lunedì 29 marzo 2021

Gianni Cipriano


In ricordo di un amico

GIANNI CIPRIANO

Nel gennaio del 1955 sono in classe; sto frequentando la seconda elementare presso il San Marco di Pozzuoli e all’improvviso, spalancando la porta, entra in aula una suora.

La scuola è l’Istituto Parificato San Marco di Pozzuoli e la suora appena entrata è la Madre Superiore; Rosa Graziani, sorella del tristemente famoso Maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani,

La Maestra Maria Di Matteo, sorella di Giuseppe Di Matteo sindaco di Pozzuoli, interrompe le lezioni e rivolge lo sguardo verso la nuova venuta che con la mano accompagna un bambino a noi sconosciuto.

Madre Rosa spiega che il bimbo, Giovanni Cipriano, è appena giunto a Pozzuoli dove il Padre, un militare della Guardia di Finanza, è stato trasferito.

Pertanto invita tutti noi ad accogliere fraternamente questo nuovo compagno che, ancor piccolo, è stato catapultato in una nuova casa, una nuova scuola e una nuova città.

E’ gara tra maschietti, le femminucce siedono separate, per averlo quale compagno di banco; ma è naturale cha vada a sistemarsi vicino a chi è già solo nel nero scanno di legno.

Una stretta amicizia extra scolastica inizia qualche giorno dopo; proseguirà fino agli anni settanta, tranne una breve parentesi ad inizio anni sessanta, e virtualmente riprenderà negli ultimi momenti della sua esistenza.

Gianni, questo il diminutivo col quale lo appelleremo per sempre, abita vicinissimo alla mia casa; per il ritorno da scuola è aggregato a me, a mia sorella ed a mia cugina e percorreremo tutti assieme il tragitto tra la San Marco e Villa Maria. Gianni è lasciato poco prima, nel nuovo edificio della proprietà Iappelli.

Fin dal primo giorno di scuola Gianni mostra le sue notevoli capacità nel discorrere, nello studio e nella volontà di apprendere cose nuove; col fine d’elevare le sue conoscenze personali e non di primeggiare coi compagni.

Da subito tra i migliori della classe e costante portatore della “fascia di merito” che ormai sembra incollata al suo grembiule, come appare nella foto del suo primo anno a Pozzuoli [2].


In questa fase, seconda metà degli anni cinquanta, le comuni amicizie con i fratelli Ennio e Fulvio La Rana, Loreto e Salvatore Fortuna, nonché Paolo e Vittorio Lopez, ci portano a giocare negli stessi luoghi ed a frequentare le stesse casalinghe festicciole.

Ma proprio in questo periodo Gianni subisce la dolorosa perdita del Padre che, oltre l’ancor giovane moglie, lascia piccolissimi orfani lui e la sorella Anna.

Io e Gianni saremo insieme, stessa scuola e stessa classe, in terza elementare, anno 1955-56, con l’insegnante Maria Sardo [3];


in quarta elementare, anno 1956-57, con l’insegnante Lisetta Ciampa [4];



in quinta elementare, anno 1957-58, con l’insegnante Perrucci [5].

 Poi, per qualche anno, le nostre strade si separano; io vado a frequentare la Scuola Media di Pozzuoli e lui è inviato a Villa Sora; un prestigioso collegio salesiano di Frascati, nei Castelli Romani.

Ho sempre creduto che sia stato proprio questo collegio ad incidere ulteriormente sulla sua formazione classica e storica ed una conferma mi è stata data da un suo vecchio compagno di convitto, il prof. Renato Tamburrini; noto scrittore, dirigente universitario ed esperto di sistemi bibliotecari.

Renato, residente in provincia di Pisa ma originario di Valcomino in provincia di Frosinone, s’è imbattuto nel mio blog dove ha appreso la ferale notizia.

Ha comunque voluto scrivermi, quanto di seguito riporto, inviandomi ricordi e testimonianze che arricchiscono l’irripetibile periodo vissuto insieme al nostro comune amico.

 

“Sono stato compagno di Gianni in quinta ginnasio, sezione “B”, nel collegio salesiano di Villa Sora a Frascati, anno scolastico 1964-65 [6].

Ho sempre desiderato incontrarlo, ma ne avevo perso le tracce; purtroppo ho trovato questo articolo, in ogni caso molto bello, che restituisce la sua figura e la sua personalità.

Era “filosofico” anche allora; anche se troppo tardi ho potuto comunque reincontrarlo.

Fu un anno un po’ turbolento, suggestioni e curiosità “intellettuali” si affacciarono con forza nella nostra vita.

Come capita sempre nei film, e qualche volta anche nella vita reale, avevamo un insegnante di lettere (Don Fulvio De Rossi, che anche dopo la scelta dello stato laicale, sopravvenuta qualche anno dopo, ha continuato per molto tempo ad insegnare egregiamente in un liceo romano) coltissimo e di mentalità aperta (cosa che non gli impediva di essere più che severo quanto alla coniugazione dei verbi greci e altre simili atrocità) che ci sollecitava e ci apriva scenari inusuali nel grigio tran tran dell’istituzione collegiale.

Prendevamo tutto molto sul serio; ci passavamo con entusiasmo “I nuovi aristocratici” di Michel de Saint-Pierre, un romanzo ambientato in una classe di ginnasiali molto “in crisi”; questo era il contesto, soprattutto per alcuni di noi.

Ricordo che in quel periodo iniziò la pubblicazione della collana Oscar Mondadori (350 lire a uscita): noi andavamo religiosamente ad accaparrarcela in una libreria sotto la galleria di Frascati, e nella nostra mente sedimentavano prospettive nuove, portate dagli autori francesi, americani, spagnoli che andavamo incontrando.

Gianni era appassionatissimo di cinema, campo in cui si muoveva con passione e competenza.

Ne ho rintracciato le prove anche in qualche pezzo da lui scritto quell’anno per il giornalino ciclostilato - La Lanterna di Diogene – che, benché autorizzato e sorvegliato dall’istituzione, noi curavamo manco fosse un “samizdat” della primavera di Praga.

In allegato trovi la foto di tre suoi interventi (firmati Ci.Gi o Ci.Gia), oltre la copertina del giornale [7a, 7b, 7c, 7d].  






Ma Gianni era anche appassionato di musica, durante la ricreazione amava appartarsi ad ascoltare i suoi adorati cantautori; ne ho trovato una traccia in un ritratto ironico e scherzoso (in allegato trovi anche la foto di questa pagina) ma sicuramente affettuoso e solidale

 [8a, 8b (ndr - nella immagine 8a è riportato il titolo di un quarto suo articolo)].

 


IL DISCOMANE

Pozzolano di nascita, frascatano per scuola, è capace di tener testa a chiunque, su ogni svariato argomento, dal cinema, ai dischi, dalla letteratura al teatro, alla filosofia.

Con andatura stanca, flemmatica, dondolante, abbandonata e sognante, con il ciuffo ‘tirabaci’ e con il sorriso e l’espressione del ‘latin-lover’, a tappe successive, di muro in muro, s’avanza verso la saletta per estraniarsi dal ‘vulgo sciocco’, ed evadere nella dolce musica oltre i duri confini!

Se prima era solo a ballare l’ully–gulli, adesso…!

Occhio-stringi-stringi, ha raggiunto finalmente il suo regno.

Coloro che vogliono giocare in pace una partita a scacchi o a dama, son deliziati ( Grrr…) dalle varie ‘Sinfonie per un massacro’ e ‘Quelli hanno un cuore’. Di tanto in tanto ci sono delle marce su…

Il nostro eroe resiste ad ogni attacco, imperturbato nella quiete suprema del suo altissimo cielo dove la musica lo culla!

Alla fine un vilissimo fischio distrugge il suo mondo incantevole e tristezza cala sui suoi bei occhi.

Rinserra la testa tra le spalle e riprende la malinconica strada del ritorno.

Lo consola solo il pensiero che dopo cena riprenderà nuovamente la sua estasi estetica, lontana, molto lontana, su una nuvola qualunque.”

Questo pezzo [ndr – squisita ricostruzione del personaggio e dell’atmosfera collegiale] glielo dedicammo, con pseudonimi, Sistilio Montorfano ed io, Renato Tamburrini. Coppia giornalistica, ambedue a lui molto legati, che durò purtroppo molto poco; alla ripresa del primo liceo Gianni non c’era; credo che rientrò a Pozzuoli.”

 

Si! Gianni ritorna a Pozzuoli con un raddoppiato bagaglio culturale e di conoscenze che lascia sbalorditi amici vecchi e nuovi.

Naturalmente riprende la frequentazione della scuola, si iscrive al primo anno del Liceo Classico, e la frequentazione dei vecchi compagni, in particolare della allegra brigata di cui faccio parte; quella che, pur allargandosi verso nuove conoscenze, ancora oggi è quella in cui ci identifichiamo.

Indimenticabili restano le serate trascorse nella villetta del Serapeo a scherzare e sognare, i campeggi fatti con economia in piccole canadesi, le pizze del “montese” piegate a “portafoglio” e mangiate per strada o i primi convivi in comitiva alle “quattro stagioni”, le gite a Roccaraso “senza neve” [9].


Siamo interessati a tutto ciò che percepiamo muoversi all’orizzonte; musica, cinema, letteratura.

Siamo decisamente, anche se ingenuamente, fuori della cultura del canone scolastico; c’è già quasi un’aria da pre-sessantotto, che si riverberava anche nel rapporto con gli insegnanti, animati da un sentimento spesso “border line” e comunque abbastanza ostile.

Gianni, col suo soprabito col bavero rigorosamente all’insù, è una delle punte degli “intellettuali” puteolani; problematici e critici [10]. 



Le calde giornate estive sono trascorse, intrufolati abusivamente, nei Lidi di Lucrino e se il temuto bagnino ci sorprende è Gianni che ci leva d’impaccio.

Lo rimprovera in perfetto italiano e, con voce alta e decisa come Gasmann, pronuncia citazioni storiche e filosofiche; il pnovero bagnio finisce per sentirsi in colpa per eccesso di zelo.

Memorabile un cenone del 21 dicembre 1968 organizzato tra tutti noi nella Masseria del compianto Franco Di Bonito, anche lui professore trasferito al Nord, preside e prematuramente deceduto appena dopo la pensione.

Gianni cura la parte scenica di questo “incontro” e con un breve tratto di penna descrive il segno distintivo di ognuno dei partecipanti e di sé stesso; in questo mostra di conoscere il vissuto, lo stato d’animo e le speranze degli amici che lo circondano [11a, 11b, 11c].



                                     

Straordinario un breve viaggio che Gianni, io, Mimmo Scognamiglio e il compianto Peppe Elia effettuiamo alla fine degli anni sessanta a Firenze ed in altri luoghi notevoli della Toscana.

Oltre che piacevole compagno di viaggio Gianni sfodera tutte le sue conoscenze classiche e artistiche; Il campanile e il Duomo di Firenze non sono solo un campanile e una chiesa; sono opere d’arte uniche e vanno viste con gli occhi di chi cerca amore e passione.

Gli Uffizi, la Primavera e la Venere, non sono oggetti da osservare ma da “assaporare”; opere con cui parlare, confrontarsi contrapporsi.

In seguito, pur essendo andato molte volta a Firenze, mai più ho visitato gli Uffizi; sempre ho patito la mancanza di una tale guida.

Anche per il poco tempo trascorso a Firenze mai mi sarei sognato di visitare Santa Croce, ma Gianni già nel viaggio di andata ripete: “come non rendere omaggio alle tombe di Foscolo, Michelangelo, Alfieri, Galileo, Rossini …. “ [12]. 


Nell’ultima telefonata che ci siamo scambiati Gianni mi rammenta le bandierine, tipo quelle degli sbandieratori, acquistate a Siena e, come me, conservate per moltissimi anni; nonché del ritorno attraverso la Maremma per raggiungere un posticino che mai avrei pensato di visitare, l’Oratorio di San Guido.

Lui c’era già stato con gli educatori del suo collegio di Frascati; giunti sul luogo Gianni si ferma davanti San Guido e inizia a recitare i versi del Carducci: 

“I cipressi che a Bólgheri alti e schietti

Van da San Guido in duplice filar,

Quasi in corsa giganti giovinetti,

Mi balzarono incontro e mi guardar.” 

La crisi bradisismica del 1970, la leva militare per molti di noi, il matrimonio, ci impongono la forzata lontananza; tutti siamo impegnati con problemi economici ed affettivi.

Gianni, che dopo il liceo si laurea in Storia e Filosofia all’Università di Napoli, si trasferisce al nord con la compagna, e inizia il suo duplice percorso, pedagogico e familiare.

Confesso di conoscere ben poco della sua nuova Famiglia; solo in tarda età ho appreso che con la moglie ha dato vita a due bimbe, Ivana ed Irma oggi graziose signore, che nella foto conduce affettuosamente con mano sicura [13]. 


Non conosco l’inizio della sua carriera di docente ma ho appreso che negli anni novanta arriva all’Istituto Francesco Gonzaga di Castiglione delle Stiviere dove insegna Storia e Filosofia.

Marco Prina, sue ex alunno in questo Istituto mi scrive: 

“E' stato il mio professore per eccellenza, mi ha insegnato molto sul campo, mi ha fatto innamorare della storia e della filosofia e mi ha insegnato molto sulla morale e sugli ideali più intimi dell'uomo.

In classe rideva poco ma ci faceva ridere assai; incuteva molto timore e quando ti interrogava ti si stringevano le budella dalla tensione. Allora lui si alzava dalla cattedra, ti metteva il braccio intorno alla spalla e ti faceva ragionare passeggiando per l'aula, dandoti poi un bonario pugno nello stomaco...che ti spezzava in due, vista l'ansia.

Ti sapeva motivare ed apprezzava più l'impegno che non i risultati.

Trascorreva i pomeriggi a preparare le lezioni di storia o filosofia per il giorno successivo; passava dal cinema, alla pittura, passando alle donne ed ai filosofi classici contemporaneamente. Potrei scrivere per ore…”

Di qualche alunno dell’Istituto Gonzaga deve essere la sua caricatura che, quasi con sfida verso i nuovi mezzi di comunicazione cui è allergico, ancora mostra sul profilo Facebook [14].


Nel 2005, essendogli stata diagnosticata una malattia degenerativa ai reni, e per essere più vicino alla moglie ed alla sua residenza, passa all’antico e prestigioso Liceo Girolomo Bagatta di Desenzano del Garda.

Gianni resta in questo Istituto fino alla anticipata pensione; quando lui avrebbe continuato volentieri.

Di nuovo ascoltiamo l’ex alunno Marco Prina:

“Dopo la maturità mi son trasferito a Milano e dopo la Laurea a Perugia e poi Sydney; nel 2004 son rientrato a vivere sul Lago di Garda.

Un giorno entro in una libreria e lo vedo lamentarsi del fatto che per problemi di salute ha dovuto smettere di lavorare

Mi sono fato riconoscere e sono andato a trovarlo ad intervalli regolari ed ho avuto la fortuna di conoscere la moglie e Ivana, la figlia maggiore.

Gianni parlava poco dei suoi problemi ma era contento quando gli ex-studenti andavano a trovarlo; chiedeva molto di me e delle mie esperienze, era sempre ironico ma mai offensivo. Ebbi il coraggio di dirgli che la formazione con lui mi servì e mi serve ancora nella vita; il suo insegnamento sul rispetto, sul concetto di onestà e di libertà furono fondamentali. “

Gli manca l’insegnamento ma è sempre acuto e con la battura pronta, come testimoniano tutti i suoi ex discepoli andati a rendergli visita [15].

 

Gli ultimi anni li trascorre nella splendida Sirmione e la morte lo sorprende l’undici marzo del 2018; essendo nato il diciassette marzo del 1948 dopo pochi giorni di anni ne avrebbe compiuto settanta.

Anche dopo tantissimi anni in terra lombarda resta napoletano di formazione e impianto crociano di pensiero; Benedetto Croce resta il suo ideale filosofico.

La sua scomparsa commuove molti ex studenti che numerosi sono presenti ai funerali di martedì tredici marzo alle 16, nella chiesa di Colombare di Sirmione. Gianni ha saputo farsi amare dai suoi studenti e molti hanno scelto la via dell’insegnamento anche grazie alle sue lezioni.

A noi puteolani resta il ricordo di un amico straordinario che, seppure lontano, era e sarà per sempre nei nostri cuori [16].


GIUSEPPE PELUSO – MARZO 2021 

(modificato GIUGNO  e LUGLIO 2021)


 

P.S. – Di seguito il Link al blog di Renato Tumburrini "punto e...."

Renato ci parla della sua breve ma intensa amicizia con Gianni.

https://renatambu.blogspot.com/2021/06/gianni-cipriano-intellettuale-precoce.html


- Grazie anche a Marco Prina, suo ex allievo

6 commenti:

  1. Caro amico Barone, hai descritto così bene e con tanto amore il tuo vecchio amico Gianni Cipriano che ho come la sensazione di averlo conosciuto come ho conosciuto te e tanti cari amici che hanno partecipato all'abbuffata nella fattoria dell'amico Franco di Bonito che ricordo con imperitura simpatia

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  2. Sono stato compagno di Gianni al ginnasio di Frascati. Ho sempre desiderato incontrarlo, ma ne avevo perso le tracce. Purtroppo stasera ho trovato questo articolo, che in ogni caso è molto bello, e restituisce la sua figura e la sua personalità. Era “filosofico” anche allora. Sul giornale ciclostilato del collegio scriveva di cinema, campo in cui si muoveva con passione e competenza.
    Renato Tamburrini, Pisa

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  3. Con commozione anche io ho avuto l'onore Di averlo come docente

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  4. Docente di altissimo profilo. Nel liceo di Castiglione di metà anni ‘90 componeva una triade di professori di Storia e Filosofia, assieme alla compianta Lucilla Peroni e a Manlio Paganella, senza eguali, almeno per un liceo di provincia quale era il nostro. Ho avuto la fortuna di assistere ad alcune sue lezioni tenute a tutti gli studenti del liceo (forse erano le assemblee studentesche? La memoria mi fa difetto); un timbro profondo, forgiato dall’abitudine al sigaro, la cadenza campana (esotica, per noi del profondo nord!), ed un pensiero solido, esposto con rara chiarezza. Un piacere per l’uditorio.

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  5. Racconto biografico ben articolato e ricco di umanità per un personaggio che ha dato un senso profondo alla sua vita e fattosi apprezzare da chi lo ha conosciuto.

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