venerdì 9 aprile 2021

Carlo Mauri

 



Carlo Mauri

Il giacobino che difese di Baia

 

Castello del Carmine, Napoli, 12 dicembre 1799 [1].

Il patriota Carlo Mauri sta per essere introdotto nella vicina Piazza Mercato dove si alza il patibolo che lo afforcherà.

E’ questa la condanna emessa dal tribunale borbonico che lo ha riconosciuto colpevole di aver favorito ed aiutato la Repubblica Napoletana. Il corteo è già pronto, oltre al Mauri questa ennesima triste giornata reazionaria prevede che siano eseguite anche le condanne del barone Leopoldo De Renzis di Montanaro, dell'avvocato Nicola Fiorentino, del carmelitano professor Francesco Saverio Granata e del capitano Carlo Romeo.

Sono condotti dalla Compagnia dei Bianchi, dai delegati della Giustizia e dalla scorta fornita dalla guarnigione del forte.

Inaspettatamente il condannato Mauri chiede del comandante del forte, colonnello La Marra. Al suo cospetto riferisce che ha da manifestare cose interessantissime al Sovrano ed allo stato in merito a notizie di pericoli che si preparano contro di essi; perciò chiede la sospensione della sentenza e la libertà della vita.

Carlo Mauri è nato a Buccino, in provincia di Salerno, nel 1772 ed è marchese di Polvica, un casale oggi compreso nel quartiere napoletano di Chiaiano [2].



Il casale di Polvica fin dal 1631 è concesso in feudo, dal viceré di Napoli Conte di Monterrey, a Giovan Battista Salernitano; primo di una serie di sette signori. L’ultimo sarà proprio Carlo dopo che la famiglia Mauri entra in possesso del feudo a partire dal 1761.

E’ interessante notare, fra le tante innovazioni che i francesi apportano all'apparato amministrativo della Capitale a partire dalla loro seconda entrata a Napoli nel 1806, un Real Decreto del 1807 che istituisce di fatto i "Comuni Riuniti di Chiaiano, Polvica e S. Croce".

Dal punto di vista amministrativo questo nuovo comune, che resta autonomo fino al 1926, rientra nel Circondario di Marano che a sua volta è compreso nel Distretto di Pozzuoli.

Già prima dell’arrivo dei napoleonici il giovane Carlo, seb­bene padre di due bambini, percepisce le novità del vento rivoluzionario che arriva dalla Francia. Partecipa a varie cospirazioni per la libertà e quale fervido patriota lega intese con tutti gli ufficiali di fede repubblicana inquadrati nell’esercito borbonico. Ben presto è sospettato e poi condannato; pertanto viene chiuso nelle carceri napoletane dal 1795 fino al 28 luglio 1798.

Con la prima occupazione francese il 23 gennaio 1799 viene proclamata la Repubblica Partenopea [3].

Il marchesino Carlo diviene prima tenente nella compagnia di Carlo Mascari e poi capo di batta­glione della “Guardia Nazionale” dove dà una mano alla formazione della milizia civica.

Entra a far parte della municipalità napoletana nei periodi più pericolosi della repubblica e non dimentica neppure il suo vecchio possedimento di Polvica dove si reca, non più da feudatario ma da libero cittadino, piantandovi l'albero della libertà in località “Arco di Polvica” e festeggiando pubblicamente la repubblica nella “Taverna del Portone” [4].



 

All’avanzata reazionaria dei sanfedisti, guidata dal cardinale Fabrizio Ruffo, vede in pericolo la libertà; pertanto lascia gli uffici pubblici e con trecento giovani valorosi corre a presidiare la marina di Miliscola per impedire lo sbarco delle forze inglesi che già occupano le isole del golfo.

Il 13 giugno Napoli e occupata dai realisti che subito si spingono oltre, verso Pozzuoli e Baia.

Carlo, con i suoi seguaci, si rifugia all’interno della fortezza di Baia comandata dal capitano Antonio Sicardi. Dopo eroica resistenza il giorno 16 i difensori repubblicani si arrendono ricevendo in cambio un salvacondotto dal Conte Giuseppe de Thurn che, da bordo della fregata “Minerva”, comanda le forze navali assedianti [5].





A niente gli vale il salvacondotto del quale lo ha munito l'ammiraglio del Re; malgrado questo viene arrestato e processato.

Ma Carlo è giovane, ardente dei piaceri della vita, e con una giovane e bella moglie; pertanto ricorre a tutti i tentativi per salvarsi, procurando col danaro l'intervento a suo favore di persone abili in tali maneggi.

Da un segreto carteggio, di più mesi dalle prigioni con la moglie, si ricostruisce il quadro di tutti questi sforzi e l'avvicendarsi delle speranze e delle disperanze che si fanno sempre più cupe.

Le lettere del Mauri alla moglie Marianna Fernandez de Espinosa furono pubblicata da Benedetto Croce nel 1899, in occasione del centenario della “Repubblica Partenopea”, e lo storico riferisce che non hanno data, tranne due scritte da Ischia il 7 e il 16 luglio 1799.

Risulta da esse che Mauri ha fatto una capitolazione ed ottenuto un salvacondotto; che spera di poter uscire dal Regno per transazione o truglio (una procedura utilizzata nel processo penale del Regno di Napoli), senza che gli si faccia il processo. Cominciato il processo è accusato da cinque denuncianti di aver piantato l'albero della libertà in Polvica; per l'accusa grave teme di aver quindici o venti anni di fortezza (non sospetta dapprima la pena di morte!). Spera di esser salvato per mezzo degli Inglesi, i quali comandano in tutto; indica alla moglie i ministri, e gli scrivani della Giunta, e i loro amici presso i quali bisogna operare con la persuasione e col danaro. Le lettere vanno dal luglio al novembre 1799, e sono scritte alcune dal Castello d'Ischia, ed altre da Castel S. Elmo in Napoli.

Se ne riportano alcune ritenute interessanti.

 

Castello d’Ischia - 7 luglio 1799 [6].

... Ti prego di farmi sapere qualche novità, e quando sono le cose accomodate, mi farai far la grazia che ti pregai di farmi uscire dal Regno per qualche tempo. In questo luoco tutti i generi vanno carissimi; se vói farti una pìccola minestra, ci vonno quattro carlini…..

….Ho preinteso che molti detenuti senza farsi le loro cause hanno ottenuto l'esilio. Vedi di cooperai ti per mezzo d'impegni, e di numerario (se fa uopo) per farmi correre il medesimo destino, benché io sia innocente, ma per togliermi da queste pene...

…Procura di allungare la mia causa, e se non potessi farla fare, sarebbe una cosi buona, col prendere impegno di farmi partire per dove è andato Mandoni. (forse Giambattista Maiithoni, mandato in esilio; era fratello del ministro della guerra Gabriele) per forza della capitolazione che ho fatto, come molti ufficiali che stavano con me in Baia hanno cercato di partire e sono usciti dal Regno. Ti prego di mandarmi del denaro perché sono senza un grano, porzione mi è stato saccheggiato nella mia venuta in queste carceri, porzione per varie spese, di far entrare il letto, il fuoco per la stanza, e so vuoi una giarra d'acqua ci vuole un carlino. Ti prego dunque di mandarmi subito qualche cosa di denaro, altrimenti non ho come fare.

P. S. Qua si fa tutto per denaro…

…Noi assolutamente passaremo fra breve in Napoli mi rengresce infinitamente d'essere con gli altri confusi mentre la mia causa è tutta diversa dall'altre… Mi ringresce che D. Giovanni non voi essere mio avvocato per questa Causa, ma lo prego di ben informare ì ministri, e l'avvocato dei poveri. La mia salute non va niente bene, e perciò ti prego quando verrò in cotesto luoco di far presente come sono qui tenuto acciò non mi pongono in criminale dove sono sicuro di lasciarci la vita. Quando voi scrivere, da le lettere al sig. Domenico, che lui penzerà di mandarmele per mezzo d'un mio fidato marinaro… 

…ti fo sapere che gli Inglesi fanno tutto e anno fatto uscire In libertà quattro procetani ch'erano stati condannati vita durante fuori regno; vedi di porre impegno presso del comandante Inglese per farmi uscire per qualche tempo dal Regno senza fare la causa. Ora è il tempo delle calunnie, ma se ci sono dei birbanti che mi calunniano potranno farmi condannare per 15 o 20 anni dentro un castello, ecco sagrificata la mia gioventù tra ferri; ti ripeto dunque di far tutto il possibile presso dell'Inglesi per farmi fare questa grazia, penza che anno fatto sortire in libertà i condannati, tanto magiormente ponno far uscire a me fuori regno.

P. S. questi procitani che sono usciti altro impegno non hanno avuto che la cameriera d'Amilton, tanto magiormente potrai farlo tu…

 

Castel Sant’Elmo - fine di ottobre 1799 [7]. 



…C. M. Tu dirai eh' io sono troppo imbortuno, ma devi compatirmi, devi riflettere, che i presi sono seccanti come alle monache per essere chiusi. Invece della giamberga mi farai fare un roccapotto a due petti, e chiuso avanti, ma largo di maniche per poterlo portare per sopragiamberga e di colore blo, perchè d'altro colore non mi piace, le calzette di cottono non le prendere, ma fammele tutte di filo, per la ragione ch'io vado sempre con stivali e mai con scarpe, le quattro camisole, me ne fai una di scartato, e tre ne farai due blo, e una bianca, ma che sieuo ben fatti, le due pala di stivali me lo farai fare simile a quel palo vecchio, ma che siano un poco più pontuti, e di pelle elastica, fammi fare un coscinetto per gola perchè non ho questa robba, non trascurare di farla perchè poi venire una momentanea partenza… Perii mio nome mi mandarai un timbsno, un arrosto ed un altro piatto, fuori che fritto, ma per getto persone e due bottiglie di malega, io t'incomodo all'Infinito, ma devi compatirmi e scusare l'incomodo, che ti do, fammi sapere, cosa si fa per il mio affare e ricorda a R. che non si dimenticasse di me, a te mi fido, e tu devi penzare a farmi avere quelIo, che desidero…

 

Castel Sant’Elmo - novembre 1799

…dunque la transazione non si fa più, R. forse mi abbandona al mio destino. Amata M., ti prego d'assistermi…  Fammi sapere se i testimoni di Pozzoli sono in mio favore, e se sono contrarli vedi per mezzo di D. di ridurli a mio favore, come ancora fammi sapere come si sono condotti i Polvichesi, e la mia gente di servizio, e sopra di che sono stati interrogati. Non sparambiare né impegni né denaro…

P. S. Non fidarti delle ciarle, ma vedi tutto con fatti, ma so che ai talento, e non ti farai lusingare… Questa mattina, con mio rammarico, parte da qui sopra questo regimento, e viene quello della Marra, e saremo privi di carteggio per qualche giorno; mandami spesso Francesco per sapere qualche cosa. Ti prego di prendere impegno col ministro, e collo scrivano per farmi passare alla Vicaria quando dovrò calare a basso, perchè poi venire l'ordine di calare senza tua saputa, a te mi raccomando ed a R. per tale cosa. Ti prego ancora di fare formare quelle fedi, come ancora, fa tutto il possibile, che quelli cinque calunniatori si potessero disdire col dire la verità…

 

novembre 1799

…C. Moglie. In questo punto sono citato dalla Giunta. Ora eccomi al momento. Non sparambiare ne danaro ne imbagiii per aiutarmi per soccorrermi. Vedi di farmi esaminare qua sopra Istesso senza farmi calare a basso, come anno fatto molti altri. Fammi subito sapere sopra a che sono accusato, e se i testimoni sono in mio favore, fa agiro a R. perchè ora è il momento. Amata M. cerca d'aiutarmi perchè io temo facendomi adesso la causa di qualche infelice esito, benché non sia scritto ad alcuna cosa, e che mi conosca innocente, opera all'istante con R. ed aiutatemi per carità.

P. S. fammi sapere? e quella copia del salvo condotto devo presentarla nel mio costituto. Va per tutti i ministri della Giunta, e portali il salvo condotto.

Io non sono scritto ad alcuna parte, e mai o fatto cosa con mia firma. Va subbito da R. perchè non ci è tempo da perdere, ceria di farti amici Alvonio, td i ministri, vedi che hanno detto i pozzulani… [8]

 

novembre 1799

…Sono bastantemente persuaso, cara M., e convinto del tuo attacitamento, e premura verso la mia persona, e dovrei essere uno stupido, se ponzassi al contrario, mentre vedo giornalmente quello, che per me stai operando; e solo spero dalla fortuna, che mi dia vita, per farti conoscere la gratitudine del mio cuore verso di te, che tanto ti devo. Sono rimasto sorpreso nel sentire dal tuo foglio la calunnia, che se sta tessenno contro di me. Cara Mo; ti giuro per quel Dio che adoro, che mai in mia casa ci sono state tali cose, e quelle persone che ci prattìcavano venivano a trovare Forges per embirsi la pangia, come tu ben sai. Ho inteso, che questo Alvonio fa tutto per denaro, vedi di farti imbrontare un centinaio d'onco, ch'io li farò qualunque ricevuta con l'antidata, e con qualunque interesse, credo, che nessuno voglia negarti tal somma per un uso così sagro; sappi che questo Alvonio ci devi andare col denaro in mano, perchè è molto venale, e non si move per altro, che per l'oro, abbi cautela, che dandole il denaro, fatti dare le carti, che lui ha contro di me; parla con D. Francesco Ricciardi, e raccomandati a lui, vedi d'accomodare questo mio affare con la massima sollecitudine; perchè una calunnia ben tessuta ti porta l'uomo alla forca…

… Vedi di fare adormire la mia causa, ma opera con la massima sollecitudine per far togliere tutto quello che polo nocermi. Vedi a qualunque costo di rendere Alvonio a mio favore, e di farti dare tutte le carti he ha contro di me, non trascurare, opera all'istante perchè le calunnie sono molto pericolose in questi tempi…

 

novembre 1799

…Cara M. Io credo, che questi testimoni saranno andati in pazzia perchè mai mi sono sognato né a voce, né in iscritto di dare tale ordine; io resto sorpreso, che si possa così impunemente calunniare un innocente. Ti prego di farmi sapere chi sono questi calunniatori, e di dove sono per mio regolamento. Giacché devo calare di bel nuovo ti prego di fare tutto il possibile di farmi ritornare qua sopra, o pure di farmi andare alla Vicaria, perché al Castello Nuovo si sta molto male, e non si pole parlaro con nessuno, e senza speranza di potersi cartegiare. Ti prego di mandarmi due altre bocce di rosolio etc. Lacera la presente…

… Vedi di farmi esaminare qua sopra se devo essere costituito, e se non puoi ottenere questo, e sarò costretto di calare a basso impegna per non farmi andare al castello nuovo, perchè i detenuti sono tenuti là come cani, ma vedi di farmi ritornare qua sopra, o di farmi andare alla vicaria. Amata M. vedi d'avere il processo in mano, e mi farai sapere subito, che mi hanno imputato, e se i testimoni hanno buttato tutto a terra le prove fiscali, e se i testimoni di pozzoli mi sono stati favorevoli…

...Sono stato di bel nuovo alla Giunta, ed il ministro m'ha per la seconda volta interrogato su la piantazione del albero, su l'assertiva di quelli cinque calunniatori, io ho detto che quando si piantò l'albero in pelvica io ero ammalato in Napoli, e che questi infami volevano calunniarmi, e il mio costituto non me l'hanno fatto ancora firmare. Ti prego di far fare una fede dal medico Camraardella, nella quale dica, ch'io sono stato malato con la gamba, tutto febraro e marzo, e che verso la fine di detto mese mi ristabilii ti raccomando quest'affare anche se dovessi darli qualche cosa di denaro...

 

ancora novembre 1799

…Cara M. il cameriere del ministro, m'ha detto, che la mia causa era grave, vedi di non trascurare alcuna cosa, fa prendere impegno presso del fiscale, e degli altri ministri, io temo che non abbia un funesto fine…

… il cameriere del ministro verrà a trovarti, non ti dare per inteso di quanto t'ho detto, ma cerca d'appurare da lui quello, che ci è. Se fa uopo di portare i ragazzi attorno per i ministri insieme con te acciò si movono a pietà ti prego di farlo, ma parla con R, a te mi fido, a te mi raccomando, salutami tutti, fammi saper tutto, abbraccia i figli, e resto di cuore abbracciandoti.

P. S. Questo affare dell' albore lo prendono per molto serio, dunque si cerca di condannare un uomo sopra ad una calunnia, vedi di far fare una fede al parroco di Pelvica, e a quante altre persone sia possibile dello stesso paese, ch'io non cera la, secondo il certificato ch'io ti scrissi, ma non ne lare a meno perchè dicendo ciò dicono la verità, e se si sono trovate cinque persone che hanno asseriti una falsità, tanto maggiormente si potranno trovare cinque persone che asseriscano la verità, di te mi fido addio…

 

ultima, novembre 1799 

... Amata M. quando si farà la mia causa dovrò calare abbasso, ti prego di prendere impegno di farmi passare alla Vicaria come anno fatto gli altri, e non già al Castello nuovo perché dopo decisa la mia causa si cercherà di nuovo passare qua sopra per aspettare il momento di partire, come ha fatto de Dominicis ti raccomando di non farne ammeno, come ancora fa tutto il possibile, che quelli infami calunniatori possano disdire delle loro pazzie; a te in tutto mi raccomando. Ti prego di farmi sapere cosa si fa della mia causa, non ti fidare troppo delle ciarle d'Alvonio, ma slatti sempre sopra a lui, acciò non possa tessermi qualche calunnia, e vedi per mezzo del denaro di renderlo amico…

… come ti prego di raccomandarmi a R. al quale li dirai, se crede pericolosa la mia causa, che cercasse a qualunque costo di non farla fare detta mìa causa, ma di farla trasportare, ti preco ancora d'avere quella fede in mio favore, che ti scrissi giacché è facile d'esse condannato a morte, per cinque calunniatori, come possibile, che per attestare una verità in mio favore non si trovano delle persone…

 …Ha preinteso di sicuro che vi sia uno indulto cerca d'appurare fino a quale classe si estende. D. Gasparo di Sinno mio amico mi ha detto, che lui è stretto amico d'uno avvocato chiamato D. Angelo Cardea il quale pole molto nella Giunta, ed ha liberato molte persone togliendo finanche dai processi qualche denuncia, è vero che ci vele del denaro, ma tutto è niente per salvarsi da un guaio; ti prego di andarci perchè questo poi far tutto; e li dirai a quattro occhi quello che ci è di me, e quello che si poi fare per me a costo di qualunque cosa, e li dira ancora che lui deve aiutarmi, falli presente che non sono scritto ad alcuna unione e che ho il salvacondotto …

Ma orami la sua punizione è già scritta, a nulla valgono appigli e testimoni; l’istanza del giudice borbonico de Guidobaldi è ferocissima, il marchesino Carlo Mauri è condannato a morte.

Viene portato nel castello del Carmine, luogo tristemente noto come “anticamera della morte”.

Da una lettera scritta alla Marchesa, da un servitore della famiglia, apprendiamo che la loro casa feudale è stata saccheggiata da popolani guidati da altri loro domestici [9].



Dopo la condanna, nella “Nota di Beni Confiscati” ai rei di Stato, sono riportate tutte le proprietà che il Mauri possedeva nel casale di Polvica. Di molte di esse se ne impossesserà il suo amministratore, barone De Concilijs: il palazzo marchesale con la cappella, il cortile della Monica, ed il comprensorio di case all'Arco di Polvica.

Ritornando al 12 dicembre 1799, ovvero al momento in cui l’esecuzione è sospesa, Carlo è invitato a mettere per iscritto quanto riferito al comandante del forte.

Il componente della Giunta di Stato, Guidobaldi, legge e giudica il foglio scritto dal Mauri “troppo allarmante e poco concludente, non confermante le cose dette dapprima, con qualche nome di persona che serbava carte sediziose” perciò decreta che la condanna capitale, sospesa per due giorni, deve aver corso ed essere eseguita in piazza Mercato [10].

L’esecuzione avviene il 14 dicembre e negli ultimi momenti gli è però concessa una consolazione; l’ordine del re lo condanna ad essere impiccato, invece riceve il favore di essere decollato.

Spiritualmente lo assiste nella morte Gioacchino Puoti, un sacerdote che resterà sempre devoto al ricordo di quei nobili patrioti napoletani che egli ha confortato, nell'ultimo passo, leggendo la Bibbia in quell'ufficio ai condannati. I fratelli della Compagnia dei Bianchi provvedono alla sua sepoltura nella chiesa di S. Lazzaro al Lavinaio.

Tutto questo riferisce Benedetto Croce il quale aggiunge: “Questi particolari fanno sentire gli istanti in cui la carne mortale di quegli uomini riluttò all'immagine della forca e della mannaia che li attendeva in piazza del Mercato. Erano pur uomini e non tutti e non in ogni istante poterono mantenessi pari all’animo col quale avevano scelto la loro via e consacrato la loro azione a un altissimo ideale pel quale morirono. Il giudizio morale non deve mai dimenticare il sentimento e la comprensione della realtà umana.”


GIUSEPPE PELUSO - APRILE 2021


1 commento:

  1. Eccellente articolo scritto con rigore storico in onore di un vero martire della repubblica giacobina

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