Ferrovia Cumana
L’incidente del 7 giugno 1920 e la critica situazione di tutte le Gallerie della collina di Posillipo
Alle 5.30 del 7 giugno 1920 dalla Stazione di
Monte Santo della Ferrovia Cumana parte il primo treno, il n. 102 diretto a
Pozzuoli.
Il convoglio composto da cinque carrozze, due
moderne di costruzione Reggiane e tre del vecchio tipo di costruzione belga, è
trainato da una Locotender Henschel a tre assi accoppiati; probabile sia la n.
32, già appartenuta alle Ferrovie dello Stato [1].
Il treno è carico di operai che, svegliatesi di
buon’ora, sono pronti ad iniziare il primo turno di lavoro; chi presso l’ILVA
di Bagnoli, chi presso la più lontana Armstrong di Pozzuoli.
Dopo aver attraversato il lungo tunnel Sant’Elmo, il treno giunge alla stazione di Corso Vittorio Emanuele [2].
Nonostante il macchinista metta in azione tutti
i freni il convoglio non si ferma e prosegue la sua corsa imboccando il tunnel
che, perforando la collina di Posillipo, con un percorso dotato di unico
binario in discesa conduce a Fuorigrotta [3].
Questo avviene nell’oscurità dello stretto
tunnel fra lo spavento dei viaggiatori, numerosi su entrambi i treni, e tra i
pianti e i clamori delle donne.
L’urto è violento e le due vaporiere, di
recente acquistate dalle Ferrovie dello Stato, si accavallano l’una su l’altra
fracassandosi.
Uguale sorte accade per otto vetture che si
rovesciano sul binario; molte donne svengono mentre si sentano grida e gemiti
di persone evidentemente rimaste ferite.
Immediatamente i più animosi rimasti incolumi
organizzano i primi soccorsi e contemporaneamente, dalle stazioni di
Fuorigrotta e del Corso, si procede all’invio di torce e di barelle per il
trasporto di feriti; questi sono venticinque di cui quattro in gravi
condizioni.
Essi sono quasi tutti estratti dal di sotto dei
rottami delle macchine e delle vetture e poi caricati sopra un camion per
essere trasportati all’Ospedale della Regia Marina a Mergellina.
Lungo il percorso l’autista che guida il
camion, per la fretta di giungere all’Ospedale, investe una povera bambina che
sta attraversando la strada; è anch’essa trasportata all’Ospedale dove
purtroppo versa in imminente pericolo di vita.
Il sinistro, con il susseguente blocco del traffico ferroviario per la rimozione dei rotabili incidentati, aggiunge disagio ai collegamenti, in quel momento già precari, tra Napoli, Fuorigrotta e i Campi Flegrei tutti.
Il persistente disagio è dovuto al fatto che il
precedente 11 novembre 1919 il Comune di Napoli è stato costretto a chiudere al
traffico, in seguito a un franamento interno, il tunnel stradale esistente tra Piedigrotta
e Fuorigrotta [4].
La nuova galleria, costruita nel 1884 proprio per
sostituire l’antica rimasta in funzione per circa duemila anni, già da tempo
presenta fenomeni di crolli e di dissesto; pertanto, dopo un’ultima frana
verificatosi nel novembre del 1919, si decide di chiuderla e vietarvi qualsiasi
passaggio, sia pedonale, sia di carri, sia di tram.
In attesa del suo ripristino, che si
preannuncia lungo, il Comune di Napoli e l’Azienda Tranviaria decidono la
rapida costruzione di un piccolo tunnel, parallelo a quello franato, con
all’interno un solo binario che permetta il passaggio dei tram a senso unico alternato
[5].
Già il 5 febbraio l’onorevole Arturo Labriola
(Napoli 1873 – 1959) presenta alla Camera dei Deputati una interrogazione con
la quale chiede:
«Ai
Ministri dei Lavori Pubblici e dei Trasporti Marittimi e Ferroviari quali
provvedimenti intendano prendere allo scopo di ristabilire le comunicazioni tra
la città di Napoli, la frazione di Fuori Grotta e tutta la plaga Flegrea oggi
interrotte a causa delle condizioni in cui trovasi il tunnel di Fuorigrotta.»
La risposta all’interrogazione arriva dall’onorevole
Anselmo Ciappi (Camporotondo di Macerata 1868 – Roma 1936), sottosegretario di
Stato per i Lavori Pubblici:
«La città
di Napoli è allacciata al villaggio di Fuorigrotta mediante la ferrovia Cumana
ed una linea delle tramvie urbane di Napoli, che passava per il tunnel franato.
In seguito alla sospensione dell'esercizio su detta linea tramviaria, il
Circolo di Napoli ha interessato la Società esercente la ferrovia Cumana ad intensificare
il movimento dei treni fra Fuorigrotta e Napoli per supplire alla mancanza della
comunicazione tramviaria, e sono stati attuati numerosi treni facoltativi in mezzo
ai tanti ordinari, in modo che da Fuorigrotta parte un treno ogni 20 minuti per
Napoli.
Inoltre è
stata istituita una linea automobilistica provvisoria attraverso il tunnel
della direttissima Roma-Napoli, transito ordinario, finché non saranno riparati
i danni del tunnel franato, per cui una Commissione di tecnici è stata nominata
dal prefetto.
Fo poi
presente che il Circolo di Napoli fin dal 1918 fece rilevare alla Società esercente
le tramvie napoletane prima, ed all'azienda autonoma poi, le cattive condizioni
statiche del tunnel di Fuorigrotta, e con provvedimento del 3 agosto 1919,
pregò la Egregia Prefettura di Napoli d'ingiungere la esecuzione d'urgenza dei
lavori necessari tanto al comune di Napoli che alla decaduta Società delle
tramvie. E risulta che la Prefettura invitò il Municipio a preoccuparsi di tale
grave questione, ma a tutto il mese di ottobre nessun provvedimento fu preso.»
Altra risposta arriva dal senatore Edmondo
Sanjust di Teulada (Cagliari 1858 – Roma 1936), Sottosegretario di Stato
per i Trasporti Marittimi e Ferroviari [6]:
Alle prefate autorità fu detto che dovessero prendere all'uopo degli accordi diretti col signor ingegnere cavaliere Enrico Bazzaro, capo divisione dirigente l'ufficio costruzioni di Napoli per la linea direttissima Roma-Napoli al quale erano state già date istruzioni in proposito. Nel senso che dovesse concedersi per la viabilità ordinaria, la maggiore larghezza della galleria suddetta, compatibile con l'impianto, affatto libero ed indipendente, di un binario di servizio a scartamento ridotto di m. 0.60, indispensabile per la continuazione dei lavori della galleria sotto Napoli della direttissima [7].
Ma perché tante frane nei tunnel di Posillipo?
Questi dissesti nelle gallerie scavate nel tufo
non trovano sempre una concorde spiegazione.
Il geologo Michele Guadagno, che per vari anni
ebbe ad interessarsi del sottosuolo cittadino, nel 1928 disse che ben otto
manufatti attraversanti la collina di Posillipo in questo tratto avevano dato
segni di notevole dissesto.
Questi manufatti erano:
-
la
antica galleria romana;
-
le
due vecchie e contigue gallerie dei trams dette rispettivamente la Grande e la
Piccola che poi furono trasformate in un'unica grande galleria;
-
la
galleria della Direttissima;
-
la
galleria Laziale;
-
i
collettori cosiddetti di Cuma e di Coroglio;
-
il
grosso fognone di Posillipo.
Secondo lui la sovrapposizione di due unità di
tufo giallo, con l'interposizione di materiali piroclastici poco lapidificati, era
all'origine dei dissesti di diverse opere che attraversavano in sotterraneo
questa zona della collina.
Ricordava, ad esempio:
-
la
Vecchia Galleria Romana con le innumerevoli frane che l’hanno interessata nel
corso di quasi due millenni.
-
la
Nuova Grande Galleria (già galleria municipale dei tramways) aperta nel 1884,
chiusa per dissesti nel 1890; riparata e poi di nuovo chiusa per la citata
frana del 1919.
-
la
Galleria della Direttissima Napoli-Roma, collaudata nel 1917, che denunzia
danni nel 1922; poi in riparazione fino al 1925 e nuova presenza di dissesti
nel 1931.
-
la
Galleria della Laziale, ultimata nel 1926, dopo che si sono manifestati numerosi
dissesti durante la costruzione, e presenza di nuovi danni nel 1932.
In tutte queste gallerie si era osservata la
rottura longitudinale delle calotte e lo schiacciamento dei piedritti.
Analoghi dissesti saranno poi riscontrati nella
più recente Galleria della Circumflegrea, che pure attraversa la collina del
Vomero, terminata di scavare nel 1954 e soggetta a riparazioni tampone alla
fine degli anni ’60 ed a sistemazione definitiva solo con la costruzione del
secondo tunnel, per raddoppio dei binari, tra Monte Santo e Soccavo.
GIUSEPPE PELUSO – GIUGNO 2023
Nessun commento:
Posta un commento