Alla scoperta della singolare meda che la Marina costruì
sulle rovine dell’antico fanale romano del Portus Julius
Quei tuffi dalla…Torre di Pulcinella
Sulla
secca della Fumosa di Lucrino:
era un segnale per le navi e un paradiso per i bagnanti
era un segnale per le navi e un paradiso per i bagnanti
Dai commenti dei nostalgici frequentatori di
Lucrino spesso emerge il ricordo della “Torre di Pulcinella” che s’alzava al
largo del Lido Napoli.
Era questa ciò che restava di una meda;
un segnale navale affiorante in superficie, simile a un semaforo senza luci.
Le meda, oggi spesso sostituite da boe
galleggianti, sono utili ad individuare un allineamento, quale la rotta di
entrata in un porto, ma anche la presenza di secche, scogli o altri ostacoli
sommersi. Sono di colori e profili vari; la loro parte alta, detta miraglio,
è costituita da forme geometriche come sfera, piramide, cilindro o cono, ognuna
delle quali, singolarmente o in abbinamento tra loro e con diverse colorazioni,
fornisce informazioni ai naviganti [1].
La meda di Lucrino è costruita nella
seconda metà dell’ottocento dalla Regia Marina Italiana sui ruderi, affioranti
in superficie e da tutti conosciuti come “Le Fumose”, del sommerso canale
costruito per entrare nel “Portus Iulius”. Sembra che sia stata innalzata sulle
stesse rovine dell’antico fanale romano che segnalava ai naviganti l’ingresso
nei bacini interni costituiti dai laghi Lucrino e Averno.
La nostra meda si ritrova a svolgere
vari compiti; segnalare il pericolo costituito dall’improvviso basso pescaggio
per la presenza di ruderi sommersi; indicare con la sua forma conica la rotta
per superare tale barriera; segnalare distanza e posizione certa alle numerose
unità che, nei suoi paraggi, eseguono la verifica delle bussole di bordo.
Nonostante approfondite ricerche non sono
riuscito a trovare foto di questa meda;
fortunatamente l’amico e maestro Antonio Isabettini, stimato artista puteolano,
ha disegnato questa torre per il mensile diocesano “Segni dei Tempi” e per noi
tutti. Lo schizzo, che nasce da ricordi fantasiosi ma con Baia e il suo
castello sullo sfondo, racchiude incantevoli realtà del nostro Territorio.
Un celebre portolano inglese, il
“Mediterranean Pilot” del 1917, nel descrivere le nostre coste la definisce un
faro di pietra, colorato verticalmente con strisce alternate di bianco e rosso,
che si erge sulla barriera delle Fumose. Questa barriera, così continua il
“Mediterranean Pilot”, è una “patch” (toppa) rocciosa con solo 3 piedi d’acqua
sopra di essa e si trova a 213 piedi sia da Punta Caruso che da Punta
Epitaffio.
Per passare a sud di questa barriera il portolano
consiglia di mantenersi nelle vicinanze di una casa bianca che si trova a 300
yards dal molo di Baia, in linea con le rovine del Tempio di Venere.
Anche se simile ad altri generici segnali
marini questa torre è eretta anche per altro ben preciso scopo; essa,
unitamente ad una serie di boe poste poco più a largo, serve alle unità da
guerra per verificare e rettificare le bussole di bordo. Praticamente in queste
acque le navi eseguono i cosiddetti giri di bussola tenendo sempre ben inquadrato
il miraglio di questo semaforo che indica loro il sicuro punto fermo.
Per fare i giri di bussola bisogna sperare
che il tempo sia buono, non ci sia vento e che ci sia uno specchio di acqua
adeguato e giustamente ridossato; il circolare ma non vasto golfo di Pozzuoli,
ben protetto dai venti del nord e dell’est, con vistosi punti di riferimento
nel completo arco di 360 gradi, ben si presta, in ogni stagione, a operazioni
di questo genere.
Per calcolare le deviazioni della bussola si
porta la nave all'ormeggio sulla boa centrale che, insieme a tutte le altre, sui
portolani è segnalata con la sigla B.V.B. [2].
La boa di ormeggio, in legno, è circondata da
alcune piccole boe laterali che servono per il tonneggio della nave intorno
alla boa centrale.
La nave gira intorno al punto di ormeggio con
l’aiuto di un rimorchiatore tenendo ben visibile la meda ed altri punti
di riferimento tutto intorno. Poi sulla Rosa della bussola si leggono gli
angoli di rilevamento ed a mezzo di formule si ricava la Linea di Fede e la
Prora Magnetica; tutta questa operazione è denominata “Giri di Bussola”.
Varie e numerose le testimonianze di
rettifica bussole effettuate dalle unità da guerra italiane, specialmente
quelle in procinto di partire per lunghe crociere intorno al globo; le più
vecchie riguardano unità dell’appena costituta marina unitaria.
Tra queste la pirofregata sarda Vittorio
Emanuele che durante la Seconda Guerra d’Indipendenza del 1848 partecipò
all'occupazione dell'isola di Lussino e prese parte all'occupazione di Ancona.
Fu attiva anche durante l'assedio e il bombardamento di Gaeta (1860-1861) e nel
1866 partecipò alla battaglia di Lissa nel corso della Terza guerra
d'indipendenza. E' stata la prima nave scuola della nascente Regia Marina
italiana; ha solcato i mari per ben 44 anni, gran parte dei quali passati alla
vela sull'Oceano Atlantico e sul Mediterraneo, per allenare, istruire e formare
le giovani generazioni di ufficiali al servizio della nuova Italia. Sarà
radiata solo nel 1900 per assumere compiti di guardia porto. Il 24 novembre 1880, con a bordo un corso di
guardiamarina di nuova nomina ed un corso speciale di marinai per le categorie
timonieri e nocchieri, la nave parte da Napoli per la campagna d’istruzione
invernale e si dirige a Pozzuoli dove resta i giorni 25 e 26 per la rettifica
delle bussole.
Il 16 novembre 1881 la Regia corvetta
Caracciolo è a Napoli ed albera le insegne di armamento, dopo essere rimasta un
anno in bacino per necessità di raddobbo. Deve raggiungere la Divisione Navale
italiana del Pacifico e colà sostituire la Regia corvetta Garibaldi già
richiamata.
Imbarcate le munizioni da guerra si reca a
Pozzuoli dove, com’è costume per le navi militari del 2° dipartimento
marittimo, provvede alla rettifica delle bussole di bordo ed il giorno 30
inizia una lunga navigazione che nei tre anni seguenti la porta a compiere il
giro del mondo.
Anche l’incrociatore Dogali, già reduce del
mar Rosso, si reca a Pozzuoli per la rettifica delle bussole di bordo e ne
riparte il giorno 21 maggio 1904 alla volta del sud America dove compie
esplorazioni memorabili sui fiumi di questo continente.
Nel volume “I Campi Flegrei”, della serie
“Italia Artistica” edito nel 1909, così Giuseppe De Lorenzo descrive la
presenza di queste boe nel golfo di Pozzuoli: “…. ed innanzi Lucrino esistono già da tempo le boe destinate alla
rettifica della bussole; così che frequentemente avviene di vedere nelle calme
acque del golfo di Baia le possenti corazzate ed i veloci incrociatori, venuti
a caricare le artiglierie ed a rettificare le bussole, specchiarsi nel lucido
mare con la tinta grigia e le forme ardite e minacciose, fatte per la corsa e
la battaglia…..”
La nostra meda in muratura, a guisa di
torretta e con il caratteristico miraglio conico, una volta abbandonata
dalla Marina principia ad essere danneggiata dal mare e scolorita dalla
salsedine.
La cupola superiore quasi bianca somiglia
sempre più all’ironico cappello della famosa maschera napoletana; questo è il
motivo del perché inizia ad essere da tutti indicata come la “Torre di
Pulcinella” [3].
Per i bagnanti dei Lidi di Lucrino la secca
della Fumosa, segnata da questo piccolo fanale della Marina, rappresenta il
limite da raggiungere a nuoto.
Da qui partono tutte le gare acquatiche
organizzate dai primi club agonistici.
Nel 1903 il Circolo Sportivo Virtus di
Pozzuoli organizza una gara su di un percorso di 1250 metri; la partenza è
dalla Torre di Pulcinella e l’arrivo a Punta della Bambinella
dove giungono appaiati vittoriosi, col tempo di minuti 32’ e secondi 17’’, i
fratelli Guido e Mario Ferraro; terzo, ma distaccato di circa cinque minuti, l’atleta
napoletano Ascione col tempo di 37’ e 5”.
Da sottolineare che Guido Ferraro, padre
dell’ammiraglio Renato Ferraro, è uno dei proprietari del Casino alla Starza di
Pozzuoli; attuale “Villa Maria”.
E’ questa la prima di innumerevoli attività
sportive che iniziano da questo insolito punto di partenza. Tra gli anni ’50 e
’60 ricordiamo le gare di nuoto organizzate tra i vari lidi e per la
manifestazione “Ondina Sport Sud”, programmata ogni estate dalla redazione
sportiva de “Il Mattino”.
Vi ritroviamo anche i pochi che si affacciano
al gran fondo, tra i quali un giovanissimo Giulio Travaglio campione del modo e
per ben 4 volte vincitore della Capri – Napoli; ma questa è tutta un'altra
bellissima storia [4].
Salvatore Savino, nel suo libro “Il ragazzo
di via Enrico Alvino”, narra:
“Scoprii
così nuove spiagge, anche lontane dalla città, come Arco felice, e le
pulitissime acque del Lido Napoli di Lucrino, che raggiungevamo con il treno
delle Cumana.
Durante
il non breve viaggio parlavamo di scuola, dei libri di lettura, dei nuovi film
visti o da vedere e dei nuovi attori americani. Poi giunti al Lido, giù in
acqua con lunghe nuotate a raggiungere la Torre di Pulcinella, forse un antico
faro allora non più attivo, situata in mezzo a quell’arco di mare e utilizzata
da noi come trampolino per i tuffi.”
L’ammiraglio Giovanni Iannucci, che tra
l’altro fu comandante delle Navi Scuola a vela Corsaro II, Stella Polare ed Amerigo
Vespucci, così scrive nelle sue: “Memorie – 1933/1939 – La prima infanzia”:
…..
La prima elementare finì, superai gli esami e l’anno seguente sarei stato
ammesso alla scuola pubblica in seconda. Intanto c’erano le vacanze estive e
andavamo quasi ogni giorno al mare, alla spiaggia di Lucrino, vicino all'omonimo laghetto. Si prendeva il treno della Ferrovia Cumana, alla stazione
di Corso Vittorio Emanuele, e si percorreva tutta la costiera a ponente di
Napoli, con molte fermate. C’era una bella spiaggia di sabbia fine e fu lì che
imparai, per modo di dire, a nuotare.
Al
largo, ad un centinaio di metri dalla spiaggia, c’era una torre. Un giorno mio
padre che, in breve licenza, ci aveva raggiunto, noleggiò una barchetta a remi
e ci allontanammo dalla spiaggia. Arrivati in prossimità della torre, senza
alcun preavviso, mi prese e mi buttò in mare. Forse era quello che avevano
fatto con lui, che non sapeva certo nuotare quando entrò in Accademia, ma non
mi sembrò fosse la maniera migliore per insegnarlo a me. Preso dal panico,
cominciai ad annaspare, riuscendo a stento a tenere le narici fuori dell’acqua.
Poco dopo si tuffò anche lui e mi sorresse per farmi respirare e per insegnarmi
i primi rudimenti del nuoto, che appresi sommariamente, ma quanto bastava per
tenere la testa fuori dell’acqua. ……
Amalia Galante, nella “La signora dagli occhi
di viola”, così scrive:
“Andiamo
a Lucrino?” “Per me va bene, senza macchina però, prendiamo la cumana a
Montesanto”. Martina da molti anni mancava dal lido Napoli; era uno
stabilimento di pietra. Un lungo nastro di cemento separava le cabine per
famiglia, con una terrazzina coperta, dagli spogliatoi in muratura. Martina
nuotava bene allora, arrivava senza sforzo alla tomba (sic) di Pulcinella, il
bianco tempietto che si ergeva come un faro.”
Marco Caiazzo così narra in merito ad Alfredo
Vaglieco, presidente della Lega Navale napoletana, che conobbe il mare da
bambino, ad Arco Felice:
"La
mia famiglia si spostò quando il medico disse ai miei genitori che avevo
bisogno di sole e mare, perché troppo gracile. Da ragazzo ho vissuto lunghi
pomeriggi nella città sommersa tra Lucrino e Baia, la conoscevo meglio della
città emersa per averla vista da pescatore e in parte anche da sub. E poi
ricordo la Torre di Pulcinella al centro dello specchio d'acqua tra Lucrino ed
Arco Felice, un posto da sogno".
Poi conclude: “Di quel periodo gli sono rimasti i ricordi e un colorito della pelle
da marinaio”.
Leggenda vuole che la Torre di Pulcinella sia
stata un posto solo per nuotatori esperti, la cronaca informa che un giorno un
ragazzo si tuffò e non fu più ritrovato.
Negli anni ’60 la torre, gravemente
danneggiata da marosi e temporali, è fatta brillare dagli artificieri della
Marina poiché ritenuta pericolosa e per la navigazione e per tutti color che
ancora ci si arrampicano.
Adesso è completamente sommersa ed il suo
punto più alto è alla profondità di cinque metri.
A chi gli si avvicina ancora elargisce doni
preziosi; alla base dei suoi ruderi si trovano facilmente piccole aragoste,
scorfani ed altri pesci pregiati.
Ma il suo omaggio più prezioso ha saputo
donarlo ad intere generazioni che di lei serbano un prezioso e dolce ricordo.
GIUSEPPE
PELUSO
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