L’avventuroso Amedeo
Ferraro
Un pioniere delle
macchine volanti
Fra i tanti frequentatori della “Casina alla
Starza” di Pozzuoli è giusto ricordare un eroico ufficiale che fu pioniere
della nostra nascente aviazione militare.
Amedeo Ferraro terzogenito di Eugenio e di
Cleonice Caterini, il cui matrimonio sarà allietato dalla nascita di ben otto
figli, viene alla luce a Napoli il 19 gennaio 1882.
Amedeo è nipote del nobile Francesco (da
Paola) Ferraro che nel gennaio del 1845 acquista, ad un asta giudiziaria, il
territorio e la masseria colonica su cui eleverà la ridente e confortevole casina.
Nel 1878 tutto il fondo, per divisione, cade
in eredità di Antimo Maria Luigi Ferraro, zio di Amedeo che ha sposato Matilde
Caterini, sorella di Cleonice. Questo doppio legame sanguineo rende più unite
le due famiglie e spesso sia Amedeo che i fratelli sono ospiti presso il
puteolano “casino di delizie” per trascorrervi giornate di riposo e di svago.
Poi nella bella stagione, e con l’inizio dell’esercizio da parte della ferrovia
cumana, le visite diventano giornaliere spingendo la numerosa prole ad allegri
viaggi in treno ed a spensierati tuffi in quel mare così vicino alla proprietà.
I lunghi pomeriggi sono trascorsi gustando semplici colazioni e godendo della
frescura e del silenzio offerti dal gazebo di “Villa Ferraro alla Starza”.
Dopo gli studi Amedeo decide per la carriera
militare e va a frequentare l’allora “Scuola Militare” di Modena uscendone con
il grado di sottotenente.
Dalla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia
del 2 maggio 1907 apprendiamo che, tra gli ufficiali in servizio attivo
permanente, il sottotenente Amedeo Ferraro è promosso tenente.
Tra il 1911 ed il 1912 partecipa alla guerra
italo-turca ed è inviato il Libia dove assiste alle operazioni belliche aeree, le
prime al mondo cui partecipa il nuovo mezzo alato. Al rientro in Patria, sull’entusiasmo
dell’esperienza libica, chiede di far parte del nuovo “Battaglione Aviatori”
costituito nell’aprile del 1913. Pertanto il 13 luglio 1914 a Roma acquisisce il
brevetto di pilota aviatore, tra i primissimi in Italia tanto che Guido Maisto,
autore del volume “AD ASTRA” lo inserisce tra i pionieri del volo dedicandogli
anche un paragrafo.
Dopo l’acquisizione del brevetto il tenente
Ferraro è inviato alla 11° Squadriglia, dotata di ricognitori Farman F11,
inserita nel II° sottogruppo biplani dislocati a Brescia.
In questa città Amedeo conosce Maria Gisella
Pedrazzi la cui famiglia possiede una principesca magione, lo splendido palazzo
settecentesco dei Pedrazzi ora sede della Croce Bianca a Brescia.
Amedeo e Gisella perfezionano la loro unione
sposandosi, poco dopo l’inizio delle ostilità, il 6 novembre del 1915.
Allo scoppio della Grande Guerra nel maggio
del 1915 l’appena costituito “Corpo Aeronautico dell’Esercito” comprende 15
squadriglie e Amedeo Ferraro, promosso capitano, è inviato a comandare la 10°
Squadriglia Farman dislocata nella pianura veneta al seguito della 3° Armata.
In questa stessa squadriglia (che come stemma
ha il quadrupede chimerico alato che regge una fiaccola, con la parte anteriore
da leone e quella posteriore da cavallo) prestano servizio autentici prodi e pionieri
dell’aria.
Sono questi ancora i tempi di voli incerti su
traballanti e lenti Farman. Dalle missioni si torna sempre con le tele bucate e
con i longheroni segati dai proiettili. La ricognizione, anche se destinata a
non finire sotto i riflettori della cronaca che è più interessata a seguire le
imprese dei piloti da caccia, è però la specialità dell'aviazione che dà il
maggiore contributo agli esiti del conflitto con la preziosa raccolta di molte
informazioni che sono indispensabili al successo. In seguito gli sono assegnati
anche compiti di collaborazione con la fanteria e specifiche attività di
“attacco al suolo”.
L’otto Aprile del 1916 le squadriglie del
“Corpo Aereo del Regio Esercito” vengono tutte rinominate secondo un nuovo
sistema unico che così le classifica:
- dalla 1 alla 24 = squadriglie da offesa
(bombardamento),
- dalla 25 alla 40 = squadriglie da
ricognizione (e da combattimento),
- dalla 41 alla 69 = squadriglie per
l'artiglieria (osservazione),
- dalla 70 in poi = squadriglie da difesa
(caccia).
Pertanto la vecchia 10° Squadriglia diventa
27° Squadriglia ricognizione, mantenendo lo stesso emblema, gli stessi velivoli
Farman (nove in totale, sei dei quali efficienti), lo stesso comandante
capitano Amedeo Ferraro.
Nella primavera vengono allestiti i nuovi
campi di Belluno e Villaverla (Vicenza). Il secondo, impiantato a 1 km e mezzo
a nord del paese, sul lato destro della strada che porta a Thiene, presso Ca'
Ghellina, ospita il I° Gruppo aereo con le Squadriglie 27°, 28° e 32° da
ricognizione; la 61° da osservazione; la 71° e la 112° da caccia. Le formazioni
27°, 28° e 32° sono tutte equipaggiate con ricognitori Farman, ora del
migliorato modello F14.
Il 7 maggio 1916 quattro Farman comandati da
Ferraro bombardano Mattarello. Il 15 maggio inizia, sugli altipiani vicentini,
la forte offensiva austro-ungarica meglio conosciuta come “Strafexpedition”
(Spedizione Punitiva). Le squadriglie ricognitori intervengono per contrastare
il passo ai velivoli da osservazione avversari impegnati a dirigere il tiro
delle loro artiglierie. Nei giorni seguenti i Farman sono ancora impiegati in
crociere di protezione, tentativi di intercettazione e missioni di ricognizione
nonché, insieme ai Caproni, per colpire i punti nevralgici delle comunicazioni
e dell'organizzazione logistica dell'armata austro-ungarica, con l'obiettivo di
ostacolare I'alimentazione dell'offensiva.
Il 18 maggio partono tre apparecchi per
bombardare dei baraccamenti a Folgaria. La rotta prescelta, studiata per
minimizzare il percorso sul territorio avversario, porta i velivoli decollati da
Villaverla a seguire la direzione Campomolon – Lavarone - Folgaria. Un velivolo
della 27° è costretto a rientrare anzitempo per noie al motore ma gli altri
portano a termine la missione e rientrano al campo lasciandosi dietro il fumo
di diversi incendi. Durante l'avvicinamento all'obiettivo, un Farman della 27°
condotto dal capitano Amedeo Ferraro e dal sottotenente Antonio Rasi avvistato
un velivolo avversario tipo Lloyd, apparentemente diretto su Vicenza, lo
attacca con decisione e, nonostante la mitragliatrice si inceppi, lo mette in
fuga inseguendolo poi verso Lavarone.
Questo copione è tipico degli incontri tra
aviatori di campi opposti nel primo anno di guerra; le caratteristiche dei
mezzi fanno sì che di solito il combattimento si concluda con un nulla di
fatto, anche se può segnare un punto a suo favore chi costringa I'avversario a
desistere dal suo compito, così come è riuscito a fare il Farman del capitano
Ferraro.
Il 21 luglio 1916 Amedeo è ferito da uno “shrapnell”
sparato in funzione anti aerea nel corso di una incursione a bassa quota sulle
linee nemiche. Il 15 agosto la 27° è assegnata dal I° al II° Gruppo e trasferita
a Chiasiellis, sul fronte dell'Isonzo. Qui opera fino al termine del conflitto
durante il quale compie 925 voli di guerra, fra ricognizioni e bombardamenti,
ed il suo medagliere finisce per comprendere venti Argento, venti Bronzo e
quattro Croci di Guerra. Il palmares di questa squadriglia spinge lo Stato
Maggiore dell’Aeronautica a includere il suo fregio, per la specialità della
ricognizione, tra i quattro che compongono il nuovo stemma concesso dal “Presidente
della Repubblica Italiana” in data 25 gennaio 1971.
Sull’esempio dello stemma della Marina
Militare, che riporta i fregi di quattro antiche “Repubbliche Marinare”, così vengono
scelti i fregi di quattro valorose squadriglie aeree particolarmente
attive nel corso della 1ª guerra mondiale. La prima tra queste è quella che al
comando di Amedeo Ferraro ha annoverato ardite missioni condotte da molteplici
eroi.
Nel primo quarto, dell’attuale stemma
dell’Aeronautica Militare, è inserito il “Quadrupede Chimerico Alato” della 27°
Squadriglia da ricognizione “Farman”; nel secondo il "Grifo Rampante"
che rappresenta l'insegna della 91° Squadriglia da caccia "Baracca";
nel terzo il "Quadrifoglio" che riproduce il simbolo della 10°
Squadriglia da bombardamento “Caproni”; nel quarto il "Leone di San
Marco" adottato come emblema dalla 87° Squadriglia "Serenissima"
di D’Annunzio.
Nell’autunno del 1917 Ferraro è promosso
maggiore e conseguentemente trasferito al comando del “Centro di Formazione
Squadriglie” (C.F.S.) di Ghedi (Brescia); uno dei due centri esistenti in
Italia.
La componente aerea sta assumendo sempre
maggiore importanza nella conduzione delle operazioni; sono richieste sempre
più squadriglie ed è necessario poterle ben aggregare. Formare una squadriglia
significa radunare piloti e tecnici già addestrati nelle scuole, concentrare
gli aerei, i mezzi e le attrezzature. Più importante di tutto però è creare lo
spirito di corpo tra i piloti, addestrarli a volare assieme e istruirli sul
territorio che dovranno controllare; e chi più dell’esperto maggiore Ferraro potrà
mai essere destinato a questo delicato compito?
Con il trasferimento a Ghedi Amedeo si
ritrova vicino alla moglie che il 25 novembre dello stesso 1916 partorisce il
primogenito Alfredo che sarà un fisico, studioso, scrittore e massima autorità
italiana di fenomeni paranormali. Per un anno circa il maggiore Ferraro si dedica
alla formazione di nuove squadriglie di tutte le specialità, poi il 13 luglio
1917, improvvisa, la tragedia. Il ramo napoletano della Famiglia racconta che
Amedeo decolla dal campo di Ghedi, in volo di addestramento, e va a rendere
omaggio (o meglio esibirsi davanti) alla moglie Gisella che è in attesa del
secondogenito. Passa radente sulla loro casa, una specie di masseria fortificata
sulle ultime propaggine alpine vicino Brescia, ma con la riattaccata stalla e
precipita sotto gli occhi dell’amata e del piccolo.
Il figlio Alfredo narra di una confessione
ricevuta dalla Madre che tra le mani stringe delle ritrovate e carbonizzate reliquie;
un cronometro, un grosso anello d’oro, i resti di una macchina fotografica. Gisella
confessa d’aver palesato ad Amedeo, pochi giorni prima dell’incidente, il
desiderio di veder dall’alto la loro casa-castello sulla collina “Monte Cieli
Aperti” di Ciliverghe. Per l’impossibilità di poterla portare sugli aerei
militari lo sposo gli ha promesso di scattare delle foto in volo e Gisella, nel
raccontarlo al figlio, solleva e fissa turbata i frammenti della fotocamera.
Entrambe romantiche versioni che ben si
riallacciano alle leggendarie imprese compiute dai cavallereschi piloti della
“Grande Guerra”.
Ma la verità è più nobile perché fatta di
dedizione e d’eroismo. Amedeo si è alzato in volo pilotando un pesante
bombardiere con il quale esegue finti attacchi finalizzati all’addestramento
degli equipaggi che gli sono stati affidati. Improvvisamente il nuovo tipo di
bombardiere, il Caproni Ca.3 matricola 2360, prende fuoco e precipita
trascinando nel rogo l’intero equipaggio.
Alto s’eleva il grido di dolore di Gisella la
quale, poco dopo la tragica fine del marito, il 14 novembre 1917 mette
al mondo una bambina che è chiamata Amedea a perenne memoria del Padre e della
sua breve ma entusiasmante vita.
La guerra, la Grande Guerra equa
distributrice di dolori mondiali, respinge all’oblio le spensierate gite ai
bagni di Pozzuoli. Ben cinque figli di Eugenio Ferraro partecipano al conflitto
e solo Renato e Decio, ufficiali di fanteria, fanno ritorno a casa. Oltre
Amedeo, deceduto con il grado di maggiore del Corpo Aereo, perdono la vita
anche il capitano Gustavo deceduto a Tolmetta in Libia ed il tenente Consalvo,
del 138° Reggimento di Fanteria della Brigata Barletta, deceduto il 12 luglio
del 1916 nell’Ospedale da campo n. 89 per ferite riportate al fronte.
Alto il tributo che questa Famiglia paga alla
Patria.
Giuseppe Peluso - Pozzuoli Magazine del 13 luglio 2013
FOTO
1 – Amedeo Ferraro
2 – Farman F11
3 – Stemma A.M.
4 – Caproni Ca3
BIBLIOGRAFIA
Alfredo
Ferraro - Il paradiso di legno - Vannini 1971
Guido
Maisto – Ad Astra / Pionieri Napoletani del Volo – Napoli 1948
Basilio
Di Martino – Ali sugli Altipiani – Storia Militare 2009
Renato
Callegari – Il Fronte del Cielo – Istrana 2012