Al mondo non vedrai cosa
più bella
La Via Regia, il
miglio d’oro Puteolano
Nel percorrere la nostra litoranea che dai
Cappuccini, attraverso Gerolomini e La Pietra, mena a Bagnoli, vivo una rara
sensazione di tranquillità e incanto, e credo questo capiti anche a tutti voi.
Una ininterrotta emozione tra terra, cielo e mare
che il territorio trasmette con uno spettacolo unico per paesaggi e bellezza.
E’ questo l’ultimo tratto di quel che fu la
“Via Regia”; il lungomare che tra ottocento e novecento diventa la “promenade”
dei forestieri che numerosi son venuti a fare i bagni nelle “acque” delle
nostre Terme e dei nostri Lidi [1].
Per gran parte del sedicesimo secolo, in
pieno vicereame spagnolo, questa strada ancora non esiste e per raggiungere
Napoli da Pozzuoli si percorre la “VIA PVTEOLIS – NEAPOLIM”, per “colles”, con la
quale, attraverso le colline, si raggiunge la capitale. Ma questa antica strada
romana è ridotta talmente disagiata e insicura che è giudicato improponibile valicarla
senza esporsi a incredibili ruberie.
In
molti casi i viandanti sono assassinati e trucidati dagli scherani che occupano
ogni dintorno boscoso, tra i dirupi del Monte Olibano e delle rigogliose vicine
colline
Inoltre
la strada, non ricevendo alcuna manutenzione, mostra tutti i segni dovuti a
secoli e secoli di piogge e smottamenti; alcuni tratti, come l’antico ponte
romano detto “Cerciello”, sono completamente scomparsi rendendo impossibile il
passaggio di carri [2].
Ridotta
in questo stato è poco utilizzata da coloro che sarebbero interessati a
trafficarla per commerci e comunicazioni; essa è percorsa solo dagli
agricoltori del seno de’ Bagnoli dediti alle loro faccende con ben poco da
temere dai locali briganti.
Nel 1568 regnando Filippo II, Re di Spagna e
di Napoli, il viceré Pedro Afán Enríquez de Ribera y Portocarrero, Duca d'Alcalà (detto don Perafan) [3], pensa di
mettere fine a tanti disordini col costruire una nuova via da Fuorigrotta fino
al lido de’ Bagnoli per poi prolungarla fino a Pozzuoli.
Questi
sono gli apparenti e plausibili motivi che spingono il de Ribera a fondare la
nuova via, ma i suoi denigratori storici argomentano diversamente. Dicono che
il Viceré in luogo di ordinare il rifacimento della via romana più breve, e
farvi rispettare la
Giustizia , l’ha abbandonata alla rovina ed agli assassini per
farvi continuare i delitti e così dar luogo all'amor proprio di eternare il suo
nome con la costruzione di una nuova via e porla in confronto con l’antica
romana.
Del progetto e della direzione dei lavori
della nuova via Regia si interessano gli ingegneri Ambrogio Attendolo, Mario Galeota
e suo figlio Gian Berardino; in tutto sono spesi circa 35.000 ducati.
La realizzazione del primo tratto, da
Fuorigrotta a Bagnoli, non presenta grandi difficoltà tecniche essendo la zona
perfettamente pianeggiante; tutt'al più si rendono necessarie opere di bonifica
di limitate aree paludose [4].
Dove
questa strada inizia il Vicerè fa collocare su marmo la seguente iscrizione:
PHILIPPO II REGNANTE
PARAFANVS RIBERA
ALCALAE DVX
PROREGE
QVI VIAS FECIT AB
NEAPOLI AD BRVTIOS
AMPLISSIMAS
HANC QVOQVE VIAM
CLIVIS ANTEA DIFFICILEM
ARCTAM INTERRVPTAM CVM ITER EIVS AD MARE
DIREXISSET
VASTAQVE SCOPVLORVM
IMMANITATE CONSTRATA
NOVAM APERVlSSET
PVTEOLOS MVLTO BREVIOREM
PERPETVAM ILLVSTREM
ATQVE LATAM
PERDVXIT
MDLXVIII.
Tre anni dopo l’inizio dei lavori del
predetto primo tratto, nel 1571, si principia al continuamento di essa da'
Bagnuoli fino a Pozzuoli e questo secondo percorso, poiché lo si vuole
costruire colmeggiando il mare intorno a due promontori inaccessibili, incontra
enormi difficoltà nella natura delle cose.
Per questo motivo in soccorso dell'impresa è
chiamata l'arte e l’industria umana e, solo con forti spese, si rende la strada
tollerabile all’uso dei viandanti.
Molti sono i luoghi difficili come il Monte
Dolce sulle mappe riportato come “Promontorium Puteolum”, termine non più in
uso e sconosciuto ai più [5].
Non potendo smussare l’intero alto costone, si fondano mura nel Mare rubando ad esso gli spazi occorrenti [6].
Non potendo smussare l’intero alto costone, si fondano mura nel Mare rubando ad esso gli spazi occorrenti [6].
In altri luoghi, accessibile alle sole capre,
si debbono togliere ammassi di pietre quasi incredibili e riempire voragini
altrimenti invalicabili [7].
In altri ancora, come il Monte Olibano, è
necessario sballare le alture delle antichissime lave bituminose, da secoli
raffreddate, e sebbene la strada si eleva dal livello del mare, è possibile
superare quest’altro promontorio ridiscendendo mediante una serie di arcate, dette
ponti, verso la chiana e le fabbriche delle antiche terme Subveni Homini [8].
Qui la strada percorre un lungo rettilineo
parallelo alla spiaggia (Chiaja) e giunge alle porte di Pozzuoli ai piedi del
Rione Terra [9].
L’opera,
pur mostrando manchevolezze nelle leggi architettoniche e idrauliche che la
renderanno poco durevole nel tempo (già verso la metà del settecento la strada
inizia a denunziare segni di fatiscenza, provocati sia dal mare che dal
bradisismo discendente), è infine terminata e lastricata con la stessa trachite
di cui è costituito il monte Olibano.
Proprio nel punto dove sono state incontrate
le maggiori difficoltà, quasi alla fine della via ed esattamente sul lato mare del
descritto ponte, nella curva immediatamente prima delle attuali "Terme Puteolane",
la vanità del de Ribera, sempre secondo alcuni suoi denigratori, non contenta
della prima iscrizione determina apporvi la seconda, storica ed enfatica
iscrizione posta su di una edicola appositamente eretta [10].
Da siffatta
Iscrizione, ora scomparsa, si legge che prima di costruirvi la via il luogo era
tutto orrore e solitario, impraticabile all’uomo e si vedevano solo uccelli
marini, e per ogni dove c’erano balzi, sassi e rovine naturali [11]:
Appena
terminata l’intera arteria è nominata in vari modi;
-
la
“via Nuova” in rapporto con l’antica e ancora valicata strada romana;
-
la
“via Rivera” come è volgarizzato e conosciuto il cognome del vicerè;
-
la
“via Regia” come riportato sulle mappe che iniziano a diffondersi.
La
vecchia via romana inizia dalla “Crypta Neapolitana” (o Grotta di Pozzuoli) e continua
fin quasi al lago di Agnano e i luoghi bassi degli Astroni da dove, ascendendo
il salto del Monte Olibano, si dirige a Pozzuoli. Da questa città va a Baia e
al Garigliano dove, innestandosi sulla via Appia, arriva a Roma [12].
La via nuova è dal de Ribera incominciata in
prossimità della predetta grotta sulla sinistra della Via romana e, attraverso
l'acquitrinosa piana di Fuorigrotta arriva, dopo un lungo e perfetto rettilineo
alberato che a mezzo del costruito “Ponte Lungo” supera anche un largo alveo
proveniente dalla retrostanti colline, alla spiaggia de' Bagnoli [13].
Nel luogo dell'afforcamento delle due vie l’accorto
Viceré vi ha fatto porre due lapidi indicative dell'uso di esse, a seconda del
verso; onde si avverte che per la via vecchia si va a Roma e che per la via
nuova si va a Pozzuoli [14-15]:
Questa nuova strada, oltre a migliorare i
collegamenti evitando il più lungo ed acclive percorso collinare, permette un
agevole accesso alle sorgenti termali che, per l’attività dei fuochi
sotterranei, si trovano ai piedi di questi monti.
Di tutte queste fonti, anche per gli eventi
vulcanici che portano all’eruzione di Montenuovo, se ne sono perse le tracce ma
la via Regia crea le premesse per poterle riportare in auge dopo essere state
per lungo tempo abbandonate.
Il viceré don Pedro Antonio d'Aragona, in
carica tra il 1666 e il 1671, nel 1668 affida al medico Sebastiano Bartolo
l'incombenza di rintracciare e restaurare le antiche sorgenti che si incontrano
nei Campi Flegrei e che si rivelano molto utili a sconfiggere i morbi del corpo
umano.
Bartolo divide la sua ricerca in tre settori
geografici ciascuno corrispondente a un tratto della strada che va da
Fuorigrotta a Miseno; quindi fa apporre tre diverse lapidi (epitaffi) nei punti
di maggior passaggio.
Ciascuna lapide indica il nome delle sorgenti
termali, e le qualità terapeutiche delle loro acque, che si incontrano fino
alla successiva lapide.
Il primo epitaffio è posto a Piedigrotta
all’ingresso della “Grotta di Pozzuoli” e su di esso sono elencate dodici
sorgenti ritrovate nella zona compresa tra Fuorigrotta, gli Astroni, Bagnoli e
Pozzuoli [16].
Il secondo epitaffio è sistemato sulla Piazza
della Malva a Pozzuoli, ora risistemato sotto l’arco di Porta Napoli, e su di
esso sono elencate diciannove fonti termali che si incontrano dal centro di
Pozzuoli all’inizio di Baia.
Il terzo epitaffio è sistemato sulla via
Aragonese tra Lucrino e Baia, località che per questa presenza è da allora
chiamato Punta Epitaffio; su di esso sono elencate le otto sorgenti presenti da
Baia a Miseno.
Ogni epitaffio è diviso in due parti con
quella sovrastante che consiglia il viaggiatore di leggere con attenzione
l’epigrafe inferiore in cui sono decantati i Campi Flegrei e le tante e
pregevoli sorgenti termali esistenti.
Sulla prima epigrafe, tralasciando le prime quattro
fonti che non si trovano direttamente sulla nuova via litoranea, è interessante
notare le numerose sorgenti che per un miglio si susseguono dall’attuale piazza
di Bagnoli al moderno lungomare di Pozzuoli:
QUINTUM
BALNEUM EST IUCARAE, QUOD INVENIES, DUM REGIA VIA, QUA ITUR PUTEOLOS, AD MARIS
LITTUS PERTINGIS
Il quinto bagno lo trovi quando, prendendo la
“via Regia” per la quale si va a Pozzuoli, giungi sulla sponda del mare; è il
bagno della “Giuncara” così chiamato dai giunchi che copiosi si ritrovano
attorno. E’ una fonte d’acqua che rende lieta la mente, favorisce Ia gioia,
toglie gli affanni, provoca piacere e ti predispone ad esso, fa bene ai reni e
a quelli malati, giova allo stomaco, ripara le forze del fegato, fa ingrassare,
distrugge Ie febbri saltuarie e fa in modo che la pelle non sia tesa.
Siamo, praticamente, nella Piazza Bagnoli e
questa fonte termale sarà nel tempo sfruttata dagli Stabilimenti: "Terme
Tricarico", “Terme La Sirena”, “Terme Bocco”, "Terme Cotroneo"
(ex Masullo), "Stabilimento Termale del Balneolo" e "Antiche
Terme Manganella" [17].
Quattrocento passi dopo la “Giuncara”, sulla
destra della stessa via Regia, troviamo il sesto bagno detto “Bagno di Piaga” o
“Bagno del Balneolo”, così nominato per la sua piccola forma. La sua acqua
ricrea il capo, lo stomaco, i reni e Ie altre membra, elimina l’annebbiamento
della vista, rimette in forza i consunti e i deboli, distrugge la causa della
febbre quartana, continua e quotidiana, libera dai dolori derivanti da
qualsiasi malattia o da febbre. I NapoIetani trovavano quest’acqua così salubre
che pensavano lì ci fosse un dio; le sue acque saranno nel tempo utilizzate
dagli Stabilimenti: "Terme Rocco", “Terme Patamia” [18].
Sulla stessa strada Regia, dopo pochi passi,
trovi il settimo bagno; il “Bagno della Petra” così chiamato perché le sue
acque rompono la pietra che si trova nelle vesciche. Il bagno con quest’acqua
toglie la scabbia, frantuma i calcoli, fa urinare, purifica i reni, fa
eliminare la renella, libera il capo dai dolori, toglie Ie macchie dagli occhi,
ridà l’udito alle orecchie e le libera dai ronzii, fa bene al cuore ed al
torace. Un sorso caldo di quest’acqua purifica il ventre ed evita l’insorgere
della renella.
Le sue acque saranno nel tempo utilizzate
dagli Stabilimenti: "Terme Dott. Alberto Pepere", "Terme
Minerali Di Leo" e “Terme La Pietra” [19].
Oltre il Bagno di La Pietra, dopo 20 passi a
destra, troviamo l’ottavo bagno, il “Bagno di Calatura”, così chiamato
dall’antico nome di Monte Dolce. L’acqua dl questo deterge il viso ed elimina
le brutte macchie, rallegra il cuore, rafforza la mente, corrobora lo stomaco,
fa digerire le precedenti crapule, stuzzica l’appetito, elimina la tosse, dà
sollievo al polmone, fa che dalla tosse non scaturisca la tisi.
Le sue acque saranno nel tempo utilizzate
dagli Stabilimenti: “Terme Vitolo” e "Terme Charlotte - Calatura" [20].
Il nono bagno che si trova oltre la strada Regia,
passando sotto il ponte costruito alle falde della rupe Olibano, è il “Bagno
Subveni Homini”, così chiamato in epoca romana col significato “Soccorrere gli
Uomini”. Già nel cinquecento i napoletani ne trasformano il nome in “Zuppa d’uomini”
giocando sul fatto che l’acqua sgorga in un'unica grande vasca dove tutti si
bagnano insieme dando l’idea di una enorme pentola.
Per lungo periodo è l’unica sorgente
puteolana che continua a offrire le sue acque dopo l’eruzione del Monte Nuovo
ed ancora oggi è l’unica in funzione nel miglio preso in considerazione. La sua
acqua porta via la tristezza dell’animo ed il mal di stomaco, stimola
l’appetito, allevia il dolore dei polmoni, del fegato, della milza e del ventre
gonfio, rende chiara la voce, dà sollievo alla podagra invecchiata e toglie
ogni specie di dolore; il potere suo più eccezionale è il ristabilimento dei
deboli.
Le sue acque saranno nel tempo utilizzate
dagli Stabilimenti: "Antiche Terme Subveni Homini dei Padri
Girolamini", “Stabilimento Termo Minerale Gerolomini”, “Terme Sociali” e
“Terme D’Alicandro”, ex “Terme Le Migliori Acque" poi "Terme
Puteolane" [21].
Decimo, distante dal precedente 50 passi, è chiamato
sia “Bagno dell’Arena” perché l’acqua sorge sulla spiaggia vicino al mare, sia “Bagno
di Sant'Anastasia” perché vicino alla chiesa dedicata a questa Santa.
Esso dà sollievo ai bruciori del corpo e ne
rinnova Ie forze, toglie i sintomi della stanchezza o la debolezza se si sopporta
il calore dell’acqua sorgente.
Le sue acque saranno nel tempo utilizzate
dagli Stabilimenti: "Terme Terracciano" e "Terme La Salute
concessionario Dott. Michele Rocco", ex “Terme Barone” [22].
Lungo tutta la litoranea sorgono innumerevoli
stabilimenti balneari, alberghi, pensioni, ristoranti, cinematografi, circoli
nautici e ville private [23].
Nel contempo la strada diventa l’asse
portante di una nuova mobilità e sarà percorsa dai primi “omnibus a cavalli”
sostituiti inizialmente dai “tram a vapore” e poi dai “tram elettrici”; ben
presto si affianca la linea della “Ferrovia Cumana” [24].
Questo miglio dell’antica via Regia sarà
frequentato da numerosa e scelta clientela che saprà usufruire della
economicità dei prezzi senza rinunciare alla eleganza offerta dagli Stabilimenti
e dai luoghi [25].
Già nel 1865 l’idrologo A. Dardel, medico dello
stabilimento termale d’Aix in Savoia, esalta la molteplicità degli effetti
terapeutici delle acque, la bellezza del paesaggio, la salubrità e la dolcezza
del clima.
La strada regale, gli stabilimenti termali e
i villini che costeggiano questo litorale sono immuni dalla umidità e avendo a
ridosso, come solida barriera, il Monte Dolce il Monte Olibano e il Terrazzo
della Starza sono anche preservati dai freddi venti del Nord.
Un assiduo e affezionato cliente della “Bella
Epoque”, discorrendo della nostra strada sulla quale amava passeggiare,
scrisse:
“Possis nihil urbe
visere maius”
“Tu non vedrai
nessuna cosa al mondo maggiore”
Oggi questa strada è ancora più bella,
cerchiamo di preservarla [26].
P.S.
Interessante un'altra Lapide del 1717 conservata a Fuorigrotta.
In essa si legge:
IN QUESTO UNICO POSTO STANNO UNITI I SOLDATI TUTTI
DI QUALSIVOGLIA ARRENDAMENTO, ED ATTENDE CIASCUNO
A FAR LE DILIGENZE CHE GLI APPARTENGONO,
SE ALTROVE NELLA STRADA REGALE ALCUN DI LORO
ARDIRA' DI MOLESTARE I VIANDANTI SARA' PUNITO
COME UN PRIVATO CHE COMMETTA VIOLENZA IN STRADA
PUBBLICA SECONDO LO STABILITO DALLA R. PRAMMATICA
DEL .............
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