Lo scoglio ai Gerolomini
Un giornale inglese del
1856 riporta l’effetto di un terremoto
E’ notte.
Una profonda notte quella tra sabato 12 e domenica 13 ottobre 1856; tutti
dormono a Pozzuoli e nel Regno delle Due Sicilie.
Si riposa assaporando
l’aria fresca di un tiepido autunno appena iniziato; si pregusta la giornata
festiva che sta per iniziare.
Improvvisamente, alle ore 2.00 precise,
ognuno è sconquassato dal suo sonno da una prima scossa ondulatoria; questa,
procedendo da nord a sud, è fortissima ed ha una durata di quindici secondi.
La
nostra prima impressione al risveglio, scrive un testimone inglese, è che la nostra vista fosse imperfetta o si
fosse interrotta. Sentiamo la porta sbattere, le finestre muoversi in armonia
con essa, il candelabro cadere dalla nostra "colonnata", e il nostro
letto in ferro vibrare come se un forte uomo lo scuotesse.
E’ così
che abbiamo riconosciuto che in quel momento stavamo vivendo l’esperienza della
nostra prima scossa di terremoto. Guardando il golfo, diventato argentato con i
raggi di una luna quasi piena, notiamo che l'atmosfera è divenuta chiara,
tranne verso la base del Vesuvio dove una nuvola di nebbia si aggrappa intorno
ad esso, cercando di insinuarsi alla sommità.
Ma ormai i puteolani sono fuori dalle
abitazioni ed anche quelli che risiedono nelle scarse e sparpagliate dimore in
località “Gerolomini”, lungo la litoranea che conduce a Napoli conosciuta come
“via Regia” o “via Rivera”.
Istantaneamente l’attenzione dei coltivatori
delle “parule” che occupano gran parte dell’attuale via Napoli, degli
ergastolani e dei loro guardiani della “Regia Cava”, dei lavoratori e degli
ospiti della vecchie terme “Subveni Homini”,
è attratta dal rimbombante rumore proveniente dalle pendici di Monte
Olibano ove s’ode un fragoroso fracasso provocato, si saprà poi, dalla caduta
di una grande frana. Il crollo ha quale protagonista un enorme masso di
trachite, di già in posizione poco stabile, che nel rovinoso rotolamento alza
una polverosa nuvola di terriccio e trascina con se, oltre ad altri piccoli
massi, la scarsa vegetazione che incontra sul suo cammino. La sua corsa,
rallentata dalla piccola piana costituita dalla strada regia, termina la dove
incontra il mare e dove ancora oggi fa mostra del suo ardire (foto 2).
Il Monte Olibano, il rilievo di circa metri
150 su cui sorge l’Accademia Aeronautica, è quasi privo di vegetazione e il
nome "Olibano", di derivazione greca, indica la sterilità del luogo.
Esso è costituito da lava dura di composizione rachitica e costituisce un raro
esempio di attività effusiva nei Campi Flegrei. In questo caso si è avuta una
lenta risalita di magma viscoso, povero in gas, che non avendo la capacità di
fluire si è "accresciuto" su se stesso. In alto si vede la roccia
lapidea con frequenti superfici di distacco di grossi blocchi di lava. La
roccia trachitica dell’Olibano è da sempre utilizzata come materiale da
costruzione. In età romana l'impiego prevalente era per pavimentazioni stradali
e una cava di sommità è ricordata da Svetonio. Nei secoli lo sfruttamento è
continuato ed una delle cave, quella sul fianco del colle verso Pozzuoli, è
chiamata "Petriera" e la pietra qui estratta è detta "la pietra
di Pozzuoli".
La notte del 12 ottobre 1856 è ricordata per
i disastrosi terremoti che sconquassano gran parte del Mediterraneo Orientale
ed in particolare le isole del Mare Egeo. Le prime scosse si hanno a Napoli e a
Malta, con danni poco gravi, ma nell’ora che seguì sono colpite Corfu,
Santorini, Creta, Caso, Scarpanto, Rodi, per non ricordare Chio, Coo, Simi,
Castellorosso e la dirimpettaia costa anatolica. È evidente che uno degli
epicentri di quella notte è da cercare a Creta ο nella retrostante fossa
ellenica; qui ha origine la causa del susseguente maremoto che investe l’Egitto
oltre la stessa Creta dove l’elevata magnitudo del terremoto ha di già
distrutto quasi tutte le abitazioni dell’isola.
Il giornale
inglese “Illustrated
London News” del 1° novembre 1856 riporta la notizia “Effects of the
Recent Earthquake, at Puzzuoli, near Naples” inserita in un più ampio resoconto
relativo al Regno delle Due Sicilie (foto 3).
Lo “Illustrated London News” è un settimanale illustrato, fondato da Herbert Ingram il 14 Maggio 1842, ed è il più bell'esempio di giornale pittorico detenendo lo storico primato di riportare eventi sociali britannici e mondiali dalla fondazione fino ai giorni nostri. Da questo settimanale prenderanno spunto altri “magazine” come l’italiano “Domenica del Corriere”.
Anche in questo caso dalle pendici di Monte
Olibano si distacca un macigno di trachite che crolla sulla sottostante identica
strada uccidendo una coppia di fidanzati che transita in auto.
Questa è molto realistica; l’enorme scoglio,
visto provenendo da La Pietra, appare nella forma che ancora oggi lo
contraddistingue, ed è circondato da una moltitudine di nostri concittadini che
l’osservano spinti dalla curiosità, seppur terrorizzati. Sulla destra si nota
il Monte Olibano, ancora non deturpato orrendamente su questo versante, e sul
fondo si distingue il promontorio che costituisce il Rione Terra.
Due amiche di Famiglia - Anni '30
Annamaria D'Isanto - Anni '60
A molti fotografi professionisti è servito da
cornice per meglio inquadrare, di volta in volta, la plaga puteolana (foto 6)
o
la cava petrosa (foto 7).
La sua conformazione ben si presta ad ardite
scalate; ricordo quella, incosciente, fatta nel 1961 con gli amici scout (foto 8),
In primo piano lo scout Mimmo Tredici - anno 1960
per finire con la recente eseguita con attrezzatura professionale il 6 dicembre
2014 (foto 9). In questa occasione gli amici del gruppo di arrampicatori "climbers napoletani" hanno lasciato una via chiodata facendo diventare lo scoglione un simbolo, ovvero una mascotte dell'arrampicata sportiva a Napoli e dintorni.
Il mio primo ricordo dello scoglio è legato
ad una tragedia. Attorno alla metà degli anni ’50 frequento la scuola
elementare San Marco e mia compagna di classe è una bimba, Anna D’Agostino, figlia
di Tobia e di Giovanna D’Alicandro; il padre è un noto commerciante di oli,
meglio conosciuto come “’u muss’ spaccato”
Abita con la Famiglia in uno degli ultimi
edifici di via Napoli e, come gioiscono fare quasi tutti i bimbi, la mia
compagna si diverte a scendere le scale a cavalcioni del corrimano. Purtroppo
perde l’equilibrio, cade giù e il fato mette fine alla sua giovane esistenza.
La Madre Superiore della scuola decide di portare gli alunni di tutte le classi
presso la casa paterna della bimba facendoli poi partecipare al suo funerale.
Ricordo le suore che ci incolonnano per classi facendoci sostare nel piccolo
belvedere che ancora oggi fronteggia il grosso scoglio e che in quella
occasione attira il mio interesse.
Lo scoglio è ancora là, secondaria e nascosta
attrattiva, ed ogni giorno assiste all’inesorabile passaggio di migliaia
d’autoveicoli che lo ignorano; ma assiste anche al passaggio di un sempre più
folto numero di praticanti lo “jogging” che spesso e ben volentieri si fermano
nelle sue prossimità per donare riposo alle membra ed alla mente con la vista
dello straordinario spettacolo offerto in dono a chi sa apprezzare (foto 10).
Giuseppe Peluso
Buonasera questa e storia di certo e che Pozzuoli è Storia analizzando il suo passato vedi l'importanza e la posizione che occupava il Rione Terra "che allora veniva chiamato con un'altro nome che al momento non ricordo" dicevo era anche noto con i traffici con i greci i romani e cosi via.....Un grazie a chi ha avuto questa brillante idea
RispondiEliminaCaro Domenico. Grazie della testimonianza.
RispondiEliminaMa non conosco il tuo cognome ed i tuoi indirizzi per poterti rispondere.
Puoi inviarmeli al: giupel@inwind.it
Ciao
Ciao Giuseppe, è stato davvero emozionante leggere la storia che si nasconde dietro questo scoglio! Faccio parte di uno degli arrampicatori che recentemente ha provveduto alla chiodatura del masso, ed è un pò diventato casa nostra (provvediamo anche alla pulizia per quello che possiamo). Ti ringrazio per averci illuminati sul suo passato, ora lo arrampicheremo con ancora più piacere!!
RispondiEliminaA presto
Grazie. Comunicami il tuo nome.
EliminaAndavamo a polpi e saraghi sotto allo scoglio, ma chi le sapeva tutte queste cose.
RispondiEliminaGrazie Peppe
Bellissima storia
RispondiEliminaGrazie. Comunicami il tuo nome.
EliminaBuongiorno, quante informazioni sconosciute ho ricevuto leggendo questo articolo! Io sono nato dietro i Cappuccini nel 1961, ricordo da piccolo che questo enorme macigno era chiamato "lo scoglio della morte", adesso penso di conoscerne il perché... Grazie
RispondiEliminaGrazie.
EliminaIl suo è un bellissimo blog .Grazie per le notizie che fornisce con dovizia di particolari a noi puteolani.
RispondiEliminaRuggiero Renzi
Complimenti,le immagini sono davvero fantastiche e soprattutto la storia dell' Area è molto interessante ed istruttiva.@marcello sergiusti.
RispondiEliminaGrazie. Comunicami il tuo nome.
EliminaGrazie Peppe è veramente molto affascinante questo articolo.Grazie di nuovo e tanti complimenti.
RispondiEliminaGrazie. Comunicami il tuo nome.
EliminaGRAZIE PER AVERMI FATTO CONOSCERE QUESTA STORIA DELLO SCOGLIONE DOVE IO E I MIEI AMICI CI SIAMO TUFFATI ERANO GLI ANNI 70 QUANDO C'ERA ANCORA IL MARE SOTTO E NON SI VEDEVSNO GLI SCOGLI ORA CONOSCO ANCHE IL PERCHE'DI QUEL PONTE CHE DA SUL MARE .GRAZIE
RispondiEliminaGrazie. Comunicami il tuo nome.
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