Cappuccini amari
Tragedia sulla “cumana”
Alle ore 16.52 di sabato 22 luglio 1972 dalla
stazione terminale SEPSA di Napoli Montesanto parte il treno 164 della “Ferrovia
Cumana” diretto a Torregaveta. Il convoglio, composto dall’elettrotreno ET.111a+b
manovrato da Renato Normanno di 24 anni di Arco Felice, è carico di operai ed
impiegati che rientrano nelle loro abitazioni dopo un’afosa giornata
lavorativa. Alle 16.59 transita per Fuorigrotta, poi per Bagnoli ed infine arriva
alla piccola fermata Cappuccini da dove riparte alle ore 17.14.
Intanto alle ore 16.55 da Torregaveta parte
il treno 165 diretto a Napoli Montesanto. Quest’altro convoglio, composto
dall’elettrotreno ET.105a+b manovrato da Vincenzo Bolognino di Agnano, è carico
di festosi bagnanti che hanno trascorso la calda giornata sui lidi del Fusaro,
di Lucrino e di Arco Felice. Esso arriva alla stazione del capoluogo
flegreo dove i treni, in tempi di scambi
manuali e di coincidenze a vista, sono soliti incrociarsi. E’ questa una
operazione da sempre effettuata nelle stazioni di Fuorigrotta, Bagnoli,
Pozzuoli e Lucrino che a tale scopo sono fornite di capostazione e doppio
binario.
Ma ora, in epoca di automatismi ed
elettronica, non è più necessario che gli incroci avvengano obbligatoriamente alle
suddette fermate, spesso il convoglio proveniente da Napoli è in ritardo e
quello in attesa a Pozzuoli riceve l’autorizzazione a proseguire per poi incrociarlo
alla stazione Gerolomini; anch’essa dotata di doppio binario.
Pertanto, in contemporanea ed all’insaputa
l’uno dell’altro, i due treni si immettono sullo stesso unico binario che
congiunge le due stazioni sul breve percorso composto da una galleria di un
centinaio di metri e da un tratto scoperto, quasi in trincea, che scorre
parallelo alla via Compagnone del popoloso quartiere puteolano.
Alle ore 17.12 il manovratore Bolognino parte
da Pozzuoli con il suo elettrotreno, nonostante poi la commissione accerti che
il semaforo emetta luce rossa quale segnale di via impedita ed il capostazione
non abbia dato il fischio di partenza, e dopo aver superato il passaggio a
livello “Toledo” svanisce nella galleria che per sempre lo accoglierà nelle sue
oscure fauci. Nello stesso tempo ma in senso inverso il manovratore Normanno parte
dalla fermata Cappuccini e dopo aver percorso 400 metri vede,
all’ingresso della galleria, il segnale di rallentamento che emette luce gialla.
Questo nel gergo ferroviario significa che il prossimo segnale potrebbe essere
rosso pertanto, come previsto dai regolamenti, riduce la velocità a 30 km orari. Appena imbocca
la galleria, che si trova in curva a destra, scorge il muso del treno che
sopraggiunge dalla direzione opposta.
L’urto diventa inevitabile, perché a niente è
valso l’estremo tentativo dei due manovratori di bloccare gli elettrotreni per
evitare la catastrofe; le due motrici, con estrema violenza, si incastrano
l’una nell’altra per la profondità di oltre un metro e mezzo.
I primi soccorritori si
trovano di fronte a uno spettacolo agghiacciante; centinaia di persone, per lo
più bagnanti che tornano dal mare e stipati nel treno che viene da Torregaveta,
sono rimaste prigioniere fra le lamiere dei convogli. Urlano chiedendo soccorso
mentre quelli feriti meno gravemente si traggono in salvo e cercano di prestare
aiuto ai familiari, agli amici, agli altri viaggiatori meno fortunati.
Non appena è stato
dato l'allarme sono accorsi sul luogo della sciagura centinaia di mezzi del
vigili del fuoco, ambulanze della Croce Rossa e dei vari ospedali, polizia carabinieri
e volontari. Man mano che si riesce ad estrarre dai treni i feriti, questi vengono
avviati agli ospedali più vicini. I più sono portati al “Santa Maria delle
Grazie” di Pozzuoli altri, almeno 50,
a quello del “Loreto” in via Crispi, dove uno dei feriti
muore poco dopo il ricovero; si tratta del trentenne macchinista Vincenzo Bolognino.
Un altro passeggero muore all'ospedale di Pozzuoli. Lungo le strade che portano
al luogo della sciagura si creano giganteschi ingorghi che rallentano la corsa
delle ambulanze e delle macchine private che portano i feriti agli ospedali. Poliziotti
e carabinieri ricercano il capostazione di Pozzuoli, Antimo Marrone residente
a Bacoli, che ha fatto perdere le sue tracce.
La ristrettezza dei luoghi, la mancanza di
strade idonee e parte dei rotabili bloccati in galleria, non facilitano il
lavoro delle squadre di soccorso. Per estrarre dalle lamiere contorte i corpi
dei morti e dei feriti i vigili del fuoco lavorano fino a notte tarda. Un
valido aiuto è dato da civili volontari e da operai dell’Italsider di Bagnoli
che forniscono fiamme ossidriche e bombole di ossigeno.
Il bilancio è di cinque morti; il manovratore
Vincenzo Bolognino di 30 anni ed il capotreno Silvio Tricarico di 54 anni dell’elettrotreno
proveniente da Torregaveta; il capotreno Giovanni Illiano, ultimo corpo ad
essere estratto dalle lamiere, ed i due viaggiatori l’avvocato Nicola Licciardi
di 67 anni e Maria Antonelli di 51 anni dell’elettrotreno proveniente da
Montesanto.
Per un macabro errore inizialmente si è
parlato di sei vittime poiché si sono scorti resti maciullati di un viaggiatore
sotto alcune lamiere e poi braccia e gambe lanciate a diversi metri di distanza
per cui si è ritenuto che fossero due i corpi ancora imprigionati.
I feriti abbastanza gravi rimasti negli
ospedali sono 68 ed altri 163 hanno potuto far ritorno alle proprie abitazioni
perché giudicati guaribili in pochi giorni. Ma il giorno dopo si presentano ai
pronto soccorso ospedalieri altri viaggiatori inizialmente fuggiti dai vagoni
sventrati in preda al panico ed incuranti delle loro piccole contusioni.
Tra i feriti gravi nella sala di rianimazione
dell’ospedale “Pellegrini” di Napoli c’è l’altro macchinista Renato Normanno.
L’unico sopravvissuto, seppure a caro prezzo, dei quattro presenti nelle due
cabine pilota; tutti noi frequentatori della “cumana” ben conosciamo, perché
sbirciati con malcelata invidia, la consuetudine dei capotreno di sedere in cabina
accanto al manovratore.
Scene strazianti si vedono sia sul tratto di
ferrovia sia presso gli ospedali dove sono accorsi i familiari delle vittime;
inoltre molti genitori, che sono stati al mare insieme ai loro figlioletti, con
il sinistro hanno perso le loro tracce ed ora li cercano negli ospedali dove sono
stati ricoverati ben 34 bambini.
Una ragazza di tredici anni, Immacolata
Spaduzzi di Fuorigrotta, sta tornado da Torregaveta dove è andata al mare
insieme ai fratellini. Si ritrova in una autoambulanza che veloce la porta al “Nuovo
Loreto Mare” dove riceve le cure del caso. Poi va all’affannosa ricerca dei
fratellini che rimasti quasi illesi sono
stati accompagnati a casa.
Per tutta Pozzuoli si sparge subito la
notizia del tragico scontro e migliaia di persone si riversano nella zona che
poi resta piantonata da una quarantina tra carabinieri e poliziotti che hanno il
compito di tenere lontano i curiosi.
Sia il ministro dei trasporti Bozzi che il
presidente della repubblica Giovanni Leone, ospite di Villa Roserbery a
Posillipo per una breve vacanza, si recano a visitare i feriti ricoverati nei
vari ospedali.
Naturalmente per accertare le responsabilità
dell’accaduto vengono disposte due inchieste; una da parte della magistratura
condotta dal procuratore capo della repubblica dott. Alfonso Vigorita, un'altra
da parte dell’ispettorato della motorizzazione civile e dei dirigenti della
“cumana”.
Questi ultimi accertano che non vi è nessun
guasto sia agli impianti che ai quadri elettrici di comando i quali procedono
perfettamente fin da quando sono entrati in funzione nel 1963.
L’incidente è oggetto sia di una
interpellanza al Parlamento da parte dell’onorevole Alfano sia di una
interpellanza al Senato da parte dei senatori Papa, Fermariello, Abenante e
Valenza. Tutti chiedono spiegazioni della disgrazia, delle responsabilità e
delle misure che la SEPSA
intenda adottare affinché non abbiano più a verificarsi simili eventi luttuosi
e per quali ragioni il Ministero ed i dirigenti della SEPSA si siano opposti
all'installazione di uno strumento di controllo e di sicurezza, un ripetitore
di segnali in macchina, per il quale era prevista la spesa di soli 20 milioni
di lire.
Il ministro Bozzi riferisce che la causa del
disastro è da attribuirsi unicamente a negligenza del macchinista del convoglio
diretto a Napoli il quale non ha osservato il categorico segnale rosso di via
impedita ed è partito senza attendere l’ordine di partenza del capo stazione ed
inoltre non avrebbe avvertito la forzatura, da parte della sua motrice, dello
scambio predisposto per l’ingresso in senso inverso nella stazione di Pozzuoli
del treno che avrebbe dovuto incrociarvi.
Tuttavia, aggiunge il ministro, si potrà
esaminare l’opportunità di modificare gli impianti di segnalamento che comunque
sono costosi per le apparecchiature che risiedono a terra, per quelle a bordo
dei treni e che richiedono pure l’ampliamento dei piazzali che nel caso della
“Ferrovia Cumana” sono di difficile attuazione. Ricorda che i precedenti
incidenti, e cioè quello del 9 febbraio 1965 (con 25 feriti) e quello del 18
giugno 1966 (con circa 80 feriti), furono anch'essi dovuti a cause non dipendenti
in alcun modo dal sistema di segnalamento e blocco in atto sulla “cumana”. Il
primo di essi infatti avvenne per errata manovra del capostazione di Bagnoli ed
il secondo per partenza del convoglio con segnale di via impedita. In
conseguenza, pur costituendo ovviamente il raddoppio del binario un notevole
miglioramento della ferrovia, specie per quanto riguarda il volume del traffico
servito, esso non è indispensabile per la sicurezza.
Il senatore Papa
replica che è troppo facile, e sotto alcuni aspetti può rappresentare un alibi,
dire che la responsabilità è del personale viaggiante sia nell'ultimo episodio sia
negli episodi precedenti. Si tratta invece di verificare se a tali eventuali
errori non abbiano concorso proprio lo stato della ferrovia, la mancata sua
ristrutturazione e il divario sempre crescente tra volume del traffico e livello
e qualità dei servizi offerti. E’ troppo comodo dire, sia nell'uno che negli
altri casi, che la responsabilità è sempre del personale viaggiante. Sono stati
spesi diversi miliardi, ma il problema del secondo binario non è stato
affrontato. Aggiunge che da qualche
parte è stato detto che ci sarebbero delle difficoltà tecniche, ma crede che
ben altre difficoltà siano state affrontate e superate per altre ferrovie, per
non parlare poi della costruzione delle autostrade.
Pertanto, conclude,
lo stato della ferrovia cumana conferma ancora una volta l'urgenza di una
riforma delle strutture e l'urgenza di una democratizzazione con la
partecipazione delle organizzazioni dei lavoratori il cui organico di 538 unità
è considerato insufficiente dallo stesso ministro. Tanto più vero per il
personale viaggiante che è chiamato a prestare ore di lavoro straordinario,
principalmente nel periodo estivo con una serie di turni di lavoro estenuanti,
senza peraltro che ne possa derivare negativa incidenza sull'esercizio.
Certamente, allora come oggi, il principale problema
della “Ferrovia Cumana” che è una delle più frequentate in Italia, è il
raddoppio del binario; ed in particolare il tratto tra le stazioni Gerolomini e
Pozzuoli dove la ferrovia attraversa il cuore di quartieri popolari con
gravissimi rischi per tutti.
Questa difficoltà ancora oggi resta irrisolta
e si ripropone in tutta la sua drammaticità come dimostrato dai recenti deragliamenti
o investimenti sempre in zona Cappuccini.
E’ quindi evidente che qualche cosa non
funziona ed è troppo facile scaricarne le responsabilità sui dipendenti,
soprattutto sul personale morto nel compimento del proprio lavoro.
Giuseppe Peluso
REFERENZE
Bell'articolo. Vorrei solo precisare che purtroppo anche il macchinista Normanno mori' qualche giorno dopo. Se non sbaglio e' sepolto nel cimitero del Monte di Procida.
RispondiEliminaA. Carannante
Egregio Signor Carannante.
RispondiEliminaLa ringrazio vivamente del commento che ha voluto esprimere. Terrò presente quanto da lei riferito in un post aggiuntivo che riporterà vari "flash" di chi ricorda l'episodio. Giuseppe Peluso
Gentile sig. Peluso, avremmo piacere di contattarla ma non sappiamo come. Questa la nostra mail: info@campiflegreinews.it.
EliminaGrazie.
Avrei davvero piacere di conoscerla personalmente signor Pelugo. L'informazione da Lei riportata riguardo la partenza anticipata di mio padre Vincenzo Bolognino non è veritiera. La commissione doveva dare la colpa a qualcuno. Mio padre era una brava persona, e soprattutto un bravo lavoratore. Vent'anni fa avrei voluto riaprire "il caso" ma non lo feci per rispetto e amore della mia famiglia...un'ennesima sofferenza. Vorrei che gli altri facessero lo stesso.
EliminaLucia Bolognino
Buongiorno Signora Lucia.
EliminaSono veramente lieto del suo gradito intervento su di un argomento che mi sta veramente a cuore e che ancora suscita sgomento e dolore in tutti coloro che hanno vissuto o che semplicemente ricordano quel tragico incidente.
Confermo i suoi amorevoli giudizi su suo Padre che è ancora oggi ricordato come persona buona, gentile e gran lavoratore sia dai suoi ex colleghi sia da quanti altri lo abbiano conosciuto in ambito lavorativo o privato.
Concordo ancora con lei sugli errati giudizi emessi dalla varie Commissioni istituite e per le quali fu molto facile e sbrigativo addossare colpe e responsabilità sui lavoratori dipendenti; soprattutto sul personale morto nel compimento del proprio lavoro.
E questo è ciò che ho sempre pensato ed è questo che potrà leggere nel mio articolo che pubblicai nel febbraio 2014.
Quello che non accetto, nel commento da lei postato, è la sua affermazione tesa a far credere che io abbia riportato informazioni non veritiere; ossia che abbia potuto inventarmi delle conclusioni errate o che abbia dato ascolto a voci di corridoio.
Le notizie da me scritte (ovvero la partenza dalla stazione di Pozzuoli alle ore 17.12 dell’elettrotreno guidato da suo Padre, nonostante il semaforo emetta luce rossa, nonostante il capostazione non abbia dato il fischio di partenza e nonostante lo scambio “Toledo” sia in posizione inversa) sono quelle che si ritrovano in tutti gli atti conclusivi delle varie Commissioni e sono riportate anche negli atti pubblici della Camera dei Deputati - Resoconto della seduta del 24 ottobre 1972 e della Camera dei Deputati - Resoconto della seduta del 24 ottobre 1972. Documenti questi che potrà trovare in rete o che potrò inviarle io se mi fornisce un suo indirizzo e.mail.
Non credo che lei abbia documenti più sicuri e probanti dei citati atti parlamentari, ma se così fosse sarei oltremodo felice poterli consultare e pubblicare.
Ciò detto resto con lei d’accordo sulle responsabilità aziendali e statali che comunque non avevano messo in atto nessun dispositivo di sicurezza per sopperire ad eventuali e comprensibili errori umani. E questo, allora come ancora oggi purtroppo, a salvaguardia del proprio personale e degli utenti.
Cordialmente
Giuseppe Peluso
Ciao Pepè, complimenti questa si che è vera storia ampiamente documentata
RispondiEliminaGrazie. Almeno fatti riconoscere!!!!
RispondiEliminaL'ANONIMO DI TURNO È SALVATORE MADDALUNO AMICO DEL BARONE ALTRIMENTI CONOSCIUTO COME GIUSEPPE PELUSO.
RispondiEliminaBARONE SEI SEMPRE IL "PIÙ MIGLIORE DI TUTTI".
Grazi, Salvatore.
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