lunedì 4 marzo 2013

I pescatori di Pozzuoli - Parte Seconda









I pescatori di Pozzuoli
Parte Seconda – Lungo le coste sarde

In precedenza abbiamo seguito i pescatori puteolani stanziati lungo le coste toscane fin dalla prima metà del XVIII secolo.
Nello stesso secolo, ma con qualche decennio di ritardo, i nostri pescatori vanno a stabilirsi anche in Sardegna in seguito alla presa di possesso di quest’isola da parte dei Savoia che nel 1767 vi fondano il Regno Sardo Piemontese. Si crea così una nuova situazione storica che garantisce ai pescatori campani una certa sicurezza per via della presenza di navi armate che sicuramente scoraggiano eventuali malintenzionati locali e pirati berberi. Il tutto inizia nell’isola La Maddalena e nel suo arcipelago dove, dopo l'occupazione piemontese, arrivano i primi napoletani, puteolani, procidani e ponzesi, che trovano condizioni ideali per stabilirsi. Lasciano paesi ormai sovrappopolati e con attività insufficienti per tutti, e trovano qui zone vergini mai sfruttate prima; lasciano golfi troppo aperti e pericolosi per le intemperie e trovano coste articolate con maggiori possibilità di riparo. Ma soprattutto, provenendo da paesi con attività troppo specializzate (ad esempio, i Ponzesi adoperano quasi sempre nasse e i puteolani reti), per cui tutti debbono necessariamente pescare in determinati mesi e località, trovano qui, nella molteplicità degli attrezzi e dei tempi, la possibilità di lavorare senza importunarsi l'un l'altro. Sono però, dal punto di vista amministrativo, stranieri, provenienti da un altro stato sovrano, il Regno di Napoli, e sottoposti quindi a pagare dei diritti allo stato ospite; e poiché sulla loro esazione e sulla correttezza dei funzionari addetti non sempre i pescatori napoletani possono essere d'accordo, nel 1789, per proteggere gli interessi dei propri cittadini, il Console di Napoli a Cagliari presenta un'istanza al Viceré, che rappresenta i Savoia sull’isola, al fine di nominare un Viceconsole a La Maddalena. Le barche portate dai pescatori campani sono di tre tipi: " il gozzo violone" di Pozzuoli [1], "la feluca" di Ponza e "la spagnoletta" tipica dei pescatori napoletani; modello ereditato con il vicereame spagnolo.
Dal settecento ad oggi, in oltre due secoli, ad esercitare la pesca nell'arcipelago non sono mai stati i maddalenini, almeno quelli del ceppo originario. La generazione degli immigrati della fine del ‘700, e che comprende una fetta consistente della popolazione isolana, non realizzerà fino ai nostri giorni una completa integrazione con le altre componenti isolane perché vi è sempre stata in questa attività una continua alternanza di pescatori napoletani, ponzesi, liguri, toscani, pugliesi e siciliani la cui frequentazione dapprima limitata e stagionale, specie per la pesca del corallo, si concretizza successivamente con degli insediamenti stabili e trasferimenti delle relative famiglie.
I matrimoni fra campani e maddalenine sono rari e sempre nuovi arrivi, soprattutto da Ponza e da Pozzuoli, di individui o di intere famiglie, vanno a rimpinguare il nucleo primitivo mantenendone le caratteristiche iniziali. Gli stessi cognomi delle famiglie di pescatori, i vari Scotto, Acciaro, Aversano, Barretta, Di Fraia, Di Meglio, D'Arco, Nicolai, Sabatini, Ricco, Vitiello e tanti altri danno una precisa connotazione geografica dell'area di provenienza.
La comunità dei pescatori, all'inizio del ‘900, è divisa in due gruppi principali, puteolani e ponzesi, e in altri meno numerosi, come i cetaresi e i siciliani, che mantengono insieme alle abitudini derivate dai diversi luoghi di provenienza, una netta differenziazione degli attrezzi da lavoro. I puteolani si sono stanziati, cercandosi l'un l'altro man mano che arrivano, a "Abbass'a marina"; i ponzesi a "U Molu" di Cala Gavetta; gli altri, seguendo il destino delle minoranze, senza una localizzazione precisa, ma il più possibile vicino al mare. I pozzolani occupano la lunga fila di vani a pian terreno dell'attuale via Amendola, allora via Nazionale, e saltando il lungo cordone di via Garibaldi, le zone immediatamente retrostanti. Essi vivono stabilmente a La Maddalena mentre i ponzesi (i Vitiello i Candido) vengono in Sardegna e nell'arcipelago per "fare la stagione con le nasse"; ad esempio per la pesca delle aragoste. Arrivano a rimorchio di un veliero con una lunga fila di barche e dopo la stagione di pesca ritornavano a Ponza con lo stesso sistema.
La Boga vive nei pressi del fondo, generalmente in branchi, lungo la costa rocciosa e sulle praterie; durante la notte sale in prossimità della superficie. E' comune in tutto il Mediterraneo; nell'arcipelago è oggetto di pesca professionale soprattutto da parte di pescatori pozzolani che adoperano l'impostata, una rete lunga 2/300 metri con tramaglio e un "velo" alto 6/7 metri.
Le bettole sono frequentate nelle lunghe serate invernali, quando l'inclemenza del tempo obbliga all'inattività. Lì i pescatori giocano a carte mettendo come premio un quarto di vino che i vincitori spesso non consumano sul posto, ma portano a casa per la cena. A Cala Gavetta i ponzesi conducono la loro vita occupati come i puteolani nei lavori di preparazione dei loro mestieri; le reti  le nasse. Ma anche la manutenzione delle barche per le quali si servono dello scalo che occupa il lato nord della cala, fangoso e malsano a causa della turbolenta “vadina” nella quale affluiscono gli scarichi fognari della zona a monte.
Nel tentativo di trovare un correttivo anche a questa situazione nel 1919 nasce "La Società fra i Pescatori" di La Maddalena, con lo scopo di "assicurare un sussidio ai soci ammalati e cooperare alla loro educazione ed istruzione civile, venire in aiuto alle famiglie dei soci defunti, accordare al socio che ne farà richiesta mutuo in danaro". Primo presidente è Birardi Luigi di Alghero; e tra i soci fondatori troviamo, Giammetta Francesco di Palermo, Di Fraia Giuseppe di La Maddalena, Del Giudice Vincenzo di Pozzuoli, D'Agostino Procolo di Pozzuoli, Faiella Vincenzo di Crotone, Orlando Pietro di La Maddalena, Vitiello Gaetano di Ponza, Giudice Giuseppe di Ponza, Grieco Gennaro di La Maddalena, De Roberto Gaetano di Torre Del Greco, Panzani Vittorio di Santa Teresa, Batti Luigi di Ponza, Aversano Pasqualino di Terranova Pausania, D’Oriano Vincenzo di Pozzuoli, Di Fraia Leonardo di Pozzuoli. Notiamo che molti, appartenenti alle susseguenti generazione di immigrati, hanno ancora la cittadinanza puteolana; ma notiamo pure nominativi di pescatori maddalenini il cui cognome svela la loro identica origine. A La Maddalena si dice che i figli degli immigrati della pesca diventano presto "quasi maddalenini" ed i loro nipoti diventano maddalenini del tutto e come tali restii alle fatiche, ai pericoli, ai sacrifici e all'aleatorietà dei guadagni che l'attività della pesca comporta.
Nell’isola resta ferma e radicata la fede per Santa Maria Maddalena, patrona dell’isola, ma dalla seconda metà dell’ottocento i pescatori, specialmente quelli di origine puteolana, ogni 15 agosto iniziano a portare in processione la statua della loro protettrice, la Vergine Assunta nel giorno che ricorda la sua elevazione al cielo. La processione si svolge dapprima a terra, poi, negli anni seguenti, a mare con la statua festosamente addobbata sulla barca di testa seguita da imbarcazioni di ogni tipo.
Nella zona di Bassa Marina, ornata per l'occasione di rami di lentischio e di mirto, si svolgono giochi e gare di abilità fra le quali spicca la tradizionale regata a vela e quella a remi nella quale anche anziani pescatori ricchi di esperienza maneggiano con sicurezza i loro remi lunghi 24 palmi (6 metri), con la classica posizione dei puteolani, in piedi con il viso rivolto nel senso di marcia [2]. Poi le gare di nuoto e l'albero della cuccagna a terra e quello a mare (ricordo del nostro pennone) coinvolgono i giovani e un pubblico vociante ed entusiasta. La tradizione resta viva a lungo, certamente fino alla vigilia della seconda guerra mondiale.

La cittadina di Carloforte, posta nell’isola sarda di San Pietro, ha visto aumentare gradualmente la sua popolazione grazie all'immigrazione di liguri, toscani, siciliani, piemontesi, emiliani, calabresi, corsi, greci, savoiardi, svizzeri, slavi ed infine del nutrito gruppo di "napoletani" giunti a Carloforte nel periodo 1865-90. Quest'ultimo fenomeno inizia dopo l'unità d'Italia come un vero e proprio esodo dall' interland napoletano all’isola sarda. Si tratta di gente umile [3] che, lasciata la terra di origine, va alla ricerca di un avvenire migliore, di una condizione di vita più umana. Sono per la maggior parte pescatori provenienti da Casamicciola, da Castellamare di Stabia, da Grazzanise, da Napoli, da Ponza, da Pozzuoli, da Procida, e da Torre del Greco. Gente abituata alla fatica, alla sofferenza, ad ogni sorta di sacrificio. Arrivano perché non si fidano dei nuovi liberatori piemontesi, perché temono nuove angherie, perché cessate le limitazioni di movimento imposte dai governi borbonici, finalmente hanno la possibilità di muoversi con maggior libertà. Si spostano in troppi, intere famiglie, circa 400 persone, che, in pochi anni, diventano un'intera colonia. I carlofortini guardano con occhi preoccupati la loro tipica invadenza ma essi riprendono il lavoro abbandonato dai primi abitanti, la pesca del corallo. Si stabiliscono nella parte più alta del paese, in quel momento disabitata, fanno gruppo a sé, uniti dai loro usi, dai loro costumi, dal loro dialetto. Poi lentamente avviene l'avvicinamento, entrano a far parte degli equipaggi locali che esercitano la pesca tradizionale, diventano padroni di barca, si hanno i primi matrimoni misti, il dialetto napoletano cede il posto alla parlata ligure, a quel dialetto “pegliese” che la popolazione ha sempre gelosamente custodito. L'integrazione a questo punto è completa; solo per curiosità fonti locali riportano l’origine puteolana degli ormai integrati Angelo Caputo, Michelangelo De Simone e Carlo Di Fraia.

Naturalmente moltissime altre località sarde, e delle sue isole minori, sono state raggiunte dai nostri pescatori nei primi decenni del novecento; tra queste anche Porto Torres. Sono pochi i “turritani” con grandi esperienze nella pesca pertanto i puteolani trovano utile qui trasferirsi.
Il nove giugno del 2011 “La Nuova Sardegna” riporta la notizia della morte del decano dei pescatori locali, Giuseppe Sannino. “Era il decano dei pescatori che, fino a due settimane fa, andava per mare con il proprio gozzo «Cristina» a calare o tirare le reti. Giuseppe «Geppe» Sannino, 81 anni, cinque figli uno dei quali pescatore, è morto ieri mattina dopo una breve malattia. Era stato ricoverato il giorno dopo la sua ultima uscita in mare, in seguito a un malore. La famiglia Sannino era arrivata a Porto Torres, da Pozzuoli, prima delle seconda guerra mondiale ed erano stati loro a portare in città la prime reti. Giuseppe Sannino, che tranne una breve parentesi con il peschereccio "Tre Fratelli", ha sempre lavorato nella piccola pesca. Era un po' la memoria storica del mondo della pesca portotorrese. E amava raccontare di quando, ragazzino, usciva con il padre per andare all'Asinara. A vela, ma anche a remi quando calava il vento. Un pezzo di quel piccolo mondo antico che non vedremo più seduto a poppa del Cristina.”

Bibliografia
www.lamaddalena.info – Vita di Mare
www.carloforte.it – I Napoletani a Carloforte
www.lanuovasardegna.gelocal.it



Giuseppe Peluso - Pozzuoli Magazine del 8 dicembre 2012



2 commenti:

  1. Un lavoro di ricerca davvero interessante

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    1. Grazie. Gradirei il tuo indirizzo e.mail che potresti inviare a: giuseppe.peluso47@gmail.com
      Ciao
      Peppe

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