AVERNO – LUCRINO – ARCO FELICE
IL PROGETTO DI CARLO ENRIETTI
Il porto canale tra il mare e i laghi d’Averno e Lucrino
Sia l’amico Vincenzo Gaudino, nella sua pagina
“Misteri Flegrei” che il compianto Raffaele Giamminelli, in una famosa sua
lettera denuncia dell’aprile 2007, hanno accennato a questo programma che
fortunatamente non ebbe seguito.
Giamminelli lo definì:
“Un progetto nefasto per
i Campi Flegrei, quello tentato nel 1918 dal faccendiere Carlo Enrietti che,
mediante una poco pulita convenzione con lo Stato, distruggeva tutto il golfo
di Pozzuoli e la mitica costa con imponenti opere portuali. Per fortuna, grazie
ad un gruppo di autorevoli “pozzolani”, tra i quali lo storico Raimondo
Annecchino e il senatore a vita Vincenzo Cosenza, la speculazione fu sventata.”
Ma di che progetto si tratta e chi era
Enrietti?.
Iniziamo da quest’ultimo di cui, nonostante
assidue ricerche, ben poco ci è dato conoscere.
Carlo Enrietti, fu Giuseppe, è un ingegnere nato
a Torino che nel tempo vediamo insignito dei titoli di Cavaliere, di Ufficiale,
di Commendatore ed infine di Grande Ufficiale; tutti appartenenti all’Ordine
della Corona d’Italia.
Ad inizio novecento lo troviamo residente a
Roma intento a creare “società anonime” con le quali gestire le sue
“creazioni”, ovvero grandi opere pubbliche, oggi definite infrastrutture, che
lui stesso ha provveduto a concepire.
Esemplare, a tal proposito, il suo progetto della “Ferrovia Treviso-Ostiglia”; esso comprende tracciato, opere d’arte e loro caratteristiche tecniche, metratura dei ponti e dei cavalcavia da realizzare ex-novo.
Dopo l’approvazione del progetto definitivo, al
costo stimato per l’intera opera di £ 51.350.000, 35 l’ing. Enrietti crea una
apposita società con la quale gestire la concessione e l’esercizio della
ferrovia.
Altro progetto ferroviario è presentato al Governo Italiano e al Comune di Napoli nell’aprile del 1911. Enrietti pensa a una tratta ferroviaria sotterranea che faccia di Napoli la prima città d’Italia ad avere una metropolitana.
I piani, diversi dal precedente ed infruttuoso
progetto di Lamont Young, dividono la Metropolitana di Napoli in due
reti, l’urbana e la suburbana.
La prima si sarebbe spinta al Vomero,
al Ponte di Chiaia, a Via Roma, a Piazza Dante, a Piazza
Garibaldi; la seconda avrebbe avuto un ramo diretto ad Agnano e
l’altro ai Camaldoli. Il progetto è accettato tra grandi euforie del ceto
politico locale e della popolazione
Il 15 giugno del 1913 il re Vittorio
Emanuele III di Savoia, accompagnato dal Ministro dei Lavori Pubblici,
pone la prima pietra, benedetta dall’arcivescovo cardinale. E’ domenica ed una
gran folla accorre alla cerimonia a Piazza Plebiscito dove ci sono pure il Duca e
la Duchessa d’Aosta, il sindaco Vittorio Menzinger e membri della
giunta.
Quel giorno, Carlo Enrietti, progettista
dell’opera, è nominato dal sovrano, con “motu proprio”, commendatore
della Corona d’Italia.
L’inizio della Prima Guerra
Mondiale frena però entusiasmo e lavori e il progetto della metropolitana,
rivisitato e ridimensionato, rivivrà solo a metà degli anni venti.
Ma Carlo Enrietti non è specialista solo di
ferrovie; in seguito progetta, costruisce e poi gestisce un grande Bacino di
Carenaggio nel Porto di Napoli.
Sempre nel campo marittimo crea i “Magazzini
Generali di Castellammare di Stabia”; società che ancora risulta esistere nel
secondo dopoguerra quando il suo Consiglio d’Amministrazione così ricorda
l’opera del suo fondatore:
“Se oggi possiamo andare orgogliosi dei
risultati ottenuti lo dobbiamo al nostro fondatore Carlo Enrietti che, nella
sua mente fattiva e lungimirante, volle assicurare nel tempo lavoro alla nostra
Industria Molitoria e pane alle masse di lavoratori.”
Ma l’ing. Carlo Enrietti non è solo un
progettista, come tanti contemporanei industriali e finanzieri è anche un
mecenate e uno sportivo.
Nel 1921 è tra in fondatori del “Circolo
Nautico Stabia”, ancora esistente ed ancor prima, il 7 agosto 1904, lo troviamo
nominato sul giornale “Il Ponte di Pisa”, tra i giurati di una regata velica.
Ritornando al progetto, definito nefasto da
Giamminelli, esso riprende la vecchia idea di creare un porto all’interno dei
bacini lacustri Lucrino-Averno a similitudine del “Portus Julius” di
“ottaviana” memoria.
Dall’epoca romana la prima notizia di riaprire
comunicazioni dei due bacini col mare risale al settecento quando l’abate
Ferdinando Galiani in una sua lettera, del 2 dicembre 1770 al ministro Tanucci,
parla dell’incarico da lui dato, col consenso dello stesso ministro,
all’ingegnere Domenico Spina di studiare ed elaborare il progetto che poi non è
attuato.
Ben più importanti sono invece i progetti
ideati, ed in parte eseguiti, dal 1835 al 1860 sotto il governo di Ferdinando
II e Francesco II di Borbone. L’idea è di farne un munito e sicuro porto
militare ma, con l’avvenuta unità nazionale, le opere sono interrotte
nonostante i lavori del previsto canale siano a buon punto. Il nuovo governo
italiano provvede a ricolmare lo scavo e collocarci sopra una comoda strada che
conduca al lago.
All’inizio del novecento l’ammiraglio Augusto Witting,
comandante del Porto di Napoli, per incrementare l’attività dell’insufficiente
scalo napoletano, e con un occhio alla storia, richiede un progetto per
l’allestimento di un porto commerciale nel lago d’Averno.
Non è una idea strampalata considerando
l’epoca, il tonnellaggio e il basso pescaggio delle navi che circolano. Il lago
ha una profondità di trenta metri e una superficie di cinquanta ettari, ovvero
di un terzo superiore al porto mercantile (quindi esclusi quello militare e passeggeri)
di Napoli.
Con banchine riservate all’imbarco e sbarco di
merci in un anno il nuovo porto avrebbe potuto superare i tre milioni di
tonnellate di merci.
E questo al costo di un canale di 900 metri,
che traversava anche il lago Lucrino, un ponte in ferro girevole, una diga a
levante della foce e prevedendo anche un allacciamento con la Ferrovia Cumana
che attraversa la zona.
Il progetto, dell’ing. Luigi Caizzi sulla base
delle idee di Witting, prevede una spesa di solo sei milioni e mezzo di Lire
dell’epoca per le opere, oltre un milione e mezzo per l’acquisto dei suoli; un
vero affare!
Questo limitato progetto non si realizza, per
mancanza di altolocati “padrini politici”, ma nel 1918, approfittando delle
leggi di guerra e di provvedimenti a favore della città di Napoli, vien fuori
un nuovo progetto in forma ben più grandiosa.
Si intende creare un grande porto di
smistamento per tutto il Mediterraneo [stesso concetto che porterà al progetto
di Gioia Tauro] in cui far confluire le merci delle più varie provenienze per
le diverse destinazioni ed in collegamento con un rinnovato sistema di linee
marittime, stradali e ferroviarie.
Oltre che con la Cumana si prevede un
allacciamento alla costruendo linea “direttissima” e quindi alla rete nazionale
delle Ferrovie dello Stato.
Un grande porto, pensato in un’area in via di
sviluppo per via degli insediamenti industriali esistenti (ILVA di Bagnoli,
Armstrong di Pozzuoli, Cantieri Navali di Baia) e che con il suo transito internazionale
di merci avrebbe fatto rivivere i fasti dell’epopea romana.
Tra le varie proposte presentate è prescelta
quella dell’ing. Carlo Enrietti che, come suo solito, provvederà a costituire apposita
Società che curerà la costruzione e la gestione del porto. Questo progetto
prevede una spesa superiore alla precedente che in massima parte sarà
anticipata da Enrietti il quale pensa di finanziarsi per metà con l’emissione
di obbligazioni e per metà costituendo una non meglio precisata Società che
quale socio avrà un imprenditore brasiliano di origini cilentane.
Fautore e padrino dell’opera è Francesco
Saverio Nitti, prossimo a diventare Presidente del Consiglio, il quale afferma:
“Nessuna opera sarà più utile a Napoli, nessuna
più magnifica”
Abbiamo copia della convenzione sottoscritta il
5 giugno 1918 a Roma, in una sala del Ministero dei Trasporti Marittimi e
Ferroviari, ma sfortunatamente non abbiamo gli allegati costituiti da planimetrie
e disegni che illustrano le opere da eseguire.
Con la convenzione sono concordati innumerevoli
punti ma di seguito riportiamo quelli che riteniamo possano essere importanti
per la nostra ricerca.
Lo Stato concede al Grande Ufficiale Carlo
Enrietti:
-
la
costruzione delle opere costituenti il porto di Baia-Averno contemplate nel
progetto del 3 novembre 2017 approvato dall’apposita Commissione il 22 dicembre
2017;
-
l’esercizio
delle banchine, dei piazzali retrostanti e delle opere di arredamento del
suddetto porto;
-
l’uso
del tratto di spiaggia tra la Punta Epitaffio e la Stazione Cumana di Arco
Felice; con l’obbligo per il concessionario di trasformare il lago di Averno in
bacino per stabilimenti navali e di creare nelle adiacenze una vasta area
industriale.
Le opere costituenti il porto Baia-Averno sono
le seguenti:
-
due
moli di difesa foranea che formeranno l’avamporto all’entrate del porto canale;
-
scavo
fino alla profondità di 10 metri nello specchio tra detti moli e l’imbocco del
canale;
-
ponte
girevole in ferro sulla bocca d’entrata del canale;
-
spostamento
della provinciale via Miliscola e della Ferrovia Cumana per il passaggio sul
detto ponte girevole;
-
canale
e banchine laterali tra l’avamporto e il lago di Averno;
-
arredamenti
della banchina di levante [lato Montenuovo] di quattro grandi elevatori a ponte
della portata ciascuno di due tonnellate;
-
allacciamento
ferroviario della banchina di levante del canale con la costruendo stazione di
Pozzuoli delle Ferrovie dello Stato;
-
formazione
di un piazzale di metri venticinque a ridosso di entrambe le banchine del
canale;
-
costruzione
di due strade ordinarie, ai lati di entrambe le dette banchine, larghe metri 12
ciascuna.
Altre disposizioni prevedono:
-
entro
trenta giorni dalla presente convenzione il concessionario riceverà le aree di
pubblico demanio marittimo attualmente disponibili tra Punta Epitaffio e la stazione
Cumana di Arco Felice;
-
le
aree non attualmente disponibili saranno consegnate al Gr. Uff. Carlo Enriotti
appena cesseranno di aver vigore le attuali od anche prima previa risoluzione
delle concessioni appena le dette aree occorrano per la esecuzione delle opere
previste;
-
il
concessionario dovrà iniziare i lavori delle previste opere entro sei mesi
dalla data di consegna o entro sei mesi dalla pubblicazione della pace europea
[causale che provocherà notevoli disguidi] e dovrà svilupparli in modo che
tutte le opere predette siano completate allo scadere del sesto anno dalla data
del loro cominciamento.
Per quanto riguarda l’aspetto economico di
tutta l’operazione sono concordate le seguenti clausole:
-
nella
spesa delle opere indicate, previste in progetto per un totale di Lire
32.500.000 (trentaduemilioniecinquecentomila) lo Stato contribuirà con la somma
si Lire 22.500.000;
-
il
pagamento di questo contributo sarà fatto entro cinquanta anni con rate annuali
posticipate [decrescenti calcolate con metodo attuario finanziario] e dopo
accertamento che i lavori progrediscano in relazione al riparto stabilito;
-
a
titolo di riconoscimento della demanialità della concessione il Gr. Uff. Carlo
Enrietti pagherà allo Stato, per tutta la durata della concessione, il canone
annuo di Lire 500; qualora la quantità delle merci sbarcate e imbarcate
superasse le 500.000/tonn all’anno, il canone di tale anno sarà aumentato di
Lire 300.
Per l’esercizio del porto
si prevede quanto segue:
-
ciascuna
delle opere dell’avamporto e del canale appena collaudata verrà consegnata alla
Capitaneria di Porto la quale riconsegnerà al concedente le opere e gli
arredamenti che gli serviranno per l’esercizio del porto;
-
al
Gr. Uff. Carlo Enrietti sono affidati per sessanta anni in concessione le
banchine del porto canale, i piazzali retrostanti e tutte le opere di
arredamento destinate al movimento e deposito delle merci;
-
per
uguale periodo di tempo è accordato l’uso del tratto di spiaggia fra la Punta
Epitaffio e la Stazione Cumana di Arco Felice;
-
rimane
esclusa dalla concessione l’area occorrente per la costruzione di uno o più
fabbricati ad uso degli uffici governativi.
Per quanto riguarda direttamente il lago di
Averno è convenuto quanto segue:
-
il
concessionario si obbliga, entro il termine di venticinque anni dalla presente
convenzione, alla costruzione delle banchine perimetrali nel lago di Averno ed
alla formazione, a loro ridosso, d’ampi piazzali e terrapieni con scali navali,
nonché alla sistemazione dei relativi servizi stradali e ferroviari, con una
spesa non minore di otto milioni, compreso il prezzo di acquisto del lago e
delle aree circostanti fino alla linea di displuvio del suo bacino;
-
il
lago di Averno e dette aree rimarranno, fino al compimento del novantesimo anno
dalla approvazione della presente convenzione, nel pieno possesso del
concessionario, che potrà costruirvi qualsiasi impianto industriale e
commerciale;
-
le
banchine del lago, gli scali ed ogni altra spesa di arredamento ivi costruita,
saranno riservati ad uso esclusivo del concessionario e dei suoi aventi causa e
non potranno essere destinati ad usi pubblici.
Per fortuna dei posteri tale progetto, che lo
stesso governo nella relazione al relativo disegno di legge ritiene “geniale
iniziativa”, non ha seguito.
Vibrate le poteste a Roma del senatore conte
Vincenzo Cosenza ed a Pozzuoli dall’avvocato Raimondo Annecchino; entrambi
fanno presenti tutte le ragioni archeologiche, geologiche, industriali ed
economiche che si oppongono a tale scempio.
Ma il progetto non decolla per ben altri
motivi.
Innanzitutto Carlo Enrietti non riesce a
procurarsi gli enormi finanziamenti necessari; la guerra è finita e le stesse
Armstrong ed ILVA stanno andando incontro a forti crisi che decreteranno la
chiusura dei rispettivi stabilimenti.
Banche e risparmiatori sono di già fortemente
impegnati con i “prestiti di guerra” che comunque garantiscono una rendita sicura
e superiore.
Il presidente del Consiglio Nitti cerca di
favorire il suo protetto; da un lato intercede presso gli Istituti di Credito per
convincerli a concedere i mutui necessari e dall’altro preme presso il Tesoro
per far anticipare ad Enrietti un buon numero delle previste rate annuali di
contributo statale.
La perdurante crisi economica, il biennio
rosso, l’ascesa del fascismo, sono tutte concause che troncano definitivamente
questa assurdità.
Inutili le proteste di Carlo Enrietti, con
ricorso perfino in Corte di Cassazione, che con le sue azioni legali cerca di
sminuire la effettiva sua responsabilità, ovvero quella di aver tentato una
grande impresa facendo affidamento sulla elargizione di soldi pubblici.
Graditi saranno commenti, correzioni ed integrazioni a
questa ricerca che vuole essere solo un punto di partenza onde far luce su
avvenimenti quasi dimenticati seppure assimilabili a faccende odierne.
Molto interessante. L'abbiamo scampata bella, per fortuna. Speriamo di essere altrettanto fortunati in futuro, e che la costa tra Via Miliscola e Punta Epitaffio venga valorizzata come meriterebbe la sua bellezza intrinseca, una volta smantellati gli orribili capannoni industriali dell'ex sofer e il muro che preclude il mare allo sguardo.
RispondiEliminaGrazie del gentile riscontro. Concordo in pieno su quanto affermi. Speriamo!
EliminaSull'area Lucrino arco felice ci fu anche un progetto dell'architetto Crippa (anni 20).
RispondiEliminaQuesto ulteriore progetto che citi era relativo ad una città giardino - turistica - balneare. Grazie del gentile riscontro.
Eliminacome sempre peppe peluso profondo conoscitore della storia e' stato chiarissimo
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