Venerabilis Barba Cappuccinorum
Scherzo del Pergolesi ai Monaci Cappuccini di Pozzuoli.
Si narra che il giovane Giovanni Battista
Pergolesi sia stato vittima d’un amore infelice; amore per una fanciulla
discendente di una nobile Famiglia napoletana.
Su raccomandazione del principe Colonna di
Stigliano nel settembre del 1732 va in scena, al Teatro de’ Fiorentini, la sua opera
buffa “Lo frate ‘nnamorato”. In
quell’occasione il nostro musicista prodigio, bellissimo seppur minato
dall’infanzia dalla poliomielite alla gamba sinistra e malato di tisi [1],
conosce la giovane Giulia Spinelli, figlia del principe di Fuscaldo, che sarà sua allieva.
conosce la giovane Giulia Spinelli, figlia del principe di Fuscaldo, che sarà sua allieva.
Il giovane Giambattista si reca nel palazzo
della nobile famiglia Spinelli per insegnare musica a Giulia; siedono l’uno
accanto all’altra sullo sgabello posto davanti alla tastiera e le mani si
sfiorano, giocoforza si toccano, mentre Giambattista dispone le dita della
giovane correttamente sui tasti.
I due s’innamorarono perdutamente; di un
amore puro e segreto, alimentato da lettere recapitate da una fedele servetta,
così come avviene nell’opera buffa sua e in quella contemporanea goldoniana.
Nonostante i contrasti familiari Giulia
decide di far valere i suoi diritti e di non dichiararsi vinta, nessuno avrebbe
potuto amare Giovanni Battista come o meglio di lei; non scorre acqua nel suo
sangue, dice.
Al suo amato, che per la giovane età si
procura qualche mercanzia (da Giulia definita “Locena di Scrofa”) fa sapere che
può anche andare a fare lo gnacche gnacche in mezzo al mercato (lo ha sorpreso
alla Rua Catalana entrare nel talamo di una certa Maria) però poi non deve fare
il tanghero e andargli a raccontare storielle su come ella fosse l’unica
ragione della sua vita.
Un giorno si presentano a Giulia i suoi tre
fratelli e colle spade sguainate le dicono che se entro tre giorni non sceglie
a sposo un uomo pari a lei, per nobili natali, con quelle tre spade avrebbero
trafitto a morte il maestro Giovanni Battista Pergolesi di lei amante riamato.
Così dicendo ripartono verso i loro feudi.
Dopo tre giorni ritornano e la sorella dice
loro d’aver prescelto a sposo un Essere Sublime; il suo sposo sarà Iddio.
Domanda d’andare monaca a Santa Chiara e che a dirigere la messa di monacazione
sia quel maestro di musica che ella ha tanto amato e che ora manda in oblio; e così
è fatto.
Le bende monacali fanno lieti gli orgogliosi
fratelli ma l’anno dopo, l’undici marzo del 1735, mesti rintocchi della campana
di Santa Chiara annunziano un funerale, si celebra la messa di requie di Giulia
Spinelli [2];
e a dirigerla è ancora Giovanni Battista Pergolesi.
e a dirigerla è ancora Giovanni Battista Pergolesi.
Ma anche la breve esistenza di Pergolesi
volge a termine; essendo afflitto dall'infanzia da seri problemi si spera in
una soluzione, una migliore situazione climatica che possa apportare benefici
alla sua salute cagionevole.
Nei primissimi dell’anno 1736, un tardo
pomeriggio, con una carrozza che alza una fortissima polvere sulla consolare
collinare, arriva a Pozzuoli dove è accolto dai Padri Cappuccini presso il
Monastero di San Francesco.
Questo complesso conventuale, annesso
all’attuale Chiesa di Sant’Antonio il cui culto è introdotto
proprio dai suddetti fraticelli, occupa l’area dell’attuale confinante Carcere
Giudiziario Femminile e Pergolesi
gode della protezione del Duca di Maddaloni, discendente dei fondatori del
Convento [3].
Ora, benché gravemente malato, il giovane
Pergolesi annota la vista del sole che declina quasi sulle isole e le barche
dei pescatori che vanno e vengono giù nella baia poco distante.
Rigogliosi campi, per l’entrante primavera,
si estendono ai piedi ed in cima alla vicina Starza che rinasce sotto la vanga
dei paesani.
In questi ultimi mesi continua a lavorare
come un forsennato, anche se la salute non accenna a migliorare, ed è qui che
raggiunge la sua parabola artistica componendo la sua ultima e più importante
opera, il sublime Stabat Mater [4].
In una delle ultime serate è scosso dai
brividi di una forte febbre e squassato da terribili accessi di tosse. E’ portato
a braccia a letto nella sua cella monacale, a nulla valgono le cure amorose dei
frati, a nulla le tisane medicamentose; riceve i Sacramenti e spira all’alba
del 17 marzo 1736.
Muore di tubercolosi a ventisei anni, appena
un anno dopo Giulia, e la tradizione vuole che lo Stabat Mater sia stato
completato il giorno stesso della sua morte.
Poco dopo i monaci riferiscono che ha
lavorato fino all’ultimo, sorridente anche nella malattia, certo di provare,
per mezzo della musica, amore e speranza. I Cappuccini aggiungono che le sue
cose sono state vendute per pagarne i funerali, secondo il suo volere, e le
musiche da lui composte sono state consegnate a Francesco Feo [5],
uno dei più grandi maestri e compositori napoletani del tempo.
uno dei più grandi maestri e compositori napoletani del tempo.
Raccontano della sua capacità di scherzare e
giocare anche con la musica, a loro ha lasciato un meraviglioso “scherzo musicale”.
Il “Venerabilis barba cappuccinorum” che gioca sul fatto che nessun rasoio
debba toccare la venerabile barba dei cappuccini, e … qualche altra maliziosità
[6].
I fraticelli aggiungono: “Chillo mureva e sapeva ancora
pazziare”.
Certamente Gian Battista, nel corso del suo
soggiorno a Pozzuoli, è circondato da una atmosfera
benevole e si può ragionevolmente pensare che in questo clima sia nato lo
“scherzo musicale” che dedica ai Padri Cappuccini.
Solo la riconoscenza e l’affetto verso questi
frati, dimostratosi premurosi e amorevoli, da veri amiconi, possono aver spinto
il Pergolesi ad ardire tanto in modo diretto senza intaccare la suscettibilità
dei monaci.
Scherzi musicali, a due o più voci, con
variazioni sul medesimo testo circolano ormai da decenni; prima che il
Pergolesi ci si applica, come fatto da Giacomo Carissimi che su questo
argomento ha scherzato prima di lui (anche se in modo meno sboccato), o di
Mozart, che lo avrebbe fatto qualche decennio più tardi.
Necessita ricordare che mentre sui frati
domenicani c'era poco da scherzare, sui francescani per secoli si è scherzato;
un po' come le barzellette sui carabinieri dei giorni nostri.
Quella del Pergolesi è una composizione
frizzante a tutta verve che, in una copia conservata presso il conservatorio di
San Pietro a Maiella di Napoli, è così definita: "Scherzo del Pergolesi ai
Cappuccini di Pozzuoli ove poi egli morì nel convento de' Francescani nel
1736". Il brano si trova anche, e meglio conservato, nella raccolta
dell'Accademia degli Spensierati di Firenze.
Lo scherzo del Pergolesi inizia quasi come
tutte le altre quasi identiche [7]
ma poi si differenzia per una diversa metrica e per una diversa impostazione oltre al malizioso significato che si è inteso dare alla parola “inculta”. Si gioca su di una parola, sulla “BAR BA IN CUL TA” dei frati cappuccini, ma pur sempre venerabile (non sia mai...); il tutto è particolarmente evidente nella ripetizione "in cul..T”, “incul...". Poi sulla sequenza “Capucci ciappa in cul cappuccin po incul tin in cul… tin” che si trova verso metà brano [8].
ma poi si differenzia per una diversa metrica e per una diversa impostazione oltre al malizioso significato che si è inteso dare alla parola “inculta”. Si gioca su di una parola, sulla “BAR BA IN CUL TA” dei frati cappuccini, ma pur sempre venerabile (non sia mai...); il tutto è particolarmente evidente nella ripetizione "in cul..T”, “incul...". Poi sulla sequenza “Capucci ciappa in cul cappuccin po incul tin in cul… tin” che si trova verso metà brano [8].
L’esilarante e maliziosa “Venerabilis
barba inculta capucinorum” termina ancora con un gioco di parole con cui il
Pergolesi lo rende significativo affermando che la barba dei cappuccini, seppure venerabile,
è però sconfitta.
Naturalmente,
cari amici, non potete non ascoltare questo “scherzo” e seguire le sue parole.
Basta fare clic sul seguente Link: https://www.youtube.com/watch?v=TmBCBY4PIeE
BIBLIOGRAFIA
Guido
Minestrina - Giovanni Battista Pergolesi - Venerabilis Barba Cappuccinorum
Domenico
Pompeo – Nel tempo felice, Storia di Giulia e Giovan Battista
Neal
Zaslaw - Bearding Ritter von Köchel in His Lair
Giuseppe Peluso
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