giovedì 22 giugno 2017

Donnarumma


Donnarumma all’assalto
Dal Donnarumma puteolano di Ottiero Ottieri al Donnarumma milanista di Mino Raiola.

Qualche giorno fa mi trovavo sotto il piacevole porticato dell’ex Stabilimento Olivetti, il loggiato che fiancheggia la Domiziana per intenderci, in attesa del mio turno per poter ritirare qualche biglietto dal “bancomat” [1].

Qui si trova la filiale del Monte dei Paschi di Siena, presso cui è accreditata la mia leggera pensione, e qui mi ritrovo in fila quando, spesso, lo sportello presso l’ipermercato di Quarto è guasto o sfornito.

Nell’attesa ho ascoltato due amici discutere d’un caso che probabilmente sarà il tormentone estivo di tifosi e commentatori sportivi.
Uno di loro, probabile milanista, legge il “Corriere della Sera” e ripete quanto scritto del giornalista Gianluca Mercuri, forse con l’intento di rincuorarsi in questo momento d’immenso dolore:
“Donnarumma ha il diritto d’andare a giocare e lavorare dove vuole, quando vuole e per qualunque motivo gli sembri giusto” [2].

Questa frase echeggia nella mia testa che subito inizia a rimescolare il tutto; ovvero:
-      il luogo, che è poi la vecchia fabbrica Olivetti;
-      il lavoro, che è poi il motivo della disputa;
-      il personaggio, che è poi Donnarumma.

Ora è tutto chiaro, pian piano torno indietro di sessant’anni, ma solo nello spazio-tempo;
-      lo spazio-luogo è lo stesso, la Olivetti;
-      identica la controversia, il lavoro;
-      i personaggi sono gli stessi, o almeno identici sono i loro cognomi, Antonio Donnarumma e Gianluigi Donnarumma.
Per entrambi si tratta di poter lavorare per poter guadagnare e poter permettersi di vivere. Il Lavoro, quello che si scrive con la “L” maiuscola, e che il Donnarumma puteolano degli anni ’50 con forte determinazione cerca d’ottenere in questo stabilimento in cui oggi, nell’attesa, mi godo la piacevole frescura [3].

La storia di Donnarumma la racconta Ottiero Ottieri, scrittore e sociologo nato a Roma ma residente a Milano, che Adriano Olivetti ha ingaggiato per selezionare il personale da assumere ad Ivrea.
Ma Ottieri si ammala di meningite; per moltissimo tempo resta in clinica ed Adriano non solo gli paga lo stipendio ma, a guarigione avvenuta, lo invia nella sede della nuova fabbrica di Pozzuoli dove c’è un clima migliore.
Ottieri vi si trasferisce con tutta la Famiglia ed in questo diverso contesto sociale inizia il suo lavoro di selezionatore; da quest’esperienza nasce il suo romanzo autobiografico, scritto “a caldo” su quaderni scolastici con copertine nere, che inizialmente intitola “Diario di Pozzuoli” e poi “Donnarumma all’assalto” [4].

Le ore più proficue per scrivere sono quelle del primo mattino, prima di scendere con la Topolino lungo la Domiziana, attraverso scoscesi vigneti e fasci di fichi d’india che invadono i numerosi resti archeologici, fino all’ufficio nel moderno stabilimento voluto dall’utopistico Adriano Olivetti e disegnato dal razionalizzatore Luigi Cosenza [5].

Si narrano le vicende umane e professionali di un capo ufficio assunzioni, impegnato a vagliare, fra il marzo e il novembre 1955, quarantamila aspiranti che si sottopongono ai colloqui per le assunzioni attraverso il metodo della psicotecnica.
«Qui non si tratta di scegliere, ma di escludere - scrive Ottieri -  in ciò consiste l’immoralità sociale e politica della psicotecnica, la quale di per se stessa dovrebbe essere solo una scienza e che invece si colora della situazione obbiettiva in cui viene svolta; selezione scientifica e disoccupazione si negano. Pozzuoli vanta - continua Ottieri - un numero esorbitante di disoccupati e l’Olivetti può assumerne al massimo 1.300 tra operai e impiegati. Inoltre la situazione abitativa è allarmante; oltre 1400 le case malsane, in cui vive un quinto della popolazione. Di queste abitazioni circa 220 sono in realtà grotte e più di 1000 non hanno acqua, né corrente elettrica.»

Luigi Cosenza progetta in parallelo allo stabilimento anche un Quartiere Ina-Olivetti, gli edifici di via Terracciano. Questi intendono contribuire, nella visione di Cosenza, alla ricerca di una migliore qualità della vita individuale; sono prevalentemente a tre piani, con sequenze di moduli abitativi continui, incernierati gli uni agli altri dalle scale all'aperto. Al loro interno è delimitato ancora una volta lo schema della corte, come negli antichi casali campani; veri centri della vita collettiva [6]. 

Le nuove case, anche perché dotate di vasca nel bagno, diventano il sogno di molti disoccupati in attesa di colloquio per l’assunzione, nonché degli operai degli stabilimenti vicini.

Questi alcuni passi tratti dal romanzo:
«Un giovanotto di spalle fortissime nella maglietta da pescatore, che si mostrava già da alcuni giorni chiedendo minacciosamente, con energie fresche, oltre che un posto, le medicine per la sua bambina malata; anch’egli abita in grotta sotto la Statale accanto ad Accettura….
……L’altro volto, l’ingannevole volto della fabbrica è di indurre noi impiegati e dirigenti al colonialismo, e i candidati assunti all’orgoglio dell’aristocrazia operaia, la quale più ancora che nel nord taglia i legami con la plebe; un pericoloso orgoglio aziendale, la fabbrica non porta che un miraggio di civiltà. La selezione degli operai e degli impiegati rivela il suo lato amaro e tutt’altro che scientifico.»

E poi c’è Donnarumma che, ieri come oggi, rappresenta l’estraneità totale al sistema, l’unico che non intende sottoporsi all’umiliante trafila delle prove psicometriche e delle visite mediche: egli vuole essere ricevuto senza aver riempito il modulo di assunzione, convinto di avere il sacrosanto diritto di “faticare”.
E qui mi ritorna la frase scritta da Mercuri, il giornalista del “Corriere della Sera”, sul portiere milanista: “Gianluigi Donnarumma ha il diritto d’andare a lavorare dove vuole, quando vuole e per qualunque motivo gli sembri giusto”.
Il vecchio Antonio Donnarumma pretende il lavoro non per le sue capacità, ma per il fatto stesso di esistere, di essere vivo. Motivazioni ancora oggi valide; per una intera stagione i tifosi dagli spalti del Meazza, e Tiziano Crudele dal piccolo schermo, hanno gridato: “Donnarumma, grazie di esistere”.

Diffidato da metter piede nello stabilimento il nostro Donnarumma chiede per rivalsa un’indennità fissa di mancata assunzione, finché la sua ribellione, di un’ingenuità pari all’ostinazione che la distingue, degenera in aggressioni contro un’impiegata dell’ufficio del personale [7 - fotogramma tratto dal film].

Ora di fronte a Donnarumma, che “raffigura la falla” di quell’utopia e del “sogno di Adriano”, l’intellettuale Ottieri si trova disarmato e non sa più cosa fare, si trova a raccontare un personaggio estraneo radicalmente all’organizzazione e alla ragione.
In “Tempi stretti”, altro documento di vita italiana scritto da Ottieri, le operaie non mettono in discussione l’organizzazione industriale, ma soltanto gli eccessi di prevaricazione. Donnarumma, invece (e questo vale per il Donnarumma puteolano e per il Donnarumma milanista) secondo Ottieri rappresenta l’estraneità totale al sistema; il dramma individuale diventa alla fine conflitto, un dramma collettivo.

Intanto ritorno in me e mi riapproprio dello spazio tempo che va di nuovo a coincidere con lo spazio luogo; e che luogo. Mi soffermo vicino al vecchio ingresso della fabbrica modello che doveva apparire come un castello di vetro, fluorescente ma di luci fredde, emanate dai neon di cui era piena, e che gli abitanti della costa e i pescatori vedevano così irraggiungibile da ogni punto del golfo.
Proprio presso quest’ingresso, in cui ora mi ritrovo, accadde un episodio di cronaca; l’esplosione di una bomba-carta contro l’auto dell’Ing. Ferrera, avvenuta realmente davanti allo stabilimento Olivetti il 25 ottobre 1955 [8].

Lo scoppio, come riportato da vari quotidiani e come annota Ottiero Ottieri, determina, pur in assenza di prove, l’arresto di Donnarumma, al secolo Giuseppe Ercole, che ha agito con forza istintiva e con slancio quasi animalesco.
In cuor suo crede d’aver diritto a lavorare.


P.S.
Per chi lo desidera qui di seguito il link al film “Donnarumma va all’assalto”, un libero adattamento edito dalla RAI: 


Peluso Giuseppe

BIBLIOGRAFIA
Cristina Nesi – L’utopia della fabbrica
Ottiero Ottieri – Donnarumma all’assalto


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