“Andalù, portalo via”
Dalla Mostra d’Oltremare alla Televisione
Nel maggio del 1940 è inaugurata la Mostra
d’Oltremare [1], pensata per propagandare ed esaltare l'opera del governo
fascista nelle nostre colonie. Per questa manifestazione sono condotti a Napoli
qualche centinaio di Ascari e graduati di colore, in rappresentanza di tutti i
vari corpi armati coloniali operanti nell'Africa Settentrionale e nell’Africa
Orientale Italiana.
Questi ascari sono scelti specificamente tra
tutte le etnie e religioni sia della Libia che del corno d'Africa e tra loro ci
sono anche qualche yemenita e sudanese volontario nel RCTC (Regio Corpo Truppe
Coloniali). I soldati sono accompagnati dalle rispettive famiglie, oltre che da
sacerdoti indigeni di religione cattolica, copta e islamica, che celebrano i
culti in una apposita cappella-moschea all' interno della Mostra. Questa
piccola comunità, del tutto autonoma (compresi anche le loro donne, vecchi e
bambini) può essere calcolata all'incirca tra i 600 ed i 700 elementi.
I militari prestano a turno servizio d'ordine
nei locali della mostra e compongono il picchetto d'onore per le autorità in
visita [2].
Quelli liberi dal servizio vestono abiti tradizionali ed insieme ai familiari animano un grande diorama a grandezza naturale composto di tre villaggi di tukul, eretti in una "foresta africana" ricostruita trapiantando a Napoli centinaia di alberi provenienti dall'Africa.
Quelli liberi dal servizio vestono abiti tradizionali ed insieme ai familiari animano un grande diorama a grandezza naturale composto di tre villaggi di tukul, eretti in una "foresta africana" ricostruita trapiantando a Napoli centinaia di alberi provenienti dall'Africa.
Ogni giorno i "cacciatori indigeni"
simulano una battuta di caccia al leopardo fino a spingerlo in una trappola,
appositamente costruita, sotto gli occhi degli ammirati visitatori.
Naturalmente il leopardo, addomesticato e ipernutrito non viene ucciso perché deve
"recitare" anche il giorno dopo.
La scelta di ascari "possibilmente
sposati e con prole" è fatta per evitare quanto accaduto in occasione
della grande parata dell'Impero nel 1937, quando gli africani in libera uscita
a Roma, disinteressati ai monumenti, chiedevano ai passanti dove fosse il
bordello più vicino, per fare "Niki Niki" con la donna bianca. In
questo intervallo di tempo sono state emanate le leggi razziali ed è essenziale
evitare problemi di questo genere.
La mostra viene inaugurata dal ministro dell'Africa
Italiana Teruzzi, accolto dal picchetto degli agenti nazionali e dagli ascari della
PAI (Polizia Africa Italiana), alla presenza di alcune decine di capi tribali e
religiosi in abiti variopinti. Questi ultimi sono giunti, in piroscafo ed in I°
classe, appositamente per solennizzare l'avvenimento.
Nel frattempo, il 10 giugno dello stesso
1940, è dichiarata la guerra e la rapida caduta dell'Impero fa sfumare la
prospettiva di un rimpatrio per la maggior parte di questa gente; le autorità devono
decidere cosa fare di loro.
Praticamente restano tutti a Napoli, sede del
Deposito Centrale Truppe Coloniali, limitandosi a svolgere servizi di guardia e
d'istituto presso i locali comandi dei rispettivi corpi d'appartenenza. Solo la
PAI, per sua stessa natura, tenta un impiego più operativo dei "suoi
africani”, aggregando gli eritrei islamici ad un reparto autoblindo che opera
in Africa Settentrionale nel 1942 (giudicandoli compatibili per lingua, cultura
e religione con gli ascari PAI libici e la popolazione locale). Costoro
continuano a combattere fin quando le truppe italiane in ritirata verso la
Tunisia congedano i militari libici prima di varcare la frontiera.
Quelli rimasti a Napoli sono inevitabilmente
coinvolti dalla vita quotidiana degli italiani e si integrano sotto vari
aspetti [3].
Bambini e ragazzi fanno studi regolari (avviamento professionale) ed entrano nelle varie organizzazioni dell'ONB/GIL Opera Nazionale Balilla/Gioventù Italiana del Littorio); le donne iniziano a lavorare come domestiche, le infermiere della CRI tengono un corso di istruzione sanitaria per le ragazze finalizzato al lavoro negli ospedali.
Bambini e ragazzi fanno studi regolari (avviamento professionale) ed entrano nelle varie organizzazioni dell'ONB/GIL Opera Nazionale Balilla/Gioventù Italiana del Littorio); le donne iniziano a lavorare come domestiche, le infermiere della CRI tengono un corso di istruzione sanitaria per le ragazze finalizzato al lavoro negli ospedali.
Intanto già dal 1940 Cinecittà ha messo gli
occhi su di loro, pertanto in molti partecipano come generici e comparse negli
studi di Cinecittà in numerosissimi film, non solo di guerra o di propaganda,
ma anche comici e di avventura, alcuni oggi poco conosciuti.
Certo è che gli ascari non sono congedati
prima della fine delle ostilità e molti di essi partecipano alla guerra di
liberazione come attendenti di qualche ufficiale, o in qualche reparto di
servizi del Regno del Sud.
All'inizio degli anni '50 il Ministero
dell’Africa Italiana (in via di smantellamento) ha un proprio "Reparto
Militari Coloniali Nativi dell’Africa Italiana", con in organico militari
definiti come "Soldati Eritrei", o altro a seconda della nazionalità
d'origine; nel 1948 è ancora in servizio anche il 1° Capitano Libico Khalifa
Khaled.
L’ascaro eritreo Andalù Ghezzali, nel corso
della guerra di liberazione, si ritrova a svolgere il compito di attendente di
un maggiore del CIL (Comitato Italiano Liberazione).
Al termine delle ostilità resta in Italia al
seguito dell'ufficiale e nei primi anni 50 il suo destino va ad incrociarsi con
quello di Angelo Lombardi [4] ed insieme diventano famosi personaggi della
nascente televisione italiana.
Angelo Lombardi, nato
a Genova nel 1910, nell’anno 1933 si sposta in Somalia, dove a Merca un
fratello ha un’azienda per la coltivazione delle banane. Lui dovrebbe piantare
cocchi ma è troppo impaziente per attendere i cinque anni della loro crescita,
così inizia a lavorare al censimento della fauna nel deserto della Dancalia ed è
qui che inizia l’attività di cacciatore di belve al seguito dello zoologo tedesco Karl
Hagenbeck.
Ben presto la sua curiosità e
sensibilità nei confronti degli animali esotici lo spinge a smettere di
cacciarli per ucciderli e a dedicarsi piuttosto alla conoscenza delle loro
abitudini e della loro vita. In breve Lombardi diventa uno dei maggiori
fornitori di animali per i parchi zoologici d'Europa ed apre un suo giardino
zoologico privato a Salsomaggiore.
La sua familiarità con gli animali gli procura le
prime collaborazioni con l'industria cinematografica come consulente di scena o
come scenografo in parti dove necessitano presenze di animali. Nel film “La corona
di ferro”, diretto da Alessandro Blasetti nel 1941, esordisce come controfigura
di Massimo Girotti per girare la scena in cui il protagonista si trova nella
fossa dei leoni.
Dopo la guerra viene incaricato di ricostruire lo zoo
di Napoli, devastato dai bombardamenti alleati e dalle razzie che non hanno risparmiato
gli animali. Intanto continua a lavorare nel cinema, dapprima come
collaboratore di Blasetti ed in seguito prestando la sua opera di consulente
anche per produzioni statunitensi, tra le quali si ricordano “Ben Hur”,
“Cleopatra” e “La Bibbia”. In quest'ultimo film Lombardi riesce a coordinare
sul set la presenza di oltre milleottocento animali appartenenti a diverse specie.
Nel 1954 Sergio Pugliese, storico direttore
dei programmi della neonata Rai, convoca Lombardi per un provino. L'emozione di
trovarsi di fronte a una telecamera lo blocca; la situazione si risolve quando
il figlio Guido gli passa una iguana, ora si ritrova a suo agio.
Il 7 febbraio del 1956 appare per la prima volta in
televisione, in una propria trasmissione, “L’amico degli animali”, andata in
onda per circa ottanta puntate, non continuative, fino al 1964.
Lombardi, sempre con un animale in braccio, è accanto
a Bianca Maria Piccinino; al suo inseparabile collaboratore, l’ormai ex ascaro
Andalù Ghezzali; ed alla scimmia Cita [5].
Agli amici dei miei amici, come solennizza
Lombardi, vengono ogni sera svelate le infinite presenze di vita sulla terra, arricchite
da aneddoti, filmati e curiosità.
La trasmissione ha subito un grandissimo successo fra tutti i
telespettatori e Lombardi diventa una delle più popolari figure della
televisione, uno dei primi divi del piccolo schermo, un divulgatore ante
litteram, l'uomo che porta l'etologia agli stessi livelli di popolarità dei
quiz.
Celebre diventa la frase con cui apre il
programma: «Amici dei miei amici, buonasera...», e poi l'altra: «Non mi
vedrete, ma sentirete la mia voce!»
La sua figura massiccia, racchiusa in una
classica sahariana, denuncia il suo passato da esploratore e da colonizzatore
[6].
Questo legame coloniale è rafforzato dalla
presenza dell'ascaro Andalù, un eritreo che gli fa da assistente e che
contribuisce al successo della trasmissione [7].
Andalu' appare tranquillo nel ruolo che la
televisione in bianco e nero gli affida. E’ un valletto, certamente non
raccomandato, che aiuta il nostro etologo a portare e sostituire gli animali
sul proscenio. Il professor Lombardi esibisce un animale poi, terminata la
presentazione, o prima quando si accorge che l’animale sta diventando
aggressivo perché innervosito dalle luci e dalle telecamere, dice al fido
assistente:
"Andalu', portalo via".
Il valletto, con calma lo porta via ed
introduce via via altri animali.
Questa frase, ancor più della celebre
precedente, diventa subito proverbiale; diventa un popolarissimo tormentone che
finisce coll’acquistare un significato più ampio.
Sulla bocca di tutti diventa un modo per
liberarsi delle persone moleste e petulanti; ancora oggi, per far smettere chi
ci sta vicino dal suo personale sproloquio, usiamo dire:
«Andalù, portalo via»
Giuseppe Peluso
Giuseppe Peluso
ma la trasmissione l'amico degli animali in che giorno e ora andava in onda alla tv?
RispondiEliminaAndava in onda il martedì sera alle ore 22.00.
RispondiEliminaDal 7 febbraio1956 fino al 1964, per un totale di settantotto puntate
Grazie della richiesta - Peppe
Ma io ero bambino e mi ricordo il programma, ma visto che a quei tempi si andava a "letto dopo Carosello" è possibile che venisse replicata in altri orari?
RispondiEliminaAndava in onda dopo il carosello e quindi oltre le ore 21.00 (all'epoca il Telegiornale andava in onda alle ore 20.30). Non mi risulta che ci siano state replica anche perchè non si usava farle. Forse hai visto qualche pezzo in vecchie trasmissioni rievocative.
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