La Solfatara, i
diavoli che la infestano
e la Commemorazione
dei Defunti
Giulio Cesare Capaccio [1] con la famosa
guida seicentesca riferisce che nella
Solfatara i Venerabili Padri Cappuccini, che
abitano nella vicina Chiesa di S. Gennaro, spesso sono travagliati dai Diavoli.
I fraticelli vanno attestando che più volte nel
loro convento sono apparsi demoni e fantasmi e ancora più spesso sono rimasti terrorizzati
sentendo ululati che provocano grandissimo spavento.
Anni addietro, continua il Capaccio, il
Vescovo di Pozzuoli Leonardo Vairo [2]
gli ha raccontato che ad un giovine pugliese,
che studiava in Napoli, essendogli stato rubato ciò che aveva e fattosi tentare
dal Diavolo gli promise che se gli avesse fatto ricuperare la roba perduta gli
avrebbe fatta “promissione di darglisi in potestà”. Praticamente gli aveva
fatto promessa di concedergli l’anima, e di ciò era pronto a farne testimonianza
in un contratto scritto col filo del proprio sangue.
Per eseguire quella diabolica volontà se ne
venne in questo luogo della Solfatara ove, invocato il Diavolo e cavatosi
sangue dal braccio, scrisse la sua promessa. Appena fatto questo nel vedere
visioni orribili, con tanti diavoli attorno, cadde in tanta confusione che,
fattosi il segno della croce, si ritirò al Convento dei Padri Cappuccini e
narrò il tutto al Padre Guardiano.
Questo buon frate volle farne partecipe il
Vescovo che aveva avuto incarico da Roma di riconoscere tutti i patti
religiosi. Il Vescovo volle avvisarne sua Santità il quale comandò che si
cercasse il detto giovane e che fosse condannato nelle galere; cosa che fu
fatta e il giovane fu effettivamente castigato con penitenza adeguata al
delitto.
Il Capaccio aggiunge che il detto Vescovo gli
disse ancora che nel suo bagno Ortodonico aveva avuto relazione da molti che si
sentivano pianti e gemiti. Perciò egli faceva quel luogo simile a quello dove
fu ritrovata, e liberata, l’anima
del diacono Pascasio dal Vescovo di Capua,
San Germano; questo luogo, dove il Santo veniva a curarsi un artrite e chiamava
Purgatorio, altro non era che una stufa termale della vicina Agnano [3].
Anche Sigisberto nelle sue “Cronache” chiama
questi, ed altri simili luoghi, Purgatori e dice che in Sicilia sono chiamati
“Olla Vulcani” (pentole vulcaniche) dagli abitatori. Sigisberto [4] dice che
era stato riferito da un Cittadino ad un
Religioso (che da Gerusalemme era venuto in
Sicilia e da lui ricevuto come ospite) che le anime dei morti in quei fuochi
pagavano la pena secondo i meriti. Aggiunge poi che in questi luoghi si
ascoltavano voci di Demoni e che per mezzo delle elemosine, e delle orazioni
dei fedeli, quelle anime erano liberate dalle fiamme.
Sigisberto continua col dire che l’Abate Odilo
Cluniacense [5], avendo udito
questo racconto da un certo Peregrino, istituì
per tutti i suoi Monasteri che “…siccome
nel primo di Novembre si celebra la festività di Tutti i Santi, così nel giorno
seguente si facesse memoria di tutti i defunti, il quale rito è fatto solenne
in tutta la Chiesa”.
Il Tritemio [6] aggiunge che questo racconto fu
riferito da un Eremita ad Ansfrido Monaco.
Pietro Damiano [7] Vescovo Ostiense e
Cardinale riferisce aver udito da Umberto Arcivescovo che ritornava dalla
Puglia che
“.. in
un luogo vicino Pozzuoli era eminente un promontorio tra acque nere e fetide,
dalle quali bruttissimi uccelli sorgeano, che dall’ora vespertina del Sabato,
fino all’oriente della seconda sera era solito di lasciarli vedere con aspetti
umani, andar vagando per il monte, stendere le ali, e col rostro mirarsi le
penne, li quali ne mangiar si vedevano, ne potevano essere presi in
qualsivoglia maniera, e che veniva dietro a quelli un corvo il quale, essendo
udito crocitare, quelli si immergevano nelle acque…”.
Riferisce anche che alcuni solevano dire che
quelli erano anime destinate ai supplizi le quali in tutta la settimana erano
cruciate e afflitte, ma nel giorno della Domenica, per gloria della
Resurrezione del Signore, sentivano refrigerio.
Dice oltre a ciò l’istesso Damiano, che
essendo questa opinione ributtata da Desiderio Abbate Cassinese [8],
avendo letto gli scritti suoi e avendo
Umberto detto di volerlo dire a quelli che in quel paese abitano, non volle ne
affermarlo ne negarlo.
Lo stesso Pier Damiano nell’epitaffio a
Damiano Loricato [9],
dice d’aver udito dal medesimo Desiderio, che
poi fu papa Vittore III, che
“…un servo di Dio, abitando in
luogo solitario su di una rupe scoscesa lungo la Campagna che va a Pozzuoli,
una notte recitando i suoi consueti salmi apre la finestra e vede passare per
quella via molti uomini neri che sembrano etiopi. Questi portavano grandi
sarcine di fieno e chiese loro chi fossero ed in grazia di chi portassero gran
provvigioni; per giumenti forse?
Siamo, risposero essi, Spiriti Infernali e non
portiamo queste cose in cibo a pecore ma bensì per alimentare i fuochi che
bruciano gli uomini poiché aspettiamo Pandolfo il Principe di Capua che è già
morto e Giovanni Duca di Napoli che ancora vive…”
E questo testo è anche citato
dall’illustre Cardinale Baronio [10] per dimostrare che i due pubblici
personaggi erano stati condannati all’inferno.
NOTE E FOTO
[1] Giulio Cesare Capaccio, nato a Campagna
nel 1550 e morto a Napoli nel 1634, teologo, storico e poeta del Regno di
Napoli.
[2] Leonardo Vairo, Magliano Vetere 1543 –
Pozzuoli 1603, dell’Ordine di San Benedetto, vescovo di Pozzuoli dal 1587. Si
adopera moltissimo nella scrupolosa applicazione delle nuove norme emanate dal
Concilio di Trento.
[3] San Germano, morto nel 540, è
stato vescovo di Capua ed è ricordato per l'episodio della
liberazione dal purgatorio del diacono Pascasio. Questo gli si era presentato
come il custode della sorgente delle acque termali di Agnano dove Germano era
andato a curarsi.
[4] Sigebert di Gembloux, 1030 circa – 1112,
monaco benedettino, autore del Chronicon; opera storica che abbraccia il
periodo compreso tra il 381 e il 1111. Nel 998, secondo la sua Cronaca, I'abate
di Cluny, Sant'Odilone, dispose che in tutti i conventi cluniacensi il 2
novembre, dopo i vespri di Ognissanti, si celebrasse la memoria dei defunti e
si pregasse per loro.
[5] Odilone di Cluny (961-1019) fu il
quinto abate di Cluny dal 994 sino al 1048. La riforma
cluniacense fu un movimento di riforma ecclesiale dell'alto medioevo che
ebbe la sua origine nell'abbazia benedettina di Cluny, in Borgogna, e poi
s’estese a tutta la Chiesa cattolica.
[6] Giovanni Tritemio, dal latino Johannes
Trithemius, pseudonimo di Johann Heidenberg (1462-1516) è stato
un esoterista, storico, scrittore, astrologo, umanista e crittografo
tedesco.
[7] San Pier Damiani, Ravenna 1007 –
Faenza 1072, è stato un teologo, vescovo e cardinale italiano venerato come
Santo. Fu grande riformatore e moralizzatore della Chiesa e diceva di
considerarsi Petrus ultimus monachorum servus (Pietro, ultimo servo
dei monaci).
[8] Desiderio, 1027 – 1087, Abate di
Montecassino (1058-1086) all'epoca dell'apogeo del monastero benedettino e poi
papa con il nome di Vittore III. Fu tra coloro che in età romanica incarnarono
più pienamente la figura dell'abate costruttore e patrono delle arti.
[9] San Domenico Loricato (X sec.), monaco
camaldolese originario del Cagliese, fu chiamato dal suo amico e maestro S.
Pier Damiani a reggere una nuova comunità eremitica, fondata alle falde del San
Vicino. Fu l'eroe della penitenza, una penitenza inaudita, tutta tesa a
mortificare il proprio corpo, al
punto da indossare, senza mai toglierla, una
specie di camicia di ferro a maglie concatenate, la "lorica", da cui
prese il nome.
[10] Cesare Baronio, Sora 1538 – Roma 1607, è
stato uno storico, religioso e cardinale. Il suo nome è legato alla
redazione dei primi volumi degli “Annales ecclesiastici”.