lunedì 26 ottobre 2015

La Solfatara e i Diavoli che la infestano


La Solfatara, i diavoli che la infestano
e la Commemorazione dei Defunti

Giulio Cesare Capaccio [1] con la famosa guida seicentesca riferisce che nella

Solfatara i Venerabili Padri Cappuccini, che abitano nella vicina Chiesa di S. Gennaro, spesso sono travagliati dai Diavoli.
I fraticelli vanno attestando che più volte nel loro convento sono apparsi demoni e fantasmi e ancora più spesso sono rimasti terrorizzati sentendo ululati che provocano grandissimo spavento.
Anni addietro, continua il Capaccio, il Vescovo di Pozzuoli Leonardo Vairo [2]

gli ha raccontato che ad un giovine pugliese, che studiava in Napoli, essendogli stato rubato ciò che aveva e fattosi tentare dal Diavolo gli promise che se gli avesse fatto ricuperare la roba perduta gli avrebbe fatta “promissione di darglisi in potestà”. Praticamente gli aveva fatto promessa di concedergli l’anima, e di ciò era pronto a farne testimonianza in un contratto scritto col filo del proprio sangue.
Per eseguire quella diabolica volontà se ne venne in questo luogo della Solfatara ove, invocato il Diavolo e cavatosi sangue dal braccio, scrisse la sua promessa. Appena fatto questo nel vedere visioni orribili, con tanti diavoli attorno, cadde in tanta confusione che, fattosi il segno della croce, si ritirò al Convento dei Padri Cappuccini e narrò il tutto al Padre Guardiano.
Questo buon frate volle farne partecipe il Vescovo che aveva avuto incarico da Roma di riconoscere tutti i patti religiosi. Il Vescovo volle avvisarne sua Santità il quale comandò che si cercasse il detto giovane e che fosse condannato nelle galere; cosa che fu fatta e il giovane fu effettivamente castigato con penitenza adeguata al delitto.
Il Capaccio aggiunge che il detto Vescovo gli disse ancora che nel suo bagno Ortodonico aveva avuto relazione da molti che si sentivano pianti e gemiti. Perciò egli faceva quel luogo simile a quello dove fu ritrovata, e liberata, l’anima
del diacono Pascasio dal Vescovo di Capua, San Germano; questo luogo, dove il Santo veniva a curarsi un artrite e chiamava Purgatorio, altro non era che una stufa termale della vicina Agnano [3].

Anche Sigisberto nelle sue “Cronache” chiama questi, ed altri simili luoghi, Purgatori e dice che in Sicilia sono chiamati “Olla Vulcani” (pentole vulcaniche) dagli abitatori. Sigisberto [4] dice che era stato riferito da un Cittadino ad un

 Religioso (che da Gerusalemme era venuto in Sicilia e da lui ricevuto come ospite) che le anime dei morti in quei fuochi pagavano la pena secondo i meriti. Aggiunge poi che in questi luoghi si ascoltavano voci di Demoni e che per mezzo delle elemosine, e delle orazioni dei fedeli, quelle anime erano liberate dalle fiamme.
Sigisberto continua col dire che l’Abate Odilo Cluniacense [5], avendo udito

questo racconto da un certo Peregrino, istituì per tutti i suoi Monasteri che “…siccome nel primo di Novembre si celebra la festività di Tutti i Santi, così nel giorno seguente si facesse memoria di tutti i defunti, il quale rito è fatto solenne in tutta la Chiesa”.
Il Tritemio [6] aggiunge che questo racconto fu riferito da un Eremita ad Ansfrido Monaco.

Pietro Damiano [7] Vescovo Ostiense e Cardinale riferisce aver udito da Umberto Arcivescovo che ritornava dalla Puglia che

“.. in un luogo vicino Pozzuoli era eminente un promontorio tra acque nere e fetide, dalle quali bruttissimi uccelli sorgeano, che dall’ora vespertina del Sabato, fino all’oriente della seconda sera era solito di lasciarli vedere con aspetti umani, andar vagando per il monte, stendere le ali, e col rostro mirarsi le penne, li quali ne mangiar si vedevano, ne potevano essere presi in qualsivoglia maniera, e che veniva dietro a quelli un corvo il quale, essendo udito crocitare, quelli si immergevano nelle acque…”.
Riferisce anche che alcuni solevano dire che quelli erano anime destinate ai supplizi le quali in tutta la settimana erano cruciate e afflitte, ma nel giorno della Domenica, per gloria della Resurrezione del Signore, sentivano refrigerio.
Dice oltre a ciò l’istesso Damiano, che essendo questa opinione ributtata da Desiderio Abbate Cassinese [8],

avendo letto gli scritti suoi e avendo Umberto detto di volerlo dire a quelli che in quel paese abitano, non volle ne affermarlo ne negarlo.
Lo stesso Pier Damiano nell’epitaffio a Damiano Loricato [9],

dice d’aver udito dal medesimo Desiderio, che poi fu papa Vittore III, che
“…un servo di Dio, abitando in luogo solitario su di una rupe scoscesa lungo la Campagna che va a Pozzuoli, una notte recitando i suoi consueti salmi apre la finestra e vede passare per quella via molti uomini neri che sembrano etiopi. Questi portavano grandi sarcine di fieno e chiese loro chi fossero ed in grazia di chi portassero gran provvigioni; per giumenti forse?
Siamo, risposero essi, Spiriti Infernali e non portiamo queste cose in cibo a pecore ma bensì per alimentare i fuochi che bruciano gli uomini poiché aspettiamo Pandolfo il Principe di Capua che è già morto e Giovanni Duca di Napoli che ancora vive…”
E questo testo è anche citato dall’illustre Cardinale Baronio [10] per dimostrare che i due pubblici personaggi erano stati condannati all’inferno.


 NOTE E FOTO

[1] Giulio Cesare Capaccio, nato a Campagna nel 1550 e morto a Napoli nel 1634, teologo, storico e poeta del Regno di Napoli.

[2] Leonardo Vairo, Magliano Vetere 1543 – Pozzuoli 1603, dell’Ordine di San Benedetto, vescovo di Pozzuoli dal 1587. Si adopera moltissimo nella scrupolosa applicazione delle nuove norme emanate dal Concilio di Trento.

[3] San Germano, morto nel 540, è stato vescovo di Capua ed è ricordato per l'episodio della liberazione dal purgatorio del diacono Pascasio. Questo gli si era presentato come il custode della sorgente delle acque termali di Agnano dove Germano era andato a curarsi.

[4] Sigebert di Gembloux, 1030 circa – 1112, monaco benedettino, autore del Chronicon; opera storica che abbraccia il periodo compreso tra il 381 e il 1111. Nel 998, secondo la sua Cronaca, I'abate di Cluny, Sant'Odilone, dispose che in tutti i conventi cluniacensi il 2 novembre, dopo i vespri di Ognissanti, si celebrasse la memoria dei defunti e si pregasse per loro.

[5] Odilone di Cluny (961-1019) fu il quinto abate di Cluny dal 994 sino al 1048. La riforma cluniacense fu un movimento di riforma ecclesiale dell'alto medioevo che ebbe la sua origine nell'abbazia benedettina di Cluny, in Borgogna, e poi s’estese a tutta la Chiesa cattolica.

[6] Giovanni Tritemio, dal latino Johannes Trithemius, pseudonimo di Johann Heidenberg (1462-1516) è stato un esoterista, storico, scrittore, astrologo, umanista e crittografo tedesco.

[7] San Pier Damiani, Ravenna 1007 – Faenza 1072, è stato un teologo, vescovo e cardinale italiano venerato come Santo. Fu grande riformatore e moralizzatore della Chiesa e diceva di considerarsi Petrus ultimus monachorum servus (Pietro, ultimo servo dei monaci).

[8] Desiderio, 1027 – 1087, Abate di Montecassino (1058-1086) all'epoca dell'apogeo del monastero benedettino e poi papa con il nome di Vittore III. Fu tra coloro che in età romanica incarnarono più pienamente la figura dell'abate costruttore e patrono delle arti.

[9] San Domenico Loricato (X sec.), monaco camaldolese originario del Cagliese, fu chiamato dal suo amico e maestro S. Pier Damiani a reggere una nuova comunità eremitica, fondata alle falde del San Vicino. Fu l'eroe della penitenza, una penitenza inaudita, tutta tesa a mortificare il proprio corpo, al


punto da indossare, senza mai toglierla, una specie di camicia di ferro a maglie concatenate, la "lorica", da cui prese il nome.


[10] Cesare Baronio, Sora 1538 – Roma 1607, è stato uno storico, religioso e cardinale. Il suo nome è legato alla redazione dei primi volumi degli “Annales ecclesiastici”.

lunedì 12 ottobre 2015

EXPO MILANO 1906



Esposizione Universale di Milano del 1906

La partecipazione dell’Armstrong di Pozzuoli

Milano, sede della EXPO 2015, non è nuova ad un evento del genere. La città infatti già nel 1906 ospita una grande mostra, riconosciuta come una delle prime Esposizioni Universali [1].

Esposizione, quella del 1906, che vede l’indiretta presenza di Pozzuoli, delle sue maestranze e della sua laboriosità attraverso la partecipazione dell’Armstrong.

Dalla seconda metà dell’ottocento le grandi città sono protagoniste e palcoscenico di esposizioni organizzate con l’intento di far conoscere, al grande pubblico, prodotti e tecnologie della nascente e moderna era industriale.
La prima è Londra che nel 1851 organizza una “Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations” in Hide Park dove è costruita una struttura in ferro denominata Crystal Palace. Seguono altre tra cui Parigi nel  1889  con la sua “Exposition Universelle” e la Torre Eiffel che è ancora là a suo ricordo.
Milano già precedentemente è protagonista di attività fieristica; nel 1881 con “L’Esposizione Nazionale”, un evento importante per la storia di Milano e d’Italia, a soli nove anni dall’unità, e nel 1894 con “Le Esposizioni Riunite” che, seppure con risultati leggermente minori rispetto alla manifestazione del 1881, serve a ravvivare le energie in un momento di crisi per le industrie nazionali.

Promotori e fautori dell’organizzazione dell’Esposizione Internazionale di Milano 1906 sono, nel 1901, la Lega Navale e l’Associazione Lombarda dei Giornalisti, che propongono una grande Mostra sui mezzi di trasporto per acqua. In seguito viene l’idea di associare la realizzazione dell’Esposizione alla data memorabile del completamento del traforo alpino del Sempione. Questo porta ad un ripensamento dell’Expo, che assume un carattere di universalità nel campo del lavoro e un’estensione mondiale nelle partecipazioni.
L'esposizione diventa subito un evento di grande portata e finisce per ospitare anche grandi rappresentanti dell'agricoltura, delle scienze, del sociale, tanto da passare alla storia come la prima Esposizione Universale Italiana. Essa si snoda tra circa 200 padiglioni su una superficie espositiva, compresa tra il Parco del Sempione e la nuova piazza d'Armi, di un milione di mq e vede la presenza di circa 10 milioni di visitatori giunti da ogni parte del mondo. Come quelle di Londra e di Parigi anche questa Esposizione lascia una traccia del suo passaggio con la costruzione dell'Acquario Civico, ancora oggi una delle costruzioni più rappresentative.
L'esposizione di Milano sancisce la rinascita sociale ed economica della città, consacrandola a capitale industriale italiana. 

L’Esposizione è inaugurata a Milano il 28 aprile del 1906 [2] e dura fino all’11 novembre dello stesso anno. Il tema dell’Esposizione è “La scienza, la città e la vita”. Questo titolo è emblematico del fatto che a differenza di tutte le precedenti Esposizioni Universali ottocentesche, che si erano limitate a esibire macchinari e prodotti, ora si mettono, per la prima volta al centro gli uomini, la società, il lavoro, con tutte le possibili evoluzioni non solo tecniche ma anche sociali.
Centinaia gli edifici che ospitano l’Esposizione e che sono stati progettati dai migliori architetti dell’epoca in uno stile moderno; un liberty in una versione non molto rigorosa, e neppure raffinata.
Per l’Esposizione sono costruiti più di 120 tra caffè, buvette e ristoranti. Un esempio di innovazione portata dall’Esposizione è rappresentata dalla presentazione di una nuova tipologia di ristoranti, i self service che nascono grazie ad una intuizione dell’epoca.

Questa esposizione vede la partecipazione della italo inglese Armstrong che nel 1886 ha impiantato a Pozzuoli proprie officine per la costruzione di artiglierie navali.
Nel 1903 questa fabbrica, ancora filiale della casa madre “WG Armstrong Mitchell & Co. Elswick Works”, per combattere e risolvere la concorrenza del gruppo siderurgico guidato dalla “Terni”, fa un accordo con la ditta Ansaldo di Genova. Nasce così la Gio. Ansaldo-Armstrong Whitworth & C. Ltd.  che diventa la più grande industria meccanica italiana specializzata nella produzione bellica; con una capacità di impiego di 16 mila operai.
Con questa ragione sociale la grande fabbrica partecipa all’expo milanese andando ad occupare un bellissimo edificio a lei dedicato; esattamente il 17° padiglione in Piazza d’Armi, progettato dall’architetto Brongi [3-4-5].




Due sono le bocche da fuoco che questo stabilimento espone al naturale; un cannone da 102 mm su affusto navale ed un cannone da 76 mm da campagna, su affusto a deformazione. Presenta, inoltre, una interessante serie di modelli e di disegni, comprendenti un tubo di lancio subacqueo, diversi impianti corazzati, un affusto a scomparsa ed un meccanismo di chiusura per cannone a tiro rapido da 76 mm.
Nel padiglione sono esposte foto, progetti e modelli di tutte le artiglierie in produzione che poi sono riportate nell’opuscolo “Lo Stabilimento Armstrong di Pozzuoli all’Esposizione di Milano – 1906” [6] che il personale di servizio, tra cui molti operai puteolani, distribuisce ai numerosi visitatori e delegazioni internazionali.

Una dettagliata descrizione dei pezzi d’artiglieria esposti la si trova ugualmente nella dispensa “I Materiali d’Artiglieria all’Esposizione Internazionale di Milano del 1906”, che riporta anche le bocche da fuoco esposte da altri fabbricanti, italiani e stranieri.
La stessa Armstrong stampa e distribuisce una cartolina commemorativa dell’avvenimento riportando, sulla stessa, la foto del pezzo da campagna da 76/84 con tutte le sue caratteristiche [7].


I prodotti della Armstrong sono comunque presenti anche nei padiglioni in cui espone la Regia Marina Italiana alla quale è riservato un posto d’onore nella sezione “Trasporti Marittimi e Fluviali”.
L’interessante opuscolo “La Regia Marina Italiana all'Esposizione di Milano 1906” riporta che affinché nessun servizio sfugga all' attenzione del visitatore, il materiale esposto dalla Marina è ordinato nelle seguenti classi:

Cartografia — Costruzioni di terra ferma — Progetti di navi e studi — Costruzione dello scafo ed annessi — Motrici e macchinari — Armi e difese — Impianti elettrici — Segnalazioni — Igiene e servizi sanitari — Istituti, materiale scientifico, pubblicazioni — Mostra retrospettiva.

In particolare nella sezione Armi e Difese  sono descritti e raffigurati i cannoni a retrocarica in servizio e qui si nota che quasi tutti i modelli sono prodotti dall’Armstrong di Pozzuoli.

Partendo dal calibro più basso l’opuscolo riferisce che sulle navi più moderne il cannone da 76 mm. sostituisce i calibri da 37, 47, 57 che non verranno più riprodotti. Aggiunge che parte di questi cannoni da 76 mm. sono forniti dalla Armstrong di Pozzuoli, e parte dalle Officine di S. Vito.
Passa poi a descrivere il cannone da 120 mm. che è l’unico non costruito a Pozzuoli ma aggiunge che queste bocche da fuoco sulle navi moderne non si useranno più..
Viene poi il cannone da 152 mm. e riferisce che questi pezzi, forniti alla Marina in gran parte da Armstrong, costituiscono l'armamento secondario delle nostre navi.
Si passa al cannone da 203 mm. che costituisce l'armamento principale delle ultime nostre navi e sono tutti torniti dalla Ditta Armstrong.
Il cannone da 305 mm. costituisce l'armamento di grosso calibro di tutte le ultime nostre navi e sono stati forniti alla Marina dalla Ditta Armstrong [8].    


Vicino al padiglione Ansaldo-Armstrong troviamo quello della città di San Pier d’Arena, uno dei pochi che non sia in Liberty. Esso ha riferimenti talmente espliciti alla propria attività, ovvero la cantieristica navale principale attività di questa cittadina che nel 1926 sarà annessa dalla vicina Genova, da assumere un effetto terribilmente “kitsch”.

Fa piacere ricordare che questa cittadina in quegli anni è particolarmente legata alla Lega Navale che, come riferito, è tra le prime promotrici della Esposizione Internazionale. Tra l’altro a Sanpierdarena ancora esiste una bella palazzina in stile Liberty/Marine già sede della locale Lega Navale

Giuseppe Peluso - Notiziario CSTN - Lega Navale - Giugno 2015