ha il diritto d’andare a giocare e
lavorare dove vuole, quando vuole e per qualunque motivo gli sembri giusto” [2].
Questa frase echeggia nella mia testa che subito
inizia a rimescolare il tutto; ovvero:
-
il
luogo, che è poi la vecchia fabbrica Olivetti;
-
il
lavoro, che è poi il motivo della disputa;
-
il
personaggio, che è poi Donnarumma.
Ora è tutto chiaro, pian piano torno indietro
di sessant’anni, ma solo nello spazio-tempo;
-
lo
spazio-luogo è lo stesso, la Olivetti;
-
identica
la controversia, il lavoro;
-
i
personaggi sono gli stessi, o almeno identici sono i loro cognomi, Antonio Donnarumma
e Gianluigi Donnarumma.
Per entrambi si tratta di poter lavorare per
poter guadagnare e poter permettersi di vivere. Il Lavoro, quello che si scrive
con la “L” maiuscola, e che il Donnarumma puteolano degli anni ’50 con forte
determinazione cerca d’ottenere in questo stabilimento in cui oggi, nell’attesa,
mi godo la piacevole frescura [3].
La storia di Donnarumma la racconta Ottiero
Ottieri, scrittore e sociologo nato a Roma ma residente a Milano, che Adriano
Olivetti ha ingaggiato per selezionare il personale da assumere ad Ivrea.
Ma Ottieri si ammala di meningite; per
moltissimo tempo resta in clinica ed Adriano non solo gli paga lo stipendio ma,
a guarigione avvenuta, lo invia nella sede della nuova fabbrica di Pozzuoli
dove c’è un clima migliore.
Ottieri vi si trasferisce con tutta la
Famiglia ed in questo diverso contesto sociale inizia il suo lavoro di
selezionatore; da quest’esperienza nasce il suo romanzo autobiografico, scritto
“a caldo” su quaderni scolastici con copertine nere, che inizialmente intitola
“Diario di Pozzuoli” e poi “Donnarumma all’assalto” [4].
Le ore più proficue per scrivere sono quelle
del primo mattino, prima di scendere con la Topolino lungo la Domiziana, attraverso
scoscesi vigneti e fasci di fichi d’india che invadono i numerosi resti
archeologici, fino all’ufficio
nel moderno stabilimento voluto dall’utopistico Adriano Olivetti e disegnato dal
razionalizzatore Luigi Cosenza [5].
Si narrano le vicende umane e professionali
di un capo ufficio assunzioni, impegnato a vagliare, fra il marzo e il novembre
1955, quarantamila aspiranti che si sottopongono ai colloqui per le assunzioni
attraverso il metodo della psicotecnica.
«Qui non si tratta di scegliere, ma di
escludere - scrive Ottieri - in ciò
consiste l’immoralità sociale e politica della psicotecnica, la quale di per se
stessa dovrebbe essere solo una scienza e che invece si colora della situazione
obbiettiva in cui viene svolta; selezione scientifica e disoccupazione si
negano. Pozzuoli vanta - continua Ottieri - un numero esorbitante di
disoccupati e l’Olivetti può assumerne al massimo 1.300 tra operai e impiegati.
Inoltre la situazione abitativa è allarmante; oltre 1400 le case malsane, in
cui vive un quinto della popolazione. Di queste abitazioni circa 220 sono in
realtà grotte e più di 1000 non hanno acqua, né corrente elettrica.»
Luigi Cosenza progetta in parallelo allo
stabilimento anche un Quartiere Ina-Olivetti, gli
edifici di via Terracciano. Questi intendono contribuire, nella visione di
Cosenza, alla ricerca di una migliore qualità della vita individuale; sono
prevalentemente a tre piani, con sequenze di moduli abitativi continui,
incernierati gli uni agli altri dalle scale all'aperto. Al loro interno è
delimitato ancora una volta lo schema della corte, come negli antichi casali
campani; veri centri della vita collettiva [6].
Le nuove case, anche perché dotate di vasca nel bagno, diventano il sogno di molti disoccupati in attesa di colloquio per l’assunzione, nonché degli operai degli stabilimenti vicini.
Le nuove case, anche perché dotate di vasca nel bagno, diventano il sogno di molti disoccupati in attesa di colloquio per l’assunzione, nonché degli operai degli stabilimenti vicini.
Questi alcuni passi tratti dal
romanzo:
«Un giovanotto di spalle fortissime
nella maglietta da pescatore, che si mostrava già da alcuni giorni chiedendo
minacciosamente, con energie fresche, oltre che un posto, le medicine per la
sua bambina malata; anch’egli abita in grotta sotto la Statale accanto ad
Accettura….
……L’altro volto, l’ingannevole volto
della fabbrica è di indurre noi impiegati e dirigenti al colonialismo, e i
candidati assunti all’orgoglio dell’aristocrazia operaia, la quale più ancora
che nel nord taglia i legami con la plebe; un pericoloso orgoglio aziendale, la fabbrica non porta
che un miraggio di civiltà. La selezione degli operai e degli impiegati
rivela il suo lato amaro e tutt’altro che scientifico.»
E poi c’è Donnarumma che, ieri come oggi, rappresenta
l’estraneità totale al sistema, l’unico che non intende sottoporsi
all’umiliante trafila delle prove psicometriche e delle visite mediche: egli
vuole essere ricevuto senza aver riempito il modulo di assunzione, convinto di
avere il sacrosanto diritto di “faticare”.
E qui mi ritorna la frase scritta da Mercuri,
il giornalista del “Corriere della Sera”, sul portiere milanista: “Gianluigi Donnarumma
ha il diritto d’andare a lavorare dove vuole, quando vuole e per qualunque
motivo gli sembri giusto”.
Il vecchio Antonio Donnarumma pretende il
lavoro non per le sue capacità, ma per il fatto stesso di esistere, di essere
vivo. Motivazioni ancora oggi valide; per una intera stagione i tifosi dagli
spalti del Meazza, e Tiziano Crudele dal piccolo schermo, hanno gridato: “Donnarumma,
grazie di esistere”.
Diffidato da metter piede nello stabilimento il
nostro Donnarumma chiede per rivalsa un’indennità fissa di mancata assunzione,
finché la sua ribellione, di un’ingenuità pari all’ostinazione che la
distingue, degenera in aggressioni contro un’impiegata dell’ufficio del
personale [7 - fotogramma tratto dal film].
Ora di fronte a Donnarumma, che “raffigura la
falla” di quell’utopia e del “sogno di Adriano”, l’intellettuale Ottieri si
trova disarmato e non sa più cosa fare, si trova a raccontare un personaggio
estraneo radicalmente all’organizzazione e alla ragione.
In “Tempi stretti”, altro documento di
vita italiana scritto da Ottieri, le operaie non mettono in
discussione l’organizzazione industriale, ma soltanto gli eccessi di
prevaricazione. Donnarumma, invece (e questo vale per il Donnarumma puteolano e
per il Donnarumma milanista) secondo Ottieri rappresenta l’estraneità totale al
sistema; il dramma individuale diventa alla fine conflitto, un dramma
collettivo.
Intanto ritorno in me e mi riapproprio dello
spazio tempo che va di nuovo a coincidere con lo spazio luogo; e che luogo. Mi soffermo
vicino al vecchio ingresso della fabbrica modello che doveva apparire come un castello di vetro, fluorescente
ma
di luci fredde,
emanate dai neon di cui era piena, e che gli abitanti della costa e i pescatori
vedevano così irraggiungibile da ogni punto del golfo.
Proprio presso quest’ingresso, in cui ora mi
ritrovo, accadde un episodio di cronaca; l’esplosione di una bomba-carta contro
l’auto dell’Ing. Ferrera, avvenuta realmente davanti allo stabilimento Olivetti
il 25 ottobre 1955 [8].
Lo scoppio, come riportato da vari quotidiani
e come annota Ottiero Ottieri, determina, pur in assenza di prove, l’arresto di
Donnarumma, al secolo Giuseppe Ercole, che ha agito con forza istintiva e con
slancio quasi animalesco.
In cuor suo crede d’aver diritto a lavorare.
P.S.
Per chi lo desidera qui di seguito il link al
film “Donnarumma va all’assalto”, un libero adattamento edito dalla RAI:
Peluso Giuseppe
BIBLIOGRAFIA
Cristina Nesi – L’utopia della
fabbrica
Ottiero Ottieri – Donnarumma all’assalto