Duello al Serapeo
Sfida tra Impero Francese ed Impero Russo
Mercoledì 12 ottobre ho assistito, nella splendida cornice di “Villa di Livia”, alla presentazione della nuova rivista quadrimestrale “La Sibilla Cumana”, naturale erede di “Bollettino Flegreo” e di “Campi Flegrei”. In questa occasione ho acquistato, per soli 5 euro, lo speciale numero zero, uscito lo scorso luglio, e sono stato attratto dal bellissimo articolo di Francesco Lubrano: “Raimondo Annecchino in una poco conosciuta pagina di inizio novecento”.
Lubrano tratta uno di quegli argomenti, relativamente ai Campi Flegrei, solitamente diversi e da me tanto prediletti; in questo caso l’usanza tra “gentiluomini” di risolvere le dispute d’onore incrociando le lame.
Cuore dell’articolo è il duello, che il 2 agosto 1901 vede protagonisti i puteolani Raimondo Annecchino e Giovannangelo Oriani, generato da un presunto scritto dell’Annecchino, pubblicato sul giornale “1799”, ritenuto offensivo dall’Oriani. Nella sua gustosa carrellata l’autore accenna anche ad un duello, tra il Ministro di Francia ed il Ministro di Russia, che si svolse il 2 gennaio 1812 all’interno del Tempio di Serapide. Ma in questo caso lo scrittore riferisce di non conoscere la ragione della contesa fra così illustri personaggi.
Questa lettura mi ha stuzzicato facendomi sovvenire questo episodio per il quale ben ricordavo la ragione del contendere ma non altrettanto bene i particolari. Pertanto sono andato a rileggermi questa cronaca che, per la sua doppia veste tragicomica, penso sia degna d’essere divulgata.
Siamo al primo gennaio 1812 e sul trono di Napoli siede Gioacchino Murat, marito di Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone. Da poco è nato, all’Imperatore e cognato, il tanto atteso erede che è chiamato “Re di Roma”.
Gioacchino per impostargli riverenza si reca a Parigi e benché si credesse che vi rimanesse fino al battesimo, per accrescerne la pompa, inatteso torna a Napoli mostrando inquietudine. Il potente cognato continua a trattarlo da “vassallo” e lui, per rivalsa, ha già in mente una parziale affrancazione del Regno di Napoli da così stretta sottomissione. Inizia con un decreto che congeda le schiere francesi e stabilisce che nessun forestiero, se non prima dichiarato cittadino napoletano, possa restare come stipendiato civile o militare al suo servizio. Questo ardito comando spiace al Bonaparte il quale sarcasticamente commenta: «Ai compagni di patria e di fortuna di Gioacchino Murat, nato francese ed asceso al trono di Napoli per opera dei francesi, non abbisogna la qualità d’essere cittadino napoletano per avere in quel reame uffizi civili e militari». Poi, per ulteriore “sgarbo”, Bonaparte ritira il suo Ministro Ambasciatore dal Regno di Napoli ed invia in sua vece un Ministro Plenipotenziario; con questo intende sottolineare la natura subalterna del reame napoletano e la sua negazione come stato indipendente e sovrano.
Giacchino, impetuoso per natura, si infuria con il cognato; pochi Napoletani, timidi e servili, biasimano l’ardire di Gioacchino; solo la regina riesce, in parte, a placare gli sdegni fidando meno nel giusto del marito e assai più nel giusto del fratello.
Come riferito siamo al 1 gennaio 1812 ed in corte stanno per iniziare le usate riverenze al re ed alla regina, seduti al trono, per l’entrante nuovo anno.
Primi ad essere introdotti, come è d’uso in tutte le corti, sono i Ministri Ambasciatori dei re stranieri. Per questa incombenza necessita chiarire le usanze del cerimoniale, stabilite in un complesso diritto internazionale, con fissate regole di precedenza in parte ancora in vigore. L’ordine di introduzione dovrebbe essere il seguente:
1) L’inviato dello Stato Pontificio, il Nunzio Apostolico, che ha il rango e le medesime prerogative degli ambasciatori di qualunque altro Paese. Negli stati cattolici gli è riconosciuta di diritto la carica di decano del corpo diplomatico, indipendentemente dall'anzianità di nomina, e può godere della precedenza protocollare.
2) Il Ministro Ambasciatore di un re appartenente alla stessa casa del locale regnante; anch’egli può godere della precedenza protocollare.
3) I Ministri Ambasciatori di tutti gli altri regni seguendo un preciso ordine stabilito in base alla data di presentazione delle loro credenziali. Quello che vanta la nomina più anziana viene dichiarati “Decano” e gode della precedenza protocollare; gli altri seguono in ordine.
4) I Ministri Plenipotenziari, che sono agenti diplomatici di rango immediatamente inferiore all'ambasciatore e non sono considerati, a differenza di quest'ultimo, rappresentanti personali del proprio capo di stato. Di conseguenza, non gli spettano l'appellativo di “sua eccellenza” e il privilegio di chiedere in ogni momento udienza al capo dello stato.
Ora, presso il murattiano regno di Napoli non è presente il Nunzio Apostolico per la scomparsa dello Stato Pontificio; occupato da Napoleone e incorporato nei domini diretti dell’Impero francese.
Non c’è neppure l’Ambasciatore di Francia, i cui sovrani sono imparentati con i sovrani di Napoli, poiché Napoleone, tenendo a fastidio Gioacchino e volendo dimostrare al mondo che non ha riguardo neppure per i congiunti, ha spedito a Napoli, come visto, il signor Durant con il semplice titolo di Plenipotenziario.
Per la qual cosa il Ministro Ambasciatore di Russia, Dolgorouky, decano di tutto il corpo diplomatico, certo delle sue prerogative e della sua precedenza, si affretta ed attraversa velocemente le varie sale per essere poi il primo dell’iniziante cerimonia.
Ma il Plenipotenziario di Francia Durant, forte dell’appartenenza ad uno stato imparentato con i sovrani di Napoli, si affretta esso pure per giungere primo nelle vicinanze della sala del trono.
Entrambi i due Ministri, intuitesi l’uno dell’altro, allungano il passo per svalutare di fatto l’intento del concorrente.
Tutto il seguito, composto dal Corpo Diplomatico, dai Ministri del Governo, dai Nobili e da tutti gli altri Cortigiani non riesce a star loro dietro e per non rinunciare, ognuno a propri privilegi e prerogative, si vede costretto a marciare come in una rapida avanzata militare.
La scena acquista una naturale comicità aggravata dalla pompa dei convenuti che, come in tutti i reami napoleonici, sembrano più cortigiani da operetta che stretti osservanti di antiche e nobili etichette.
Il russo è grande di persona e fiero d’aspetto, il francese piccolo e sparuto; l’età di entrambi è sul primo confine della vecchiaia.
Giunti sull’uscio della sala si inoltrano contemporaneamente nella stanza del trono, in riga, frettolosi, Dolgorouky e Durant.
Il Ministro russo, per il più disteso passo, è di già vicino ai sovrani da ossequiare quando il Ministro francese, resosi conto della possibile disfatta, presogli il braccio lo trattiene. Allora il russo, con occhio ed impeto barbaro, pone il pugno sull’elsa della spada. Il francese, ormai rotto ad ogni possibile conseguenza, pone in essere la stessa mossa anche se nessuna lama sporge dal suo fianco. I presenti fanno per dividerli. Il re si alza e muove loro incontro; ad entrambi dice che loda il loro zelo di giungere primi per offrirgli omaggio. Poi continua senza dare a nessuno dei due argomento di preferenza ed infine li congeda. Si susseguono altri ministri e cortigiani e, una volta che tutti sono partiti, sembra che la contesa sia finita.
Ma non è come appare. Ritenendo incolmabile l’affronto, i due Ministri si scambiano i “cartelli di sfida” ed i rispettivi padrini concordano la data ed il luogo dell’inevitabile duello. Le mie fonti non specificano la data che Francesco Lubrano, nel sopraindicato articolo, riferisce essere il giorno dopo, 2 gennaio 1812. Data, questa, probabilmente riportata dal citato inedito manoscritto di Giuseppe De Criscio che confesso di non aver mai letto.
Quale luogo viene scelto il puteolano Tempio di Serapide, esattamente l’interno del centrale cortile, che è anche seminascosto alla vista dei curiosi grazie la folta vegetazione perimetrale. La sua scelta, quale terreno di sfida, è probabilmente legata ad una sproporzionata ed errata venerazione verso il mondo classico ed i suoi reperti.
Ad assisterli, ci sono i padrini, il medico, il maresciallo di palazzo Excelmans ed il segretario di ambasciata russa Benkenendorff. Solo qualche curioso nostro concittadino si accorge della loro presenza e del loro effettivo intento; i più credono che trattasi dei soliti viandanti sia nazionali che stranieri, i quali giornalmente ed in numero non scarso recansi a diporto per visitare i vicini luoghi e tutte le antichità onde son pieni questi nostri ameni siti.
All’improvviso giungono le vigilanti autorità di Polizia che interrompono i cominciati combattimenti e pregano i duellanti, per lo impero delle leggi, a ritirarsi. Non sappiamo se gli agenti siano stati avvisati da qualche atterrito puteolano o siano stati inviati, con preghiera di palesarsi nel momento più opportuno, da qualche informata regia autorità. Sta di fatto che il Dolgorouky è stato leggermente ferito di spada all’orecchio destro dal Durant che sarà pure stato meno lesto nelle gambe ma si è ora dimostrato molto più svelto con le lame. Il russo viene prontamente curato dal medico assistente e poi i due sfidanti si stringono la mano dichiarandosi entrambi soddisfatti.
Sebbene in quel periodo covassero odi segreti tra i due imperatori di Russia e di Francia entrambi, simulando modestia e dichiarando privata la contesa, revocano dal loro incarico i due maldestri Ministri.
Naturalmente il tutto è da me tratto, con qualche licenzioso incremento, dalla “Storia del Reame di Napoli dal 1734 sino al 1825” scritta dallo storico Pietro Colletta. Essa ne rappresenta la sua opera più importante ed è ancora considerata un riferimento per la storia di quel periodo. Fu pubblicata postuma da Gino Capponi, che vi aggiunse delle notizie sulla vita del Colletta, nella prima edizione originale del 1834.
Proprio da una preziosa copia di questa edizione, uno dei pochi vecchi libri che sono riuscito a salvare dalla depredata casa paterna in “Villa Maria”, ho appreso di questa farsa che poco mancò si trasformasse in dramma.
Giuseppe Peluso