LA LEGGENDA DELL’ORGANISTA SULLA TERRA
Don Ambrogio nella Cattedrale di Pozzuoli, tra Santità e
Soavità
Sul sito “Organi & Organisti” Giosuè Berbenni
traccia le regole professionali e spirituali per l’organista di chiesa e riporta
quanto affermato nel 1608 dal grande organaro Costanzo Antegnati:
«L’organista, avendo a che fare con la santità del
luogo e trattando cose sante, deve essere una persona di costumi santi»
….e don Ambrogio era così! … Si!.... era proprio
così!
Lo commemoriamo con gratitudine e, per amor suo facciamo
un passo indietro.
Il vescovo Pietro Cavalcanti, che resse la Diocesi
di Pozzuoli tra il 1713 e il 1723, è ricordato per essere stato, dopo Martin de
Leon y Cardenas, uno dei pastori più impegnati nell’apportare miglioramenti alla
Cattedrale dedicata al martire Procolo.
Proprio Pietro dota la basilica di un nuovo organo
inizialmente collocato al di sopra della Cappella della Beata Vergine; dove poi
nel 1781 il vescovo Girolamo Dandolfi depone lo scrigno con le reliquie, del
Santo Martire, appena rientrate dalla badia sul lago di Costanza.
Sarà Nicola De Rosa, vescovo dal 1733 al 1774, a
realizzare la Cantoria sull’ingresso principale ed a collocarvi l’organo con
tutti i suoi componenti:
- le canne che ne
costituiscono la parte più scenografica;
- la cassa di legno, contenente
l’aria, su cui poggiano le canne;
- i mantici che producono
l’aria utile alle canne;
- la manovella che girando
aziona il meccanismo dei mantici;
- la tastiera, posta
vicinissima alla cassa;
- i registri che servono a
scegliere le canne in cui inviare l’aria;
- la pedaliera che serve a
riprodurre i suoni più gravi.
La Cantoria, realizzata tutta in legno intagliato,
poggia su due colonne che ne sorreggono l’arrotondata parte centrale più
sporgente. L’alta balaustra, che delimita la balconata verso la navata della
chiesa, è decorata e laccata in oro zecchino.
Il complesso si presenta stilisticamente armonico
e ben inserito nella seicentesca Cattedrale barocca. Ed è in questo aspetto che,
i più anziani tra noi, hanno potuto ammirarla prima del tragico incendio della
notte tra il 16 e il 17 maggio 1964 [1].
Lo storico Raffaele Giamminelli, ricordando la sua
fanciullezza, racconta:
«Durante le grandi Celebrazioni, quelle presiedute
dal vescovo, non mancava la dolce armonia dell’antico organo suonato dal
canonico Ambrogio D’Ambrosio, curato della Chiesa del SS. Rosario e S. Vincenzo
Ferrer [2].
Don Ambrogio prendeva posto alla grande tastiera e
noi scugnizzi pronti a girare il grande mantice ad aria per alimentare le canne
dell’organo. Sembrava un gioco far muovere il volano, ma ci stancavamo subito;
per fortuna eravamo organizzati in piccole squadre che si avvicendavano.
Qualche volta capitava che il suono affievoliva, e
allora si dava più forza per aumentare la pressione dell’aria; spesso ci
scappava lo “scappellotto” del sacrestano Bastianiello.
Nei rari momenti di riposo, ma spesso ero io che
mi sottraevo alla fatica, mi affacciavo dall’alto parapetto, aiutandomi con uno
scanno, per ammirare, rimanendo incantato, l’intera cattedrale illuminata da
numerosi lampadari di cristallo delle cappelle laterali e dell’arco trionfale
tra la navata e il coro. Ricca di marmi colorati, con drappi rossi e bianchi
che scendevano dai cornicioni.» [3]
Luigi Iacuaniello, che in quegli stessi anni fu
seminarista, ricorda: