martedì 13 aprile 2021

Porto Canale del Lago di Averno

 


AVERNO – LUCRINO – ARCO FELICE

IL PROGETTO DI CARLO ENRIETTI

Il porto canale tra il mare e i laghi d’Averno e Lucrino

 

Sia l’amico Vincenzo Gaudino, nella sua pagina “Misteri Flegrei” che il compianto Raffaele Giamminelli, in una famosa sua lettera denuncia dell’aprile 2007, hanno accennato a questo programma che fortunatamente non ebbe seguito.

Giamminelli lo definì:

“Un progetto nefasto per i Campi Flegrei, quello tentato nel 1918 dal faccendiere Carlo Enrietti che, mediante una poco pulita convenzione con lo Stato, distruggeva tutto il golfo di Pozzuoli e la mitica costa con imponenti opere portuali. Per fortuna, grazie ad un gruppo di autorevoli “pozzolani”, tra i quali lo storico Raimondo Annecchino e il senatore a vita Vincenzo Cosenza, la speculazione fu sventata.”

Ma di che progetto si tratta e chi era Enrietti?.

 

Iniziamo da quest’ultimo di cui, nonostante assidue ricerche, ben poco ci è dato conoscere.

Carlo Enrietti, fu Giuseppe, è un ingegnere nato a Torino che nel tempo vediamo insignito dei titoli di Cavaliere, di Ufficiale, di Commendatore ed infine di Grande Ufficiale; tutti appartenenti all’Ordine della Corona d’Italia.

Ad inizio novecento lo troviamo residente a Roma intento a creare “società anonime” con le quali gestire le sue “creazioni”, ovvero grandi opere pubbliche, oggi definite infrastrutture, che lui stesso ha provveduto a concepire.

Esemplare, a tal proposito, il suo progetto della “Ferrovia Treviso-Ostiglia”; esso comprende tracciato, opere d’arte e loro caratteristiche tecniche, metratura dei ponti e dei cavalcavia da realizzare ex-novo.

Dopo l’approvazione del progetto definitivo, al costo stimato per l’intera opera di £ 51.350.000, 35 l’ing. Enrietti crea una apposita società con la quale gestire la concessione e l’esercizio della ferrovia.

Altro progetto ferroviario è presentato al Governo Italiano e al Comune di Napoli nell’aprile del 1911. Enrietti pensa a una tratta ferroviaria sotterranea che faccia di Napoli la prima città d’Italia ad avere una metropolitana.

I piani, diversi dal precedente ed infruttuoso progetto di Lamont Young, dividono la Metropolitana di Napoli in due reti, l’urbana e la suburbana.

La prima si sarebbe spinta al Vomero, al Ponte di Chiaia, a Via Roma, a Piazza Dante, a Piazza Garibaldi; la seconda avrebbe avuto un ramo diretto ad Agnano e l’altro ai Camaldoli. Il progetto è accettato tra grandi euforie del ceto politico locale e della popolazione

Il 15 giugno del 1913 il re Vittorio Emanuele III di Savoia, accompagnato dal Ministro dei Lavori Pubblici, pone la prima pietra, benedetta dall’arcivescovo cardinale. E’ domenica ed una gran folla accorre alla cerimonia a Piazza Plebiscito dove ci sono pure il Duca e la Duchessa d’Aosta, il sindaco Vittorio Menzinger e membri della giunta.

Quel giorno, Carlo Enrietti, progettista dell’opera, è nominato dal sovrano, con “motu proprio”, commendatore della Corona d’Italia.

L’inizio della Prima Guerra Mondiale frena però entusiasmo e lavori e il progetto della metropolitana, rivisitato e ridimensionato, rivivrà solo a metà degli anni venti.

 

Ma Carlo Enrietti non è specialista solo di ferrovie; in seguito progetta, costruisce e poi gestisce un grande Bacino di Carenaggio nel Porto di Napoli.



Sempre nel campo marittimo crea i “Magazzini Generali di Castellammare di Stabia”; società che ancora risulta esistere nel secondo dopoguerra quando il suo Consiglio d’Amministrazione così ricorda l’opera del suo fondatore:

“Se oggi possiamo andare orgogliosi dei risultati ottenuti lo dobbiamo al nostro fondatore Carlo Enrietti che, nella sua mente fattiva e lungimirante, volle assicurare nel tempo lavoro alla nostra Industria Molitoria e pane alle masse di lavoratori.”

Ma l’ing. Carlo Enrietti non è solo un progettista, come tanti contemporanei industriali e finanzieri è anche un mecenate e uno sportivo.

Nel 1921 è tra in fondatori del “Circolo Nautico Stabia”, ancora esistente ed ancor prima, il 7 agosto 1904, lo troviamo nominato sul giornale “Il Ponte di Pisa”, tra i giurati di una regata velica.

 

Ritornando al progetto, definito nefasto da Giamminelli, esso riprende la vecchia idea di creare un porto all’interno dei bacini lacustri Lucrino-Averno a similitudine del “Portus Julius” di “ottaviana” memoria.

Dall’epoca romana la prima notizia di riaprire comunicazioni dei due bacini col mare risale al settecento quando l’abate Ferdinando Galiani in una sua lettera, del 2 dicembre 1770 al ministro Tanucci, parla dell’incarico da lui dato, col consenso dello stesso ministro, all’ingegnere Domenico Spina di studiare ed elaborare il progetto che poi non è attuato.

Ben più importanti sono invece i progetti ideati, ed in parte eseguiti, dal 1835 al 1860 sotto il governo di Ferdinando II e Francesco II di Borbone. L’idea è di farne un munito e sicuro porto militare ma, con l’avvenuta unità nazionale, le opere sono interrotte nonostante i lavori del previsto canale siano a buon punto. Il nuovo governo italiano provvede a ricolmare lo scavo e collocarci sopra una comoda strada che conduca al lago.

 

All’inizio del novecento l’ammiraglio Augusto Witting, comandante del Porto di Napoli, per incrementare l’attività dell’insufficiente scalo napoletano, e con un occhio alla storia, richiede un progetto per l’allestimento di un porto commerciale nel lago d’Averno.

Non è una idea strampalata considerando l’epoca, il tonnellaggio e il basso pescaggio delle navi che circolano. Il lago ha una profondità di trenta metri e una superficie di cinquanta ettari, ovvero di un terzo superiore al porto mercantile (quindi esclusi quello militare e passeggeri) di Napoli.

Con banchine riservate all’imbarco e sbarco di merci in un anno il nuovo porto avrebbe potuto superare i tre milioni di tonnellate di merci.

E questo al costo di un canale di 900 metri, che traversava anche il lago Lucrino, un ponte in ferro girevole, una diga a levante della foce e prevedendo anche un allacciamento con la Ferrovia Cumana che attraversa la zona.

Il progetto, dell’ing. Luigi Caizzi sulla base delle idee di Witting, prevede una spesa di solo sei milioni e mezzo di Lire dell’epoca per le opere, oltre un milione e mezzo per l’acquisto dei suoli; un vero affare!

 


Questo limitato progetto non si realizza, per mancanza di altolocati “padrini politici”, ma nel 1918, approfittando delle leggi di guerra e di provvedimenti a favore della città di Napoli, vien fuori un nuovo progetto in forma ben più grandiosa.

Si intende creare un grande porto di smistamento per tutto il Mediterraneo [stesso concetto che porterà al progetto di Gioia Tauro] in cui far confluire le merci delle più varie provenienze per le diverse destinazioni ed in collegamento con un rinnovato sistema di linee marittime, stradali e ferroviarie.

Oltre che con la Cumana si prevede un allacciamento alla costruendo linea “direttissima” e quindi alla rete nazionale delle Ferrovie dello Stato.



Un grande porto, pensato in un’area in via di sviluppo per via degli insediamenti industriali esistenti (ILVA di Bagnoli, Armstrong di Pozzuoli, Cantieri Navali di Baia) e che con il suo transito internazionale di merci avrebbe fatto rivivere i fasti dell’epopea romana.

Tra le varie proposte presentate è prescelta quella dell’ing. Carlo Enrietti che, come suo solito, provvederà a costituire apposita Società che curerà la costruzione e la gestione del porto. Questo progetto prevede una spesa superiore alla precedente che in massima parte sarà anticipata da Enrietti il quale pensa di finanziarsi per metà con l’emissione di obbligazioni e per metà costituendo una non meglio precisata Società che quale socio avrà un imprenditore brasiliano di origini cilentane.

Fautore e padrino dell’opera è Francesco Saverio Nitti, prossimo a diventare Presidente del Consiglio, il quale afferma:

“Nessuna opera sarà più utile a Napoli, nessuna più magnifica”

 

Abbiamo copia della convenzione sottoscritta il 5 giugno 1918 a Roma, in una sala del Ministero dei Trasporti Marittimi e Ferroviari, ma sfortunatamente non abbiamo gli allegati costituiti da planimetrie e disegni che illustrano le opere da eseguire.

Con la convenzione sono concordati innumerevoli punti ma di seguito riportiamo quelli che riteniamo possano essere importanti per la nostra ricerca.

 


Lo Stato concede al Grande Ufficiale Carlo Enrietti:

-      la costruzione delle opere costituenti il porto di Baia-Averno contemplate nel progetto del 3 novembre 2017 approvato dall’apposita Commissione il 22 dicembre 2017;

-      l’esercizio delle banchine, dei piazzali retrostanti e delle opere di arredamento del suddetto porto;

-      l’uso del tratto di spiaggia tra la Punta Epitaffio e la Stazione Cumana di Arco Felice; con l’obbligo per il concessionario di trasformare il lago di Averno in bacino per stabilimenti navali e di creare nelle adiacenze una vasta area industriale.

 


Le opere costituenti il porto Baia-Averno sono le seguenti:

-      due moli di difesa foranea che formeranno l’avamporto all’entrate del porto canale;

-      scavo fino alla profondità di 10 metri nello specchio tra detti moli e l’imbocco del canale;

-      ponte girevole in ferro sulla bocca d’entrata del canale;

-      spostamento della provinciale via Miliscola e della Ferrovia Cumana per il passaggio sul detto ponte girevole;

-      canale e banchine laterali tra l’avamporto e il lago di Averno;

-      arredamenti della banchina di levante [lato Montenuovo] di quattro grandi elevatori a ponte della portata ciascuno di due tonnellate;

-      allacciamento ferroviario della banchina di levante del canale con la costruendo stazione di Pozzuoli delle Ferrovie dello Stato;

-      formazione di un piazzale di metri venticinque a ridosso di entrambe le banchine del canale;

-      costruzione di due strade ordinarie, ai lati di entrambe le dette banchine, larghe metri 12 ciascuna.

 


Altre disposizioni prevedono:

-      entro trenta giorni dalla presente convenzione il concessionario riceverà le aree di pubblico demanio marittimo attualmente disponibili tra Punta Epitaffio e la stazione Cumana di Arco Felice;

-      le aree non attualmente disponibili saranno consegnate al Gr. Uff. Carlo Enriotti appena cesseranno di aver vigore le attuali od anche prima previa risoluzione delle concessioni appena le dette aree occorrano per la esecuzione delle opere previste;

-      il concessionario dovrà iniziare i lavori delle previste opere entro sei mesi dalla data di consegna o entro sei mesi dalla pubblicazione della pace europea [causale che provocherà notevoli disguidi] e dovrà svilupparli in modo che tutte le opere predette siano completate allo scadere del sesto anno dalla data del loro cominciamento.

 


Per quanto riguarda l’aspetto economico di tutta l’operazione sono concordate le seguenti clausole:

-      nella spesa delle opere indicate, previste in progetto per un totale di Lire 32.500.000 (trentaduemilioniecinquecentomila) lo Stato contribuirà con la somma si Lire 22.500.000;

-      il pagamento di questo contributo sarà fatto entro cinquanta anni con rate annuali posticipate [decrescenti calcolate con metodo attuario finanziario] e dopo accertamento che i lavori progrediscano in relazione al riparto stabilito;

-      a titolo di riconoscimento della demanialità della concessione il Gr. Uff. Carlo Enrietti pagherà allo Stato, per tutta la durata della concessione, il canone annuo di Lire 500; qualora la quantità delle merci sbarcate e imbarcate superasse le 500.000/tonn all’anno, il canone di tale anno sarà aumentato di Lire 300.

 

Per l’esercizio del porto si prevede quanto segue:

-      ciascuna delle opere dell’avamporto e del canale appena collaudata verrà consegnata alla Capitaneria di Porto la quale riconsegnerà al concedente le opere e gli arredamenti che gli serviranno per l’esercizio del porto;

-      al Gr. Uff. Carlo Enrietti sono affidati per sessanta anni in concessione le banchine del porto canale, i piazzali retrostanti e tutte le opere di arredamento destinate al movimento e deposito delle merci;

-      per uguale periodo di tempo è accordato l’uso del tratto di spiaggia fra la Punta Epitaffio e la Stazione Cumana di Arco Felice;

-      rimane esclusa dalla concessione l’area occorrente per la costruzione di uno o più fabbricati ad uso degli uffici governativi.

 

Per quanto riguarda direttamente il lago di Averno è convenuto quanto segue:

-      il concessionario si obbliga, entro il termine di venticinque anni dalla presente convenzione, alla costruzione delle banchine perimetrali nel lago di Averno ed alla formazione, a loro ridosso, d’ampi piazzali e terrapieni con scali navali, nonché alla sistemazione dei relativi servizi stradali e ferroviari, con una spesa non minore di otto milioni, compreso il prezzo di acquisto del lago e delle aree circostanti fino alla linea di displuvio del suo bacino;

-      il lago di Averno e dette aree rimarranno, fino al compimento del novantesimo anno dalla approvazione della presente convenzione, nel pieno possesso del concessionario, che potrà costruirvi qualsiasi impianto industriale e commerciale;

-      le banchine del lago, gli scali ed ogni altra spesa di arredamento ivi costruita, saranno riservati ad uso esclusivo del concessionario e dei suoi aventi causa e non potranno essere destinati ad usi pubblici.

 

Per fortuna dei posteri tale progetto, che lo stesso governo nella relazione al relativo disegno di legge ritiene “geniale iniziativa”, non ha seguito.

Vibrate le poteste a Roma del senatore conte Vincenzo Cosenza ed a Pozzuoli dall’avvocato Raimondo Annecchino; entrambi fanno presenti tutte le ragioni archeologiche, geologiche, industriali ed economiche che si oppongono a tale scempio.

Ma il progetto non decolla per ben altri motivi.

Innanzitutto Carlo Enrietti non riesce a procurarsi gli enormi finanziamenti necessari; la guerra è finita e le stesse Armstrong ed ILVA stanno andando incontro a forti crisi che decreteranno la chiusura dei rispettivi stabilimenti.

Banche e risparmiatori sono di già fortemente impegnati con i “prestiti di guerra” che comunque garantiscono una rendita sicura e superiore.

Il presidente del Consiglio Nitti cerca di favorire il suo protetto; da un lato intercede presso gli Istituti di Credito per convincerli a concedere i mutui necessari e dall’altro preme presso il Tesoro per far anticipare ad Enrietti un buon numero delle previste rate annuali di contributo statale.

La perdurante crisi economica, il biennio rosso, l’ascesa del fascismo, sono tutte concause che troncano definitivamente questa assurdità.

Inutili le proteste di Carlo Enrietti, con ricorso perfino in Corte di Cassazione, che con le sue azioni legali cerca di sminuire la effettiva sua responsabilità, ovvero quella di aver tentato una grande impresa facendo affidamento sulla elargizione di soldi pubblici.

 

A sinistra si notano i due moli che delimitano l'avamporto, poi il canale che attraversa il lago Lucrino. Esso è affiancato sul lato destro dai binari che si ricongiungeranno con la rete statale, Notare nel lago di Averno gli scali dei previsti due grandi cantieri navali.

Graditi saranno commenti, correzioni ed integrazioni a questa ricerca che vuole essere solo un punto di partenza onde far luce su avvenimenti quasi dimenticati seppure assimilabili a faccende odierne.

 GIUSEPPE PELUSO  - Aprile 2021




5 commenti:

  1. Molto interessante. L'abbiamo scampata bella, per fortuna. Speriamo di essere altrettanto fortunati in futuro, e che la costa tra Via Miliscola e Punta Epitaffio venga valorizzata come meriterebbe la sua bellezza intrinseca, una volta smantellati gli orribili capannoni industriali dell'ex sofer e il muro che preclude il mare allo sguardo.

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    1. Grazie del gentile riscontro. Concordo in pieno su quanto affermi. Speriamo!

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  2. Sull'area Lucrino arco felice ci fu anche un progetto dell'architetto Crippa (anni 20).

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    1. Questo ulteriore progetto che citi era relativo ad una città giardino - turistica - balneare. Grazie del gentile riscontro.

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    2. come sempre peppe peluso profondo conoscitore della storia e' stato chiarissimo

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