giovedì 19 maggio 2011

Un Delfino Francese nel Golfo di Pozzuoli








Un Delfino Francese nel Golfo di Pozzuoli


Nel novembre 1942, dopo lo sbarco alleato in Marocco ed Algeria, le truppe italo tedesche occupano preventivamente la Tunisia.
Qui nella base francese di Biserta vengono catturati, insieme ad altro naviglio, quattro sommergibili oceanici della Marine Nationale appartenenti alla classe Requin che aveva le seguenti caratteristiche.

Dislocamento: in superficie: 1.150t - in immersione: 1.441t
Dimesioni: Lunghezza: 78,20 m - Larghezza: 6,80 m - Immersione: 5,10 m
Apparato motore di superficie: 2 motori Diesel Sulzer o Schneider - 2 eliche - Potenza: 2.900 cv - Velocita max. in superficie: 15,0 nodi - Autonomia 7.700 miglia a 9,0 nodi.
Apparato motore in immersione: 2 motori elettrici di propulsione - Potenza: 1.800 cv - Velocita max: 9,0 nodi - Autonomia: 70 miglia a 5 nodi.
Profondità di collaudo: 90 m
Armamento originario: 4 tls AV da 550 mm con 6 siluri - 2 tls AD da 550 mm con 2 siluri - 4 tls esterni al centro brandeggiabili da 550 mm - 1 cannone da 100/40 mm - 2 mitragliatrici da 8 mm singole.
Equipaggio: 4 ufficiali - 50 tra sottufficiali e marinai.

A questi quattro sommergibili la Regia Marina Italiana assegna i nominativi: FR 111 per l’ex Phoque, FR 113 per l’ex Requin, FR 114 per l’ex Espadon, FR 115 per l’ex Dauphin.
Di questi però solo lo FR 111, in buone condizioni, diviene subito operativo venendo poi affondato da un attacco aereo il successivo febbraio 1943.
Gli altri tre sono inviati a Napoli, tra il 20 ed il 22 di gennaio 1943, per essere immessi in bacino e poter decidere il ciclo di lavoro cui sottoporli. Dopo una attenta visita, per il loro completo ripristino, sono dirottati lo FR 113 a Genova, lo FR 114 a Castellammare di Stabia e lo FR 115, che è al comando del Capitano di Corvetta Mario Resio, a Pozzuoli. Questo ultimo sommergibile era stato impostato nell’Arsenale di Tolone il giorno 11 dicembre 1922, varato il 2 aprile 1925 e consegnato il 22 novembre 1927.
Lo FR 115 giunge a Pozzuoli nel marzo del 1943 e attracca al molo dello Stabilimento Ansaldo per essere sottoposto a lunghi cicli lavorativi. Questi prevedono la modifica dei tubi lanciasiluri per adattarli al lancio di quelli prodotti in Italia come dal “Silurificio Italiano” di Baia, nuova denominazione della vecchia "Società Anonima Whitehead" succursale dalla Whitehead di Fiume a sua volta controllata dalla società inglese Vickers-Armstrong.
I pochi siluri originali francesi di cui viene in possesso la Regia Marina servono su quei battelli messi subito in servizio come lo FR 111 di questa stessa classe o di altre classe tra cui alcuni catturati anche a Tolone.
La principale modifica da apportare all’ex Dauphin è la sostituzione dell’intera torretta con una di modello più piccolo e meno visibile ma anche più pratico per una rapida immersione. L’Ansaldo di Pozzuoli negli anni 1941 e 1942 ha di già cambiato torrette su vari sommergibili italiani di vecchio modello.
Altre trasformazioni riguardano l’abolizione dei lancia siluri esterni, che in Italia non trovavano utile impiego e cambio del cannone con un modello italiano standardizzato.
Durante i lavori solo una piccola parte dell’equipaggio risiede a bordo, e solo per turni di guardia e di servizio.
Ufficiali e sottoufficiali, come è successo per precedenti unità, sono alloggiati nella vicina “Villa Maria” alla Starza ed esattamente nei locali del primo piano, e parzialmente del piano terra, prima adibiti a “Scuola Marittima”. L’equipaggio comune è ospitato in baraccamenti realizzati sul retro del vecchio molo Armstrong ma, durante i lavori dei battelli, viene impiegato anche in turni di guardia lungo il percorso dell’oleodotto che collega il Molo Caligoliano con gli otto imponenti depositi posti nella zona alta di Pozzuoli. Questo oleodotto ha la stazione di pompaggio ubicata nel “Torrione” posto all’angolo basso del Rione Terra, costeggia tutta la banchina di Pozzuoli e giunto all’altezza della Calcara, risale il Vallone Mandria attraverso il cosiddetto Alveo Campano.
Ma anche il Molo Ansaldo è collegato ai predetti depositi con un'altra linea che attraversando trasversalmente il Territorio di Villa Maria si immette anch’esso nell’Alveo Campano nella zona del Vallone Mandria. Giusto ai primi dislivelli presenti in Villa Maria viene creata una piccola stazione di pompaggio presidiata da marinai che in loco dispongono di una garitta. Inoltre è stata praticata una doppia apertura, nella confinante linea ferroviaria, che permette di giungere ad un ricovero creato a mezza costa del Terrazzo della Starza. Questo ricovero, con la parte interna scavata nel tufo e la parte esterna in cemento armato, serve sia ai suddetti marinai di guardia all’oleodotto che a quelli ospitati a Villa Maria. Nel cortile di Villa Maria per i marinai funziona anche una cucina casareccia gestita dalla Famiglia del Colono Menechiello Biclungo che, utilizzando prodotti del Territorio, arrotonda e sopperisce alle perdite subite per la mancata coltivazione del terreno soggetto a Servitù Militare.
Questa “Taverna” sarà poi frequentata, tra agosto e settembre 1943, da soldati tedeschi che, forti della conoscenza del luogo, poco prima di lasciare la zona agli increduli Biclungo “requisiscono” le galline, i conigli nascosti nella “Fossa”, il maiale ancora presente nel “Casotto”, prosciutti e tutto quanto di commestibile possa essere asportato.
Ma ritorniamo al nostro sommergibile. All’annuncio dell’armistizio non è in grado di muovere e viene catturato dai tedeschi il giorno 11 settembre 1943, unitamente alla corvetta Vespa. Questa corvetta è entrata in servizio nella Regia Marina nove giorni prima a Castellammare di Stabia ed a Pozzuoli attende il completamente dell’equipaggio. Subito portata dai tedeschi a Livorno entrerà in servizio nella Kriegsmarine il 29 settembre 1943 come cacciasommergibile, con il nuovo identificativo UJ 2221, e verrà da loro autoaffondata a Genova solo alla fine della guerra il 24 aprile 1945.
Il 19 settembre 1943, i guastatori tedeschi della 2° Compagnia del 60° Battaglione Pionieri, in procinto di ritirarsi, minano l’ex Dauphin e lo fanno saltare in aria. Di questa azione esiste una solo foto di scarsa qualità, tratta da "Sommergibili in Guerra" di E. Bagnasco e A. Rastelli - Albertelli Editore, che mostra il momento dello scoppio delle mine poste sul battello, ancora ormeggiato al molo “Ansaldo”.
Il sommergibile, in fiamme, va alla deriva per circa 150-200 metri e poi si spacca in due o tre tronconi affondando a non molta distanza dalla spiaggetta antistante la ricordata zona della “Carcara”.
Da ragazzo lo scrivente frequentava questa spiaggia, vicinissima a Villa Maria, e tra adolescenti era comune la voce che quella cresta, che con la bassa marea si notava fuori dall’acqua, fosse un sommergibile francese affondato. La cosa sembrava strana, oggi diremmo una leggenda metropolitana. Nessuno credeva fosse veramente un sommergibile anche se con marea normale, e scafo sott’acqua, molti lo raggiungevano a nuoto e vi passeggiavano sopra con l’acqua che arrivava appena alle ginocchia.
Agli inizi degli anni 80, forse nel 1982, esso fu ulteriormente sezionato e tirato fuori per permettere la costruzione del nuovo Mercato all’Ingrosso del pesce ed una sicura navigazione nei suoi paraggi.
Nel settembre 1943 i tedeschi affondano anche altro naviglio, distruggono buona parte dello stabilimento e minano la grossa gru posta all'estremità del pontile. Questa gru, di ben 160 tonnellate di portata, è tra le cinque più grandi al mondo di progetto Armstrong ed era stata montata nell'anno 1887. Essa aveva provveduto a trasbordare tutte le grosse artiglierie, prodotte dall'Armstrong, sulle corazzate italiane tra fine ottocento e primi novecento, ed il suo profilo si alzava maestoso al centro della insenatura puteolana.
Ma la dinamite da sola non fu sufficiente a buttar giù la storica gru; pertanto due giorni dopo i genieri tedeschi, per abbatterla, debbono aggredirla con la fiamma ossidrica.
La quasi gemella dell’arsenale di Venezia è oggi l'unica ad essere sopravvissuta grazie ad un progetto di conservazione e manutenzione legato al decreto di vincolo imposto dal Ministero per i Beni Ambientali ed Architettonici.

Giuseppe Peluso - Pozzuoli Magazine del 12 maggio 2011

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